La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
Notevoli altezze interne degli immobili invogliano la costruzione di soppalchi praticabili ad uso residenziale e produttivo
La realizzazione di un soppalco è assai frequente in ambito industriale e residenziale
Con l’emanazione del Regolamento Edilizio Tipo del 20 ottobre 2016 si ha la prima definizione di soppalco, univoca a livello nazionale:
Partizione orizzontale interna praticabile, ottenuta con la parziale interposizione di una struttura portante orizzontale in uno spazio chiuso.
Lo scopo principe di un soppalco è la sua la praticabilità e calpestabilità, in sostanza si concretizza come l’estensione della superficie utile interna dell’unità immobiliare in cui viene inserito.
Un soppalco si compone di solaio praticabile sostenuto da strutture portanti in elevazioni come pilastri, e nulla toglie che possa essere anche connesso alla struttura dell’involucro edilizio in cui è inserito.
Per certi aspetti possiamo anche inquadrarlo come una sorta di ampliamento interno dell’unità immobiliare senza aumento di volume.
Per praticabilità si intende la concreta possibilità di accedervi in condizioni di sicurezza svolgendo il normale esercizio di calpestio e di posizionamento di carichi variabili (mobili o materiali).
Le strutture del piano di calpestio e di sostegno dei soppalchi devono essere adeguatamente progettate secondo i carichi di esercizio, che variano in base alla destinazione d’uso secondo quanto stabilito dalle NTC 2008 (Norme Tecniche Costruttive ai fini strutturali).
I valori del carico di esercizio per i soppalchi variano dal minimo di 200 kg/mq per i locali ad uso residenziale, fino a salire negli spazi di affollamento e di attività produttive tra i 300 e 500 kg/mq; per le attività industriali si dovrà valutare caso per caso (secondo gli usi più probabili e in sicurezza dei luoghi di lavoro).
La natura del soppalco è di ampliare la superficie utile interna senza ricorrere a nuove volumetrie
Ai fini urbanistici il soppalco è uno spazio aperto e non deve contemplare al di sotto e al di sopra partizioni comportanti una diversa distribuzione degli spazi interni, in primis tramezzature.
In questa ottica l’aumento di superficie utile, ancorché praticabile o meno, comporta aumento del carico urbanistico, su questo non ci piove.
Ai fini della qualificazione dei soppalchi come superficie utile non rileva neppure la natura di mero arredo industriale parificato, a cui consentire l’accesso limitato a parte del personale in condizioni di sicurezza, dovendo ritenersi del tutto irrilevante l’individuazione dei soggetti che vi possono accedere, non potendo peraltro la necessità di garantire la sicurezza dei lavoratori elidere l’operatività della disciplina edilizia, dovendo piuttosto coordinarsi con quest’ultima al fine di rendere i singoli interventi conformi alle discipline di riferimento.
Il carattere di stabilità/permanenza o meno del personale/clienti non rileva ai fini della qualificazione di aumento di superficie utile, neppure se utilizzato solo come archivio di materiali e documenti, in quanto non intacca il dato oggettivo dell’aumento della superficie utilizzabile (TAR Lazio II/bis 8465/2017).
La disciplina edilizia del soppalco, quale spazio aggiuntivo ricavabile all’interno di un volume, non è definita in modo univoco e quindi va apprezzata caso per caso in relazione alle caratteristiche del manufatto.
Occorre far presente che il Testo Unico per l’Edilizia DPR 380/01 art. 10 c.3 consente alle regioni di individuare interventi che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.
Secondo una linea del Consiglio di Stato, sarà necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3 comma 1 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con incremento delle superfici dell’immobile e in prospettiva ulteriore carico urbanistico. Si rientra invece nell’ambito degli interventi edilizi minori per i quali non è richiesto il permesso di costruire ovvero il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile, ciò avviene sicuramente quando non sia suscettibile di utilizzo come locale abitabile o con permanenza umana (Cons. di Stato VI n. 985/2017, Cons. di Stato VI n. 4468/2014).
Quest’ultima ipotesi si verifica nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone, in sostanza con caratteristiche di accessorio (Cons. di Stato VI n. 985/2017).
Tuttavia, secondo il CdS la realizzazione di un soppalco comporta ulteriore superficie calpestabile ed autonomi spazi, e rientra nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” di cui alla lettera c) del comma primo dell’articolo 10 D.P.R. n. 380/01, dal momento che determina un aumento della superficie utile dell’unità con conseguente aggravio del carico urbanistico e, pertanto, necessita del permesso di costruire (Cons. di Stato VI n. 4468/2014).
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Non concordo sull’equiparazione del soppalco a ristrutturazione edilizia pesante
Poteva essere condivisibile nella versione di “ristrutturazione edilizia pesante” ex art. 10 c.3 TUE anteriore alla modifica del “Decreto del Fare”, convertito in legge 90/2013, ma oggi non ritengo sia condivisibile quella linea giurisprudenziale.
Tale provvedimento segna il passaggio epocale della sua definizione, in cui lo spartiacque diviene la modifica volumetrica complessiva degli edifici.
Al contrario, prima della L. 90/2013 la ristrutturazione edilizia pesante, quindi soggetta a Permesso di Costruire, concerneva anche gli interventi soggetti comportanti modifiche delle sole superfici:
“gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso”.
Ad oggi, con le modifiche introdotte dalla L. 90/2013 e dal Decreto ‘Scia 2’, la ristrutturazione edilizia pesante si ha in presenza di variazione volumetrica complessiva degli edifici.
“c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonchè gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”.
Resta fermo che un soppalco comporti aumento di superficie e non siano mere modifiche interne
Sicuramente la realizzazione di soppalco ex nuovo rientra comunque nella categoria di ristrutturazione edilizia “leggera”, ovvero quella che rimane in via residuale soggetta a SCIA al netto degli interventi soggetti a PdC.
Tradotto: Ristrutturazione leggera = art. 3 c.1 lettera D – art. 10 c.1 lettera C
Tutto questo ragionamento in linea di massima è da ritenersi lineare.
Il guastafeste può arrivare nel caso in cui il soppalco sia realizzato abusivamente e avente notevole dimensioni; in tal caso non c’è da meravigliarsi di una possibile contestazione di abuso edilizio con variazioni essenziali, in particolare prevista dall’art. 32 comma 1:
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
In tale ipotesi il problematico inquadramento che era uscito dalla porta rientra dalla finestra. E quindi c’è il concreto e condivisibile rischio che la realizzazione di un soppalco possa avere regimi diversi in base alla sua realizzazione:
- legale: con idoneo titolo abilitativo (SCIA) fatto salvo diversa legislazione regionale;
- abusiva: inquadrabile come variazione essenziale, con conseguenti sanzioni penale ex art. 44 e soggetta alla difficile procedura di sanatoria ordinaria ex art. 36 del TUE volta ad ottenere il permesso di costruire in sanatoria, anziché del più mite regime della SCIA in sanatoria ex art. 37 TUE;
Può sembrare una contraddizione, lo ammetto. Ma così mi appare, e non c’è neppure idonea giurisprudenza in merito.
Un aspetto su cui tornerò sopra riguarda la distinzione degli scaffali industriali.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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