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Permanenza e disponibilità del bene abusivo sono sufficienti per emettere provvedimento di sequestro.

L’attuale ordinamento vuole impedire al soggetto di trarre beneficio da condotte di reato edilizio grave.

L’art. 44 del Testo Unico per l’Edilizia DPR 380/01 descrive le sanzioni penali a carico di chi commette reati edilizi, e in particolare di quel segmento che fanno parte della famiglia degli illeciti edilizi “rilevanti”, quali realizzazione di interventi in assenza di permesso di costruire, in totali difformità da esso o con variazioni essenziali, e infine quelli della lottizzazione abusiva.

Tale articolo non parla affatto di sequestro preventivo dell’immobile costruito in tal modo; al sequestro preventivo dell’immobile abusivo ci si arriva da un altro versante, cioè quello Penale a cui si rinvia per specifici approfondimenti.

Il sequestro preventivo ha lo scopo di impedire la libera disponibilità dell’immobile abusivo e dei suoi benefici derivanti dalla realizzazione.

Il legislatore vuole infatti colpire il responsabile di questa condotta, operando su due versanti distinti dell’effetto lesivo dell’immobile, sia in termini istantanei sia per il carattere di permanenza che tale riveste reato (o presunto tale).

E’ un pò come succede per l’illecito amministrativo ex art. 221 del Testo Unico delle Leggi Sanitaria R.D. 1265/34, relativo all’utilizzo di un immobile privo di certificazione di abitabilità o agibilità.

Lo stesso dicasi soprattutto per lesione dell’interesse alla vigilanza e tutela del territorio, anche mediante aggravamento del carico urbanistico, anche solamente conseguente all’utilizzo del manufatto abusivo.

L’incremento del carico urbanistico comporta effetti anche sul piano sanzionatorio.

Resta il fatto che il pregiudizio arrecato al territorio tramite l’incremento del carico urbanistico diviene oggetto di valutazione del giudice, al quale compete la valutazione di sussistenza dei requisiti di concretezza e attualità del pericolo conseguente alla libera disponibilità del bene (Cass. Pen. III n. 170/2018).

In particolare al giudice spetta di valutare in quale misura sia «la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell’indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività » (Cass. Pen. III n. 170/2018).

Sull’argomento, proseguendo ancora nella sentenza di Cass. Pen. n. 170/2018, è stato ulteriormente precisato che l‘incidenza in termini di carico urbanistico deve essere rapportata all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera abusiva.

Essa potrebbe emergere, a titolo di esempio, mediante concreta e sostanziale alterazione dell’originaria consistenza del manufatto in funzione di volumetria, destinazione d’uso o effettivo utilizzo, tale da comportare un mutamento divergente dalle esigenze urbanistiche valutate nei confronti dello strumento urbanistico e di pianificazione comunale, in riferimento sopratutto agli standard urbanistici previsti dal D.M. 1444/68 (Cass. Pen. III 36104/2011).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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