Comune non poteva certificare Agibilità con illegittimità edilizie, ma Salva Casa ha disciplinato l'argomento
Negli edifici possono trovarsi irregolarità risalenti sfuggite a condoni e pratiche edilizie, come gestirle
Abbiamo un patrimonio edilizio assai stratificato negli agglomerati urbani, meglio noti come “centri storici”. Intendo dire che in questi contesti gli edifici si presentano come il risultato di tantissime modifiche, ampliamenti e sopraelevazioni realizzate in epoca “immemorabile”, e quasi sempre sprovvisti dei relativi titoli abilitativi edilizi allora vigenti (se dovuti).
Nonostante le norme sopravvenute sullo Stato Legittimo immobiliare e sulla conformità urbanistico edilizia, ci troviamo a trattare immobili storici o vincolati in cui può diventare difficile ricostruire la storia della legittimazione urbanistica e delle trasformazioni, a causa del silenzio delle fonti documentali.
Questa difficoltà si estende anche agli immobili simili situati anche in territorio aperto o agricolo: non intendo certo negare l’esistenza di edilizia rurale e colonica, quasi sempre realizzata come edilizia spontanea in epoca remota.
In particolare è necessario dimostrare che queste opere o discordanze rilevate ai giorni nostri siano state realizzate e ultimate in epoca e zona territoriale non ancora obbligatorio richiedere la licenza edilizia. In altre parole, in regime di edilizia libera o non regolamentata allora.
Nasce quindi l’interrogativo su come gestire le irregolarità riscontrate su questi immobili risalenti, e di come gestire quelli che si presentano come vecchi abusi edilizi: di regola, li dobbiamo trattare al pari degli abusi edilizi recenti.
Più volte ho affrontato nel blog e nei video il delicato tema della conformità urbanistica e delle irregolarità edilizie risalenti, soprattutto la mitica questione dell’Ante ’67 su cui vi ho scritto un intero omonimo libro.
Tutto gira intorno all’obbligo di licenza edilizia o titolo abilitativo comunque denominato, riferito all’epoca e zona di trasformazione edilizia.
Affrontiamo brevemente il nodo delle irregolarità edilizie risalenti e dei vecchi abusi edilizi dividendoli per due periodi risalenti, cercando di individuare il relativo obbligo di licenza, nulla osta o titolo autorizzativo edilizio comunque denominati.
INDICE
- Il periodo “Ante ’67 e posteriore alla L. 1150/1942
- Periodo ante L. 1150/1942: RDL n. 640/1935 e n. 2105/1937
- Regi decreti 640/35 e 2105/37, estensione automatica a tutto il territorio e regolamento edilizio
- Conclusioni e consigli
Prima di proseguire, posso consigliare di seguire gli aggiornamenti su:
Il periodo “Ante ’67 e posteriore alla L. 1150/1942
La consolidata giurisprudenza amministrativa [1] fa riferimento a quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 31 legge n. 47/1985, riconoscendo l’obbligo di licenza edilizia anche in epoca anteriore al 1 settembre 1967 (entrata in vigore legge ponte n. 765/67).
La norma, nel prevedere la condonabilità degli abusi edilizi, li individua con riferimento anche all’obbligo del titolo edilizio previsto dai regolamenti comunali previgenti al 1 settembre 1967.
Quindi è pacifica la possibilità di richiedere il condono edilizio anche per le opere per le quali fosse obbligatorio munirsi della licenza edilizia anche prima del 1° settembre 1967, ovvero della data dalla quale la licenza è richiesta in via generale (Cons. di Stato n. 3791/2017, n. 1514/1998).
Infatti dal testo originario della legge n. 1150/1942 l’articolo 31 emerge che le opere in questione non siano soltanto quelle realizzate all’interno dei centri abitati e delle zone di espansione previste dal Piano Regolatore Generale (PRG), ma anche a quelle zone in cui l’obbligo di licenza edilizia fosse richiesto dal regolamento comunale.
La l. 1150/1942 intese all’epoca introdurre un livello minimo di tutela del territorio e quindi prevedere determinate fattispecie in cui la licenza fosse sempre necessaria, a prescindere da un regime meno severo che il regolamento comunale prevedesse; non intese però toccare la normativa più severa in tal sede eventualmente dettata (così Consiglio di Stato n. 3791/2017, che cita C.d.S. 14 marzo 1980, n. 287).
Come già espresso più volte in altri articoli, la Legge n. 1150/42 non ha mai avuto effetto di:
- precludere ai regolamenti edilizi comunali (posteriori alla sua entrata in vigore) l’applicazione più severa, cioè l’estensione dell’obbligo di licenza a tutto il territorio comunale;
- annullamento automatico di tutti i regolamenti edilizi previgenti ad essa, compreso quelli più restrittivi cioè con obbligo di licenza/nulla osta estesi a tutto il territorio comunale;
Trovo utile riportare anche la massima del Cons. di Stato n. 3899 del 2015, ove è evidenziato che:
“La regola, che la giurisprudenza e la pratica hanno derivato dal succedersi della disciplina urbanistica nel tempo (la legge n.1150 del 1942 e la legge-ponte n.765 del 1967), è che soltanto a decorrere dal primo settembre 1967, in seguito alla entrata in vigore della cosiddetta legge-ponte n.765 del 1967, sussiste l’obbligo generalizzato di preventivo titolo edilizio autorizzatorio per la realizzazione di opere in qualsiasi parte del territorio comunale; prima di quella data, ai sensi dell’art. 31 della legge n.1150 del 17 agosto 1942, sussisteva l’obbligo di previa licenza solo per edificare nei centri abitati o nelle zone di espansione previste dal piano regolatore generale”.
Provando a fare una sintesi, possiamo affermare che dal 31 Ottobre 1942 (L.1150/42) al 1 Settembre 1967 (L. 765/67) gli interventi previsti dall’art. 31 L. 1150/42 eseguiti:
- all’interno dei centri abitati e zone di espansione PRG: in assenza di licenza o difformità da essa, non sono legittimi;
- all’esterno dei centri abitati e zone di espansione PRG: in assenza di licenza o difformità da essa: sono legittimi, salvo diversa regolamentazione edilizia/locale;
Periodo ante L. 1150/1942: RDL n. 640/1935 e n. 2105/1937
Ritengo utile focalizzare soprattutto l’obbligo di titolo edilizio previsto nel periodo compreso tra i due seguenti regi decreti e la L. 1150/42:
- R.D.L. 640/1935 convertito con modifiche dalla L. 2471/1935 (e abrogato dal D.L. 200/2008 conv. dalla L. 9/2009);
- R.D.L. 2105/1937 convertito con modifiche dalla L. 710/1938 (e abrogato dal D.L. 200/2008 conv. dalla L. 9/2009);
Bisogna premettere in via speditiva che il provvedimento successivo del 1937 ricalca e integra quello precedente del 1935, senza tuttavia abrogarlo espressamente; infatti l’abrogazione di entrambi interverrà nel 2008.
Entrambi i provvedimenti contengono un articolo pressoché identico, col quale viene imposto l’obbligo di autorizzazione dal Podestà (Sindaco) a coloro che intendono eseguire:
- nuove costruzioni;
- modificare o ampliare quelle esistenti;
Se guardiamo bene, i rispettivi articolo 4 RD 640/1935 e art. 6 RD 2105/1937 non distinguono o escludono l’obbligo di autorizzazione in base alle zone, centri abitati o altro, lasciando intendere l’applicazione generale a tutto il territorio comunale:
Coloro che intendano fare nuove costruzioni, ovvero modificare od ampliare quelle esistenti, debbono chiedere al Podesta’ apposita autorizzazione, obbligandosi ad osservare le norme particolari dei regolamenti di edilizia e d’igiene comunali.
Piccola nota: in alcune sentenze amministrative TAR Napoli (es. n. 5406/2021) sembrano affermare che l’art. 2 del RD 640/1935 prevedesse obbligo di titolo autorizzativo limitato ai centri abitati, ma ciò non corrisponde a verità, basti guardare la norma nella Gazzetta Ufficiale.
Occorre notare l’ultimo periodo del primo comma, in entrambe le versioni dei due articoli del 1935 e 1937, conclude rinviando all’obbligo di rispettare i regolamenti edilizi e d’igiene comunali.
Regi decreti 640/35 e 2105/37, estensione automatica a tutto il territorio e regolamento edilizio
Ritengo di intravedere una sorta di “delega” o rinvio verso la regolamentazione comunale, visto che non poteva esserci alcun riferimento alla disciplina e strumentazione urbanistica.
Infatti non si poteva comunque parlare di centri abitati e zone di espansione PRG, proprio perchè la prima legge organica urbanistica arriverà successivamente con la L. 1150/1942.
Osservazione importante: non escludo che un regolamento edilizio comunale potesse “sclassare”, escludere o limitare l’obbligo di licenza/autorizzazione edilizia a certe zone territoriali. (Cfr. TAR Genova n. 1975/2014:
<<Pertanto ove le amministrazioni comunali avessero già provveduto ai sensi della normativa previgente i regolamenti emessi in ottemperanza delle disposizioni del rd. 22 novembre 1937 n. 2105 i relativi regolamenti venivano fatti salvi rientrando nella potestà discrezionale del Comune intervenire o meno su di essi. Del pari il Comune avrebbe potuto, nell’esercizio della propria discrezionalità, introdurre o meno l’obbligo delle licenza edilizia nelle zone diverse dal centro abitato e dalla zone di espansione.>>).
Infatti se da una parte i due Regi Decreti n. 640/35 e n. 2105/37 siano stati abrogati nel 2009, l’articolo 31 della L. 47/1985 mantiene valore ed efficacia ai regolamenti edilizi anteriori al 1 settembre 1967, senza tagliarli/limitarli espressamente nel periodo di vigenza della L. 1150/42.
Ho trovato interessante la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 8374/2021 che mi ha segnalato il collega Ing. M. Federici. In essa appare confermata la validità dell’obbligo di autorizzazione edilizia secondo l’art. 6 RDL n. 2105/1937, nell’ambito di un regolamento edilizio formatosi in quel periodo:
<< (omissis) E, se in effetti il regolamento del 1938 (si badi, formato peraltro sotto il regime dell’autorizzazione preventiva ex art. 6 del RDL 22 novembre 1937 n. 2105, convertito dalla l. 25 aprile 1938 n. 710, quindi in un regime più restrittivo della legge n. 1150) (omissis)>>.
La predetta sentenza del Consiglio di Stato si sofferma poco sul valore di efficacia dei R.D. 640/1935 e 2105/1937, e per questo ho trovato migliore spiegazione coerente nella sentenza del TAR Genova n. 1975/2014:
<<Tralasciando normative anteriori che pure contemplavano i regolamenti comunali senza, tuttavia, dettare un specifica disciplina occorre prendere le mosse dall’art. 3 r.d. 22 novembre 1937 n. 2105 (che ai sensi dell’art.1 sostituiva le disposizioni di cui al rd 25 marzo 1935 n. 640) che statuiva “In tutti i comuni del regno nei quali non è prescritta l’osservanza delle norme contenute negli articoli 7 e successivi le amministrazioni comunali devono provvedere a che nei regolamenti edilizi di cui all’art. 3 del testo unico della legge comunale e provinciale vigente sia resa obbligatoria osservanza delle disposizioni contenute nei seguenti articoli 4, 5 e 6”. Il successivo articolo 6 stabiliva che “coloro che intendono fare nuove costruzioni ovvero modificare od ampliare quelle esistenti debbono chiedere al podestà apposita autorizzazione, obbligandosi ad osservare le norme particola idei regolamenti di edilizia e d’igiene comunali”. Lo stesso articolo contemplava poi la possibilità di irrogare al demolizione in caso di costruzione in assenza di autorizzazione.
Dall’esame della normativa di cui sopra si evince come la potestà regolamentare trovasse il proprio fondamento nella legge, fosse prevista a tutela di interessi sostanziali e fosse altresì presidiata dalla sanzione della demolizione. Anzi la legge imponeva alle amministrazioni comunali il recepimento delle norme di cui sopra.
Successivamente l’art. 31, comma 1, l. 1150/1942 nel testo originario ha previsto che: “Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del comune”. La legge 1150/1942, inoltre, disciplinava all’art. 33 il contenuto dei regolamenti edilizi comunali prevedendo che “I comuni debbono con regolamento edilizio provvedere, in armonia, con le disposizioni contenute nella presente legge e nel Testo unico delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, a dettare norme precipuamente sulle seguenti materie, tenendo, se ne sia il caso, distinte quelle riguardanti il nucleo edilizio esistente da quelle riguardanti la zona di ampliamento e il restante territorio comunale”.
La legge urbanistica stabiliva l’obbligo cogente di richiedere la licenza edilizia nel centro abitato e nelle zone di espansione e ciò senza la mediazione di regolamenti edilizi comunali mentre rimetteva ai regolamenti edilizi la valutazione in ordine alla necessità della licenza edilizia nella restante parte del territorio comunale. Pertanto ove le amministrazioni comunali avessero già provveduto ai sensi della normativa previgente i regolamenti emessi in ottemperanza delle disposizioni del rd. 22 novembre 1937 n. 2105 i relativi regolamenti venivano fatti salvi rientrando nella potestà discrezionale del Comune intervenire o meno su di essi. Del pari il Comune avrebbe potuto, nell’esercizio della propria discrezionalità, introdurre o meno l’obbligo delle licenza edilizia nelle zone diverse dal centro abitato e dalla zone di espansione.
La legge urbanistica, da un lato, superava il precedente sistema di autorizzazione e, al contempo, dall’altro lato, fondava il potere dei regolamenti edilizi comunali, legittimando altresì i regolamenti previgenti.
Ne conseguiva la legittimità dei regolamenti edilizi che avessero inteso imporre l’obbligo delle licenza edilizia a tutto il territorio comunale irrilevante essendo la circostanza che tali regolamenti fossero anteriori o successivi all’entrata in vigore del 22 novembre 1937 n. 2105 e della legge 1150/1942, atteso che il primo decreto obbligando i Comuni ad adottare i regolamenti non poteva che fare salvi i regolamenti già adottati (che fossero conformi alle sue disposizioni) e atteso altresì che la legge 1150/42 rimettendo alla amministrazione comunale tali valutazioni, ne faceva salve le determinazioni precedentemente assunte. In altre parole nel momento in cui la legge attribuiva ai regolamenti la valutazione discrezionale in ordine alla necessità di licenza edilizia comunale al di fuori delle zone in cui la stessa era obbligatoria per legge, al contempo legittimava, ratificandoli, i regolamenti che tale scelta avessero già in precedenza compiuto.
Conseguiva a tale sistema l’obbligo di munirsi del titolo edilizio per tutte le costruzioni in qualunque zona fossero state edificate, ove tale obbligo fosse previsto dai regolamenti edilizi comunali e l’applicazione delle relative sanzioni per il caso di inosservanza.
Deve notarsi, come già in precedenza evidenziato, come in questo sistema i regolamenti edilizi comunali trovassero il fondamento nella legge, rispondessero ad esigenze di tutela non meramente formale ma sostanziale e fossero presidiati dalla sanzione della demolizione.>>.
CONCLUSIONI E CONSIGLI
Per valutare la conformità e legittimazione urbanistica degli immobili risalenti, è fortemente consigliato riscontrare le disposizioni dei regolamenti edilizi, anche quelli anteriori alla L. 1150/42, spingendosi anche di decenni indietro nel tempo.
Al netto delle grandi città e capoluoghi di provincia, è assai probabile che i piccoli comuni avessero regolamenti edilizi e di igiene locali assai modesti, e con l’obbligo di licenza o autorizzazione edilizia circoscritta ai centri abitati.
Certamente, consiglio di incaricare un professionista tecnico altamente qualificato per svolgere ciò, e non il “primo che passa”, perchè la materia è altamente specialistica.
Note
[1] Cons. di Stato n. 4243/2017, n. 3791/2017, n. 3899/2015, n. 5597/2014, Consiglio di Stato Adunanza plenario n. 3/2009)
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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