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Efficacia autonoma del silenzio-assenso previsto dall’art. 20 D.P.R. 380/01, limiti e applicazioni.

Quando si presenta istanza per ottenere il permesso di costruire potrebbe passare del tempo, anche quando il Comune ha ricevuto il materiale richiesto con integrazioni. Che significato assume il silenzio serbato dal Comune verso la domanda del permesso, è da intendersi come rilasciato, negato oppure “dormiente”? Occorre trovare una risposta, considerato che il procedimento del permesso di costruire prevede espressamente la formazione tacita con l’articolo 20 comma 8 del D.P.R. 380/01. In esso sono contenute anche alcune possibili esclusioni dal silenzio-assenso, come nei casi di vincoli idrogeologici, ambientali, paesaggistici o culturali, dove il Comune non ha emesso un diniego motivato.

Intanto bisogna premettere che il silenzio assenso è un principio generale posto a presidio della celerità dell’azione amministrativa, nonché della semplificazione e della certezza dei rapporti con i cittadini, principio che in ultima analisi risponde a quello di buon andamento previsto dall’art. 97 della Costituzione.

Sulla questione è tornato il Consiglio di Stato con sentenza n. 10383/2023, stabilendo che anche ove l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione del silenzio assenso. Essa ha confermato uno dei due orientamenti giurisprudenziali formatisi sullo spinoso tema del silenzio assenso, con cui intende considerare la formazione autonomamente dalla ricorrenza o meno di tutti gli elementi richiesti dalle norme per il rilascio del titolo abilitativo.

A sostegno di questa decisione presa dal Consiglio di Stato, è stato ripreso quanto espressamente previsto in materia di annullabilità d’ufficio del provvedimento amministrativo illegittimo (art. 21 nonies legge n. 241/1990), valevole anche nel caso in cui il “provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20”: esso presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva in termini di illegittimità dell’atto (secondo i canoni generali).

Sempre nella valutazione di silenzio assenso, si pone la necessità di individuare i margini applicativi, dovendo valutare se per l‘assentibilità tacita del permesso sia sufficiente il possesso di tutti i requisiti di legge o se possieda quel minimo di elementi essenziali per il suo esame e non rappresenti erroneamente i fatti. E’ ovvio: non si può ipotizzare formato il silenzio assenso verso una domanda di permesso contenente una fetta di salame.

E qui si arriva ad un punto essenziale: se da una parte è ammissibile la formazione del silenzio assenso sul permesso di costruire illegittimo, resta sempre salva la possibilità per il Comune di annullarlo in autotutela; un esempio potrebbe essere un opera autorizzata in contrasto alle previsioni del piano regolatore generale.

Inoltre è opportuno ricordare che l’art. 21-nonies, comma 2-bis Legge 241/1990 prevede che “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.”

E’ opportuno rammentare l’esistenza di due orientamenti, almeno fintanto non interverrà un chiarimento normativo oppure con sentenza emessa in Adunanza plenaria.

Infine, la questione diventa sempre più interessante proprio perchè il D.L. 76/2020 ha introdotto la possibilità di farsi attestare ufficialmente dal Comune l’avvenuta formazione del silenzio assenso.

Tra l’altro il nuovo orientamento più favorevole potrebbe creare le condizioni per estendersi anche sul silenzio assenso serbato nelle domande di condono edilizio.

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Due orientamenti sul silenzio assenso al Permesso di costruire

Esistono due correnti giurisprudenziali divergenti riguardo ai ritardi dei provvedimenti da parte del Comune sulle richieste di permesso di costruire. L’incertezza applicativa sulle istanze di permesso di costruire, rimaste senza risposta dalla Pubblica Amministrazione nonostante il deposito delle richieste di integrazione, può essere definita una questione complessa.

La questione principale è come considerare il persistente silenzio del Comune su tali richieste, specialmente quando si tratta di permessi di costruire: in alcune circostanze, dopo il decorso dei termini di silenzio previsti dall’articolo 20 comma 8 DPR 380/01, si ritiene che ciò equivalga al rilascio del provvedimento richiesto.

Prima di entrare nei dettagli, è importante sottolineare che, personalmente, consiglio di ottenere il permesso di costruire anziché fare affidamento sul silenzio-assenso. Il superamento virtuale dei termini di silenzio-assenso non elimina completamente i poteri di controllo del Comune, come spiegheremo. E comunque, è più sicuro avere “il pezzo di carta” tra le mani, piuttosto che avere il rischio che qualcuno voglia sindacare nel merito.

Orientamento “rigido” che richiede completezza e correttezza della domanda

Se l’istanza risulta incompleta, sorgono incertezze su vari aspetti, soprattutto quello sostanziale. Ad esempio, l’assenza della verifica delle distanze legali tra costruzioni e confini potrebbe generare incertezze sulla conformità dell’istanza, sollevabili anche da soggetti terzi danneggiati dall’inerzia della P.A. come i proprietari confinanti. In caso di incompletezza della richiesta di permesso di costruire, si forma il silenzio-assenso, oppure sono necessari tutti i requisiti di accoglibilità?

Secondo l’orientamento rigido, il semplice decorso del termine non è di per sé sufficiente alla formazione del silenzio-assenso, essendo a tal fine anche necessario che l’intervento edilizio sia conforme agli strumenti urbanistici ed alle altre disposizioni di legge.

Questo orientamento “rigido” (che condivido) è basato sulla constatazione che, in caso contrario, si determinerebbe una situazione di sostanziale disparità tra ipotesi sostanzialmente identiche, dipendente solo dal sollecito (o meno) esercizio del potere amministrativo e, dove non fosse ipotizzabile l’intervento in via di autotutela dell’amministrazione, si verrebbe a configurare una disapplicazione di norme per mero (e casuale) decorso del tempo (Consiglio di Stato n. 7631/2022, n. 6235/2021, n. 5018/2021, n. 113/2019, n. 3317/2018).

Orientamento favorevole per formazione tacita autonoma

Sta crescendo un diverso orientamento giurisprudenziale, ripreso anche dalla sentenza citata in apertura, la quale ritiene che anche ove l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione del silenzio assenso (Cons. di Stato n. 11217/2023, n. 5746/2022).

Le motivazioni che supportano questo orientamento sono già state analizzate sempre all’inizio del post, e sono state motivate verso una maggior tutela del cittadino: la stessa norma dispone una tempistica per l’istruttoria, prevedendo che il termine di cui al comma 3 art. 20 DPR 380/01 (sessanta giorni dalla presentazione della domanda per l’istruttoria e per la formulazione di una proposta di provvedimento) può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.

Ciò quindi impone all’Amministrazione un pronto esame dell’istanza al fine di valutarne la completezza: diversamente opinando, la mancata applicazione della disciplina sul silenzio in considerazione della frapposizione per tale via di un “filtro” – non legislativamente previsto – comporterebbe la neutralizzazione della disposizione sul silenzio, posta a garanzia dei cittadini, ed il conseguente spostamento in sede giurisdizionale della valutazione circa la congruità dell’istanza.

Né – in una ottica di bilanciamento degli interessi in gioco – l’amministrazione rimane priva di possibilità di agire stante il potere di annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies legge n. 241/1990 a fronte del formarsi del silenzio a causa dell’inadempimento a provvedere nei termini.

Nella sostanza il sistema è già completo in sé, visto nella prospettiva di una responsabilizzazione dell’Amministrazione e dei funzionari; non va tralasciato infatti quanto dispone l’art. 2, comma 9, legge n. 241/1990 in base al quale la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

In pratica la legge prescrive una tempistica e degli adempimenti, prevede poi la formazione del silenzio assenso ed infine sanziona gli inadempimenti nei confronti dei dirigenti il cui comportamento determina il formarsi del silenzio; inoltre a tutela degli interessi pubblici, cui l’Amministrazione è preposta, prevede anche la possibilità di una revisione della posizione dell’amministrazione mediante l’annullamento d’ufficio secondo criteri e tempistiche comunque definite.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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