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Quando emerge un’antica porzione di edificio occultata diventa difficile dimostrare la sua legittimità formale, vanno disposte indagini oggettive

Non è mica difficile scoprire porzioni di edifici realizzate in epoca risalente anche nei scorsi secoli, ad esempio spazi interrati o intercapedini racchiuse per qualche motivo tra unità immobiliari vicine.

Qui si entra piuttosto nell’ambito del restauro architettonico e nelle analisi storiche dell’edificio, dove l’applicazione della definizione dello Stato Legittimo disposta dall’art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01 incontra alcuni limiti.

Proprio perchè esiste un patrimonio storico e stratificato nel corso dei secoli, è possibile che un edificio risalente possa riservare la scoperta di alcuni spazi confinati e sconosciuti ai proprietari. Mi permetto di consigliare una tecnica che che consente di diagnosticare la loro esistenza, sempreché non si trattino di spazi completamente interrati, dove sono necessari particolari saggi.

Facendo un rilievo dell’intero piano e ricostruendo la sua consistenza, si possono individuare questi spazi chiusi o confinati in epoca immemorabile, e possibilmente prima dell’accatastamento di impianto 1938/41. Poi si aprono gli scenari sui diritti di proprietà di tali porzioni ri-scoperte, rinviando a trattazione più giuridica che tecnica.

Resta il fatto che lavorando in edifici e contesti storici molto diffusi in Italia, non è proprio rarissimo imbattersi in queste volumetrie e superfici finora ignote. Premesso che considero molto importante riflettere sui possibili motivi della loro chiusura o riempimento, resta il problema di giustificare e legittimare quello che potrebbe comunque apparire come una specie di ampliamento interno alla sagoma dell’edificio, che potrebbe apparire un controsenso edilizio.

Intanto per datare l’epoca o la preesistenza di queste porzioni si consiglia di ricorrere a:

In sintesi, occorrerà effettuare una dimostrazione da più versanti circa la natura “occulta” del volume confinato, e dei motivi per cui è divenuto inaccessibile senza più memoria o documentazione.

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Onere della prova posto a carico del proprietario

Il criterio dell’onere probatorio posto a capo del soggetto interessato rende difficile la dimostrazione, sopratutto quando le fonti documentali sono mute di fronte ad un manufatto oggettivamente antico o risalente ben oltre la fatidica L. 1150/1942.

Infatti ci dobbiamo misurare con la costante giurisprudenza che sul punto afferma che:

Ricade, infatti, in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) l’onere di provare la data di ultimazione (con difforme destinazione d’uso) delle opere edilizie, dal momento che solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto. In difetto di tali prove, resta integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria (Consiglio di Stato n. 2395/2022, n. 463/2017, n. 2626/2016, n. 3666/2015, n. 1927/2018.)”

Il problema diventa astioso quando il proprietario non può esibire o rintracciare alcun documento con valenza probante (vedi definizione Stato Legittimo), quando dai sondaggi o demolizioni scopre una porzione sconosciuta e nascosta con caratteristiche dei secoli passati.

Diciamo pure che nasce una diatriba tra due scenari:

  • si considera “di diritto” ante ’42 ? (ma l’obbligo di titolo edilizio poteva esserci anche decenni prima…9b v).
  • si può ammettere il suo ripristino considerando un rapporto di continuità storica e oggettiva con l’edificio?

Al momento non saprei cosa rispondere con esattezza perchè sarà necessario valutare sempre caso per caso; certamente in caso di scoperta di queste porzioni antiche e dimenticate, forse la miglior cosa da prendere in considerazione sarà una richiesta di permesso di costruire, oltre a tutte le eventuali autorizzazioni e nulla osta comunque necessari (beni culturali, antisismica, eccetera).

Certamente, trattandosi di aumento di superficie (ai giorni nostri, ovviamente), non ritengo che la CILA sia la procedura giusta, e nutro alcuni limiti applicativi della SCIA.

Casi precedenti in giurisprudenza

Al momento non ho avuto modo di cercare con precisione fattispecie simili, l’unica che ho trovato recente e adatta al caso è una sentenza TAR Napoli n. 2395/2022, riguardante la scoperta di una antica cisterna tipica di Capri risalente al ‘600 e resa inaccessibile da una tramezzatura.

In questa fattispecie vengono valutate le ragioni di entrambe le parti anche alla luce della sopravvenuta definizione di Stato Legittimo ex art. 9-bis comma 1-bis del DPR 380/01.

STATO LEGITTIMO: elenco articoli

Trovo importante riportare un passaggio con cui viene attributa una valenza limitata ai soli fini fiscali alle risultanze catastali, cioè riconoscendo all’accatastamento un adempimento tributario, senza che possa atteggiarsi come strumento idoneo ad evidenziare una situazione di conformità edilizia. Su questo punto esprimo alcune riserve da approfondire, perchè la definizione di Stato Legittimo sopravvenuta riconosce invece agli atti catastali un valore probante.

Detto questo, la sentenza si conclude a favore del privato perchè ritenuto che la P.A. non abbia agito sufficiente per acclarare e accertare l’effettiva “novitas” delle opere e smentire la presunzione della loro collocazione temporale in epoca risalente.

Consigli utili

Quando si scoprono porzioni antiche o di epoca risalente/immemorabile è sempre consigliato svolgere ulteriori verifiche documentali e storiche, e diventa un bel problema quando ci dobbiamo spingere indietro nei secoli.

Se abbiamo a che fare con edifici di pregio e nobiliari, forse abbiamo qualche possibilità che dagli archivi padronali, rogiti e documenti simili possa emergere la prova o menzione di esistenza.

In buona parte dell’edilizia storica ordinaria invece sarà raro che possano emergere documenti o informazioni simili, i più fortunati forse potranno parlare con qualche “memoria storica” di anziani che possano tramandare versioni orali.

Certamente il miglior consiglio che si può condividere è verificare e documentare le caratteristiche costruttive dello spazio vetusto, e compararlo con quelle tipiche delle costruzioni storiche in vicinanza. Insomma, si tratta di ragionare come gli archeologi, e non sarebbe cattiva idea chiedere loro una consulenza e indagine, visto la loro competenza. Per il resto, invito nuovamente al buon senso i soggetti controllori che stanno dalla parte della Pubblica Amministrazione, perchè la normativa non può prevedere tutti i casi possibile.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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