Skip to content

Le previsioni del PRG comportanti inedificabilità perdono efficacia qualora nei cinque anni non sono approvati gli strumenti attuativi

Per vincolo urbanistico dobbiamo intendere linsieme delle previsioni di destinazione d’uso e trasformazione del suolo, vale a dire le scelte pianificatorie che in qualche modo limitano la piena libertà di utilizzazione del lotto di proprietà. O meglio dire, la proprietà privata è libera nei limiti della “compressione” effettuata dal Piano Regolatore Generale comunale (vedasi legislazioni regionali).

In questo articolo si spiega con quali condizioni è possibile che un Piano Regolatore comunale possa prevedere/imporre vincoli urbanistici con effetti espropriativi, e come poterli reiterare. E sopratutto, cosa accade nei casi in cui non intervenga l’espropriazione.

Per prima cosa occorre fare una prima distinzione tra i cosiddetti vincoli urbanistici conformativi ed espropriativi del Piano Regolatore Comunale, volendo approfondire gli effetti e la reiterazione di quest’ultimi.

Canale Telegram

Ricordati di seguirmi sul mio canale Telegram

VINCOLI CONFORMATIVI 

Sono sovraordinati alle scelte di pianificazione territoriale e urbanistica, sia di ente pubblico comunale che di livello superiore; derivano da norme, regolamenti o provvedimenti sovraordinati. Essi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obbiettivi di tutela dell’interesse pubblico (Es: vincolo paesaggistico, forestale, idrogeologico, rischio idraulico, fascia elettrodotto, ecc).

  • Non comportano inedificabilità assoluta, tuttavia possono limitare e condizionare moltissimo l’attività edificatoria;
  • Non comportano indennizzi di sorta per le limitazioni previsti dallo strumento urbanistico
  • Non hanno scadenza temporale (le disposizioni attuative degli strumenti urbanistici meritano discorso a parte);

Esistono anche vincoli conformativi capaci (di fatto) di “azzerare” le capacità edificatorie (approfondimento).

VINCOLI ESPROPRIATIVI

Sono previsioni del PRG che comportano perdita di proprietà privata per l’esecuzione di opere di pubblica utilità, per le quali al privato è riconosciuto un equo indennizzo secondo le vigenti normative. Gli strumenti urbanistici comunali recepiscono il vincolo di esproprio proveniente dall’ente di riferimento che realizza l’opera pubblica.

Il vincolo con effetto espropriativo è inquadrato dal vigente art. 9 DPR 327/2001:

  • è preordinato all’esproprio e diventa efficace quando l’atto di approvazione dello strumento urbanistico, ovvero una sua variante, prevede la realizzazione di un opera pubblica o di pubblica utilità;
  • ha durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera;
  • se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell’opera, esso decade e trova applicazione la disciplina dettata dei comuni sprovvisti di strumentazione urbanistica, le cosiddette zone bianche;
  • dopo la sua decadenza, puo’ essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard;
  • nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all’esproprio, il Consiglio comunale può motivatamente disporre o autorizzare che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità’ diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale.

Breve storia (triste) del vincolo urbanistico ad effetto espropriativo

Dalla L. 1150/42 alla modifica della L. 765/67 e L. 1187/68.

L’apposizione di vincoli urbanistici con effetti espropriativi può avvenire col PRG, e molti decenni fa la reiterabilità poteva essere teoricamente infinita (in certi casi effettuata ininterrottamente, anche con usi distorti pseudo politici).

A livello normativo tutto ebbe inizio con la travagliata storia normativo della L. 1150/1942, e sopratutto delle sostanziali modifiche apportate dalla legge ponte n. 765/1967; con essa risultava possibile reiterare il vincolo urbanistico con effetto espropriativo scaduto indefinitamente nel tempo, ponendo in essere una fattispecie sostanzialmente espropriativa senza la previsione di indennizzo e, comunque, senza la previsione di criteri per la determinazione dello stesso; in quel modo si era minato il buon andamento della pianificazione urbanistica.

Per evitare il perpetuarsi di usi distorti di uno strumento pensato per realizzare interessi pubblici tempestivamente, si dovette attendere le sentenze di Corte Costituzionale per emendare proprio le norme che sottacevano il problema, già prima della legge ponte con sentenza n. 6/1966 e dopo essa con n. 55/1968 (successivamente con sentenze n. 186/1993, n. 379/94, n. 344/1995, n. 179/1999).

Infatti sulla “sopportabilità del vincolo a costo zero” verso la proprieta privata la Corte Costituzionale è arrivata a stabilire che l’apposizione dei vincoli urbanistici espropriativi non potesse avvenire senza prevedere congiuntamente:

  • previsione di indennizzo;
  • durata massima di efficacia del vincolo;

E fu cosi che a stretto giro della sentenza di C.C. n. 55/1968 fu emanata la L. 1187/1968 soprannominata “legge tappo”, che correggeva la legge ponte (aggettivi sintomatici di norme altalenanti), di cui riporto l’articolo 2 in versione originaria:

1. Le indicazioni del piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità, perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. L’efficacia dei vincoli predetti non può essere protratta oltre il termine di attuazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione.
Per i piani regolatori generali approvati prima della data di entrata in vigore della presente legge, il termine di cinque anni di cui al precedente comma decorre dalla predetta data.

La legge “tappo” n. 1187/68 non aveva risolto del tutto il problema, tant’è che la mancanza di quantificazione degli indennizzi spettanti col vincolo espropriativo è cresciuta fino ad essere affrontata (nuovamente) con sentenza Corte Costituzionale n. 179/1999, dichiarando incostituzionale l’art. 2 parte in cui consente all’amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo secondo le modalità legislativamente previste ed in conformità ai principi. Il passaggio fondamentale è il seguente:

Non tutti i vincoli urbanistici sono soggetti a decadenza quinquennale, e conseguentemente alla possibilità di indennizzo allorché reiterati, ma soltanto quelli aventi carattere particolare, per i quali la mancata fruibilità del bene protratta nel tempo e non indennizzata determina violazione del comma 3 dell’art. 42 Costituzione. In particolare non sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni, e tra questi i vincoli urbanistici di tipo conformativo, e i vincoli paesaggistici (Corte cost., 20 maggio 1999, n. 179).

La riforma del DPR 327/2001 Testo Unico espropriazione pubblica utilità

Il rimedio alla dichiarazione di parziale incostituzionalità emessa con sentenza C.C. n. 179/1999, fu prodotto col DPR 327/2001, il quale provvide ad emanare interamente l’articolo 2 della L. 1187/1968 e a riformare la disciplina dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio con gli articoli 9 e seguenti del DPR 327/2001.

L’individuazione dei vincoli preordinati all’esproprio riguardanti la proprietà privata è collegata all’approvazione del piano urbanistico generale (strumento urbanistico o PRG comunale), o relative varianti, nei casi in cui sia prevista realizzazione di una opera:

  • pubblica
  • di pubblica utilità (volendo può rimanere anche privata)

SCOPO

Il vincolo è appunto “preordinato”, cioè serve a manifestare l’interesse e tutela verso un’area che dovrebbe essere espropriata oppure utilizzata per le predette opere. Potremmo dire che configura una sorta di prenotazione dell’area.

DURATA

Tale vincolo viene imposto per massimo cinque anni, e durante esso può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. Ciò significa che al momento di apposizione del vincolo urbanistico non deve esserci già la condizione necessaria per attuare l’esproprio.

DECADENZA

Se entro il termine quinquennale non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilita’ dell’opera, il vincolo preordinato all’esproprio decade e trova applicazione la disciplina sulle zone “bianche” non pianificate, ai sensi dell’art. 9 DPR 380/01.

REITERAZIONE

Il vincolo preordinato all’esproprio, dopo la sua decadenza al primo quinquennio, può essere motivatamente reiterato, con rinnovando gli stessi procedimenti esaminati e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. In questi casi l’Amministrazione dovrà fornire una motivazione “rafforzata”.

VARIAZIONE PER OPERE PUBBLICHE DIVERSE

Nel periodo dei cinque anni il Consiglio Comunale può disporre o autorizzare che siano realizzate opere pubbliche o di pubblica utilità diverse, nel rispetto della procedura prevista dal comma 5 art 9 DPR 327/2001.

Reiterazione del vincolo preordinato, condizioni e limiti

Quando viene attribuito un vincolo urbanistico preordinato all’esproprio, un Comune ha praticamente posto un peso al fondo del proprietario privato, per il quale consegue adeguato indennizzo, potendolo ipotizzare come un esproprio a tempo determinato.

La legittima reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio deve avvenire in presenza di queste particolari condizioni congiuntamente, anche se dovesse avvenire a notevole distanza di tempo:

  1. Accantonamento delle somme necessarie per pagare l’indennità di espropriazione
  2. Accertare l’interesse pubblico ancora attuale
  3. Accertare l’assenza di soluzioni alternative.

Significa che ai fini della legittimità della reiterazione del vincolo con effetti espropriativi, deve risultare l’espressa previsione e accantonamento delle somme necessaria per versare l’indennità di esproprio al soggetto; tale passaggio è altrettanto necessario per dimostrare e motivare l’Amministrazione a voler procedere, a fronte del protrarsi delle limitazioni d’uso del diritto di proprietà.

Ciò è stato ampiamente confermato da consolidata giurisprudenza del Consiglio Stato n. 935/2023, n. 1465/2013, n. 4019/2005:
L’amministrazione comunale, pertanto, allorquando dispone a notevole distanza di tempo la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto del decorso del termine contemplato nell’art. 2 L.1187/1968, è tenuta, per esigenze di giustizia, ad accertare e rappresentare che l’interesse pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative, indicando le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo (ma, come detto, nella specie, il primo giudice non ha ritenuto concretato tale vizio) e provvedendo all’accantonamento delle somme necessarie per il pagamento della indennità di espropriazione (in tal senso Consiglio di Stato, IV, 3 luglio 2000, n. 3646)Ne deriva che dalla su riportata giurisprudenza, relativa all’obbligo di accertamento della attualità e persistenza dell’interesse pubblico, della mancanza di soluzioni alternative, di perequazione tra proprietari, della serietà e affidabilità della realizzazione nel quinquennio, sulle concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfare l’accantonamento delle somme necessarie per il pagamento della indennità di espropriazione, si ritiene la infondatezza del motivo di appello con il quale il comune appellante lamenta la ingiustizia della sentenza, nel punto in cui ha ritenuto illegittimo il provvedimento impugnato per la mancata previsione delle spese occorrenti per l’espropriazione e dei possibili mezzi di copertura, previsione di opera ritenuta necessaria dalla giurisprudenza sia della Corte Costituzionale (9 maggio 2003, n. 148) sia dalla Sezione (5 febbraio 2002, n. 556)”.

Non per nulla, ultimamente le P.A. sono molto caute nel disporre vincoli espropriativi col Piano Regolatore, proprio perchè da quel momento devono fare stanziamenti. Tuttavia, spesso le vedo ricorrere ad un altro strumento che ha effetti simili ma non presenta gli effetti collaterali indesiderati del vincolo espropriativo, cioè la zonizzazione di “verde privato”: essa può “sterilizzare” praticamente l’edificabilità a costo zero, senza infatti comportare esproprio.

Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE

Articoli recenti

Torna su