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Divieto di adeguare e conformare l’opera abusiva ai requisiti di doppia conformità urbanistico edilizia.

La sanatoria edilizia condizionata a opere postume, prevederebbe la necessità di non rispettare la doppia conformità al momento della presentazione della domanda, ma in un momento successivo ad essa. Riferimenti utili di approfondimento si possono estrapolare dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 9776/2023, ritenendola utile per chi si trova in situazioni in cui al momento della richiesta di sanatoria risulta sprovvisto di doppia conformità all’epoca dell’abuso e al momento di presentazione dell’istanza.

La sentenza riguarda un caso di abuso edilizio composto da diverse opere, in cui una sola tettoia illecita ha portato al diniego complessivo della sanatoria da parte del Comune in quanto contrastante con le Norme Tecniche Attuative del P.R.G. comunale, anche nei confronti delle restanti opere astrattamente sanabili con doppia conformità epocale.

Con il ricorso al TAR è stata accolta la richiesta di eliminare nel corso della procedura di sanatoria l’oggetto insanabile, scoperchiando la tettoia esistente per trasformarla in un pergolato leggero. In questo modo anch’esso sarebbe divenuto compatibile con la doppia conformità e restituito alla procedura di sanatoria edilizia la possibilità del buon esito, giustificando l’opera postuma sia per ragioni procedurali che di proporzionalità.

Lo scopo di effettuare opere postume all’istanza di sanatoria è quello di eliminare appunto quelle porzioni che risultano in contrasto ai requisiti di doppia conformità all’epoca di ultimazione e all’istanza stessa, potendo conformare l’opera insanabile congiuntamente o disgiuntamente ai due criteri di conformità.

Tuttavia il Comune, nel suo ricorso al Consiglio di Stato, ha argomentato che la doppia conformità richiesta dall’Accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/01 dovrebbe sussistere con opere già ultimate. Il Consiglio di Stato ha accolto la tesi del Comune, e ha ribadito che i requisiti di duplice conformità devono essere presenti già al momento della presentazione della domanda, respingendo l’idea di una conformità successiva alla realizzazione (stesso ragionamento va esteso alla doppia conformità prevista dalla SCIA in sanatoria ex art. 37 D.P.R. 380/01).

Infatti per il Consiglio di Stato l’accertamento di conformità ha ribadito «che non può essere subordinato alla realizzazione di ulteriori interventi edilizi che rendano l’abuso conforme agli strumenti urbanistici. Questa conformità deve infatti già sussistere precedentemente e non all’esito di una futura ed ulteriore attività da parte del richiedente. La cosiddetta “sanatoria condizionata”, caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati all’esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono, non è prevista dall’assetto normativo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto l’art. 36 si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati. La disciplina stabilisce che la “doppia conformità” debba sussistere sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Un eventuale permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni sarebbe in contrasto con tale disciplina normativa in quanto postulerebbe non la “doppia conformità” delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni» (vedi anche Cons. di Stato n. 8985/2023, n. 8713/2022 e n. 10317/2022).

VIDEO COMMENTO Sanatoria condizionata:

Ciò significa che resta immutato il principio fondamentale per cui le sanatorie edilizie si fanno a “mattoni fermi”, senza possibilità di ammettere opere postume o futuribili nel periodo intercorrente tra l’istanza e il teorico rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Significa che non è ammesso condizionare il rilascio del permesso in sanatoria ad opere edilizie concordate tra P.A. e soggetto richiedente, e tanto meno sottoforma di prescrizione impartita dal Comune.

Dello stesso tenore si esprime costantemente anche la Cassazione Penale, da ultimo con sentenze n. 32340/2023 e n. 16498/2021, affermando che:

  • non determina l’estinzione del reato edilizio di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e deve considerarsi illegittimo il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica (vedi anche Cass. Pen. n. 28666/2020, n. 51013/2015).
  • la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, non ammettendo termini o condizioni, deve riguardare l’intervento edilizio nel suo complesso e può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall’art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria “giurisprudenziale” o “impropria”, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica (vedi anche Cass. Pen. n. 47402/2014).

Lo stesso ragionamento di diniego di sanatoria vale anche per le opere non completate, cioè per quella situazione in cui l’intervento abusivo non abbia raggiunto la completezza: per esempio il caso in cui la sospensione lavori e accertamento dell’abuso è avvenuta in corso d’opera e prima dell’ultimazione.

Anche la sanatoria edilizia “giurisprudenziale, cioè con singola conformità alla disciplina urbanistico edilizia vigente al momento dell’istanza, è esclusa dall’ordinamento normativo e dalle prassi amministrative, per motivi analoghi.

Conclusioni e consigli

Effettivamente c’è una eccessiva rigidità nell’attuale procedura di sanatoria, e ciò costringe di fatto a rimuovere parti non conformi prima di presentare la domanda; ebbene sì, significare fare un abuso nell’abuso.

Nella bozza di riforma del Testo Unico Edilizia invece questo divieto risulta superabile, entro certi limiti e condizioni, chissà se e quando ci sarà un seguito.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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