Norme di interpretazione autentica pensate per sbloccare la paralisi dei cantieri di Milano
Il principio della “doppia conformità” risulta finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della “disciplina urbanistica ed edilizia” nei due momenti relativi all’esecuzione dell’opera e alla presentazione dell’istanza di sanatoria.
Ponte dei sospiri, Venezia – p.g.c. di Serena di Paola, giornalista
Nell’attuale ordinamento esiste una sola casistica ordinaria per regolarizzare gli abusi edilizi, sottoposta a precisa condizione: la doppia conformità.
La sanatoria si distingue dal condono vero e proprio, ed è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi “formali”, ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, evidenziando la ragione ispiratrice di natura preventiva e deterrente, finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio.
La condizione di doppia e contemporanea conformità dell’abuso edilizio a due distinti momenti, ovvero epoca dell’abuso e deposito della domanda di sanatoria, non prevede deroga alcuna in quanto il legislatore con l’emanazione della L. 47/85 ha voluto escludere letture “sostanzialiste” della norma che consentissero possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, e conformi solo al momento della presentazione dell’istanza per l’accertamento di conformità (Cass. Pen. III n. 26425/2016).
La ragione profonda di questa scelta è inquadrabile nel rischio, ritenuto concreto, di “varianti urbanistiche ad personam”.
Il legislatore ha scelto di non lasciare aperti margini alla possibilità che di fronte a un abuso edilizio, anche di natura consistente, un Comune potesse legittimare post opera attraverso varianti al proprio strumento urbanistico o piano regolatore.
In effetti, ipotizzando una lettura dell’attuale articolo 36 del Testo Unico DPR 380/01 in assenza del requisito di doppia conformità, potrebbe davvero concretizzarsi la possibilità di sanare (senza condono) in ogni momento temporale e quando l’opera abusiva risulti non in contrasto alle norme e strumenti urbanistici vigenti alla stessa domanda.
La procedura di sanatoria rispettante il solo requisito di conformità al momento della domanda è stata inquadrata da un orientamento giurisprudenziale amministrativo nettamente minoritario come “Sanatoria giurisprudenziale o imperfetta“, posto che il Consiglio di Stato da alcuni anni tende a inibire questo istituto pretoriano (Cons. Stato V n. 1324/2014, n. 2755/2014).
Es. estremo: è stato costruito un palazzo di sette piani in un terreno situato in zona di saturazione; ad oggi il PRG avrebbe consentito quattro piani.
Tra un mese il comune potrebbe operare una variante al PRG innalzandovi l’indice urbanistico a… sette piani, guarda caso!
Il giorno successivo a questa variante l’esecutore del palazzo abusivo potrebbe vedersi riconoscere la sanatoria a suo favore.
Resta il fatto che buona parte del patrimonio edilizio esistente è stato oggetto di trasformazioni e modifiche edilizie non conformi, alle quali ben tre condoni edilizi (l’ultimo addirittura depotenziato) non hanno saputo dare risposta efficace.
La mia opinione è che la normativa urbanistica debba suddividere e ponderare meglio le tipologie di difformità edilizie, tenuto conto che:
- da una parte si vuole privilegiare il giusto principio della legalità evitando disparità tra comportamenti onesti/disonesti;
- da una parte si vuole semplificare e ridurre il contenzioso;
- da una parte si vuole evitare azioni eccessivamente repressive verso cittadini in assoluta buona fede;
Come nota a margine, però, si torna sempre a ribadire che la principale fonte dei problemi dell’abusivismo edilizio deriva da cultura scarsamente propensa al rispetto delle norme.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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