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Inapplicabile la compensazione volumetrica tra abusi compiuti su diversi manufatti

Si torna a parlare di abusi edilizi e valutazione separata nella procedura di Compatibilità paesaggistica, l’unica che può consentire la regolarizzazione su immobili soggetti a vincolo paesaggistico.

E bisogna ricordare che in Italia sono molto estese le aree soggette a vincolo paesaggistico, in particolare quelle vincolate “ex lege” e quelle di Notevole Interesse pubblico.

Gli illeciti edilizi compiuti su immobili ricadenti in queste aree sono soggetti alla valutazione di compatibilità con i valori e obbiettivi di tutela del vincolo.

La procedura di “sanatoria paesaggistica” in sintesi.

  1. Istituzione e riferimenti normativi
  2. Procedura e interventi ammissibili
  3. Limiti per aumento di volume e superficie
  4. Parcellizzazione degli abusi o valutazione complessiva
  5. Sanzioni pecuniarie e penali
  6. Video guida
  7. Conclusioni

Nel complesso non è del tutto esatto definire la procedura come “sanatoria paesaggistica”, in quanto segue criteri di valutazione e procedure molto diversi da quelli previsti per la sanatoria edilizia (o meglio: Accertamento di conformità ex art. 36 del Testo Unico per Edilizia).

Diciamo che nel linguaggio comune il concetto di “sanatoria” rende subito chiaro l’obbiettivo, cioè regolarizzare un manufatto compiuto in assenza dei relativi titoli abilitativi e di norme settoriali.

Istituzione e riferimenti normativi

L’attuale versione dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004 (d’ora in avanti Codice) disciplina la procedura di valutazione della Compatibilità paesaggistica.

La stessa (severa) versione ha assunto l’attuale forma dopo diverse modifiche apportate coi seguenti provvedimenti:

  • D.Lgs. 42/2004, art. 167 (Codice Beni Culturali), norma di origine.
  • L. 308/2004, art. 1 comma 36 lettera a;
  • D.Lgs. 157/2006, art. 27 comma 1;
  • D.Lgs. 63/2008, art. 3 comma 1 lettera a;

Inizialmente la versione dell’articolo 167 del Codice era diversa rispetto a quella vigente, e aveva “maglie più larghe”, passatemi il termine.

Poi il legislatore, evidentemente ha valutato il caso di porre un deciso freno agli abusi in zone paesaggistiche, come vedremo a breve.

A mio avviso, era anche il periodo in cui stava prendendo forma il “Terzo Condono Edilizio”, per cui le limitazioni introdotte successivamente dovevano in qualche modo pagare una sorta di “riparazione” ad esso.

Procedura e interventi ammissibili

Al comma 4 dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004 prevede (soltanto) tre categorie di intervento per le quali è consentito presentare istanza di Compatibilità paesaggistica.

Qui si rende necessario ricordare che la presentazione dell’istanza non garantisce l’accertamento positivo, e quindi la “sanatoria paesaggistica”. Al contrario, è una procedura valutativa per la quale l’autorità amministrativa competente svolge opportune verifiche di compatibilità.

Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi presenta la domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi.
L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.

Autorità competente (Regione) + Parere vincolante Soprintendenza.

Attenzione: le Regioni possono aver delegato questa funzione agli enti locali, in genere ai Comuni (Es. Toscana).

Le opere e interventi ammessi alla valutazione di compatibilità sono quelli previsti dal comma 4 dell’art. 167 del Codice:

a) lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico per l’Edilizia).

Limiti per aumento di volume e superficie

Osservando con attenzione le uniche categorie di intervento ammesse alla Compatibilità paesaggistica, dal predetto comma 4 art. 167 del Codice emerge un chiaro limite di esclusione.

Sono infatti escluse dalla possibilità di presentare istanza di Compatibilità le opere comportanti:

  • creazione di superficie o volume;
  • aumento di superficie o volume di quelli legittimamente realizzati;

In sostanza qualunque ipotesi di intervento che comporti qualsiasi forma di incremento volumetrico o superficiale, esclude a priori la possibilità di presentare l’istanza.

Ancora più chiaramente, in tale ipotesi l’illecito edilizio diventa automaticamente insanabile sotto il profilo paesaggistico, e di conseguenza anche sul piano edilizio (con automatico diniego dell’Accertamento di conformità).

Come ha più volte osservato dal Consiglio di Stato (n. 3925/2019, n. 3289/2015, n. 4079/2013), il vigente art. 167 comma 4 del D.Lgs. 42/2004 preclude il rilascio di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria, quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura (anche interrati).

Parcellizzazione degli abusi o valutazione complessiva

L’art. 167, comma 4 lettera a del D.Lgs. n. 42/2004 circoscrive l’istituto eccezionale dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai lavori che non abbiano creato superfici utili o volumi, ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.

La norma vieta la regolarizzazione paesaggistica di opere comportanti un maggior impatto sul territorio derivante dall’aumento di volumetria o di superficie edificata.

La suddetta norma è di stretta interpretazione, in quanto disposizione eccezionale posta a tutela dei beni di valore paesaggistico, ed essa non prevede compensazioni tra edifici o manufatti diversi. (TAR Toscana 630/2019).

Infatti l’obbiettivo di questo limite è impedire incrementi di impatto paesaggistico, di nessun tipo. Ad esempio, non è ammissibile nel caso di un gruppo di edifici in cui vi sia stata complessivamente riduzione volumetrica degli stessi: ma tra loro vi è sicuramente il manufatto con incremento volumetrico, e quindi con maggior impatto paesaggistico.

In ambito paesaggistico il metodo di misura non passa dai tipici metodi usati in edilizia (cubaggio, superficie coperta, ecc) ma dall’impatto visivo ed esteriore dei manufatti, nei confronti del vero destinatario della salvaguarda: il paesaggio.

Motivo per cui è necessario ragionare con chiavi di lettura completamente diverse da quelle a cui si è abituati a ragionare in termini meramente edilizi e urbanistici.

Sanzioni pecuniarie e penali

Anche in questo ambito il regime sanzionatorio è assai diverso da quello urbanistico edilizio.

Attualmente l’art. 167 comma 5 del Codice prevede l’applicazione di sanzione pecuniaria quando sia accertata la compatibilità paesaggistica.

In particolare il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima.

In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1 dell’art. 167 del Codice.

Inoltre si applicano le seguenti sanzioni penali:

  • Lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa: è punito con le pene previste dall’articolo 44, lettera c), del D.P.R. 380/01, cioè l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15.493 a 51.645 euro (Art. 181 comma 1 del D.Lgs. 42/2004);
  • quando gli interventi hanno comportato (art. 181 comma 1-bis del D.Lgs. 42/2004):
    aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria;
    – un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi;
    una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi;
    La pena prevista è la reclusione da uno a quattro anni.

Tuttavia la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue i reati anzidetti (Art. 181 comma 1-quinquies del D.Lgs. 42/2004).

Video guida

Conclusioni

E’ altamente sconsigliato effettuare interventi non autorizzato su immobili o aree soggetti a vincolo paesaggistico.

Al netto delle semplificazioni introdotte col D.P.R. 31/2017, anche interventi modesti o lievi difformità possono essere qualificate come illeciti di natura paesaggistica.

Pertanto il consiglio che condivido è di consultare un professionista altamente qualificato sulla materia paesaggistica, in grado di fornirvi le migliori indicazioni e procedure da seguire.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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