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Ai fini repressivi degli abusi edilizi e prescrizionali, l’ultimazione dei lavori è un riferimento temporale rilevante

Tale natura continuativa cessa soltanto al momento della totale sospensione dei lavori conseguente all’adozione di un provvedimento autoritativo (ordinanza) ovvero al momento della desistenza volontaria da parte dell’esecutore (proprietario), consistente in un comportamento di definitiva cessazione del persistere della condotta illegittima (Cass. Pen. III n. 48577 del 17 novembre 2016, Sez. 3, n. 49990 del 4/11/2015).

Ai fini della decorrenza del termine prescrizionale può coincidere con l’ultimazione delle stesse opere abusive.

A sua volta l’ultimazione dei lavori, secondo l’orientamento accolto dalla corte di Cassazione, coincide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Cass. Pen. III n. 48577 del 17 novembre 2016, (Cass. Pen. III n. 48002/2014).

In tal modo anche il suo effettivo utilizzo , anche se accompagnato dall’attivazione di utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l’ultimazione dell’immobile abusivamente realizzato (Cass. Pen. III n. 48002/2014).

Quindi in presenza di un manufatto ancora allo stato grezzo, privo di tinteggiatura esterna, gli impianti non ancora completati, così come le rifiniture, non può essere individuata l’avvenuta ultimazione dell’opera e la sua entrata in funzione per cui è destinata.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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