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La Corte Costituzionale ripristina il principio di doppia conformità nelle sanatorie edilizie.

Come da copione preannunciato con precedente post del 12 ottobre 2016 la legge regionale siciliana 16/2016 ha avuto la peggio.

Poco importa cominciare l’articolo col tipico “io l’avevo detto” ma… io l’avevo scritto (leggi qui).

Non c’è niente da fare contro l’incoercibile principio di doppia conformità introdotto nel lontano 1985 in tutti i procedimenti di sanatoria edilizia (che non è un condono, attenzione).

Infatti il condono è una norma di procedura straordinaria che è stata “aperta” tre volte (1985, 1994, 2003) e soggetta a molte condizioni.

La sanatoria edilizia invece è una procedura ordinaria, cioè si può presentare in qualsiasi momento; tuttavia la sanatoria edilizia è soggetta a condizioni ancora più gravose del condono, prime tra tutti la doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia (norme + PRG + norme settoriali) vigente sia al momento della presentazione dell’istanza che al momento dell’epoca dell’abuso edilizio.

Lo scopo della doppia conformità è impedire le varianti “ad personam” agli strumenti urbanistici locali, che potrebbero aprire le maglie a comportamenti corruttivi della PA.

La Legge regionale n. 16/2016 della Sicilia fu approvata lo scorso 10 agosto 2016, con la quale ha effettuato il recepimento “dinamico” del Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01, in ritardo di “soli” quindici anni sulla tabella di marcia.

Smascherato un condono regionale sotto mentite spoglie.

Tra l’altro il recepimento dinamico ha aperto una serie di “falle” conseguenti alle intervenute modifiche al TUE, creando confusione e contrasti con la parte “statica” o pura della stessa legge, oltre che creare conflitti con previgenti leggi regionali siciliane in materia edilizia e urbanistica.

La questione di legittimità costituzionale fu sollevata dal Consiglio dei Ministri n. 135 del 01/10/2016; l’esito di tale sollevazione lo conosciamo oggi, e la Corte Costituzionale con sentenza n. 232 del 26 settembre 2017, depositata il 08 novembre, ha dichiarato illegittimi una serie di articoli della L.R. 16/2016, in particolare:

  • l’art. 3, comma 2, lettera f);
  • l’art. 14, commi 1 e 3;
  • l’art. 16, commi 1 e 3.

Scendiamo nel dettaglio del “piatto forte” della singola conformità in materia di sanatorie edilizie in parola nell’art. 14 commi 1 e 3, che si sarebbe perfino perfezionata con silenzio assenso di novanta giorni.

Nella versione approvata era riportato che:

Art. 14 comma 1:
In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 10, comma 4, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, e 33, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come introdotti dall’articolo 1, nonché di cui all’articolo 13, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda
”.

Art. 14 comma 3:
In presenza della documentazione e dei pareri previsti, sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro novanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende assentita

La Consulta ha bocciato questa forma surrettizia di condono edilizio.

I due suddetti commi sono stati dichiarati incostituzionali perchè la loro formulazione contrasta col ferreo principio nazionale di doppia conformità previsto dall’art. 36 del TUE.

La loro stesura infatti consentiva di aggirare il principio di doppia conformità e giungere ad effetti di condono edilizio in grado di regolarizzare i lavori abusivi compiuto previa modifiche alla disciplina e strumentazione urbanistica in materia, e soprattutto regolamentare locale.

Tra le motivazioni, tra l’altro, i giudici della Consulta hanno rilevato che tale meccanismo creerebbe disparità di trattamento e discriminazione coi cittadini del restante territorio italiano.

I “pensatori” di questa L.R. 16/2016 avranno pensato di essere protetti dal possente scudo dello Statuto Speciale della Sicilia, tuttavia per quanto elastico possa essere, non può elidere i principi costituzionali.

La materia del Governo del Territorio e la sua legislazione regionale è assai dibattuta soprattutto dopo le modifiche al Titolo V apportate nel 2001.

Avanti con la prossima norma regionale.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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