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spostamento sedime

Le modifiche normative al DPR 380/01 hanno semplificato la diversa collocazione dell’edificio entro il lotto edificato

Lo spostamento di un edificio si configura con lo spostamento dalla sua area di sedime di partenza a quella di arrivo. E per spostamento si può configurare congiuntamente o disgiuntamente tramite traslazione e rotazione dell’edificio.

Si tratta di interventi che possono capitare in diverse modalità, ad esempio mantenendo la volumetria di partenza, oppure con modifiche in incremento o diminuzione.

Volendo focalizzarsi soltanto sugli interventi comportanti spostamento di sedime, si procede secondo il seguente elenco di argomenti.

INDICE

Definizione generale di sedime

Per prima cosa devo riportare la definizione di sedime, come definita nell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo nazionale:

7 – Sedime: Impronta a terra dell’edificio o del fabbricato, corrispondente alla localizzazione dello stesso sull’area di pertinenza.

Per maggior chiarezza, spesso la troviamo citata nei regolamenti edilizi comunali e strumenti urbanistici (Piano Regolatore) come “area di sedime”, cioè intesa coma la proiezione a terra della sagoma planivolumetrica dell’edificio. Ed essendo un area, ovviamente si misura in metri quadrati (mq).

Inoltre, lo spostamento dell’edificio da una posizione all’altra presuppone opere di demolizione e ricostruzione, precisando che non stiamo parlando di ampliamenti o addizioni volumetriche mantenendo fermo il sedime di partenza.

Le possibili modalità di spostamento dell’area di sedime possono essere effettuante in maniera combinata tra questi due criteri:

  • Demolizione e ricostruzione edificio:
    parziale
    totale
  • Spostamento edificio rispetto all’area di sedime iniziale:
    parziale, cioè mantenendo il nuovo sedime entro quello originario;
    totale, cioè il nuovo sedime sia posizionato interamente al di fuori dell’originario;

Per chiarire bene questo argomento dovremmo partire andando indietro oltre il DPR 380/01, ma per brevità si preferisce riassumere in via speditiva i cambiamenti normativi avvenuti nella stessa norma. Infine, faremo riferimento alla situazione vigente coordinata col D.L. 76/2020.

La modifica di sedime nell’originaria versione DPR 380/01

Fin dalla versione originaria del Testo Unico Edilizia DPR 380/01 la definizione di ristrutturazione edilizia si trova suddivisa in due distinte parti:

Nella versione originaria del TUE la ristrutturazione edilizia leggera poteva essere effettuata con l’allora Denuncia Inizio Attività (DIA) dell’art. 22 TUE; tuttavia, lo spostamento e traslazione dell’area di sedime dell’edificio configurava automaticamente ristrutturazione edilizia pesante art. 10 c.1 lettera c) TUE, soggetto a permesso di costruire.

In altre parole, la demolizione e ricostruzione dell’edificio doveva mantenere fedelmente diversi parametri e caratteristiche, tra cui identità di sedime.

Lo spostamento anche minimo di sagoma, anche a parità di volume, configurava comunque intervento edilizio rilevante e trasformazione permanente del suolo.

Col tempo si sono succedute diverse modifiche e allentamenti dei limiti previsti tra ristrutturazione edilizia leggera e pesante. Saltiamo tutti i passaggi intermedi per giungere alla situazione modificata e coordinata col DPR 380/01.

Spostamento edificio dopo il DL 76/2020

Col tempo sono state apportate diverse modifiche alle categorie di intervento di ristrutturazione edilizia leggera (art. 3 TUE) e ristrutturazione pesante (art 10 TUE). Esse sono sempre avvenute in maniera congiunta tra loro, perchè esse sono strettamente connesse con un rapporto complementare, tuttora valido.

L’art. 10 del D.L. 76/2020 (decreto Semplificazioni) ha modificato appunto entrambe le definizioni di ristrutturazione edilizia, leggera e pesante, complicando per certi versi il quadro normativo e l’individuazione della corretta categoria di intervento.

Il solo spostamento di sedime dell’edificio può rientrare in ristrutturazione edilizia leggera art. 3, a meno che l’immobile non sia sottoposto a certi vincoli o ubicato in zone speciali che vedremo.
Non ci dobbiamo dimenticare che le norme regionali possono intervenire su queste disposizioni e procedure dei titoli abilitativi edilizi.

Dal vigente DPR 380/01 si può evincere che lo spostamento parziale o totale dell’edificio si qualifica così all’interno delle categorie di intervento e procedure come segue.

1) Edifici “liberi” da vincoli o zone speciali

La regola generale possiamo ricavarla dalla definizione di Ristrutturazione edilizia “leggera” art. 3 c.1 lettera d) del TUE, ed essa vale per immobili diversi da quelli sottoposti ai vincoli del Codice, situati in Zone Omogenee A o similari che vedremo nel successivo paragrafo.

In sostanza, potremmo definirli “edifici liberi” da vincoli o zone speciali, per i quali la demolizione e ricostruzione con diversità di sedime rientra in ristrutturazione leggera art. 3 c.1 lettera d):

(omissis) demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana (omissis).

Di conseguenza, diventa possibile effettuare lo spostamento dell’edificio mediante Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) ordinaria ex art. 22 c.1 DPR 380/01; questo a condizione che l’intervento configuri pienamente una ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3 c. 1 lettera d), diversa da quella indicata nell’articolo 10, comma 1, lettera c) TUE.

Un esempio? lo spostamento di edificio all’interno del lotto, a parità di volumetria.

2) Immobili sottoposti a vincoli e situati in zone speciali

Per questo tipo di immobili può diventare complicato individuare la corretta categoria di intervento, dovendo distinguere tra ristrutturazione pesante e nuova costruzione. Facciamo le dovute premesse individuando prima i cosiddetti edifici vincolati o collocati in “zone speciali”.

Nell’art. 3 c.1 lettera d) del DPR 380/01, ultimo periodo, è contenuta una particolare disposizione che riguarda immobili sottoposti ai vincoli del Codice D.Lgs. 42/2004 e quelli situati in zone speciali che vedremo di seguito:

(omissis) Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria; (omissis)

Essa consente l’esecuzione della demolizione e ricostruzione in categoria di ristrutturazione edilizia “leggera”, a condizione di rispettare troppe condizioni rigide e penalizzanti rispetto agli edifici “liberi”.

Possiamo estrapolare gli immobili vincolati o collocati in zone speciali:

  • sottoposti a tutela del Codice dei beni culturali e del paesaggio del D.Lgs. 42/2004 (esempio vincoli paesaggistici, notevole interesse pubblico, interesse storico, culturale, ecc);
  • ubicati nelle zone omogenee A di cui al DM 1444/1968 (esempio centri e nuclei storici);
  • ubicati in zone assimilabili alle Zone omogenee A in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali;
  • ubicati nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico (e qui potremmo aprire un infinito dibattito per individuarli);

Immobili vincolati e in zone speciali, la fedelissima ricostruzione (dove era, come era):

Queste particolari categorie di immobili per rimanere nella ristrutturazione edilizia leggera ex art. 3, devono effettuare il ripristino nonchè la demolizione e ricostruzione mantenendo congiuntamente:

  • sagoma;
  • prospetti;
  • sedime
  • caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente;
  • non siano previsti incrementi di volumetria (N.B: spiegatemi come diminuire la volumetria senza modificare prospetti o sagoma);

In sostanza, lo spostamento o modifica del sedime di edifici vincolati o collocati in zone speciali esclude la ristrutturazione leggera.

Si deve quindi capire se ciò qualifica intervento rientrante nel TUE in base a:

  • nuova costruzione, in quanto residuale in base all’art. 3 comma 1 lettera e);
  • ristrutturazione pesante, soltanto nei casi ex art. 10 c.1 lettera c);

Quindi resta da capire se il solo spostamento di sagoma dell’edificio vincolato o situato in zone speciale possa rientrare nella Ristrutturazione edilizia pesante, in caso contrario qualifica nuova costruzione, soggetto automaticamente a Permesso di Costruire.

La definizione di ristrutturazione edilizia pesante ex art 10 c.1 lett. c) è la seguente:

c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Quindi la ristrutturazione pesante si qualifica in via speciale, rispetto a quella leggera, quando si avverano queste ipotesi e condizioni disgiunte tra loro:

  • modifiche volumetria complessiva edifici;
  • cambio destinazione d’uso in Zona omogenea A DM 1444/68 (es. centri e nuclei storici);
  • Immobili sottoposti ai vincoli D.Lgs. 42/2004: modifiche di sagoma o volumetria o di prospetti;

In questo elenco e categoria non compare il termine “sedime”, quando invece il suo mantenimento è imposto nelle demolizioni e ricostruzioni negli immobili vincolati e in zone speciali (art. 3 c.1 lett. d) ultimo periodo).

Non è possibile ipotizzare che la modifica di sagoma contenga automaticamente la modifica di sedime, in quanto diversa per finalità e definizione, rimanendo correlata al sedime.

Per chi avesse dubbi, rinvio alla lettura della definizione nell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo.

Spostamento sedime immobili vincolati e in zone speciali, nuova costruzione

Per cui viene da concludere che la modifica o spostamento di sedime per edifici sottoposti al vincolo del Codice D.Lgs. 42/2004 o collocati nelle predette zone speciali debba ricadere nella nuova costruzione, per meccanismo residuale.

Infatti una volta verificato che in base al DPR 380/01 l’intervento non ricade nelle ristrutturazioni leggere art. 3 c.1 lettera d), né in ristrutturazione pesante ex art. 10 c.1 lett. c), subentra il meccanismo di residualità in nuova costruzione ex art. 3 c.1 lettera e).

Concludo con un aneddoto: al netto delle sopraelevazioni, quali potrebbero essere le ristrutturazioni con modifiche volumetriche fattibili senza modifica di sedime e/o di sagoma?

Le norme regionali e categorie di ristrutturazione edilizia

Se finora abbiamo ragionato nel perimetro della disciplina nazionale, il gioco potrebbe complicarsi qualora la vostra Regione abbia disciplinato e regolamento le categorie di intervento. Ad esempio possono capitare anche norme regionali dove esistono tipologie di ristrutturazione edilizie dal DPR 380/01, comportanti o meno trasformazione permanente del territorio e aumento di carico urbanistico.

La L.R. 65/2014 della Toscana è un esempio, ma ce ne sono altre.

Nasce quindi il dilemma su cui come considerare o allineare le varie forme di ristrutturazione edilizia delle norme regionali rispetto al TUE.
E tra questi aspetti, vi rientra pure lo spostamento di sedime degli edifici.

E questo diventa vitale soprattutto quando si devono effettuare interventi supportati dai vari bonus edilizie e superbonus: infatti in quasi tutti i casi la loro fattibilità è ammessa fintanto si rientra nella ristrutturazione edilizia art. 3 c.1 lettera d) del DPR 380/01.

Per questo ritengo che sia assolutamente necessario rivedere l’intera disciplina edilizia e il ruolo delle regioni (forse addirittura riportare ciò in legislazione esclusiva nazionale).

Trasferimento di cubature tra fondi contigui o cessione volumetria

Spostare l’edificio tra due lotti contigui o meno significa trasferire la volumetria con un sedime di “decollo” verso un altro di “atterraggio”. Questo istituto e modalità di intervento si definisce “trasferimento di cubatura” o cessione di volumetria tra lotti che potrebbero essere di proprietà diversa.

Pur essendo una particolare modalità di spostamento dei diritti edificatori, diventa complesso doverla sintetizzare in questo articolo relativo allo spostamento di edifici e modifiche di area di sedime.

Infatti l’intervento costituisce trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ed è subordinato a permesso di costruire, nonchè ai relativi atti convenzionali di natura civilistica tra parti private e Comune. Ed ecco perchè difficilmente potranno essere gestiti in edilizia diretta, richiedendo come minimo l’ausilio degli strumenti urbanistici attuati (Piano particolareggiato, piano di recupero, piano attuativo, ecc); chiaramente è una possibile modalità di intervento che deve essere disciplinata dallo strumento comunale.

Vorrei aggiungere che tale tipologia di intervento richiede una serie di condizioni in cui operare, sia per l’uso di strumenti urbanistici attuativi del PRG che per la trascrizione nei registri immobiliari con atto pubblico notarile. Ciò risulterà imposto dalle norme regionali o strumenti urbanistici comunali, allo scopo garantire una adeguata pubblicità immobiliare e perseguire l’ordinato assetto pianificato del territorio.

In definitiva non si configura come semplice spostamento dell’area di sedime dell’edificio, neanche a parità di volume.

Lo spostamento di edifici tra lotti diversi, contigui o meno, si configura come ristrutturazione urbanistica ai sensi dell’art. 3 comma 1 lettera f) del DPR 380/01, in quanto si va ad intervenire oltre il livello puramente edilizio per incidere su quello più alto, cioè urbanistico.

Senza volersi addentrare troppo nell’argomento, si rinvia a questo elenco di articoli specifici:

Conclusioni e consigli

La semplice modifica di sedime e spostamento di edifici può significare un enorme differenza tra categorie di interventi e relative procedure edilizie.

Per capire con certezza se ciò rientra in Scia o Permesso di costruire (in certi casi con Scia alternativa al PdC), è necessario operare le relative distinzioni, partendo prima dalla ristrutturazione leggera, verificare se rientra in quella pesante e infine in nuova costruzione per residualità.

E’ molto arduo, lo so, ma ora il TUE indica così.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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