Silenzio serbato su irregolarità edilizie note al venditore configura ipotesi di reato di truffa
Col DPR 380/01 è necessario prima regolarizzare l’immobile per procedere all’intervento demolitorio, mentre alcune regioni hanno introdotto lo Stato Legittimo semplificato
Man mano che la normativa edilizia si evolve, si risolvono problematiche del passato e si creano nuovi fronti di incognite e paradossi.
Svolgendo vari consulti ho notato una fattispecie grottesca: la demolizione e ricostruzione di edificio regolare e pienamente legittimato sotto il profilo di sagoma e caratteristiche planivolumetriche, tuttavia in presenza di difformità di prospetto e modifiche interne.
Questo soggetto intendeva effettuare intervento di demolizione e ricostruzione integrale dell’organismo edilizio preesistente, tuttavia nel presentare la pratica edilizia (SCIA ordinaria) il Comune gli ha contestato la carenza del requisito dimostrato di Stato Legittimo in maniera letterale.
In altre parole, questo proprietario intendeva accelerare la ristrutturazione ricostruttiva e accedere al Superbonus, tuttavia il Comune ha provveduto a richiedere l’attestazione dello Stato Legittimo ai sensi dell’art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01, applicando i propri doveri di controllo.
Dalle indagini e verifiche che ho potuto appurare, effettivamente la sagoma, il sedime e volumetria dell’edificio risultavano pienamente conforme ai titoli edilizi rilasciati per il fabbricato; diciamo che la “scatola” dell’edificio era regolare.
Alcune parti non sono risultati pienamente conformi, ovvero i prospetti (forometrie spostate e modificate), tramezzature interne e un paio di pareti con valenza strutturale (mancanza cerchiature).
Ed ecco il paradosso: prima di effettuare la demolizione integrale dell’edificio, serve regolarizzare il tutto; e siccome tali illeciti edilizi in alcuni casi risultavano palesemente insanabili, il proprietario ha dovuto fare alcune opere di ripristino per ricondurre l’immobile in situazione di conformità, e di sanabilità.
In sostanza ha dovuto spendere per fare alcune opere di ripristino (costate non proprio poco) per essere distrutte completamente a stretto giro, immediatamente dopo l’avvenuta regolarizzazione (tramite Permesso di costruire o SCIA in sanatoria, rispettivamente articoli 36 e 37 DPR 380/01).
Il paradosso dell’accertamento di conformità e SCIA in sanatoria è proprio questo, perché vincolato a rispettare un approccio rigido di regolarizzazione che non ammette valutazioni differenziate, opere postume o simili.
Alcune regioni hanno limitato le verifiche di Stato Legittimo per certi interventi
Tuttavia faccio notare che alcune norme regionali per ovviare a questo problema hanno emanato apposite disposizioni di Governo del territorio, e istituito una specie di Stato Legittimo “in deroga”, cioè semplificato e riguardante la “scatola planivolumetrica” qualora destinata alla demolizione.
Questo in base al buon senso, e probabilmente con rischio di incostituzionalità qualora impugnate dal Governo, vedasi L.R. Emilia Romagna n. 24/2017 articolo 11:
6. Gli interventi di riuso e rigenerazione urbana e di recupero dei fabbricati esistenti nel territorio rurale che prevedano la demolizione dell’edificio originario sono subordinati alla verifica dello stato legittimo unicamente del volume totale o della superficie lorda dello stesso, ai fini del calcolo della nuova edificazione ammissibile.
In Toscana è degno di nota il comma 7-ter articolo 133 L.R. 65/2014, inserito recentemente e finalizzato a “confinare” le verifiche di legittimità dello stato effettivo dell’immobile ai parametri sostanziali urbanistici come volumetria o superficie:
7 ter. Per gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti la verifica della legittimità dello stato di fatto dell’immobile di cui ai commi 2 e 7, è effettuata unicamente in relazione alla volumetria complessiva o alla superficie totale dello stesso ed ai relativi parametri urbanistici ed edilizi da utilizzare per il calcolo della nuova edificazione ammissibile. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica nel caso di immobili soggetti ai vincoli previsti dal Codice e, in ogni caso, qualora l’edificio sia interessato da interventi edilizi realizzati in assenza del titolo abilitativo richiesto, in totale difformità dallo stesso ovvero con variazioni essenziali di cui all’articolo 197.
Forse sarebbe opportuno che queste norme di semplificazione fossero inserite direttamente nel DPR 380/01: se ci pensiamo bene, in casi simili si dovrebbe valutare con attenzione gli interessi contrapposti tra P.A. e privato, onde evitare inutile azione dell’Amministrazione e tornare sul piano del buon senso pratico.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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