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Nei permessi e sanatorie occorre tenere distinte le definizioni usate nelle diverse discipline

Sembra strano ma ad oggi se uso la parola “volume” in ambito edilizio urbanistico, non corrisponde esattamente a quelli in ambito paesaggistico.

Il problema nasce sopratutto quando si deve ottenere la regolarizzazione di manufatti illeciti realizzati in zone con vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004, comportanti volumetria.

Questo tipo di manufatto, qualora realizzato in aree vincolate come sopra senza i relativi titoli abilitativi, comporta il compimento di due distinti illeciti:

  • paesaggistico: art. 167 e 181 del D.Lgs. 42/2004;
  • edilizio: art. 31 del D.P.R. 380/01;

Per il comune cittadino è più che naturale immaginare invece che la definizione di volumetria rimanga la stessa in entrambe le discipline.

Purtroppo non funziona così: infatti la disciplina paesaggistica segue il proprio percorso indipendente e disgiunto da quello puramente edilizio.

Regolarizzare manufatti in zona con vincolo paesaggistico è molto complesso.

In primis è già difficile regolarizzare le volumetrie abusive in ambito edilizio: infatti per esse il Testo Unico per l’edilizia D.P.R. 380/01 con gli articoli 36 e 37 prevede il rispetto del criterio di doppia conformità riferito a:

  • epoca dell’abuso;
  • momento presentazione dell’istanza;

A questo bisogna aggiungere anche la regolarizzazione in ambito paesaggistico, tramite l’unica procedura prevista dall’art. 167 del Codice dei Beni culturali e paesaggio D.Lgs. 42/2004.
Questa procedura di regolarizzazione è assai diversa dalla precedente perchè contiene una serie di forti limitazioni.

E tutto gioca appunto attorno alla definizione di volume o superfici (o meglio, alle rispettive definizioni in ambito urbanistico e paesaggistico).

La procedura infatti prevede l’accertamento della compatibilità paesaggistica da parte della competente autorità amministrativa, a condizione che:

  1. per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
  2. per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
  3. per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

COMPATIBILITA’ PAESAGGISTICA: Procedura e caratteristiche

Da questo elenco si evince come la creazione o aumenti di volume esclude a priori ogni regolarizzazione di illeciti in zone paesaggistiche.

Inoltre la procedura di compatibilità paesaggistica segue criteri di valutazione diversi da quelli urbanistici.

La nozione di superficie e volume utile è diversa tra i fini urbanistici e paesistici.

Nei due rispettivi ambiti e discipline il significato di volume (o volumetria dirsi voglia), come anche quello di superficie, sono assai diversi. E di conseguenza le relative valutazioni e finalità sono disgiunti in ogni senso.

Il Volume utile nelle valutazioni di natura urbanistica viene considerato per la consistenza dei diritti edificatori, mentre nei giudizi paesaggistici è valutato il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell’insieme paesistico (T.A.R. Firenze n. 744/2020).

Questo tipo di impostazione porta a considerare lo stesso manufatto, il suo ingombro in termini di superficie o volume, su due piani diversi contemporaneamente.

E questo tipo di doppia valutazione ammetto che può apparire contraddittoria. Si arriva infatti al principio per cui:

Un volume irrilevante ai fini urbanistici potrebbe creare un ingombro intollerabile per il paesaggio, mentre, al contrario, un volume rilevante ai fini urbanistici potrebbe non avere alcun impatto sul paesaggio e, dunque, in assenza di danno per l’ambiente, non potrebbe costituire un presupposto ragionevole per l’applicazione di una misura ripristinatoria (T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 01/02/2018, n. 712).

Volumi tecnici o rialzamento sottotetto adibito a soffitta fanno volume paesaggistico

Premesso che il concetto si applica per qualsiasi tipologia volumetrica realizzata abusivamente in zone con vincolo paesaggistico, affrontiamo al momento alcuni casi frequenti .

Spesso leggo di sentenze che hanno per oggetto il rialzamento del sottotetto, magari di modesta entità e giustificato per fini strutturali antisismici (il classico cordolo aggiunto, magari ammesso dal Piano Regolatore Comunale).

Il semplice innalzamento delle mura perimetrali del sottotetto, anche se destinato a soffitta, costituisce aumento di volume.

Se da una parte in urbanistica si tende ad escludere i “volumi tecnici” dal calcolo della volumetria edificabile, tale qualifica non può essere invocata allo stesso modo per aggirare il divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria; infatti essa serve a tutelare l’interesse alla percezione visiva dei volumi, a prescindere dalla loro destinazione (Cons. di Stato n. 650/2020).

E non si rivela vincente neppure il tentativo di qualificarlo come volume tecnico: è del tutto indifferente che l’intervento di sopraelevazione del sottotetto sia stato realizzato allo scopo di contenere impianti tecnologici, e dunque sia riconducibile nell’ambito dei volumi tecnici poiché, è incontestato, che lo stesso intervento ha dato luogo alla creazione di un maggior volume, esterno al corpo di fabbrica dell’edificio e dunque visibile (T.A.R. Firenze n. 744/2020).

Per cui in casi in cui avvengono rialzamenti e sopraelevazioni abusive di soffitte in zone soggette a vincolo paesaggistico, diventano davvero problematici e di difficile risoluzione.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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