La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
La formazione del titolo in sanatoria è basata su diversi presupposti e può definirsi dopo 24 mesi dal completamento dell’istanza
Esiste una possibilità di regolarizzare un abuso edilizio tramite lo spirare del termine previsto dalla norma del Condono edilizio, ma è assai remota; in particolar modo diventa complessa poterla applicare alla procedura del cosiddetto Terzo condono edilizio del D.L. 269/2003 (convertito con modifiche in L. 326/2003).
In questo video spiego le condizioni di accesso al Terzo Condono edilizio:
La formazione del silenzio assenso nel condono edilizio non è stata istituita con D.L. 269/2003, in quanto fu prevista fin dal primo condono edilizio, con l’art. 35 L. 47/85.
Per quanto attiene invece il Terzo condono DL 269/2003 facciamo rifermento all’art. 32 comma 37, il quale contiene le condizioni essenziali affinchè si possa considerare la domanda di condono come equivalente a titolo abilitativo edilizio ottenuto in sanatoria:
- presentazione istanza nei termini di scadenza su modello allegato di legge;
- attestazione di pagamento oblazione;
- attestazione di avvenuto pagamento degli oneri di concessione (cioè oneri urbanizzazione e costo di costruzione), ove previsti;
- presentazione documenti di cui al comma 35 entro la data del 31 ottobre 2005:
a) dichiarazione del richiedente resa ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con allegata documentazione fotografica, dalla quale risulti la descrizione delle opere per le quali si chiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori relativo;
b) qualora l’opera abusiva supera i 450 metri cubi, da una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneita’ statica delle opere eseguite;
c) ulteriore documentazione eventualmente prescritta con norma regionale. - denuncia in catasto (accampionamento o variazione);
- denuncia ai fini ICI (oggi IMU);
- denuncia tassa smaltimenti rifiuti soli urbani e occupazione suolo pubblico;
- decorrenza termine di ventiquattro mesi dalla data del 31 ottobre 2005 (espressamente così).
Senza entrare troppo nel merito di molti dettagli relativi a ciascun punto, si passi ad osservare alcuni aspetti relativi e limitanti la formazione del “silenzio assenso” nel terzo condono edilizio.
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Silenzio assenso nel Terzo Condono: criteri generali
Intanto bisogna dire che non si può parlare di formazione di silenzio assenso “tipico”, cioè previsto o rinviato espressamente da quanto disciplinato dalla L. 241/90. Possiamo tuttavia concordare che la formula prevista dall’art. 32 comma 37 DL 269/2003 comporti formazione del titolo abilitativo in maniera tacita, e pertanto equivalente a silenzio-assenso.
L’ art. 32, comma 37, della legge n. 326 del 2003, ha previsto un istituto particolare (già introdotto per i due precedenti condoni edilizi) che differisce da quello generale di silenzio-assenso previsto dalla L. 241/1990; infatti, in base al citato art. 32, il decorso del tempo è mero coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa, occorrendo cioè che il procedimento sia stato avviato da un’istanza conforme al modello legale previsto dalla norma che regola il procedimento di condono, e quindi, che la domanda di sanatoria presentata possegga i requisiti soggettivi ed oggettivi indicati dalla stessa, non potendo pertanto formarsi nel caso in cui riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico (ex plurimis: T.A.R. Lazio n. 12368/2022; Cons. di Stato n. 4749/2015).
Oltre all’elenco di documenti e adempimenti previsti dall’elenco descritto al punto precedente, occorre aggiungere altri aspetti fin troppo sottintesi o sottovalutati.
Intanto l’ipotesi di formazione di silenzio assenso può verificarsi quando vi sia completezza documentale, cioè quando il richiedente ha provveduto ad allegare all’istanza tutta la documentazione necessaria per il suo esame. In caso contrario è arduo che possa produrre effetto il silenzio assenso, pienamente giustificato dall’impossibilità della P.A. di valutare o meno le carenze e difetti della domanda. (es. gli elaborati grafici privi di quotature, prospetti, sezioni, piante, eccetera).
Si capisce bene che queste carenze potrebbero essere oggetto di valutazioni diverse da parte della P.A. e del richiedente.
La completezza documentale si può realizzare in due modi:
– presentazione completa per forma e sostanza fin dalla prima istanza;
– integrazione documentale su richiesta della P.A., con documentazione adeguata ed esauriente.
Tuttavia per il silenzio assenso si ha esclusione automatica nei casi in cui le opere non siano suscettibili di sanatoria straordinaria; ciò significa che l’istituto del silenzio-assenso non è utilizzabile per condonare aggirando i limiti previsti dal DL 269/2003.
PRESENZA DI VINCOLI PAESAGGISTICI: leggi l’approfondimento integrale
Mentre, nel caso in cui sussistano le condizioni di ammissibilità al condono edilizio D.L. 269/2003 in presenza di vincoli, esiste l’orientamento per cui l’obbligo di pronuncia dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ex art. 32 L. n. 47/85 per il rilascio del condono edilizio deve sussistere al momento in cui deve essere esaminata e valutata l’istanza di sanatoria ( Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 20/1999), tale obbligo viene meno laddove sia prima dell’istituzione del vincolo maturato il silenzio assenso ( Consiglio di Stato n. 5274/2017).
Pertanto si potrebbero verificare queste casistiche di silenzio assenso formatosi:
- prima dell’imposizione dei vincoli: occorre verificare completezza documentale;
- dopo l’ottenimento dei vari atti, nulla osta o pareri comunque denominati: occorre verificare completezza documentale e ritorno dei relativi atti al Comune;
Il problema della sopravvenienza di vincoli apre interrogativi e incognite sul corretto calcolo di decorrenza dei termini di 24 mesi, sopratutto quando essa avviene entro il termine biennale, facendolo “saltare” del tutto.
Infatti la validità del silenzio assenso dipende innanzitutto dalla completezza formale e sostanziale della documentazione, a prescindere dalle richieste integrative comunali. Infatti se da una parte questa completezza è il presupposto fondamentale per la formazione tacita del Condono, dall’altra parte come è possibile valutare la completezza senza poter rilevare dubbi o incongruenze?
Condizioni e requisiti del Silenzio assenso previsti per DL 269/2003
In materia generale di edilizia la formazione del silenzio assenso può avvenire sulla base di severe condizioni e presupposti, in quanto costituisce strumento di semplificazione procedimentale, a tutela del cittadino, titolare di un interesse legittimo pretensivo.
In materia di condono edilizio, la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di ventiquattro mesi, postula che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità.
Non può determinarsi per legge la regolarizzazione dell’abuso (in applicazione dell’istituto del silenzio assenso) ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma, quando la documentazione allegata all’istanza non risulti completa ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele (Cons. di Stato n. 7543/2003, n. 209/2021).
Sul punto esiste un pacifico orientamento (Consiglio di Stato n. 181/2022), che precisa:
- affinché possa formarsi il silenzio assenso sulle istanze di condono edilizio, il termine di 24 mesi decorre dalla presentazione della medesima domanda, purché risulti completa in ogni sua parte, non essendo peraltro l’amministrazione tenuta a chiedere l’integrazione della documentazione incompleta nel predetto termine biennale (Cons. di Stato n. 1474/2021);
- in materia di condono edilizio, quindi, il termine legale per la formazione del silenzio-assenso presuppone che la relativa istanza sia stata corredata dalla prescritta documentazione, non sia infedele, sia stata interamente pagata l’oblazione e, inoltre, che l’opera non sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità (Cons. di Stato n. 7382/2020).
In altre parole, affinchè possa formarsi il silenzio-assenso sulla domanda di condono edilizio (criterio valido trasversalmente per tutti e tre le norma di Condono), il termine biennale non decorre nel caso in cui la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria.
Di conseguenza quando manca la prova della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti, il termine di ventiquattro mesi decorre, in caso di incompletezza della domanda o della documentazione inoltrata a suo corredo, dal momento in cui tali carenze siano state eliminate ad opera della parte interessata.
Tra l’altro si ritengono validi e tempestivi i provvedimenti di diniego adottati dal Comune entro il termine di mesi ventiquattro decorrenti dal 31 ottobre 2005, in quanto espressamente previsto dal comma 37 art. 32 DL 269/2003 (Cons. di Stato n. 883/2022). Quindi la formazione “teorica” del silenzio assenso nel Terzo Condono si potrebbe conclamare dopo la data del 31 ottobre 2007.
Il termine biennale pertanto può assumere decorrenza dalla data del 31 ottobre 2005, e non dalla data di presentazione dell’istanza di condono, o da eventuali integrazioni presentate prima di tale data.
A tutto questo però potrebbe sovrapporsi quanto eventualmente previsto dalle norme regionali; insomma, il puzzle è destinato a complicarsi ancora.
Questioni normative regionali e di parziale incostituzionalità
Bisogna rammentare che anche la regolamentazione del silenzio assenso prevista dall’art. 32 comma 37 DL 269/2003 è stata oggetto di impugnativa presso la Corte Costituzionale da parte di alcune regioni.
Senza scendere troppo nei dettagli, con sentenza n. 196 del 24-28 giugno 2004 (in G.U. 1a s.s. 7/7/2004, n. 26) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 37, in quanto non prevedeva che la legge regionale di cui al comma 26 potesse disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del comune.
Ciò risulta anche conseguente dall’art. 32 comma 33 DL 269/2003 (anch’esso dichiarato parzialmente incostituzionale con la medesima sentenza), il quale inizialmente consentiva alle regioni di emanare norme per la definizione del procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria entro “i medesimi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, invece che “tramite la legge di cui al comma 26“. Per quanto riguarda l’emanazione delle predette leggi regionali in materia, si rinvia all’articolo 5 comma 1 L. 191/2004.
E’ possibile pertanto che in una regione l’istituto del silenzio-assenso del Condono Edilizio DL 269/2003 non possa trovare applicazione. Ad esempio:
1) L.R. Campania n. 10/2004 art. 7.1, che contempla piuttosto un silenzio-inadempimento (Consiglio di Stato n. 6107/2019, n. 4953/2012, TAR Napoli n. 5822/2018).
2) L.R. Toscana n. 53/2004 art. 5 comma 5, che non assegna alcun valore provvedimentale e configura mero inadempimento (Consiglio di Stato n. 5825/2021).
3) L.R. Umbria n. 21/2004 art. 26, non prevede silenzio assenso ma un termine di trentasei mes, bensì silenzio inadempimento.
Conclusioni e consigli
E’ auspicabile prudenza quando si esaminano pratiche del terzo condono edilizio non ancora rilasciate. Ma è ancora più necessaria nei casi in cui il soggetto titolare ritiene si sia formato il silenzio-assenso.
Intanto il presupposto essenziale è che la pratica di condono edilizia sia formalmente e sostanzialmente esauriente, e ciò diventa discutibile in termini discrezionali per la P.A. e per i professionisti tecnici incaricati.
Infatti ognuno può ritenere esauriente una documentazione prodotta in certe modalità, rappresentazioni grafiche, eccetera, ma non è detto che possa essere ritenuta soddisfacente dal competente funzionario della Pubblica Amministrazione.
Infine aggiungo che in presenza di vincoli il gioco si fa molto pesante, perchè serve espressamente il relativo titolo, atto o nulla osta comunque denominati.
Se dovessi sintetizzare con uno slogan, non confiderei nella (presunta) formazione del silenzio assenso, piuttosto conviene impegnarsi per ottenerne il relativo rilascio espresso.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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