Comune non poteva certificare Agibilità con illegittimità edilizie, ma Salva Casa ha disciplinato l'argomento
Qualora risulti impossibile esibire un titolo edilizio conservato all’archivio comunale, deve rispondere dettagliando le ragioni dell’insussistenza
Interessante conferma dal TAR Lazio con sentenza n. 5918/2022, con cui viene esaminata la risposta fornita da un Comune verso la richiesta di accesso agli atti per ricostruire lo Stato legittimo dell’immobile ai sensi dell’art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01.
Vediamo meglio l’eventualità che potrebbe emergere quando si deve ricostruire la conformità urbanistica dell’immobile.
La gestione archivistica delle pratiche edilizie di ogni comune in Italia è avvenuta in diverse modalità: chi ha gestito con proprio archivio dedicato, chi ha delegato esternamente, e chi ha conferito l’archivio documentale ad enti terzi.
Resta il fatto che per qualche motivo potrebbe verificarsi una spiacevole situazione in cui la pratica edilizia presente nei registri ed elenchi comunali risulti smarrita o insussistente. E’ anche vero che questa circostanza potrebbe anche rivelarsi positiva a qualcuno, venendo a mancare una prova attestante la presenza datata di irregolarità.
La casistica delle pratiche edilizie smarrite l’ho già affrontata nei seguenti contenuti:
- Pratica edilizia smarrita, presenza nei registri e Conformità urbanistica
- Permesso edilizio irreperibile immobile Ante ’67, prova della preesistenza
- Pratiche edilizie smarrite, cosa fare
- Pratiche edilizie smarrite e Stato legittimo di conformità
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Come si deve comportare il Comune qualora risulti insussistente la pratica edilizia richiesta con l’accesso agli atti?
Una indicazione chiara la fornisce la predetta sentenza TAR Lazio, di cui riporto in estratto il passaggio fondamentale ed evidenziato i passaggi veramente utili in grassetto.
In buona sostanza, il Comune è tenuto a certificare e attestare al soggetto richiedente l’accesso agli atti l’inesistenza/insussistenza della pratica edilizia, motivando adeguatamente le ragioni di questa impossibilità ad esibire quanto richiesto. In altre parole il TAR precisa puntualmente che non è sufficiente dare conto conto dell’irreperibilità della pratica edilizia.
Lo scopo di questa indicazione è di fornire (giustamente) al cittadino un certificato o un’attestazione rilasciata dal Comune comprovante una precisa situazione giuridica vigente ad un dato momento, tramite un provvedimento completo e preciso.
E’ infatti necessario garantire la certezza delle posizioni del cittadino da una parte, e della PA dall’altra; certamente il problema si pone per quegli archivi comunali che per qualche motivo non sono stati conservati nel migliore dei modi.
Mi è capitato un caso di una pratica edilizia DIA che risultava insussistente nel 2015, e che poi è stata magicamente ritrovata dopo una riorganizzazione totale dell’archivio nell’anno 2019; quindi è opportuno che il richiedente l’accesso agli atti, sopratutto se professionista abilitato, si faccia attestare formalmente l’inesistenza o irreperibilità delle pratiche edilizie censite nei registri ed elenchi comunali.
Estratto dalla sentenza TAR Lazio 5918/2022:
(omissis)
Pertanto, posto che ogni operazione edilizia sul patrimonio esistente presuppone (da un lato) l’attestazione dello stato legittimo delle opere, da documentarsi, ai sensi dell’art. 9 bis, comma 1 bis, del DPR n. 380/2001 (come introdotto dal DL 70/2020, conv. in l. 120/2020), da parte di chi intende operare trasformazioni o interventi edilizi sul patrimonio esistente e (dall’altro) il corrispondente riscontro di tali attestazioni da parte dell’Ufficio; ne deriva la conseguenza che anche le operazioni di custodia e di eventuale discarico di atti e documenti tecnici o edilizi o urbanistici d’epoca, da parte degli uffici competenti e dell’Archivio Storico, dovrebbero essere (o risultare già) improntate funzionalmente a consentire l’accessibilità o la reperibilità (anche) dei documenti edilizi risalenti negli anni.
Secondo la giurisprudenza prevalente, se determinati documenti che sono legittimamente richiesti dal privato, non risultino esistenti negli archivi dell’Amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest’ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo (si vedano, ex plurimis, Tar Lombardia, Milano, 31 maggio 2019, n.1255; 29 maggio 2021, n. 1245; 20 febbraio 2020, n.343; T.A.R. , Napoli , sez. VI , 03/05/2021 , n. 2915; T.A.R. Lazio, Roma, II ter, 19 marzo 2019, nr. 5201 ed altre). Trattandosi di applicare la regola generale “ad impossibilia nemo tenetur”, anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili.
Ciò posto non è tuttavia sufficiente – al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso – la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi, in quanto spetta all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso fornire l’indicazione, sotto la propria responsabilità, attestante la inesistenza o indisponibilità degli atti che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità, senza che sia sufficiente al riguardo una mera affermazione della loro inesistenza negli scritti difensivi (T.A.R. , Milano , sez. III , 11/10/2019 , n. 2131).
A tale conclusione deve prestarsi ancor più convinta adesione nell’attuale quadro ordinamentale nel quale – per quanto riguarda l’edilizia – il già richiamato art. 9 bis, comma 1 bis, del DPR 380/2001 prevede specifiche prescrizioni in ordine alla documentazione dello stato legittimo dell’immobile, esigendosi a tal fine il titolo edilizio e, solo laddove questo non fosse dovuto per l’epoca dei lavori o non sia comunque reperibile, consente il ricorso alle forme probatorie alternative, meglio ivi previste e disciplinate.
A maggior ragione, dunque, l’Amministrazione è tenuta ad eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti in visione e a dare conto al privato delle ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti. Per le stesse ragioni, non è sufficiente a dichiarare assolto l’obbligo di provvedere la comunicazione che un’articolazione dell’Amministrazione rivolta al richiedente con la quale declini la propria competenza a provvedere, come accaduto con la nota impugnata con motivi aggiunti.
L’obbligo di provvedere sull’istanza di accesso incombe sull’Amministrazione nella sua globalità, con la conseguenza che, pur se dei documenti richiesti non sia attualmente detentore il Municipio cui la ricorrente si è rivolta, persiste comunque la necessità che l’istanza sia oggetto di esame da parte dell’Ufficio che risulterà competente in base all’assetto statutario di Roma Capitale (ovvero il DPAU oppure l’Archivio Capitolino, a seconda delle condizioni di conservazione dei documenti).
Analogamente, non osta all’accoglibilità della richiesta di accesso la prospettata necessità di avvalersi del SIPRE (Sistema di prenotazione on line del Dipartimento PAU); come ritenuto in altra analoga fattispecie avente ad oggetto l’utilizzo di tale sistema, “non vale in contrario opporre che l’accesso non è consentito dal sistema informatico che l’Amministrazione ha predisposto, essendo tale sistema un mero “interfaccia” con l’utenza, sostitutivo degli adempimenti di sportello del personale, ma non delle decisioni sulle istanze di accesso che spetta all’Ufficio comunque esaminare e risolvere secondo diritto (adattando, ove necessario, le procedure informatizzate in modo da essere adeguate a tale scopo e serventi all’istruttoria dell’Ufficio, non condizionanti quest’ultima).” (cfr. TAR Lazio, II bis, 21 dicembre 2021, nr. 13232).
Pertanto, in accoglimento del gravame, va ordinato all’Amministrazione resistente che l’Ufficio competente ratione materiae in ordine all’interesse sotteso alla richiesta d’accesso, provveda in ordine alla suddetta istanza, apprestando, nell’eventualità, ogni opportuna attestazione a firma del Dirigente responsabile circa l’inesistenza o la indisponibilità degli atti richiesti, sulla base delle regole archivistiche sancite dal Regolamento della stessa Amministrazione. L’esecuzione dell’accesso dovrà avvenire entro i termini indicati a seguire. (omissis)
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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