Le due definizioni normative convivono insieme, ma indipendenti l’una dall’altra, almeno in apparenza
La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
Con sentenza n. 9877/2024 è stata trattata in Consiglio di Stato il valore dell’ultimo titolo abilitativo per l’intervento che ha interessato integralmente l’immobile o l’unità immobiliare nella ricostruzione documentale e sostanziale dello Stato Legittimo, espressamente prevista nella prima parte del comma 1-bis articolo 9-bis D.P.R. 380/01:
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Occorre preliminarmente premettere che la disposizione introdotta dalla Legge n. 105/24 “Salva Casa” è tassativamente vincolata alla condizione di avvenuta verifica di legittimità dei titoli pregressi in sede di rilascio dell’ultimo titolo abilitativo “globale” stesso da parte della P.A; inoltre è altrettanto essenziale premettere che l’altra condizione da verificare per l’accesso allo Stato Legittimo parzializzato è che l’ultima pratica edilizia abbia avuto per oggetto un intervento edilizio “integrale” coinvolgente:
- l’intero immobile (inteso come edificio oppure organismo edilizio);
- l’intera singola unità immobiliare;
La disposizione presenta lacune già evidenziate nei miei precedenti libri “Salva Casa” e “Nuovo Stato Legittimo“, e sul punto è arrivata una prima indicazione con l’anzidetta sentenza del Consiglio di Stato relativa ad una fattispecie di abusi edilizi riscontrabili nella rappresentazione integrale di una porzione di edificio. Tale pronuncia ha intanto avvalorato la tesi esposta nel libro “Salva Casa” in cui sostenevo che la mera rappresentazione dell’illecito edilizio non configura alcun legittimo affidamento o sanatoria edilizia automatica.
Intanto sappiamo quale sia la prima direzione del C.d.S. sull’ultima pratica raffigurante abusi edilizi, e probabilmente lo stesso concetto troverà applicazione sulle Agibilità sananti articolo 34-ter T.U.E.
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La fattispecie riguardava il diniego espresso dal Comune verso la richiesta di attestazione conformità in sanatoria prevista dalla L.R. Toscana n. 65/2014 (sostitutiva della SCIA in sanatoria), riguardante alcuni piccoli interventi effettuati sull’immobile consistenti in una tramezzatura, conformazione del caminetto, modeste aperture e altre opere minori. Tuttavia il nucleo tecnico di valutazione ha respinto la sanatoria motivando che l’inesistenza di documentazione comprovante la legittimità urbanistico edilizia della porzione di edificio oggetto di regolarizzazione, ovvero uno dei due corpi di fabbrica addossati all’edificio rurale principale.
Il T.A.R. Firenze, con sentenza n. 710/2020, ha confermato la correttezza del Comune ad esprimere diniego all’istanza di sanatoria, confermando che il requisito di Stato Legittimo era comunque già richiesto prima ancora della sua formalizzazione normativa nell’articolo 9-bis D.P.R. 380/01, avvenuta con D.L. 76/2020. Con ricorso al Consiglio di Stato sono stati sollevate altre questioni in via incidentale anche per la sopravvenuta normativa Salva Casa, in versione definitiva L. 105/2024.
Dalla predetta sentenza del Consiglio di Stato emerge che, nonostante i due corpi di fabbrica siano stati rappresentati nei titoli edilizi successivi al 1976, essi non abbiano assunto alcun profilo di legittimità, anche se la porzione oggetto di sanatoria e ricorso amministrativo sia stata interamente rappresentata nelle anzidette pratiche edilizie a far data dal 1976. Nella sentenza C.d.S. n. 9877/2024 in risulta testualmente stabilito che in materia di “ultima pratica edilizia sanante”:
La rappresentazione di un manufatto abusivo nelle pratiche edilizie, aventi ad oggetto opere da eseguirsi altrove, non legittima ipso facto l’immobile. Né l’art. 9 bis, T.U edilizia, vigente ratione temporis, richiamato dalla ricorrente, conteneva alcun riferimento, ai fini dello stato legittimo di un immobile, al titolo abilitativo disciplinante l’ultimo intervento edilizio riguardante la trasformazione dell’intero immobile. Analogamente, l’art. 9 bis TUE, come novellato dal D.L. 76/2020, convertito con modificazioni con l. 120/2020, faceva riferimento, ai fini della individuazione dello stato legittimo di un immobile, al titolo edilizio relativo l’ultimo intervento edilizio a condizione che l’intervento avesse riguardo l’intero immobile, e sussistesse la relazione di continuità con il titolo che ha previsto la costruzione o che lo ha legittimato. Condizioni nel caso in esame non presenti.
A sua volta, la L. 105/2024, di conversione con modificazioni, del D.L. 69/2024, stabilisce che lo stato legittimo dell’immobile è non solo “quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa” (integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali), ma anche quello stabilito dal titolo che “ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi”.
La previsione, in vigore dal 28 luglio 2024, non trova applicazione nel caso in esame risalente al dell’8/11/2018: oltre al principio secondo cui ciascun atto amministrativo deve essere adottato sulla base della situazione di fatto e della disciplina vigente al momento della sua adozione, osta il fatto che non sono stati assentiti lavori che lo abbiano interessato o investito il manufatto nella sua interezza.
9. Né venendo al secondo motivo d’appello, il fatto che in passato, il Comune abbia assentito la realizzazione i lavori sul manufatto abusivo per cui è causa fonda la pretesa di ottenere la sanatoria richiesta o radica il vizio di eccesso di potere, dato che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale qui condiviso, non sussiste contraddittorietà “tra atti di distinti ed autonomi procedimenti quando si tratti di provvedimenti che, pur riguardanti lo stesso oggetto, siano stati adottati all’esito di procedimenti indipendenti e ad intervalli di tempo l’uno dall’altro” (cfr., Cons. di Stato sez. V, 31 dicembre 2018, n.7315).
9.1 Ad analoga conclusione deve giungersi con riguardo alla censura d’avvenuto smarrimento del titolo edilizio, posto che il Comune, nell’atto impugnato, non ha fatto riferimento allo smarrimento del titolo edilizio, ma al mancato rinvenimento della licenza edilizia nell’archivio storico comunale.
10. Inoltre, quanto al terzo motivo d’appello, l’omessa dimostrazione della regolarità urbanistica del manufatto per cui è causa esclude il legittimo affidamento in capo al privato. L’affidamento ex se è ininfluente alla regolarità di un immobile abusivo. Significativamente, l’art. 9 bis d.P.R. 380/2001, novellato modifica sul punto parzialmente l’assetto normativo preesistente. Nondimeno, l’amministrazione, in sede di rilascio del titolo, deve avere verificato la legittimità dei titoli pregressi, per potere fondare il legittimo affidamento sulla regolarità edilizia del manufatto oggetto degli interventi realizzati nel corso del tempo.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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