Le due definizioni normative convivono insieme, ma indipendenti l’una dall’altra, almeno in apparenza
La definizione rappresenta un principio uniforme su base nazionale, escluse forme di deroga con effetti di sanatoria
L’uniformità su base nazionale della definizione di Stato Legittimo dell’immobile è già stata scrutinata in sede di Corte Costituzionale, cioè la sentenza n. 217/2022 che ha dichiarato parzialmente incostituzionali alcuni passaggi della L.R. Veneto n. 19/2021.
In quel caso il nodo importante riguardava la possibilità di considerare praticamente sanate le irregolarità degli edifici costruiti o ristrutturati prima dell’entrata in vigore della Legge ponte n. 765/67 e Legge n. 10/1977, sulla base di certe condizioni.
L’esito della sentenza è stato sfavorevole verso questa previsione; ho trovato interessante estrapolare l’analisi che impedisce di fatto (e di diritto, direi) alle regioni di modificare la definizione di Stato Legittimo (art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01).
Le versioni regionali di Stato Legittimo “semplificato” non trovano fondamento, come vedremo.
E dire che alcune regioni hanno già iniziato a declinare e integrare la definizione nazionale con varie modifiche, spesso effettuate con nobili propositi di semplificare lo svolgimento di interventi edilizi ed evitare regolarizzazioni edilizie “da incubo”.
Caso mai, spetterebbe al legislatore nazionale stabilire una volte per tutte un “regolamento di conti” con gli illeciti edilizi e irregolarità costruttive del passato.
Per ora, l’unica forma di semplificazione (formale) di Stato Legittimo è ammessa a favore della CILA per interventi Superbonus (CILAS), su cui continuo ad esprimere riserve su ciò.
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Stato Legittimo, definizione uniforme nazionale
La definizione normativa è contenuta nell’art. 9-bis del DPR 380/2001, ed è stata introdotta col D.L. 76/2020.
Lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative (Consiglio di Stato n. 7621/2022): lo “stato legittimo dell’immobile” è quello riveniente dal “titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa”, nonché, se a questo siano susseguiti ulteriori titoli abilitativi, dal titolo “che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali” (T.A.R. Campania Salerno, sez. II – 31/5/2021 n. 1358).
La previsione statale individua, in termini generali, la documentazione idonea ad attestare lo “stato legittimo dell’immobile”, definendo i tratti di un paradigma le cui funzioni sono quelle di semplificare l’azione amministrativa nel settore edilizio, di agevolare i controlli pubblici sulla regolarità dell’attività edilizio-urbanistica e di assicurare la certezza nella circolazione dei diritti su beni immobili (Corte costituzionale n. 217/2022).
Principio inderogabile collegato all’obbligo dei titoli edilizi, condoni e sanatorie edilizie
La Corte Costituzionale ha già affrontato in varie sentenze il medesimo carattere e principi fondamentali della materia contenuta nelle varie disposizioni statali riguardanti profili strettamente contigui a quello dello Stato Legittimo:
- le categorie di interventi edilizi che necessitano delle diverse tipologie di titoli abilitativi (sentenze n. 124 e n. 2 del 2021, n. 68 del 2018, n. 282 del 2016, n. 259 del 2014)
- la durata degli stessi (sentenza n. 245 del 2021)
- gli aspetti che ruotano intorno al cosiddetto condono edilizio (sentenze n. 24 del 2022, n. 77 e n. 2 del 2021, n. 290 del 2019, n. 232 e n. 73 del 2017, n. 233 del 2015 e n. 101 del 2013)
- divieto di forme surrettizie di sanatoria (sentenza n. 77 del 2021)
- il perimetro degli interventi in zona sismica (sentenze n. 2 del 2021, n. 264 del 2019, n. 68 del 2018, n. 60 del 2017, n. 282 e n. 272 del 2016, n. 167 del 2014)
- la documentazione necessaria ai fini della denuncia di esecuzione di nuove opere (sentenza n. 2 del 2021).
Per quanto riguarda i criteri di determinazione dello Stato legittimo dell’immobile, essi rappresentano un principio fondamentale della materia, che richiede una disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale. Di conseguenza non sono ammissibili deroghe o integrazioni di ambito regionali che si pongono in contrasto al predetto principio fondamentale.
La sentenza di Corte Costituzionale n. 217/2022 ha ricordato tra i vari principi che, ai fini dello stato legittimo, non può essere disposta d’imperio la non efficacia di titoli abilitativi rilasciati in adempimento di obblighi previsti da fonti primarie speciali o da fonti non primarie.
Sennonché, altro è consentire – come fa l’art. 9-bis, comma 1-bis, secondo periodo, t.u. edilizia – l’attestazione semplificata dello stato legittimo per gli immobili realizzati in epoche in cui il titolo non era obbligatorio, altro è negare l’efficacia di titoli abilitativi legittimamente rilasciati.
VIDEO: Stato Legittimo degli immobili.
Conclusioni e consigli
Occorre prestare attenzione alle possibili forme di Stato Legittimo semplificato previsti da norme regionali, proprio perchè la loro modifica potrebbe porsi palesemente in contrasto con l’impianto normativo sulla legittimazione urbanistico edilizia degli immobili.
Le modifiche normative regionali potrebbero infatti generare possibili effetti sanatori o condonistici, dichiarando legittimo un qualcosa che invece rimane illegittimo sotto il profilo amministrativo.
Il principale motivo per cui queste forme di Stato Legittimo “regionale” non troveranno sponda nella giurisprudenza, è il fatto che incideranno sia a livello amministrativo che penale, quest’ultimo peraltro di competenza esclusiva del legislatore nazionale.
Questo “revisionismo” urbanistico non è appannaggio delle regioni, e deve passare soltanto dalle mani del legislatore nazionale.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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