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Si verifica quando l’intervento è compiuto in “aliud pro alio” rispetto ai progetti autorizzati.

Si tratta anche di reato edilizio e quindi perseguibile penalmente secondo il Testo Unico per l’Edilizia.

L’illecito è grave nel momento in cui è compiuto nei confronti di un permesso di costruire rilasciato per un intervento edilizio, anche nei casi di sopravvenute varianti in corso d’opera o perfino varianti finali rispetto al primo permesso iniziale.

La definizione attuale è contenuta nel Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01 all’articolo 31 comma 1, in quella che viene definita la categoria degli abusi rilevanti, e riportiamo la definizione estrapolata:

1) Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

La definizione è la stessa che appare per la prima volta con la legge del primo Condono edilizio, all’art. 7 della L. 47/85 e poi travasata nel TUE.

Il principale problema della totale difformità è il confine con la parziale difformità, quest’ultima ancora più indefinita rispetto alla totale difformità.

Certamente il senso e la qualifica della totale difformità va ricercato nella totale divergenza dell’intervento rispetto a quello regolarmente autorizzato e assentito con permesso di costruire rilasciato.

In pratica si tratta di una trasformazione edilizia che porta ad un organismo diverso rispetto a quello progettato, e la diversità va vista come una sostanziale deviazione, anche attraverso un solo aspetto tra i tanti indicati dalla normativa.

Analizziamo la definizione di totale difformità come segue.

La realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso è il principale fondamento su cui si basa la restante definizione: tutto ruota attorno alla integrale diversità, intesa quindi in maniera globale, riferita all’organismo edilizio, definizione quest’ultima non codificata ad oggi neppure dal Reg. Edilizio Tipo.

Una definizione di organismo edilizio è indicata nella sentenza di Cassazione Penale n. 23186/2018, che spazia dalla singola unità immobiliare fino alla pluralità di porzioni volumetriche.

Detto ciò, la totale difformità può ricondursi alla costruzione di un corpo autonomo o aggiuntivo, quanto a modifiche e opere anche soltanto interne ai volumi esistenti, tali da avere rilevanza urbanistica in quanto incidenti sull’assetto del territorio (Cassazione Penale n. 23186/2018, n. 40541/2014, n. 3593/2008).

E l’incidenza sul territorio è connesso al conseguente aumento del carico urbanistico prodotto dall’intervento in totale difformità.

Sono molti gli aspetti che possono portare alla realizzazione di un organismo totalmente difforme.

La definizione di totale difformità distingue disgiuntamente queste caratteristiche atte a comportare la realizzazione di un organismo edilizio, con integrale diversità per:

Quest’ultima ipotesi si può quindi manifestare nel caso di mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di parte di esso, realizzato con opere implicanti una totale modificazione rispetto al previsto (Cass. Pen. 23186/2018). Come dire, la presenza di certe elementi realizzati costituisce prova evidente del cambio d’uso prossimo da compiere, pensiamo a bagni e cucine per esempio.

In aggiunta, si qualifica anche come totale difformità anche la realizzazione di volumi oltre i limiti indicati dal progetto tali da costituire un organismo edilizio (o parte di esso) avente congiuntamente:

  • specifica rilevanza;
  • autonomia di utilizzo;

In questo caso per “autonoma utilizzabilità” non si intende soltanto che il corpo difforme sia fisicamente separato dall’organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato (Cass. Pen. 23186/2018).

Difformità totale porta ad un organismo al posto di quello progettato.

Si verifica la difformità totale quando l’intervento costituisca una sorta di “aliud pro alio”, formula simile già applicata nell’ambito della commerciabilità degli immobili.

In sostanza riguardano lavori eseguiti non rientranti tra quelli consentiti, che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale.

Motivo per cui la divergenza globale dal progetto porta molto facilmente a sconfinare dall’ambito della parziale difformità a quello della totale difformità, superando la sottile linea rossa del campo penale.

Qualora siano riscontrati questi abusi di totale difformità, il committente e soggetti interessati dovranno valutare le possibili opzioni di regolarizzazione con sanatoria, verificando assieme ad un tecnico professionista la possibile fattibilità e rispetto dei presupposti di conformità.

In questi video YouTube espongo appunto alcune possibili vie di uscita al problema:

https://www.youtube.com/channel/UCbev7-dnvnacqgf1lDnWCrQ/search?query=sanatoria

Buona visione.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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