Il notaio non verifica l'attestazione di tolleranze, il Comune invece controlla le pratiche edilizie
Consiglio di Stato specifica quali costruzioni escludere dalle tolleranze edilizie 2% ammesse dal D.P.R. 380/01
Con sentenza n. 3610/2024 il Consiglio di Stato è tornato ad esaminare una fattispecie riguardante l’applicazione del regime di tolleranze edilizie (o meglio, tolleranze costruttive) indicate dall’articolo 34-bis DPR 380/01. Preavviso anche che questa disciplina potrebbe essere modificata in vista del ventilato Decreto “Salva Casa“.
La sentenza ha chiarito come e quando considerare i manufatti presenti di fatto nello stato dei luoghi, e in quale rapporto considerarli nella verifica delle tolleranze edilizie ai fini dello Stato Legittimo. Sul fatto invece di considerare o meno i manufatti abusivi nelle distanze tra costruzioni, segnalo un altro utile approfondimento sul blog.
La fattispecie.
Un condominio aveva chiesto e ottenuto un contributo per recuperare parti comuni dell’edificio nel 2013 (il superbonus non c’entra niente), tuttavia dall’istruttoria il Comune ha rilevato che:
- il fabbricato era interessato da vari manufatti abusivi (verande, vano caldaia, varchi di accesso, e altri corpi di fabbrica), non contemplati nel titolo edilizio rilasciato dal Comune nella licenza del 1972;
- in particolare c’era un manufatto di 12 mq , qualificato come sala caldaia, realizzato contestualmente all’edificio, a cui faceva anche riferimento il certificato di abitabilità rilasciato nel 1979 dal Comune stesso.
- per tali manufatti non risultava neppure fornita prova di presentazione istanza di sanatoria.
Per tale situazione, il Comune ha riscontrato l’assenza di conformità al titolo edilizio originario, e ha ritenuto irrilevante l’avvenuto rilascio dell’abitabilità, in quanto è noto che l’illiceità di un immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità.
Infatti, il Consiglio di Stato ha ribadito ancora che il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono infatti collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene e (oggi) risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio (ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2023, n. 25830).
Nelle conclusioni, il Consiglio di Stato ha confermato che il concetto di “tolleranza costruttiva” si applica all’esecuzione delle unità immobiliari assentite e non già a superfetazioni o comunque a manufatti non presenti nel progetto autorizzato, facendo riferimento anche alla versione di tolleranze edilizie allora vigenti (art. 34 c.2-ter DPR 380/01, abrogato e sostituito dall’articolo 34-bis mediante DL 76/2020).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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