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Gerarchia dei mezzi di prova per attestare esistenza e consistenza dell’immobile prima dell’obbligo di licenza edilizia

La normativa sullo Stato Legittimo dell’immobile è stata introdotta anche prendendo in considerazione gli immobili costruiti in epoca anteriore al 1° settembre 1967, cioè il momento di entrata in vigore della legge ponte n. 765/1967.

Penso di essere venuto a noi a dire che tale data non corrisponde all’anno zero dell’urbanistica, e non significa che fino al giorno prima in tutto il territorio d’Italia l’attività edificatoria fosse libera, come una specie di anarchia.

Al contrario era già stata regolata da precedenti provvedimenti normativi: il regime edificatorio anteriore all’entrata in vigore della legge n. 765/67 era disciplinato dall’originario articolo 31 L. 1150/1942, e in questa sede evito di considerare quelli ulteriormente precedenti ad essa (significa che l’obbligo di licenza/titolo edilizio era già stato previsto già prima).

Altra cosa: l’obbligo di licenza edilizia poteva essere già stato esteso all’intero territorio comunale anche prima del 1 settembre 1967 tramite i regolamenti edilizi.

In questo post invece interessa capire la seconda parte della definizione di Stato Legittimo contenuta nel comma 1-bis articolo 9-bis DPR 380/01, relativa proprio agli edifici realizzati in epoca in cui non vi era obbligo di acquisire il titolo abilitativo edilizio:

1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

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Onere della prova ante 1 settembre 1967

La definizione di Stato Legittimo pone praticamente l‘obbligo di dimostrare la preesistenza e relativa consistenza dell’immobile anche nel periodo in cui non c’era obbligo di titolo abilitativo edilizio. Il legislatore è stato abile a scrivere questo passaggio, perchè non ha fatto distinzione tra tipologie di titoli edilizi e di epoche, ma semplicemente facendo un rinvio dinamico al complesso quadro normativo del passato.

Se avesse fatto invece riferimento all’obbligo di licenza edilizia, avrebbe dato argomenti a circoscrivere la nascita dell’obbligo di licenza in via generale all’invenzione della licenza stessa, avvenuta con L. 1150/1942. Ma non lo ha volutamente fatto.

La stesura della definizione di Stato Legittimo rimane impietosa e rigida, lasciando al cittadino oneri e onori di provare esistenza e consistenza ante ’67. La giurisprudenza amministrativa ce lo conferma stabilendo che:

“L’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe in linea generale sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto” (TAR Napoli n. 2247/2023, Cons. di Stato n. 6112/2020).

L’onere probatorio per edifici e trasformazioni ante ’67 serve ad escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo allora previsto o meno in epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi (ottimo riferimento è Consiglio di Stato n. 606/2023).

A tal fine è necessaria la produzione di documentazione oggettivamente comprovante l’epoca di realizzazione del manufatto, e questo è ampiamente prescritto dalla definizione di Stato Legittimo.

Principio di prova contro dichiarazione sostitutiva

In materia di elementi ed onere della prova si torna a ripetere quanto già detto in materia di condono edilizio e sanatoria: la prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, “dovendosi, tra l’altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate” (Cons. di Stato n. 7093/2023, n. 2524/2020, n. 1476/2019, n. 4168/2018).

Essendo l’attività edificatoria suscettibile di puntuale documentazione, “i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale; data la premessa, da essa discende che la prova dell’epoca di realizzazione si desume da dati oggettivi, che resistono a quelli risultanti dagli estratti catastali ovvero alla prova testimoniale ed è onere del privato, che contesti il dato dell’amministrazione, fornire prova rigorosa della diversa epoca di realizzazione dell’immobile, superando quella fornita dalla parte pubblica. Ne deriva che nelle controversie in materia edilizia la prova testimoniale, soltanto scritta peraltro, è del tutto recessiva a fronte di prove oggettive concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio quanto nel tempo” (Cons. di Stato n. 9010/2022, n. 4/2022).

Tipologia e gerarchia elementi probanti lo Stato Legittimo Ante ’67

Vediamo di individuare l’esatto significato allo Stato legittimo di un immobile edificato entro il 1° settembre 1967, e quali siano i mezzi di prova validi per dare dimostrazione inconfutabile della sua legittimità sotto il profilo urbanistico edilizio, e delle relative porzioni.

Per dare una risposta a questa esigenza, il legislatore ha aggiunto nell’articolo 9-bis DPR 380/01 proprio la definizione di Stato legittimo con l’articolo 1o comma 1 lettera d) della L. 120/2020, strutturandola in tre parti o periodi.

Per gli immobili realizzati in epoca in cui non c’era obbligo di titolo abilitativo edilizio, come quelli appunto “ante ’67”, il punto problematico si incentra intorno all’interpretazione del secondo periodo della definizione di Stato Legittimo.

Tra i documenti utili da cui desumere lo Stato Legittimo dell’immobile (desumere non significa sostituire identicamente), vengono indicati in successione come segue:

  1. le informazioni catastali di primo impianto;
  2. altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza;

L’elenco di altri documenti probanti è “chiuso” e tassativo oppure “aperto” e solo esemplificativo?

Ritengo che la formulazione testuale sia “aperta” e non tassativa, proprio per l’uso della locuzione generica “altri documenti probanti” e per il richiamo, infine, ad altri atti, pubblici o privati, purché di provenienza certa. E’ da considerarsi come un’ampia clausola residuale, ma da vagliare con adeguata ponderazione.

Il riferimento operato da questa disposizione a una pluralità tipologica di documenti è così ampio da rendere difficile immaginare l’esistenza di altre tipologie di documenti, non riconducibili a quelle indicate dalla norma, in qualche modo utili ai fini in questione.

Al riguardo bisogna ricordare che i tentativi di allargare il perimetro di “desunzione” dello Stato Legittimo tramite norme regionali sono stati prontamente dichiarati incostituzionali (vedasi ad esempio pronuncia Corte Costituzionale n. 217/2022 contro l’art. 7 L.R. Veneto n. 19/2021).

Valutare la prevalenza o combinazione di documenti probanti lo Stato legittimo

Il testo del secondo periodo di definizione “Stato Legittimo” contiene la successione delle diverse tipologie di documenti “sussidiari”, implicando una “gerarchia” dell’utilità probatoria ricollegabile a ciascuna tipologia, ragion per cui il ricorso agli altri atti pubblici o privati costituisce in qualche modo l’extrema ratio, cui si deve accedere in mancanza di altre, più significative tipologie di documenti.

Resta fermo che tutte le tipologie documentali possono concorrere, se disponibili, alla formazione della prova dello stato legittimo dell’immobile, nel senso che la disponibilità, ad esempio, di riprese fotografiche e di estratti cartografici non preclude, né rende superflua, la presentazione anche di documenti di archivio e altri atti pubblici o privati.

Sulla capacità probatoria delle risultanze catastali la condivisibile giurisprudenza ha precisato che se, fin dalla legge istitutiva del 1º marzo 1886 n. 3682, le iscrizioni catastali non hanno valore di piena prova ai fini del riconoscimento della proprietà dei beni immobili, tuttavia ciò non toglie che a partire dalla riforma dal 1939 la funzione primaria del Catasto è proprio quella di consentire di individuare la destinazione (anche – ma non solo – ai fini fiscali della fissazione della rendita degli immobili) e le singole categorie catastali vengono attribuite ad ogni fabbricato proprio in base alla destinazione urbanistica del permesso edilizio. Infatti quando si parla di primo impianto catastale, il pensiero corre subito all’istituzione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano avvenuto con R.D.L. 652/1939.

Circa gli altri documenti probanti, menzionati nel secondo periodo della definizione di Stato Legittimo, deve rilevarsi che, se non vi sono particolari problematiche da segnalare in ordine alle riprese fotografiche (che devono essere chiaramente riferibili all’immobile controverso ed avere, se non data certa, una ragionevole collocabilità entro un range cronologicamente determinato), né circa gli estratti cartografici (dovendosi per tali considerare quelli di provenienza pubblica), più complessa risulta l’indagine volta a precisare il riferimento dei documenti d’archivio e della locuzione “altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza”.

La norma ha evidentemente inteso fare riferimento, ad esempio, ad atti notarili (ad esempio di compravendita), di provenienza e data certi, recanti una descrizione adeguatamente dettagliata della consistenza e della conformazione dell’immobile, tale da poter essere ragionevolmente utile ai fini probatori in discussione.

Conclusioni e consigli

Detto questo, rimane sempre un minimo di residualità per quei documenti che presentano fonte, provenienza e datazione/periodizzazione certa a cui attribuire valore probante, utili a desumere lo Stato legittimo dell’immobile.

E vi assicuro che ne esistono, ma vanno saputi cercare e valutare bene.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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