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La stessa area potrebbe essere sottoposta a diversi gradi di protezione territoriale o dei reperti archeologici

«Troviamo reperti dell’antico impero romano in Persia, Scozia e Gallia, con ogni probabilità li troviamo anche qui sotto scavando per bene». Questa frase mi fu detta da un carissimo amico in un convegno di tanti anni fa.

Effettivamente nelle nostre città e nel territorio aperto non è difficile imbattersi nei reperti archeologici durante le operazioni di scavo per qualsiasi motivo. Scavi che possono partire per preparare la costruzione di un edificio oppure per le normali operazioni di “scasso” o lavorazioni agricole profonde.

Tuttavia la presenza, il rinvenimento o perfino la potenziale possibilità di trovare reperti di valore archeologico è condizione sufficiente per l’apposizione di apposito vincolo archeologico su una determinata area o immobile. Spesso queste aree sottoposte a vincolo vengono anche qualificate come Parco archeologico.

E’ anche possibile che tale area di protezione o tutela possa essere variata prima, durante o dopo le indagini di prospezione archeologica. La buona notizia è che in base ai risultati delle indagini e ricognizioni possa essere decisa la rimozione del vincolo archeologico.

Vediamo adesso quali tipologie di vincolo archeologico possono essere attribuite ad una zona di territorio e con quali normative.

Le origini del vincolo archeologico in Italia

La dualità della protezione o del vincolo archeologico ha origini lontane, e volendo rimanere sintetico faccio riferimento alle due leggi di riorganizzazione della materia emanate anteriormente alla II Guerra mondiale, precisando che prima esse erano già state emanate norme simili.

Pertanto le seguenti norme in parola non vanno considerate proprio come un “anno zero” del vincolo archeologico, caso mai una revisione totale e di coordinamento.

Legge 1 giugno 1939, n. 1089 Tutela delle cose d’interesse artistico o storico.

Essa prevedeva apposita e severa tutela delle cose e immobili che presentassero interesse archeologico, a partire dall’art. 10 e seguenti.

La finalità della tutela del valore archeologico, inteso come bene testimoniale e culturale, è stata poi traslata con alcune modifiche nel D.Lgs. 490/1999, e infine nella Parte II del Codice D.Lgs. 42/2004 analizzata di seguito.

Legge 29 giugno 1939, n. 1497 Protezione delle bellezze naturali.

La norma contemplava soltanto alcune particolari aree e immobili dotate di notevole interesse pubblico, espressamente riconosciuto con apposita procedura di dichiarazione (pertanto senza automatismi), e tale elenco indicato all’articolo 1 lo troviamo trasfuso con lievi modifiche nell’art. 136 comma 1 del D.Lgs. 42/2004:

Art. 1. Sono soggette alla presente legge a causa del loro notevole interesse pubblico:
1) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica;
2) le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d’interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza;
3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale;
4) le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Diciamo quindi che il vincolo archeologico poteva essere attribuito quando la finalità di tutela fosse la bellezza dell’area e dei reperti, e non per tutela diretta degli stessi reperti o manufatti antichi.

L. 431/1985 “Galasso” disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale

Con l’articolo 1 fu istituito il famoso meccanismo di automatica classificazione delle aree di interesse archeologico tra quelle sottoposte per legge a vincolo “paesaggistico” già allora previsto dalla L. 1497/39.

Anche questo passaggio normativo lo troviamo trasfuso prima nel D.Lgs. 490/1999, e infine nel vigente articolo 142 D.Lgs. 42/2004. Vediamo quindi l’intera disciplina vigente prevista dal Codice.

Vincolo archeologico, doppia normativa di riferimento

Al netto delle normative di settore o regolamentari locali, attualmente la tutela delle zone territoriali ai fini archeologici la troviamo menzionata in più distinti filoni disciplinati dal Codice dei beni culturali e paesaggio D.Lgs. 42/2004:

  1. Bene culturale per valenza e interesse archeologico (art. 10 e seguenti D.Lgs. 42/2004):
  2. Paesaggistica in quanto area o immobile tutelati:
    per legge (art. 142 D.Lgs. 42/2004)
    previo riconoscimento di Notevole interesse pubblico (art. 136 D.Lgs. 42/2004);

Diciamo che la tutela paesaggistica archeologica possiamo comunque raggrupparle assieme per quanto riguarda la finalità: esse differiscono per modalità di apposizione, cioè tra quella automatica (per legge) e su dichiarazione di notevole interesse pubblico conseguente a proposta e istruttoria.

E’ anche possibile, per non dire probabile, che lo stesso immobile o area possano essere gravati anche contemporaneamente da entrambe le tipologie di vincolo archeologico.

A ricordarci la differenza sostanziale tra le due tipologie di vincolo archeologico ha provveduto la sentenza del Consiglio di Stato n. 5536 del 4 luglio 2022:

La tutela paesaggistica e quella archeologica, sono distinte e autonome. La legge Galasso ha posto l’accento sulla nozione di «zona», assoggettando a vincolo paesaggistico i territori interessati da presenze di rilevanza archeologica, che vengono tutelati non per la loro facies, bensì per l’attitudine «alla conservazione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico nazionale». Viceversa, il vincolo archeologico di cui agli artt. 1 e 3 l. n. 1089 del 1939 presuppone un’intrinseca valenza archeologica del bene su cui viene apposto e ha pertanto ad oggetto diretto il bene e non il territorio su cui esso si trova. La presenza di reperti archeologici nella zona autorizza, ai sensi degli artt. 138 ss. cod. beni culturali, la competente commissione provinciale – di cui fa parte il soprintendente per i beni archeologici competente per territorio – a promuove il procedimento impositivo del vincolo, la cui tutela costituisce primario interesse pubblico, non recessivo rispetto alle esigenze di promozione delle fonti d’energia rinnovabile, invocare mediante il richiamo dei principii d’affidamento e proporzionalità.

Conclusioni e consigli

Per prima cosa occorre effettuare attente e puntuali verifiche della sussistenza di vincoli archeologici sul territorio e sull’immobile.

Abbiamo detto che non esiste un solo tipo di vincolo archeologico: esso può essere attribuito con diverse modalità e relative norme di riferimento, che possiamo distinguere tra i filoni di tutela dei beni culturali e in quello paesaggistico.

In buona parte ci possono aiutare gli opportuni strumenti di governo del territorio, quali piani paesaggistici aggiornati e digitalizzati in appositi Sistemi Informativi Territoriale (SIT); tuttavia nelle sedi delle competenti Soprintendenze vi sono i relativi provvedimenti amministrativi di vincolo, le ricognizioni cartografiche, elenchi e tutte le relative documentazioni attestanti il vincolo.

Infatti accertarsi della presenza del vincolo archeologico o meno è importante anche per la qualifica delle categorie di intervento edilizio previste dal Testo Unico Edilizia DPR 380/01, sopratutto quando si deve effettuare la demolizione e ricostruzione di un edificio situato in un area sottoposta a vincolo archeologico.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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