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La mancata richiesta di condono consente la repressione anche per illeciti commessi prima dell’entrata in vigore del regime sanzionatorio vigente.

Non esiste una prescrizione dell’azione repressiva per contrastare l’abusivismo edilizio, neppure una sorta di chiusura col passato (anche se sarebbe assolutamente necessaria per certi tipi di intervento).

Normalmente in ambito amministrativo edilizio non esiste “di default” la retroattività, facciamo un esempio con la semplificazione normativa: una ristrutturazione edilizia con aumento di unità immobiliare accertata dalla P.A. nel 2010, viene giudicata in sede amministrativa con le norme vigenti all’epoca, nonostante che siano sopravvenute norme edilizie più semplificate.

Può apparire grottesco e contro intuitivo, ma in ambito amministrativo funziona così. E se questa è una regola principale, esistono anche l’eccezioni.

Per esempio l’art. 40 della L. 47/85 ne è la riprova lampante, e fornisce un chiarissimo riferimento per cui gli illeciti del passato non sfuggono al più severo regime repressivo e sanzionatorio edilizio. Questa retroattività ha trovato un contrappeso di equilibrio, che era appunto la possibilità di presentare la domanda di condono edilizio nei termini e modi previsti dalla legge (reiterata poi altre due volte successive nel 1994 e 2003).

Pertanto, nel caso in cui l’abuso edilizio fosse commesso ad esempio nel 1982, non si può applicare la disciplina sanzionatoria della L. 10/1977 (ed eventualmente quelle integrate da norme regionali).

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In materia di sanzioni amministrative edilizie non vige il divieto di retroattività

E’ utile sottolineare che i poteri sanzionatori edilizi della P.A. non si estinguono per decorso del tempo, in quanto l’illecito edilizio ha natura permanente e derivante dalla mancata demolizione spontanea (Cons. di Stato n. 4213/2014).

La realizzazione dell’illecito edilizio ha natura permanente anche in relazione al violato assetto urbanistico del territorio, che rimane inalterato nel tempo fino alla sua eliminazione.

Esiste un principio fondamentale in materia di sanzioni edilizie (Ius Superveniens): si applica il regime normativo vigente al momento in cui si accerta l’abuso e non quella esistente al momento della sua realizzazione (Cons. di Stato n. 4213/2014, 5645/2019).

Questo tipo di impostazione e ordinamento crea notevoli difficoltà nel valutare abusi edilizi commessi prima della’entrata in vigore della L. 47/85, sottolineando che l’attuale T.U.E. D.P.R. 380/01 ricalca sostanzialmente quello introdotto con la L. 47/85. In particolare, la legge sul primo condono edilizio intendeva consentire la possibilità di regolarizzare le opere illecite ultimate prima del 1° ottobre 1983, e di perseguire quelle per le quali non era stata presentata la formale domanda di condono.

Sarebbe interessante approfondire la questione del legittimo affidamento del privato per illeciti risalenti, per il quale il legislatore dovrebbe assolutamente porsi il problema. Ma attualmente non esiste una espressa previsione che esclude l’attuale repressione per illeciti compiuti anche in contesti o epoche in cui potevano essere gestiti con altre procedure meno rigide.

Secondo la giurisprudenza, la retroattività delle sanzioni urbanistiche costituisce regola prevalente soprattutto se di natura ripristinatoria e non meramente afflittiva. Il principio di retroattività di esse risulta introdotto dal combinato disposti degli articoli 32 c.6, 33 c.3 e 40 c.1 della L. 47/1985; questi contengono appunto la previsione del regime sanzionatorio nei casi in cui la domanda di condono:

  • Non sia stata presentata nei termini e modi previsti dalla legge;
  • Venga respinta per i motivi previsti dalla legge;

Da qui si intuisce il motivo per cui gli abusi commessi prima dell’entrata in vigore della L. 47/85 (e di conseguenza del D.P.R. 380/01) non godono di alcun regime di irretroattività (Cons. di Stato n. 2544/2000).

Il regime di irretroattività è previsto dalla Costituzione soltanto per le leggi penali (Favor Rei) e non per le disposizioni normative edilizie finalizzate al ripristino dello stato dei luoghi legittimo, per eliminare le opere abusive e tutelare l’ordinato assetto del territorio (Cons. di Stato n. 275/1982).

Infatti in ambito amministrativo vige il principio generale “Tempus regit actum”, ovvero: si applica la normativa vigente al momento dell’irrogazione della sanzione, e non quella già vigente all’epoca di realizzazione dell’abuso (Cons. di Stato n. 2544/2000, n. 152/1996).

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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