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Salva Casa consente di regolarizzare alcune difformità risalenti effettuate con licenza edilizia

Come già approfondito in altra sede con la conversione in legge del Salva Casa è stato aggiunta una speciale previsione e procedura di regolarizzazione per una tipologia di varianti in corso d’opera risalenti, con l’articolo 34-ter D.P.R. 380/01:

1. Gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e che non sono riconducibili ai casi di cui all’articolo 34-bis possono essere regolarizzati con le modalità di cui ai commi 2 e 3, sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore.

Trattasi di parziali difformità compiute in corso d’opera rispetto al titolo abilitativo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge n. 10/1977 “Bucalossi”, che ai giorni nostri fuoriescono dai limiti di tolleranze costruttive ed esecutive allargati dal Salva Casa; in quel periodo era prassi non presentarle, considerato che non esisteva una espressa procedura per effettuarle. Essendo un termine posto in chiave regressiva illimitata, questa procedura di sanatoria può essere applicabile ai tutti i titoli abilitativi previgenti:

  • licenza edilizia, istituita con L. 1150/42 e sostituita con Concessione edilizia mediante L. 10/77;
  • titoli, autorizzazioni, nulla osta comunque denominati e rilasciati anteriormente alla L. 1150/42, rilasciati dalla competente autorità preposta a rilasciarli ai fini edilizi;

Infatti, la legge Salva Casa non si è spinta a stabilire comunque un anno zero dell’urbanistica e del regime edilizio da cui far iniziare le verifiche di Stato Legittimo degli immobili (nonostante qualche emendamento sia stato depositato in tal senso), come poteva essere la classica soglia del 1° settembre 1967 (L. 765/67) o quanto meno quella del 31 ottobre 1942 (L. 1150/42). E’ pur vero che norme “giubilari” di questo tipo sono difficili da far veicolare a livello comunicativo e morale, perchè bollate come “condono” da certi oltranzisti (certi di avere l’immobile entro tolleranze al 2%?), ma è pur vero che le risalenti discordanze edilizie (e non intere costruzioni) debbano ricevere nuovi strumenti risolutivi.

In questa ampia ipotesi tuttavia non sembrano rientrarvi le violazioni edilizie inquadrabili come:

  • variazioni essenziali effettuate rispetto al permesso di costruire rilasciato;
  • opere effettuate in assenza di permesso di costruire o in totale difformità da esso.

Analizziamo i vari aspetti dettagliando i lineamenti principali.

Tipologie di varianti ammissibili ante ’77

Preliminarmente, va detto che il nuovo articolo 34-ter T.U.E. ricomprende nell’ipotesi di sanabilità non tutte le varianti apportate in corso d’opera a costruzioni, ma solamente quelle qualificate come parziali difformità effettuate nei confronti del titolo abilitativo, senza fare espresso riferimento all’articolo 34 T.U.E. sulle parziali difformità al permesso di costruire. Più chiaramente, sussiste una inedita differenza terminologica tra queste due violazioni edilizie, avendo a comune la sostanziale parzialità all’intervento autorizzato. In via cautelativa, è più opportuno allinearsi per analogia questa nuova categoria di illecito alle parziali difformità dal permesso di costruire ex articolo 34 T.U.E.

Altra cosa che colpisce è la procedura di regolarizzazione, indicata nella SCIA, senza però indicare se sia quella in sanatoria ex articolo 36-bis T.U.E. o quella ordinaria (si propende per SCIA ordinaria, venendo il richiamo all’articolo 19 L. 241/90 contenuto al comma 3 dell’articolo 34-ter T.U.E.). L’assenza di rinvio generale alle due procedure di sanatoria vigenti (articoli 36 e 36-bis), supera anche i rispettivi regimi di doppia conformità classico e asincrono.

La SCIA a deposito di varianti ante 1977, indicata dall’articolo 34-ter T.U.E., è dotata di procedura autonoma, e il rinvio operato specificata dal comma 3 ai commi 4, 5-bis e 6 dell’articolo 36-bis spinge a considerarla una sanatoria straordinaria, speciale e sostanziale, che si traduce in un condono, se piace più il termine. I predetti commi di riferimento contemplano:

4) Accertamento di compatibilità paesaggistica, per interventi effettuati in assenza o difformità da autorizzazione paesaggistica, anche con aumento di volume o superficie; in questo ambito è stata richiamata la stessa procedura di regolarizzazione paesaggistica “allargata” e contenuta nella nuova sanatoria edilizia semplificata.

5) stima e pagamento somma a titolo di oblazione;

6) Procedura e tempistiche di regolarizzazione a livello edilizio, nonché la formazione del silenzio assenso per mancata definizione pareri nell’accertamento di compatibilità paesaggistica;

Dimostrazione epoca abuso in variante ante ’77 con criterio Stato Legittimo

Anche per questi illeciti sussiste un rigido criterio di onere di prova finalizzato a dimostrare consistenza ed epoca esecutiva della violazione edilizia, e posto a carico dell’attuale proprietario dell’immobile o alternativamente al responsabile dell’abuso (quest’ultima ipotesi pur essendo una clausola di stile, diviene improbabile per il notevole periodo trascorso dal compimento dell’abuso, praticamente a quasi cinquant’anni).

Nel secondo comma 2 dell’articolo 34-ter T.U.E. sono indicate le modalità e criteri per provare l’epoca dell’abuso, cioè della variante effettuata in corso d’opera nei confronti della licenza edilizia, rilasciata anteriormente al 28 gennaio 1977 (ante L. 10/1977):

2. L’epoca di realizzazione delle varianti di cui al comma 1 è provata mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione indicata nel primo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Il metodo richiamato è quello indicato nel quarto periodo della definizione di Stato Legittimo T.U.E. per le casistiche di immobili risalenti e realizzati in epoca (e zona) in cui non vi era obbligo di acquisire il titolo abilitativo edilizio, o nei casi in cui sussista il principio di prova del titolo del quale non siano disponibili più le copie o gli estremi.

4. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.

E’ un criterio suppletivo che consente di desumere lo Stato Legittimo da una serie di documentazioni a cui è attribuita valenza probante, soprattutto per il riscontro che può essere fatto dalla Pubblica Amministrazione. Tali documenti, forniti di data e provenienza certi, consentono di poter dimostrare l’avvenuta conclusione della variante compiuta durante il periodo di validità della licenza edilizia o titolo abilitativo (condizione necessaria). In molti casi sono dotati di alta valenza probante e di affidabilità quei documenti già in possesso di uffici e archivi pubblici, per i quali viene indicato un elenco non esaustivo dallo stesso quarto periodo, comma 1-bis, art. 9-bis del D.P.R. 380/01:

  • informazioni catastali di primo impianto (accampionamento catastale)
  • riprese fotografiche, come le aerofotogrammetrie
  • altri atti, pubblico o privato, con dimostrata provenienza, quali atti notarili di compravendite e trasferimento immobiliare, contratto di affitto registrato, autorizzazioni commerciali, sentenze giudiziarie, e così via;

E qui si renderà necessario accertare inconfutabilmente la configurazione dell’immobile per accedere alle condizioni previste dall’articolo 34-ter T.U.E, affinché si possa desumere gli elementi chiave:

  • esecuzione di variante ad una licenza o titolo, per cui servirà acquisire quest’ultimi;
  • riscontrare le discordanze rispetto ai predetti titoli rilasciati, e il loro superamento delle tolleranze ex articolo 34-bis;
  • accertare coi predetti criteri il momento di esecuzione;

In condominio come la mettiamo?

Generalmente le varianti in corso d’opera sull’edificio vengono apportate in corso di costruzione, e a maggior ragione servirà accertare epoca e consistenza delle varianti apportate dal costruttore su edifici licenziati prima della L. 10/1977.

Nell’ambito del regime condominiale sarà necessario operare con approccio complessivo, affidando l’incarico di verifica dall’Assemblea ad un professionista, svolgendo le opportune verifiche anche presso le singole unità immobiliari. E’ consigliato farlo vista l’opportunità, a prescindere dallo Stato Legittimo “differenziato” tra parti comuni ed esclusive, introdotto al comma 1-ter dell’articolo 9-bis T.U.E. col Salva Casa.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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