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Sono parti del territorio di elevato pregio storico, ad alta densità abitativa e diversamente tutelati

Spesso questa definizione viene automaticamente connessa al contesto territoriale più antico e consolidato: il centro storico.

Ma non è così.

Tutto ebbe origine col D.M. 1444/68, quello fatto come decreto attuativo alla Legge Ponte n. 765/67, col quale furono istituite le zone territoriali omogenee.

Più dettagliatamente l’art. 2 del decreto individuava in tal modo sei zone:

  • A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
  • B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
  • C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l’edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
  • D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
  • E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui – fermo restando il carattere agricolo delle stesse – il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
  • F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

Da allora gli strumenti urbanistici comunali hanno provveduto a classificare il territorio anche secondo questi canoni di classificazione.

Quindi ogni PRG, programma di fabbricazione o altri strumenti simili riporteranno la perimetrazione univoca di queste parti territoriali, sia in apposite cartografie allegate.

Prendiamo in esame le zone omogenee A perchè rispetto a tutte le altre, il legislatore ha disposto per esse una maggiore tutela.

Ad esempio in tale aree il cambio di destinazione d’uso degli immobili subisce un regime diverso.

Due sono le caratteristiche fondamentali che caratterizzano l’individuazione della zona omogenea A:

  • agglomerato urbano, ovvero un insieme di costruzioni ben definito, tale da costituire un nucleo connotato da propria identità; coincide nella stragrande maggioranza dei casi anche in centro abitato caratterizzato da una prevalente funzione abitativa; non vi è menzione circa la sua perimetrazione in termini quantitativi, e neppure in base alla densità edilizia;
  • storicità e pregio artistico, culturale e ambientale, ovvero caratteristiche di pregio tali da contraddistinguere questo contesto da quello circostante. Questa definizione prevista dal decreto 1444/68 non implica automaticamente l’apposizione di particolari vincoli, piuttosto fornisce elementi che consentono una qualificazione globale di questo agglomerato, a prescindere dalle dimensioni territoriali.

Pertanto vi rientrano senz’altro in quest’area gli ormai noti centro storici, o centri commerciali naturali come li definiscono taluni.

Anche i cambi di destinazioni diversi dalla ristrutturazione

In questa direzione anche la Cassazione si è espressa in maniera esplicita, dichiarando illegittimo il cambio di destinazione d’uso effettuato in centro storico mediante restauro e risanamento conservativo, tra l’altro depositando semplice Denuncia di inizio attività (Cass. Pen. III n. 6873/2017).

In particolare in questa sentenza la Cassazione scrive testualmente:

Resta, in ogni caso, il fatto che gli interventi di restauro e risanamento conservativo richiedono sempre il permesso di costruire quando riguardano immobili ricadenti in zona omogenea A dei quali venga mutata la destinazione d’uso anche all’interno della medesima categoria funzionale.

Addirittura si esprime nella maniera più categoria possibile, ovvero che ciò vale anche per cambi di destinazione d’uso compiuti all’interno della stessa categoria funzionale, quindi ciò esula l’art. 23/ter del TUE in materia di categorie urbanisticamente rilevanti.

Il fatto che l’art. 10 c.2 del TUE preveda che le Regioni possono stabilire con legge “quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a SCIA (una volta era DIA)”, non ha rilevanza sul precedente comma.

CONCLUSIONI E CONSIGLI

Occorre fare attenzione sul fatto che possono rientrare, ed essere assimilati e parificati ai centri storici, gli svariati nuclei storici sparsi nel territorio, sopratutto nel territorio agricolo o aperto dirsi voglia.

Anche il classico “borghettino” costituito da una chiesa e sette casupole situato in mezzo alla campagna, può benissimo essere classificato come zona omogenea A e quindi soggiacente a tutti i limiti edilizi relativi, appunto, ai centri storici.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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