Incertezza applicativa sulla Compatibilità paesaggistica con incremento di volume per abusi edilizi minori art. 36-bis
Definizione DPR 380/01 non riguarda la Paesaggistica, ma serve stesso approccio
La definizione di Stato Legittimo dell’immobile è prevista dall’articolo 9-bis c.1-bis Testo Unico Edilizia D.P.R. 380/01, e risulta perimetrata alle pratiche “puramente” edilizie o ai procedimenti amministrativi disciplinati al suo interno. Di converso, nell’attuale testo del Codice del Paesaggio D.Lgs. 42/2004 non è contenuta (per ora) una analoga definizione sul profilo paesaggistico.
Per come è disposta la definizione di Stato Legittimo, essa non troverebbe applicazione nei confronti delle altre normative di settore e speciali esterne al Testo Unico Edilizia stesso. Prime osservazioni da fare:
- è vero testualmente, tuttavia la legittimità degli interventi edilizi e la validità/efficacia delle relative pratiche non dipende soltanto dalla legittimità in senso strettamente edilizio, ma anche verso tutte le restanti normative edilizie esterne al DPR 380/01;
- l’abuso paesaggistico configura automaticamente illecito edilizio di una certa gravità, anche penale;
- anche di fronte a titoli abilitativi edilizi formatisi in via autonoma rispetto a quelli necessari per altre normative, le opere edilizie realizzate presentano profili permanenti di illegittimità;
- i titoli edilizi rilasciati, assentiti o depositati in assenza dei relativi titoli autorizzativi paesaggistici sono suscettibili di annullamento o dichiarazione inefficacia;
- la Pubblica Amministrazione può attivare i procedimenti repressivi anche per interventi o immobili legittimati sotto il profilo edilizio, che presentano profili di irregolarità a normativa paesaggistica, sismica o di settore;
Preliminarmente lo Stato Legittimo paesaggistico non è previsto dal DPR 380/01: il consolidato orientamento ritiene che si debba tener conto dei soli profili paesaggistici ed ambientali non potendo (più) verificarsi in quella sede anche il cd. “stato legittimo” dell’immobile (Consiglio di Stato n. 3006/2023, n. 1489/2023, n. 3170/2020). La motivazione di questa esclusione proviene da:
- lettura testuale della definizione di Stato Legittimo ex articolo 9-bis TUE;
- col passaggio al Regolamento Autorizzazione paesaggistica semplificato DPR 31/2017 (rispetto al DPR 139/2010), nell’articolo 2 non è più richiesta l’attestazione di conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia;
In sostanza col passaggio normativo di semplificazione paesaggistica, avvenuto dal DPR 139/2010 al DPR 31/2017, viene disposto che l’autorità procedente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica debba valutare specificamente l’incidenza dell’intervento progettato dal richiedente sul paesaggio in senso lato; di converso, non deve esprimersi sugli aspetti attinenti alla regolarità urbanistica ed edilizia dell’opera, stante l’autonomia strutturale e funzionale del titolo paesaggistico rispetto a quelli implicanti l’accertamento della legittimità urbanistico-edilizia del medesimo progetto (Cons. di Stato n. 3006/2023, n. 3446/2022, n. 1436/2016, n. 4234/2013, n. 8260/2010).
Stato Legittimo paesaggistico, poniamoci la dimostrazione
Si torna sullo Stato Legittimo paesaggistico, già trattato sul blog e sul quale la sentenza di Consiglio di Stato n. 7521/2024 è tornata a stabilire principi e criteri operativi.
Il nodo principale riguarda l’eccesso di competenza contestato alla Soprintendenza nel verificare la regolarità dell’immobile, dell’attuale stato di consistenza e situazione di illiceità paesaggistica, non risultando atti o pratiche autorizzative ai fini paesistici.
Oltretutto, la nozione di consistenza (o sussistenza materiale dell’immobile in concreto, nelle sue caratteristiche dimensionali) è diversa da quella di stato legittimo (in senso urbanistico-edilizio) e prescinde da questa, ragion per cui la giurisprudenza di questo Consiglio ha già riconosciuto che non può sostenersi essere esclusiva competenza dell’amministrazione comunale definire la consistenza dell’immobile (cfr. Cons. di Stato n. 3357/2024).
Nella fattispecie oggetto di sentenza C.d.S. n. 7521/2024 la Soprintendenza ha richiesto la puntuale dimostrazione della legittimità della preesistenza edilizia, ai fini paesaggistici: il soggetto richiedente ha rappresentato che il fabbricato fosse stato realizzato prima del 1° settembre 1967 al di fuori di area urbana, e rimasto immutato nelle sue dimensioni iniziali. A nulla sono servite le dichiarazioni contenute nei rogiti di trasferimento del 2011 e 2018, nonchè delle CILA e SCIA rispettivamente depositate nel 2020 e 2022.
Per questo la Soprintendenza ha correttamente motivato con parere negativo l’istanza di Accertamento di compatibilità paesaggistica per lo stato di illegittimità del manufatto principale a cui accedono le pertinenze da sanare, da valutarsi in modo unitario e complessivo con il fabbricato principale. Si legge infatti che la sagoma planimetrica risultava pari all’incirca al doppio di quella riportata in sede di primo accatastamento, senza che agli atti della stessa Soprintendenza risultino pratiche autorizzative per l’ampliamento, senza che l’interessata abbia fornito alcun titolo al riguardo e senza che agli atti comunali risultino atti autorizzativi ai fini paesaggistici.
Perciò, secondo la Soprintendenza, «l’istanza in esame non può essere nemmeno astrattamente considerata ammissibile dal momento che (…) lo stesso ha subito degli evidenti incrementi planovolumetrici che non possono beneficiare, per esplicita esclusione del legislatore nazionale, dell’accertamento di compatibilità paesaggistica», tenuto conto che «non è possibile nemmeno in astratto considerare la possibilità di sanare abusi pertinenziali ad un immobile che è a sua volta abusivo».
Il parere negativo espresso dalla Soprintendenza fa costante riferimento all’assenza di pratiche e permessi paesaggistici, e non a procedure abilitative urbanistico-edilizie. La dimostrazione di legittimità del profilo paesaggistico è delicata, e a maggior ragione lo diventa quando occorre svolgerla verso interventi e porzioni di immobili risalenti, anche nei casi di sopravvenuta apposizione dei vincoli: occorre svolgere ricerche sui vari titoli autorizzativi paesaggistici e ambientali eventualmente dovuti a sui tempo ai sensi delle varie versioni di D.Lgs. 42/2004, D.Lgs. 490/99 e L. 1497/39.
In definitiva, anche se non esiste una specifica definizione di Stato Legittimo all’interno di ciascuna normativa di settore avente incidenza urbanistica ed edilizia, bisogna comportarsi come se ci fosse. Si ripete quanto detto prima ancora dell’entrata in vigore del D.L. 76/2020: per ogni mattone si deve dimostrare la chiara provenienza urbanistico edilizia verso, giustificandone il profilo di legittimazione, ragionando in maniera olistica e complessiva, e non a compartimenti stagni.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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