Introdotta possibilità di ridurre altezze minime fino a 2,40 m mediante ristrutturazione
Ai fini fiscali non è rilevante la piena sussistenza delle caratteristiche necessarie per ottenere l’agibilità
Poniamo il caso di un appartamento, dotato di soprastante sottotetto esclusivo con altezze interne nette inferiori a quelle minime necessarie e richieste dalle normative in materia igienico sanitaria ed edilizia.
In altre parole, secondo il proprietario il locale sottotetto risulta non essere “giuridicamente abitabile”, o forse sarebbe meglio dire “amministrativamente abitabile”.
In aggiunta, rammento anche questa distinzione tra sottotetti e vani tecnici
In sede di accatastamento esso viene proposto dal dichiarante proprietario (tramite Docfa) con classamento proposto in categoria A/2 per l’appartamento e C/2 per il vano sottotetto.
Entro i termini di legge, l’Agenzia delle Entrate, rettifica il classamento proposto portando l’appartamento in A/7 e il sottotetto in C/6, incrementando anche le relative rendite.
Il proprietario, in veste di contribuente, ha impugnato in Commissione Tributaria provinciale la rettifica catastale vincendo in primo grado, rilevando che il locale sottotetto sia dotato di altezza inferiore al minimo necessario previsto dalle norme.
Nell’appello la Commissione Tributaria regionale riformava e ribaltava la precedente decisione, sostenendo l’effettiva destinazione abitativa del sottotetto in quanto dalle planimetrie depositate esso risultava “modificato con una divisione in ambienti ed una sistemazione di finestre ed una terrazza a livello”. In Cassazione le cose invece seguono una diversa valutazione, con motivi condivisibili.
La Cassazione Civ. con ordinanza n. 5175/2020 conferma la correttezza della rettifica del classamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Infatti per il sottotetto non vale la tesi sostenuta dal ricorrente per cui la situazione di Abitabilità di diritto (quella edilizia, ndr) prevalga su quella di fatto (Agibilità).
Al contrario, ai fini del classamento catastale dell’immobile non è rilevante la sussistenza dei requisiti necessari per ottenere l’Agibilità (una volta anche Abitabilità, ndr).
L’accatastamento è compiuto ai soli fini fiscali ai sensi dell’art. 5 del R.D.L. 652/1939 per ogni unità immobiliare urbana, definita così:
“ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”.
Ai sensi dell’art. 8, comma primo, del regio decreto-legge 13 aprile 1939 n.652, nel testo sostituito dall’art. 2 della legge 30 dicembre 1989, n.427, e degli art. 6, comma 1 e 61, comma 2, d.P.R. n.1142/1949,
La categoria e classe catastali debbono essere attribuite in base alle caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari. L’accatastamento ha riguardo alla situazione reale o di fatto, a prescindere da quelle di diritto (art. 6 comma 1 e 61, D.P.R. 1142/1942).
Detto ciò, i requisiti di Agibilità (e anche la vecchia Abitabilità) non influiscono sull’accatastamento. Al contrario, l’accatastamento è condizione necessaria per ottenere un tempo l’Agibilità o attestarla con la vigente Segnalazione Certificata di Agibilità.
Infatti secondo il vigente articolo 24 del D.P.R. 380/01, l’agibilità:
- presuppone la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato (comma 1);
- contiene gli estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale (lettera d del comma 5);
In definitiva, il rapporto tra Accatastamento e Agibilità è subordinato al primo, cioè l’Agibilità presuppone l’avvenuto deposito al Catasto.
Al contrario, le condizioni effettive o diritto dell’Abitabilità non hanno influenza sul classamento e attribuzione di rendita catastale.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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