Consiglio di Stato ricomprende la normativa tecnica antisismica nella disciplina edilizia per Accertamento di conformità
Decorsi sessanta giorni si intende rifiutata ma può essere comunque rilasciata.
A livello nazionale esiste una sola procedura per regolarizzare gli immobili ed è l’accertamento di conformità.
Alcune regioni poi con propria “Urbanistica creativa” si è dotata di alcune procedure parallele e aggiuntive volte a semplificare la regolarizzazione degli illeciti edilizi, un esempio è quello approntato dalla legislazione dell’Emilia Romagna.
Altre regioni hanno affiancato al tradizionale procedimento di Accertamento di conformità, disposto dall’art. 36 del DPR 380/01, procedure relative alla fascia degli illeciti edilizi “minori”, cioè quelli rientranti nel novero delle opere edilizie soggette a DIA/SCIA ordinaria (e non alternativa al Permesso di Costruire, si badi bene).
La Toscana per esempio ha istituito l’aggiuntiva Attestazione di Conformità, a fianco dell’accertamento di conformità.
Nel Lazio invece è espressamente prevista l’applicazione della SCIA in sanatoria con opere compiute, rimarcando i principi neanche molto precisi dell’art. 37 del Testo Unico DPR 380/01.
L’accertamento di conformità in sanatoria è soggetto al silenzio-rifiuto.
Spesso accade che l’istanza di regolarizzazione (art. 36 c.1 TUE) sia presentata nelle more dell’ordinanza di rimessa in pristino e quindi nei termini di cui agli articoli 31 comma 3, 33 comma 1, 34 comma 1, e quindi per gli interventi:
- in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali: novanta giorni (art. 31 comma 3);
- ristrutturazione edilizia (pesante,ndr) in assenza di permesso di costruire o in totale difformità: congruo termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza;
- in parziale difformità dal permesso di costruire: termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio.
L’istanza di accertamento di conformità può essere presentata dal responsabile dell’abuso, o dall’attuale proprietario dell’immobile, entro i suddetti termini e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative (art. 36 c.1 TUE).
Essa soggiace al rispetto del principio della doppia conformità alla disciplina edilizia e urbanistica vigente sia al momento dell’istanza sia al momento dell’epoca dell’abuso.
L’art. 36 comma 3 del TUE in merito al procedimento amministrativo fissa il termine di sessanta giorni, entro il quale il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.
In caso di decorso quindi si forma il cosiddetto silenzio-rigetto o silenzio-rifiuto.
Secondo il Consiglio di Stato «il decorso del termine di sessanta giorni equivale alla emanazione di un provvedimento di rigetto dell’istanza, tenuto conto del tenore letterale dell’originario art. 13 della legge n. 47 del 1985 e dei lavori preparatori del testo unico sull’edilizia n. 380 del 2001 (dovendosi intendere l’espressione “la richiesta si intende rifiutata” non dissimilmente da quella originariamente prevista dal medesimo art. 13)» (Cons. di Stato IV n. 100/2010).
Il silenzio previsto dall’art. 36 comporta diniego, e non silenzio-inadempimento
La mancata risposta da parte della PA sull’istanza di Accertamento di conformità ex art. 36 del TUE ha valore di silenzio-rigetto, e non di semplice silenzio-inadempimento.
La presentazione dell’istanza di sanatoria edilizia, e il suo iter, non incidono o pregiudicano la legittimità dell’eventuale ordinanza di rimessa in pristino/demolizione: al contrario ne sospende solo gli effetti fino alla definizione della domanda di sanatoria, e quindi l’ordinanza potrà riprendere l’efficacia se rigettata formalmente dal comune o anche con decorrenza del silenzio-rigetto (Consiglio di Stato VI n. 4269/2017, n. 466/2015).
A differenza dei condoni edilizi, nei quali è prevista espressamente nelle norme straordinarie l’azione sospensiva dei procedimenti sanzionatori, negli accertamenti di conformità (sanatorie edilizie) non perde efficacia l’ingiunzione di demolizione precedentemente emanata (Consiglio di Stato VI n. 4269/2017).
Ergo quindi che non sarà assolutamente necessario che un Comune debba emanare una nuova ordinanza sostituiva della precedente.
La formazione del silenzio-rigetto comporta due scenari alternativi.
Nella prima ipotesi il silenzio-diniego formatosi decorsi i 60 giorni è impugnabile nel termine decadenziale senza che però si possano dedurre vizi di tipo procedimentale o formali, non sussistendo un obbligo di emanare un atto scritto ripetitivo degli effetti della reiezione dell’istanza come disposti dalla norma in rassegna (Consiglio di Stato IV n. 410/2017).
Nella seconda ipotesi è possibile che un Comune si esprima sulla istanza anche dopo il decorso di sessanta giorni.
Il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria oltre tale termine non è espressamente previsto dall’art. 36 del DPR 380/2001 e dal pregresso art. 13 L. 47/85, in quanto non dispone espressamente «sul piano provvedimentale di rigetto al silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza di accertamento di conformità, ma non dispone espressamente che il decorso del termine ivi indicato rappresenti, sul piano procedimentale, la chiusura del procedimento e specularmente determini, sul piano sostanziale, la definitiva consumazione del potere, con conseguente cristallizzazione della natura abusiva delle opere» (Cons. di Stato IV n. 4574/2017).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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