Il decorso del tempo non perfeziona il titolo in sanatoria, l'arrivo del vincolo complica l'istruttoria
In alcune circostanze, una volta decorsi i termini previsti dall’articolo 20 comma 8 DPR 380/01, è da ritenersi formato il silenzio assenso sulla domanda per ottenere il rilascio del provvedimento richiesto, di cui si riporta il testo:
8. (L) Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti.
Indice
- Istituto generale del silenzio assenso nel permesso di costruire
- Silenzio assenso su zone vincolate
- Orientamento rigido, istanza completa e conforme alle norme
- Orientamento intermedio, contenuti minimi ed essenziali
- Orientamento estensivo, favorevole anche a istanza incompleta o non conforme a normativa urbanistico edilizia;
- Conclusioni e consigli
Istituto generale del silenzio assenso nel permesso di costruire
Il dispositivo tecnico denominato “silenzio-assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia “equivale” a provvedimento di accoglimento, generalmente disciplinato dall’articolo 20 della L. 241/1990. Tale equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo. L’istituto del silenzio assenso può formarsi anche sulle domande di permesso di costruire incomplete o perfino in contrasto alle norme urbanistiche ed edilizie? Prendiamo ad esempio l’istanza depositata per realizzare una palazzina residenziale con volumetria superiore a quella ammissibile per il suo lotto di pertinenza, oppure in difformità alla distanze minime dai fabbricati o tra costruzioni. Sul tema è stato più volte evidenziato che «il silenzio assenso, di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l’attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura, ad esempio, in difetto di completezza della documentazione occorrente» (Cons. di Stato n. 10459/2024, n. 6253/2021).
Sulla questione si sono formate diverse correnti giurisprudenziali sul silenzio serbato dal Comune verso le richieste di permesso di costruire, affrontando così l’incertezza applicativa sulle istanze rimaste senza risposta dal Comune, anche nonostante il deposito delle richieste di integrazione:
- RIGIDO, richiede completezza e correttezza della domanda verso ogni profilo;
- INTERMEDIO, ammissibile in presenza dei condizioni e contenuti minimi;
- ESTENSIVO, favorevole anche a istanze incomplete o non conforme alla normativa urbanistico edilizia;
Prima di entrare nei dettagli, è importante sottolineare che, personalmente, consiglio di ottenere il permesso di costruire anziché fare affidamento sul silenzio-assenso. Il superamento virtuale dei termini di silenzio-assenso non elimina completamente i poteri di controllo del Comune, come spiegato di seguito. E comunque, è più sicuro avere “il pezzo di carta” tra le mani rispetto alla futura possibilità di annullamento d’ufficio o giudiziario del titolo asseritamente formatosi, anche perchè al Comune rimane sempre salva la possibilità di effettuare l’annullamento d’ufficio in autotutela sul provvedimento formatosi con silenzio assenso, anche in contrasto alle norme, regolamenti e strumenti urbanistici ed edilizi, a certe condizioni e tempistiche stabilite dalla L. 241/90.
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Silenzio assenso su zone vincolate
In presenza di vincoli di varia natura, come quelli paesaggistici o ambientali, la disciplina del silenzio assenso incontra ulteriori ostacoli ed esclusioni, anche nei casi in cui siano stati ottenuti i relativi pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 10459/2024 ha condiviso le argomentazioni di una sentenza TAR Lazio,
«nessun rilievo può avere la circostanza che il ricorrente abbia ottenuto l’autorizzazione paesaggistica n. 1011/2017 (peraltro scaduta), poiché è acquisito (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 2023 n. 4933) che “In materia ambientale e paesaggistica non si può procedere per silenzio-assenso bensì per provvedimenti espliciti (art. 20, comma 4, legge n. 241 del 1990).” (cfr. altresì T.a.r. Veneto, Sez. II, 16 agosto 2022, n. 1295, con argomentazioni che questo Collegio ritiene di condividere secondo cui «… La sola esistenza del vincolo paesaggistico vale ad escludere in radice l’operatività del silenzio-assenso, anche se sia già stata ottenuta l’autorizzazione paesaggistica. In tal senso, TAR Lazio, Sede di Latina, Sezione Prima, sentenza 23/02/2018, n. 94 ha condivisibilmente ritenuto che “a) sul piano letterale l’articolo 20, comma 8, d.P.R. 06/06/2001, n. 380 esclude l’operatività del silenzio-assenso in caso di ambiti soggetti a vincolo paesaggistico; ciò implica che in tali ambiti si applichi la regola generale secondo cui i procedimenti amministrativi sono definiti mediante atto espresso; … b) questa interpretazione è d’altro lato coerente con la previsione dell’articolo 20 della legge 07/08/1990, n. 241 che nel disciplinare in generale l’istituto del silenzio assenso (e l’articolo 20, comma 8, altro non è che una manifestazione specifica di esso) ne esclude l’operatività (con conseguente necessità in tal caso del provvedimento espresso) per “atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico” … questa soluzione – che pur potrebbe apparire eccessivamente formalistica – non limita particolarmente l’interesse di colui che abbia già ottenuto il necessario atto di assenso, avendo questi a disposizione lo strumento del silenzio-rifiuto al fine di costringere l’amministrazione a pronunciarsi in modo espresso”.»
Orientamento rigido, istanza completa e conforme alle norme
Se l’istanza risulta incompleta, sorgono incertezze su vari aspetti, soprattutto quello sostanziale. Ad esempio, l’assenza della verifica delle distanze legali tra costruzioni e confini potrebbe generare incertezze sulla conformità dell’istanza, sollevabili anche da soggetti terzi danneggiati dall’inerzia della P.A. come i proprietari confinanti. In caso di incompletezza della richiesta di permesso di costruire, si forma il silenzio-assenso, oppure sono necessari tutti i requisiti di accoglibilità?
Secondo l’orientamento rigido, il semplice decorso del termine non è di per sé sufficiente alla formazione del silenzio-assenso, essendo a tal fine anche necessario che l’intervento edilizio sia conforme agli strumenti urbanistici ed alle altre disposizioni di legge.
Questo orientamento “rigido” (più meritevole) è basato sulla constatazione che, in caso contrario, si determinerebbe una situazione di sostanziale disparità tra ipotesi sostanzialmente identiche, dipendente solo dal sollecito (o meno) esercizio del potere amministrativo e, dove non fosse ipotizzabile l’intervento in via di autotutela dell’amministrazione, si verrebbe a configurare una disapplicazione di norme per mero (e casuale) decorso del tempo (Consiglio di Stato n. 7631/2022, n. 6235/2021, n. 5018/2021, n. 113/2019, n. 3317/2018).
Orientamento intermedio, contenuti minimi ed essenziali
Più recentemente il Consiglio di Stato è tornato ad esprimersi sull’operatività del silenzio assenso, per il quale occorre che la domanda sia «quantomeno aderente al ‘modello normativo astratto’ prefigurato dal legislatore pena la “inconfigurabilità giuridica” della stessa (così Cons. Stato n. 11034/2022 e n. 5746/2022, alla cui ricostruzione generale dell’istituto si fa rinvio) il che significa che la domanda deve essere completa degli elementi essenziali (“minimali” secondo Cons. di Stato n. 11217/2023), a pena di inconfigurabilità della stessa» (in questo senso si veda anche Cons. di Stato n. 7768/2024, n. 11203/2023). In particolare, sui requisiti minimi richiesti affinché possa ritenersi formato il silenzio assenso si riporta il principio integrale, già menzionato sopra:
«per l’espletamento di una efficace istruttoria, l’istanza debba essere corredata da tutti gli elementi necessari a consentire l’accertamento della spettanza del bene della vita, per cui il silenzio assenso può formarsi solo in tale ipotesi, nel qual caso l’eventuale discrasia della fattispecie rispetto al modello legale di riferimento determina l’illegittimità dell’atto tacito, ma non ne impedisce il venirne ad esistenza. L’opzione ermeneutica più idonea alla tutela degli interessi in conflitto, in altri termini, deve essere individuata nel fatto che l’assenso tacito si forma allorquando sulla domanda, se corredata di tutti gli elementi occorrenti alla valutazione della P.A., sia decorso il termine di legge senza che questa abbia provveduto, mentre non può essere escluso per difetto delle condizioni sostanziali per il suo accoglimento, ossia, per contrasto della richiesta con la normativa di riferimento. Diversamente, ove l’istanza non sia stata corredata da tutta la documentazione necessaria ovvero si presenti imprecisa o foriera di possibili equivoci, in modo tale che l’amministrazione destinataria sia stata impossibilitata per il comportamento dell’istante a svolgere un compiuto accertamento di spettanza del bene, il silenzio assenso non può formarsi, per cui si avrà un’ipotesi di inesistenza dello stesso e non di sua illegittimità» (cfr. Cons. di Stato n. 11217/2023, n. 11203/2023).
Orientamento estensivo, favorevole anche a istanza incompleta o non conforme a normativa urbanistico edilizia;
Esiste anche l’orientamento che privilegia l’avvenuta formazione del silenzio assenso basata soltanto sul mero decorso del tempo e in tal senso «va richiamata, ai fini dell’art. 88, comma 2 c.p.a., quella giurisprudenza, la quale ritiene che anche ove l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione del silenzio assenso» (Consiglio di Stato n. 3813/2024, n. 11217/2023, n. 8156/2023 e negli stessi termini, Consiglio di Stato n. 5746/2022). Occorre considerare quanto segue ed estrapolato dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 3813/2024:
- l’espressa previsione della annullabilità d’ufficio anche nel caso in cui il «provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20», presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell’atto;
- l’art. 2, comma 8-bis, della L. n. 241/1990 (introdotto dal D.L. n. 76 del 2020, convertito dalla L. n. 120 del 2020) – nella parte in cui afferma che «Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, … sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni» – conferma che, decorso il termine, all’Amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;
- l’art. 2, comma 2-bis – prevedendo che «Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo …» (analoga, ma non identica, disposizione è contenuta all’ultimo periodo dell’art. 20, comma 8, del D.P.R. n. 380 del 2001) – stabilisce, al fine di ovviare alle perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato ha diritto ad un’attestazione che deve dare unicamente conto dell’inutile decorso dei termini del procedimento (in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti);
- l’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della L. n. 241/1990 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio-assenso, «in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente»;
- l’art. 21, comma 1, della L. n. 241 del 1990 – secondo cui: «Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi … -, da cui si desume che, in caso di dichiarazioni non false, ma semplicemente incomplete, il silenzio-assenso si perfeziona comunque (al riguardo, sussiste una antinomia, che non rileva sciogliere in questa sede, con l’art. 21-nonies, comma 2-bis, della L. n. 241 del 1990, il quale riconduce all’autotutela anche l’ipotesi di “provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato”, salva la possibilità di auto-annullamento anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi)».
Questo orientamento è fondato sul seguente corollario: ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l’altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a. Inoltre, l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie “silenziosa” in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto. L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore viene, infatti, realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi “silenziosamente” (Consiglio di Stato n. 8582/2024, n. 5746/2022).
Alla luce di quanto sopra il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3813/2024, ha aderito al nuovo orientamento giurisprudenziale, in quanto ritenere necessaria, ai fini della formazione del silenzio – assenso in materia edilizia, la piena conformità delle opere alla regolamentazione urbanistica determinerebbe, da un lato, un sostanziale svuotamento dell’istituto del silenzio assenso in materia di edilizia, dall’altro, renderebbe del tutto pleonastica in subiecta materia la previsione normativa di cui all’art. 20, c.3, l. 241/1990, che prevede per le ipotesi di formazione del silenzio-assenso la possibilità per l’amministrazione di esercitare i poteri di autotutela previsti dagli artt. 21 – quinquies e 21- nonies, l. 241/1990 e s.m.i.
Questo nuovo orientamento giurisprudenziale troverebbe inoltre conferma anche nella successiva evoluzione normativa: l’art. 62, comma 1, D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 luglio 2021, n. 108 ha introdotto nell’art. 20 della l. n. 241/1990 il comma 2-bis, a norma del quale «Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445».
La nuova disposizione normativa si inserisce nel solco già delineato dal D.L. n. 76/2020, convertito con legge n. 120/2020, che, con l’art. 10, ha inserito nell’art. 94 del d.P.R. n. 380/2001 il comma 2 –bis a norma del quale: «Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di autorizzazione si intende formato il silenzio assenso. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio assenso ai sensi del primo periodo, lo sportello unico per l’edilizia rilascia, anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti» e, con l’art. 12, ha inserito nell’art. 2 della l. n. 241/1990 il comma 8 – bis , a norma del quale: «Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti, di cui all’articolo 19, commi 3 e 6-bis, primo periodo, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni».
Diversamente opinando, la mancata applicazione della disciplina sul silenzio in considerazione della frapposizione per tale via di un “filtro” – non legislativamente previsto – comporterebbe la neutralizzazione della disposizione sul silenzio, posta a garanzia dei cittadini, ed il conseguente spostamento in sede giurisdizionale della valutazione circa la congruità dell’istanza. Né – in una ottica di bilanciamento degli interessi in gioco – l’amministrazione rimane priva di possibilità di agire stante il potere di annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies l. 241/1990 a fronte del formarsi del silenzio a causa dell’inadempimento a provvedere nei termini. Nella sostanza il sistema è già completo in sé, visto nella prospettiva di una responsabilizzazione dell’Amministrazione e dei funzionari; non va tralasciato infatti quanto dispone l’art. 2, comma 9, l. n. 241/1990 in base al quale la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. In definitiva la legge prescrive una tempistica e degli adempimenti, prevede poi la formazione del silenzio assenso ed infine sanziona gli inadempimenti nei confronti dei dirigenti il cui comportamento determina il formarsi del silenzio; inoltre a tutela degli interessi pubblici, cui l’Amministrazione è preposta, prevede anche la possibilità di una revisione della posizione dell’amministrazione mediante l’annullamento d’ufficio secondo criteri e tempistiche comunque definite.
Conclusioni e consigli
L’istituto del silenzio assenso nasce come elemento residuale e non come metodo ordinario applicabile da parte della pubblica amministrazione, e non deve subire applicazioni distorte; addirittura, a mio avviso, la sua definizione è una contraddizione stessa in quanto presuppone il rilascio tacito di un titolo derivato dal silenzio della competente Amministrazione. Da una parte potrebbe essere giustificato da una scelta consapevole della stessa, ritenendo superflua una sua manifestazione espressa sull’istanza, ma potrebbe discendere da carenze di personale contingenti ad un Comune. Francamente non è proprio il massimo presupporre l’avvenuto rilascio virtuale del titolo abilitativo per silenzio assenso, e pertanto è sempre consigliabile ottenere il rilascio espresso del titolo, magari insistendo con incontri presso l’ente preposto o purtroppo facendo ricorso al TAR.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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