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Esistono due procedure di regolarizzazione abusi effettuati su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico

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Dopo l’entrata in vigore del decreto-legge n. 69/2024, convertito in legge n. 105/2024, all’ordinaria procedura di Compatibilità paesaggistica contenuta nell’articolo 167 c.4 del D.Lgs. 42/2004, si è affiancata quella speciale prevista nell’articolo 36-bis comma 4 del D.P.R. 380/01. Premesso che sussiste una certa riluttanza ad applicare quest’ultima in quanto inserita al di fuori del Codice del Paesaggio D.Lgs. 42/2004, si può affermare che le due procedure di accertamento di compatibilità paesaggistica abbiano molte cose in comune.

L’unica grande differenza è che Compatibilità paesaggistica “ordinaria”, cioè quella del Codice, non ammette come regola generale nessun aumento di volume, aumento di superficie utile e tanto meno la loro creazione ex novo. Rinviando alle ipotesi di sanabilità invece ammesse dalla nuova Compatibilità paesaggistica “Salva Casa“, l’impatto d’una nuova superficie o d’un nuovo volume nell’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, non è comunque consentito pur in presenza di incrementi di superficie o cubatura di modesta entità. Il Codice dei beni culturali e paesaggio (D.Lgs. 42/04) impedisce tassativamente il rilascio della sanatoria paesaggistica in caso di creazione di superfici utili o volumi di qualsiasi tipo, per cui il rigetto della relativa istanza assume carattere vincolato per l’amministrazione procedente (cfr. Cons. di Stato n. 9003/2024, n. 3805/2020, n. 3732/2019).

La giurisprudenza continua a confermare l’irrilevanza delle tipologie di volume o superficie utile ai fini della compatibilità paesaggistica ammessa dall’articolo 167 del Codice del Paesaggio, e da ultimo lo ha fatto affermando con sentenza del Consiglio di Stato n. 1260/2025:

Il rilascio della compatibilità paesaggistica non è consentito in presenza di lavori che abbiano determinato la creazione ex novo di superfici utili o di volumi ovvero un aumento di quelli legittimamente realizzati, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. Premesso che sono tassative, e quindi di stretta interpretazione, le fattispecie di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica – in quanto istituto eccezionale che deve sempre essere rivolto alla salvaguardia della percezione visiva dei volumi e della conservazione del contesto paesaggistico – la regola che in materia urbanistica porta ad escludere i volumi tecnici, tombati o interrati dal calcolo della volumetria edificabile (che trova fondamento nel bilanciamento tra i vari e confliggenti interessi connessi all’uso del territorio), non può essere invocata al fine di ampliare la portata applicativa della lettera della norma di cui all’articolo 167, comma 4, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 che, nel consentire l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai “lavori, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi”, senza ulteriore specificazione e distinzione (Cons. di Stato n. 1260/2025).

Un ragionamento diverso per ammettere la valutazione di compatibilità paesaggistica postuma verso incrementi volumetrici si stata facendo spazio in giurisprudenza, verso quelle casistiche di abusi effettuati anteriormente all’apposizione del vincolo. E’ una piccola apertura ammessa per immobili sottoposti a vincoli paesaggistico sopravvenuto all’esecuzione dell’illecito, e occorre comunque valutazione specifica e caso per caso.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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