Anche gli interventi CILA-S sono soggetti al rispetto dello Stato Legittimo, pertanto niente immobili abusivi
Regolarizzare illeciti edilizi minori in alcune regioni è possibile con SCIA presentata dall’interessato.
Legislazioni regionali di Lazio ed Emilia Romagna ad esempio ammettono la SCIA in sanatoria come procedimento autonomo.
Il campo applicativo dell’opere rientranti in SCIA va scisso su due diversi ambiti, nazionali e regionali:
#Il regime applicativo nazionale del TUE;
#La SCIA in sanatoria “completa” delle regioni;
Interessante notare come le regioni abbiano per certi versi delegato e limitato l’azione sanzionatoria, lo vedremo nella parte finale dell’articolo.
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Accertamento di conformità ex 36 del TUE (vale anche per l’art. 37 ? )
Per prima cosa occorre sottolineare la differenza con quanto previsto dal Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01 in materia di regime sanzionatorio ordinario, di cui all’art. 36 e 37.
L’articolo 36 riguarda la procedura di Accertamento di conformità, il quale a sua volta richiama espressamente gli illeciti edilizi eseguiti:
- in assenza di permesso di costruire o in difformità;
- in assenza o in difformità dalla “Super Scia” cioè la Scia alternativa al Permesso di costruire ex art. 23 c.1 del TUE;
L’articolo 36 del TUE non riguarda gli illeciti inquadrabili nel successivo articolo 37, quest’ultimo intitolato “interventi eseguiti in assenza o difformità della SCIA e accertamento di conformità”.
E’ importante sottolineare come la procedura di Accertamento di conformità, finalizzata a conseguire il permesso di costruire in sanatoria, si può concludere come segue:
- pronuncia favorevole entro sessanta giorni, con conseguente rilascio del PdC;
- pronuncia negativa entro sessanta giorni, con diniego e conseguenti azioni repressive;
- silenzio-rifiuto decorsi i sessanta giorni;
Sul silenzio rifiuto applicato all’Accertamento di conformità si tornerà sopra anche nei casi regionali che vedremo in fondo.
Quanto segue non riguarda la SCIA alternativa al Permesso di Costruire, una casistica speciale diversa dalla SCIA comunemente nota e largamente utilizzata nelle pratiche edilizie.
Il regime sanzionatorio per illeciti edilizi minori è previsto dall’art. 37 del TUE.
A livello nazionale questo regime è fondato sul presupposto fondamentale della doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda.
Il secondo presupposto fondamentale è che questi illeciti siano effettivamente inquadrabili nelle opere soggette a SCIA (una volta DIA), in caso contrario si deve applicare il più severo regime previsto dall’art. 36 del TUE ed eventuali sanzioni penali.
Tra l’altro, l’ipotesi di opere e illeciti edilizi compiuti in assenza o difformità dalla SCIA, rientranti quindi nel campo della SCIA stessa, non comportano sanzioni penali previste dall’art. 44, a condizioni che ricorrano tutti i presupposti di qui appresso.
In questo caso la quantificazione della sanzione pecuniaria è pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile derivante dall’intervento, partendo da un minimo di 516 euro.
Se l’intervento risulta rispettoso del requisito di doppia conformità, il responsabile dell’abuso o proprietario dell’immobile può presentare domanda e ottenere la sanatoria dell’intervento con una sanzione oscillante tra 516 e 5.164 euro, quantificata dal responsabile del procedimento in funzione all’aumento di valore valutato dall’Agenzia del territorio.
Se gli illeciti consistono in interventi di restauro e risanamento conservativo ed eseguiti su immobili vincolati in base alle norme statali, regionali e altre discipline settoriali, l’autorità competente a vigilare sul rispetto del vincolo può ordinare la rimessa in pristino a cura e spese del responsabile applicando anche una sanzione pecuniaria variabile dal 516 a 10.329 euro. In questi casi ricadono gli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, culturale, idrogeologico, archeologico, ambientale, ecc.
Se gli illeciti sono eseguiti su immobili situati nelle zone omogenee A (Centri storici e similari), ancorché non vincolati, deve essere chiesto apposito parere vincolante all’ufficio competente Mibact, il quale indicherà la rimessa in pristino o una sanzione pecuniaria variabile dal 516 a 10.329 euro; il parere dovrà pervenire entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il dirigente o responsabile comunale provvederà autonomamente sul parere senza irrogare la suddetta sanzione pecuniaria.
In tutti casi restano fatte salve eventuali misure sanzionatorie e repressive delle rispettive discipline settoriali.
Quali procedure esistono per regolarizzare le opere illecite rientranti in SCIA?
Il Testo Unico nazionale DPR 380/01 ne prevede due, mentre le regioni ordinarie hanno perfezionato la procedura nelle proprie legislazioni concorrenti; discorso a parte meritano le regioni a statuto speciali, che hanno margini più larghi, comunque rispettando i limiti previsti negli statuti speciali.
Gli illeciti edilizi rientranti nelle categorie di intervento soggette a SCIA sono così regolarizzabili:
- se sono in corso di esecuzione, e non compiute: è l’unico caso previsto dal TUE, e prevede la spontanea presentazione della SCIA, unitamente al pagamento di sanzione pecuniaria una tantum di 516 euro; in questo caso è sanzionata la ritardata presentazione di essa;
- se opere compiute il TUE non le contempla espressamente una SCIA in sanatoria; inoltre il comma 4 dell’art. 37 TUE cita la presentazione di una non meglio imprecisata “domanda” condizionata alla presenza della doppia conformità. Nella prassi è tutto ricondotto alla sola procedura di Accertamento di conformità di cui all’art. 36, l’unica prevista per regolarizzare a regime ordinario;
Alcune regioni hanno previsto la SCIA in sanatoria completa.
Si premette che restano salve tutte le eventuali sanzioni relative alle diverse normative e discipline settoriali; inoltre si esula dal trattare gli aspetti sanzionatori pecuniari previsti dalle leggi regionali per brevità.
Lazio ed Emilia Romagna, ad esempio, hanno previsto una procedura autonoma per le opere compiute e soggette a SCIA, con le quali effettuare accertamento di conformità tramite presentazione di SCIA in sanatoria autonoma:
- Regione Lazio: ha previsto la procedura di Accertamento di conformità con l’art. 22 della L.R. 15/2008;
- Emilia Romagna ha previsto la stessa procedura di Accertamento di conformità con l’art. 17 della L.R. 23/2004;
Per esse, eccettuato il discorso per le sanzioni pecuniarie, è previsto il silenzio rifiuto nel caso in cui siano decorsi sessanta giorni dal ricevimento della SCIA?
Nota aggiunta alle 21.30 del 12/10/2017.
Diciamo più chiaramente sul silenzio rifiuto in questione, partendo da un presupposto come anzi detto. L’unica procedura prevista dal TUE in grado di sanare è l’accertamento di conformità, che si conclude col rilascio del PdC in Sanatoria; non esiste una disciplina della SCIA in sanatoria per opere compiute, ma solo quella “tardiva” presentata spontaneamente coi lavori in atto (la modulistica unificata nazionale ne dà conferma).
L’art. 37 del TUE, al netto della SCIA tardiva in corso d’opera, disciplina solo i termini sanzionatori pecuniari e aspetti complementari (Vincoli, centri storici) pertanto l’effettiva procedura di regolarizzazione confluisce in quella unica dell’art. 36 TUE comprendente appunto il silenzio rifiuto.
Ergo, a mio parere il legislatore nazionale sembra che abbia volutamente fondere i due filoni sanzionatori delle opere soggette a PdC e SCIA in un unico procedimento, tenendo distinti i metodi quantitativi delle sanzioni pecuniarie. Questo ritengo sia norma di principio con pochi margini di “dettagliamento” regionale, posto che si va facilmente ad intaccare un campo spesso afferente alle sanzioni penali, di competenza esclusiva statale.
Alcune regioni hanno studiato modalità per “deviare” la confluenza procedurale dell’art. 37 all’interno dell’art. 36 del TUE per tentare di semplificarlo. Ci sono però diversi effetti collaterali, soprattutto col silenzio rifiuto. Vediamone alcuni:
- nella L.R. 23/2004 dell’Emilia Romagna i termini del silenzio rifiuto non sono indicati affatto nella procedura di Accertamento di conformità sia per la SCIA in sanatoria. La legislazione regionale concorrente può dettagliare la norma superiore del TUE, senza elidere i principi, come appunto quelli previsti dall’art. 36 del TUE. In questo caso, il silenzio rifiuto dei sessanta giorni previsti dall’art. 36 del TUE resta fermo per il rilascio del PdC in sanatoria, ed a mio avviso inapplicabile per le opere soggette a SCIA; al contrario si deve addirittura applicare il silenzio assenso di trenta giorni previsto per tutte le SCIA di materia edilizia come disposto dall’art. 19 comma 6/bis della L. 241/90. Proprio come se fosse una scia ordinaria.
- nella L.R 15/2008 del Lazio la questione è controversa: l’art. 22 comma 4 sembra indicare il silenzio rifiuto solo sulla richiesta del titolo abilitativo; senza dubbio il termine vale per i casi soggetti al permesso di costruire in sanatoria, il dubbio invece riguarda gli interventi soggetti a SCIA. La contraddizione c’è, guardiamo meglio i commi 1, 3 e 4 dall’art. 22: il terzo comma sembra richiamare l’asseverazione di conformità da parte del professionista “solo” per la richiesta del titolo abilitativo, lasciando quindi scoperto tale obbligo per la SCIA in sanatoria?
Non credo, la SCIA per definizione è propriamente basata sull’istituto dell’asseverazione del professionista, in caso contrario verrebbe a cadere proprio il meccanismo di controllo esterno della doppia conformità posto a carico del professionista asseverante.
Inoltre: domandiamo cosa sia un titolo abilitativo, soprattutto cosa si intende per titolo abilitativo nell’art. 22. Sarò controcorrente, ma ho sempre ritenuto che il Titolo abilitativo non sia solo il Permesso di Costruire, ma anche la SCIA, ciò a maggior ragione dopo le riforme del Decreto Lgs. 222/2016 ‘Scia 2’. Non per nulla, il Titolo II del Testo Unico DPR 380/01 comincia dall’art. 6 e finisce all’art. 24, inglobando quindi tutte e tre le procedure amministrative abilitanti all’intervento (PdC, SCIA e CILA), mentre lo stesso art. 6 TUE prevede pochi interventi nella odierna “vera” edilizia libera.
Alla base di questi argomenti, senza pretesa di avere la verità in tasca, ritengo che l’art. 22 della L.R. 15/2008 non preveda il silenzio rifiuto anche per le SCIA in sanatoria ordinaria. - L.R. 65/2014 Toscana: qui non esiste la SCIA in sanatoria completa, al suo posto esiste una procedura che affianca quella dell’Accertamento di Conformità ex art. 36 TUE, e si chiama “Attestazione di conformità” e riguarda le sole opere soggette a SCIA ex art. 37 del TUE. Entrambe le procedure prevedono il regime di silenzio-rifiuto, quasi a sposare la tesi avanzata poc’anzi, ovvero che gli illeciti edilizi di cui all’art. 37 del TUE confluiscano nella procedura dell’Accertamento di Conformità ex art. 36 TUE.
In conclusione: le procedure di SCIA in sanatoria, discendenti dalle previgenti procedure di DIA in sanatoria, sono da ritenersi procedure soggette al Silenzio rifiuto di sessanta giorni come gli Accertamenti di Conformità ex art. 36 TUE per “analogia orizzontale” oppure sono da intendersi come vere e proprie SCIA in materia edilizia, e quindi soggette alla stessa procedura ordinaria di validazione?
La risposta è da intendersi negativa. Niente silenzio rifiuto per le scia ordinarie prodotte in sanatoria.
Fine della nota integrativa.
Nei casi del Lazio ed Emilia Romagna la verifica del requisito di doppia conformità della SCIA in sanatoria è posta interamente nelle mani del professionista tecnico abilitato, il quale deve asseverare questo requisito sotto notevole responsabilità professionale e penale, quest’ultima correlata all’art. 481 del Codice Penale che si riporta per esteso:
Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da cinquantuno euro a cinquecentosedici euro. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.
Certamente il concetto di silenzio rifiuto, ha valore legale tipico di rigetto, cioè costituente ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego (Cons Stato IV n. 410/2017, n. 2185/2012, n. 2691/2008).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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