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Verifica obbligatoria della conformità immobiliare introdotta nel 2020 era comunque vigente alla sua introduzione nella normativa

Dal 17 luglio 2020, cioè all’entrata in vigore del Decreto Semplificazioni D.L. 76/2020, è stato introdotto nell’articolo 9-bis Testo Unico Edilizia D.P.R. 380/01 un ulteriore comma 1-bis: la definizione di Stato Legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare.

Contemporaneamente è stato sostituito e coordinato con esso il regime delle tolleranze edilizie rispetto allo Stato Legittimo, nell’articolo 34-bis T.U.E.
Quest’ultimo dispone al terzo comma l‘obbligo di effettuare una verifica delle tolleranze edilizie negli atti di trasferimento tra vivi (es. compravendita) e nelle pratiche edilizie, comparando lo stato attuale ed effettivo dell’immobile a quanto risultante nello Stato Legittimo.

In definitiva, un vero “check-up” preventivo per capire se l’immobile sia pulito da irregolarità edilizie di ogni tipo. Per comprendere meglio, la definizione di Stato Legittimo contenuta nell’articolo 9-bis comma 1-bid DPR 380/01 stabilisce che:

“Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare e’ quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo e’ quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresi’ nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

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Stato Legittimo immobile, quali motivi hanno portato ad inserirlo?

Una chiara risposta proviene dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 7829/2023, già commentata in un mio recente video:

La previsione dello Stato Legittimo immobiliare, benché entrata in vigore solo nel 2020, in realtà costituisce mera applicazione di norme già da molti anni vigenti nell’ordinamento, in particolare delle norme che hanno introdotto l’obbligo, per i proprietari di terreni, di munirsi di un titolo autorizzatorio per realizzare le costruzioni, sanzionando la violazione di tale obbligo.

In altre parole, anche se nelle pratiche edilizie ante D.L. 76/2020 non sono state effettuate le verifiche di Stato Legittimo e conformità urbanistica divenute obbligatorie con tale decreto, erano comunque obbligatorie e necessarie.

Come disposto nella sentenza, trattasi, in particolare del regime nascente ed evolutosi:

  • dall’art. 31 della L. 1150/42 , che per primo ha introdotto l’obbligo della licenza di costruzione per tutti gli edifici da costruirsi all’interno dei centri abitati, e particolari trasformazioni di quelli esistenti;
  • nonché degli artt. 10 e 6 della L. n. 765/1967, i quali hanno previsto, rispettivamente, l’estensione dell’obbligo della licenza di costruzione per nuove costruzioni/trasformazioni particolari in tutto il territorio comunale – e quindi anche fuori dai centri abitati;
  • nonché la sanzionabilità delle opere eseguite senza licenza di costruzione o in contrasto con essa.

Il sistema così disegnato è stato poi portato ad ulteriore completamento con la L. n. 10/1977, che ha introdotto anche l’obbligo, del proprietario, di partecipare alle spese di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, nonché con la L. n. 47/85, che ha rafforzato il sistema sanzionatorio degli abusi edilizi.

Vorrei commentare che da questa sentenza emerge che il regime edificatorio “vero” sia inquadrato con l’entrata in vigore della legge fondamentale urbanistica n. 1150/1942: che vogliano intendere e confermare (finalmente) che l’anno zero del regime edificatorio italiano sia la L. 1150/42? Sarebbe già una conquista.

Tuttavia esiste una discreta giurisprudenza che ritiene lecito estendere le verifiche di legittimità immobiliare anche anteriormente alla L. 1150/42.

Regime edificatorio dalla L. 1150/42 in poi

Dal momento in cui l’edificazione dei suoli è stata assoggettata al preventivo rilascio di un atto autorizzatorio, comunque denominato nel corso dei decenni, è stato istituito un sistema sanzionatorio che ha punito la realizzazione di opere edilizie in assenza o in difformità dai titoli autorizzativi, è stato implicitamente stabilito che la legittimità – ovvero lo “stato legittimo” – di un immobile sia parametrata alle condizioni che ne hanno legittimato la prima costruzione (licenza di costruzione ovvero ubicazione fuori dai centri abitati, fino al 1967) nonché ai titoli edilizi che hanno autorizzato successive modifiche.

Per questa ragione si è formata una giurisprudenza sui contenziosi relativi a ordinanze di demolizione di immobili esistenti da lungo tempo; in riferimento ai fabbricati di cui si prospettava la costruzione fuori dai centri abitati e zone di espansione PRG (salvo diversa regolamentazione edilizia) prima del 1967, ha ammesso che la prova della legittimazione potesse essere fornita anche con mezzi diversi dal titolo edilizio, cioè con mezzi di prova idonei a dimostrare la ricorrenza delle indicate condizioni in presenza delle quali non necessitava la licenza di costruzione (vedi Consiglio di Stato n. 570/2022).

In ogni altro caso il parametro di riferimento é sempre stato individuato solo nei titoli edilizi: tant’è che per superare l’insanabile contrasto tra lo stato di fatto di un immobile e quello risultante dai titoli edilizi, per lungo tempo una parte della giurisprudenza ha ammesso che l’ordine di demolizione dovesse recare una motivazione rafforzata in punto pubblico interesse al ripristino, e ciò, peraltro, solo nel caso in cui fosse trascorso un lungo lasso di tempo tra la realizzazione dell’abuso e l’ordine di demolizione.

Anche quest’ultimo orientamento è stato definitivamente superato dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, la quale ha affermato il principio secondo cui “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.

Il regime di Stato Legittimo ante ’67 e post ’67.

L’introduzione dello Stato Legittimo inserito nell’articolo 9-bis, comma 1 bis, del D.P.R. n. 380/2001, non ha fatto altro che codificare il principio per cui lo stato legittimo di un immobile è quello risultante dai titoli edilizi.

Da tale regime restano esclusi soltanto gli immobili “realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio” nonché per quelli relativamente ai quali “sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”: la norma è stata introdotta soprattutto allo scopo di fornire all’acquirente di un immobile la certezza della legittimità dell’immobile, potendo ottenere dall’amministrazione comunale (come desumibile dall’art. 34 bis, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001) una attestazione dello stato legittimo dell’immobile, che comunque non è sostitutiva dei titoli edilizi.

Di conseguenza lo Stato di un immobile attestato in un documento diverso dal titolo edilizio abilitativo non ha mai posseduto efficacia probante, tale da far insorgere un affidamento di buona fede, tranne che per gli immobili per i quali non era necessario il titolo abilitativo e limitatamente alla prima costruzione e alle modificazioni intervenute prima del 1967.

Tuttavia ci sono altri diversi nodi da sciogliere sul tema.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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