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Silenzio serbato su irregolarità edilizie note al venditore configura ipotesi di reato di truffa

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Trarre in inganno gli ignari acquirenti o promissari tali, mentendo sulla regolarità amministrativa edilizia dell’immobile e sulle possibili potenzialità urbanistiche configura da tempo un reato di truffa (Cass. Pen. N. 563/2007). Sottacere all’acquirente gli abusi e difformità edilizie note al venditore potrebbe comportare anche conseguenze sul profilo penale per tentativo di truffa, in quanto dimostrativi di malafede e intenzione di effettuare il trasferimento di un bene con caratteristiche e valore diversi da quelli negoziati, promessi e venduti. In tal senso la giurisprudenza penale ha riconosciuto più volte a carico di venditori la responsabilità e reato di truffa, che si aggiunge alle sicure azioni di richieste danni o risoluzione per inadempimento, per certi versi a rafforzare le giustificazioni della parte lesa acquirente.

È da segnalare l’importante sentenza di Cassazione Penale n. 55170/2018 con cui è stato condannato per truffa contrattuale del venditore, avendo quest’ultimo sottaciuto, nelle trattative per la vendita dell’immobile alle controparti, i diversi profili di abuso edilizio. L’accusa di truffa potrebbe emergere soprattutto a fronte del mancato rispetto delle attestazioni rese in atto pubblico obbligatorie per regime di commerciabilità (menzioni dei titoli abilitativi primari e autodichiarazione Ante ’67), ma anche nei casi di corretto adempimento dichiarativo: infatti il regime di Commerciabilità può filtrare gli abusi edilizi primari, senza tuttavia entrare in merito agli illeciti edilizi di livello inferiore. Per quanto attiene invece l’attestazione di Stato Legittimo entro tolleranze, obbligatoria ex articolo 34-bis c.3 T.U.E., qualora formalizzata dal Tecnico abilitato è molto probabile che le conseguenze penali sulle false attestazioni risultino a suo carico; nei casi in cui invece dovesse risultare assente l’attestazione come richiesto dalla legge, non bisogna escludere possibile una sorta di attenuazione per comportamento disattento e scarsa diligenza tenuta dall’acquirente.

Con l’entrata in vigore del D.L. 76/2020 il legislatore ha responsabilizzato molto le parti attrici chiamate in gioco, obbligandole tutte a tenere un atteggiamento di prudenza e di verifica solidale sull’oggetto di compravendita; il punto debole di questa disposizione è la sua collocazione al momento definitivo di compravendita: se il legislatore puntava davvero a prevenire i contenziosi in questa materia avrebbe dovuto trasporre questo filtro anche ai preliminari di vendita. E a proposito di preliminare di vendita, anche per questi contratti è possibile vedersi contestare il reato di tentata truffa al promittente venditore da parte del promissario acquirente, cioè anche nei casi di mancato trasferimento definitivo del bene: in tal senso la Cassazione Penale da tempo ha inquadrato i tentativi di raggiro con artifizi e dissimulazione nelle contrattazioni immobiliari, in tal senso si veda Cass. Pen. 30884/2014 e n. 28703/2013). Un caso più recente riguarda invece la discordanza tra le reali prestazioni energetiche di un immobile rispetto a quelle dichiarate nell’Attestato di prestazione energetica A.P.E.

Qualora risulti accertato il reato di truffa, a questo conseguono conseguenze sui profili risarcitori e risolutivi del contratto, che metteranno sicuramente in cattiva luce il venditore per il suo volontario silenzio serbato sulle caratteristiche effettive del bene immobile. Un esempio si ricava dall’ordinanza di Cassazione Civile n. 28765/2024, con cui il venditore già condannato penalmente per truffa, viene successivamente condannato per profili risarcitori sia per rimozione abusi edilizi quanto per la riduzione del prezzo dell’immobile, in quanto diverso da quanto promesso in vendita.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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