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panorama urbanizzato

Obbligo di piano attuativo per edificazioni ad alta densità permane all’interno di tessuti urbanizzati in parte

In questa sede si esula dall’analizzare interamente cause e stato dell’arte circa le inchieste avviate dalla Procura della Repubblica di Milano per presunti abusi edilizi e di lottizzazione abusiva, in particolar modo per quelle fattispecie in cui interventi rilevanti risultino effettuati senza il preventivo piano particolareggiato, piano di lottizzazione o strumento attuativo. Alla data di oggi, 16 gennaio 2025, il provvedimento è stato approvato soltanto alla Camera, mentre è fermo per valutazioni in Commissione Ambiente al Senato, di cui si riporta il testo di seguito. Si coglie piuttosto l’occasione di esaminare un punto interessante che, secondo taluni, fornisce la base giustificatrice del cosiddetto provvedimento “Salva Milano”, ovvero gli obblighi imposti dal comma 6 dell’articolo 41-quinques della L. 1150/1942 (inserito dall’articolo 17 legge ponte n. 765/67), delle possibili applicazioni e le indicazioni fornite allora dalla Circolare Ministeriale LL.PP. n. 1501/1969. Tra i vari punti, la circolare prende in esame il ruolo dell’anzidetto comma 6, il quale stabilisce ancora che:

Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.

La stessa proposta di legge Salva Milano, e in particolare nella sua relazione illustrativa, contiene tra i fondamenti giustificativi la formazione di due orientamenti giurisprudenziali, uno dei quali risulterebbe coerente con la Circolare Ministero LL.PP. n. 1501/1969:

  • primo orientamento riteneva che la disposizione andasse interpretata in maniera restrittiva, con conseguente divieto di realizzazione di interventi eccedenti i citati limiti quantitativi in assenza del piano attuativo esteso all’intera zona, anche nelle ipotesi di ricostruzione di fabbricati da eseguire in zone già urbanizzate (Consiglio di Stato, sentenze n. 511 dell’8 giugno 1971, n. 881 del 16 dicembre 1973 e n. 369 del 22 aprile 1977);
  • secondo orientamento evidenziava invece che la disposizione prevede l’approvazione del piano particolareggiato o di lottizzazione solo in presenza di aree non urbanizzate, che quindi richiedono una pianificazione attuativa finalizzata a un loro armonico e ordinato sviluppo (Consiglio di Stato, sentenze n. 801 del 26 maggio 1976, n. 43 del 14 aprile 1978, n. 894 del 28 luglio 1978 e n. 7799 del 1° dicembre 2003; tribunale amministrativo regionale delle Marche, sentenza n. 9 del 2009, e tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sentenza n. 1149 del 2010)

Secondo la stessa relazione illustrativa, la Circolare Ministeriale n. 1501/1969 sembrerebbe porsi in continuità del secondo orientamento, emanata per fornire un supporto interpretativo ai fini dell’applicazione del citato articolo 41-quinques, sesto comma, della legge 1150/42. Tuttavia si tratta di una mera circolare ministeriale e pertanto priva di valore giurisprudenziale e tanto meno fonte normativa secondaria, anche se un uno strenuo meneghino “difensore” ha tentato di argomentare in senso contrario (sul valore delle circolari si rinvia più avanti).

Detto ciò, secondo alcuni autori giuristi, nonché i promotori del provvedimento “Salva-Milano”, il comma 6 dell’articolo 41-quinques L. 1150/42 avrebbe esaurito i propri effetti nel momento in cui il Comune si fosse dotato di uno strumento urbanistico generale posteriormente all’entrata in vigore del D.M. 1444/68. Purtroppo per costoro, la norma è stata ritenuta tuttora vigente ed efficace anche verso i Comuni dotati di PRG conforme al DM 1444/68 o adeguato ad esso: la riprova è che essa viene tutt’oggi menzionata e dibattuta in giurisprudenza amministrativa, e non emerge una sua scadenza. Caso mai si è di fronte ad una scomoda quanto necessaria clausola residuale inserita dalla legge ponte n. 765/67, la quale saggiamente fece il “processo all’intenzione” verso quelle realtà che intendevano trasformare il territorio con troppa scioltezza in dispregio alla qualità e armonico assetto del territorio: quel legislatore aveva visto fin troppo lontano. La critica piuttosto va rivolta ai successivi governi che hanno letteralmente parcheggiato la materia della pianificazione urbanistica e territoriale a data da destinarsi, lasciandola in mano alle Regioni senza una adeguata cabina di regia.

Sempre per alcuni “difensori” della norma Salva Milano, sul punto non sussiste un grave contrasto interpretativo giurisprudenziale, perché proprio sulla questione è intervenuto il chiarimento del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria n. 12 del 6 ottobre 1992 (richiamata in seguito anche da Cons. di Stato n. 2606/2001), la quale a sua volta menziona precedenti pronunce conformi quali Adunanza Plenaria n. 18 del 20 maggio 1980, oppure sentenze Consiglio di Stato n. 538/1990, n. 776/1990 e n. 446/1991. Si riporta l’integrale passaggio estrapolato dall’anzidetta sentenza di Consiglio di Stato n. 2606/2001:

La necessità del piano di lottizzazione ai fini del rilascio delle concessioni di costruzione ai fini del rilascio delle concessioni di lottizzazione, se esula dalle situazioni di zone completamente urbanizzate, sussiste non soltanto nelle ipotesi estreme di zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle, intermedie, di zone parzialmente urbanizzate, nelle quali si configuri un’esigenza di raccordo col preesistente aggregato abitativo o di potenziamento delle opere di urbanizzazione, tenendo presente che per escludere l’obbligo della lottizzazione deve essersi verificata una situazione di pressoché completa e razionale edificazione, tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo (Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 1985, n. 308; 7 maggio 1991, n. 712; 22 aprile 1992, n. 351; 7 gennaio 1999, n. 1).
I parametri indicativi di riferimento per verificare se ai fini del rilascio delle concessioni di costruzione è necessario il piano di lottizzazione, sono le caratteristiche  dell’intervento edilizio e della relativa area (lotto), nonché lo stato di urbanizzazione della porzione territoriale entro la quale l’insediamento viene a gravare, tenendo presente che quanto più l’intervento è rilevante per le dimensioni dell’edificio o degli edifici progettati, e quindi per il numero degli abitanti o per le attività da insediare, tanto più occorre tendenzialmente una preventiva pianificazione, senza che abbia rilievo esclusivo la circostanza che l’intervento riguardi  o meno un lotto intercluso (Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 1995, n. 162; 7 gennaio 1999, n. 1).
Difatti, la necessità del piano di lottizzazione si pone anche in termini di strumento di raccordo tra il nuovo insediamento ed il tessuto edilizio circostante.
Va anche sottolineato che le anzidette considerazioni valgono in linea generale.
Esse vanno sempre raffrontate con le prescrizioni urbanistiche vigenti nel comune, prescrizioni che esprimono le scelte pianificatorie degli enti deputati al governo del territorio. E tali prescrizioni, come chiarito al punto 3 della presente decisione, si oppongono alla tesi dell’appellante.

Il vero problema emerso da queste inchieste, caso mai, è di natura applicativa: si rendono necessarie dettagliate verifiche di adeguatezza delle dotazioni territoriali, standard urbanistici e urbanizzazioni varia, sia su scala generale dello strumento urbanistico, sia a livello di zona locale (locale quanto?). Ma soprattutto diviene gravoso distinguere tra casistiche di parziale e totale urbanizzazione, nonché la relativa adeguatezza: potrebbe presentarsi un’area completamente urbanizzata in cui le nuove funzioni e i nuovi abitanti da insediare potrebbero richiedere servizi e infrastrutture assenti nell’attuale assetto. In tutto questo baillame si è forse perso di vista il criterio cardinale introdotto dalla legge ponte n. 765/67: l’edificazione o la trasformazione edificatoria presuppone l’adeguatezza dell’urbanizzazione necessaria per garantire un livello minimo qualitativo. Facendo un minimo di attenzione, e con un briciolo di buon senso, tale rapporto traspare anche dal comma 2 dell’articolo 12 DPR 380/01, che subordina «comunque» il rilascio del permesso all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla loro realizzazione nei modi previsti dalla legge. Si deve aggiungere che il problema di Milano è esploso per le inchieste, ma non è l’unica realtà ad avere questo problema, ho assistito a casistiche analoghe verificatesi altrove.

Dell’inutilità della Circolare Ministeriale n. 1501/1969

Le tesi sostenitrici del Salva Milano si appoggiano anche alla Circolare Ministeriale LL.PP. 1501/1969, sulle quali sono stato solleticato da un veemente “difensore”: di nuovo, si rammenta che a più riprese la Cassazione [Cass n. 6185/2017], il Consiglio di Stato [sent. N. 567/2017] e addirittura la Corte Costituzionale [n. 33/2019] hanno ribadito che le circolari della Pubblica Amministrazione non vincolano cittadini né il giudice, non costituendo fonte di diritto, dovendosi limitare a fornire indicazioni utili agli uffici pubblici periferici per attuale la norma.

La Circolare fornisce una serie di indicazioni per distinguere le casistiche soggette o meno all’obbligo di preventivo piano particolareggiato, strumento attuativo o piano di lottizzazione per effettuare interventi ad alta densità abitativa, stabiliti dall’articolo 41-quinques c.6 L. 1150/42 in misura superiore a:

Nessuna interpretazione alternativa può essere tratta dalla Circolare Ministeriale n. 1501/1969: essa delinea un ambito di riferimento della disposizione alle sole zone di espansione, cioè destinate a nuovi interventi da insediare in aree prive di urbanizzazione, nelle quali pertanto l’attività edilizia può svilupparsi senza essere condizionata da preesistenti edificazioni. Infatti il vero problema riguarda la compatibilità tra i nuovi edifici (o l’incremento dei carichi urbanistici) e il tessuto insediativo preesistente (parzialmente o totalmente urbanizzato).

C’è chi ha bollato alcuni punti della Circolare come “fantasia ministeriale”, tale da configurare solo apparentemente come interpretazione “non autentica” della norma: le indicazioni contenute nella circolare illustravano una casistica di presunte esenzioni dall’obbligo di piano particolareggiato/attuativo, senza però trovare conforto nella disposizione normativa. Di fronte a incerte direttive di questo tenore, è stato affermata la preferenza di un criterio unitario (e restrittivo) in quanto più aderente al tenore legislativo e alle ben note esigenze di sviluppo armonico degli insediamenti. Premesso che l’interpretazione riduttiva della Circolare del 1969 è da ritenersi concettualmente e totalmente superata dal più complesso regime del Governo del territorio, e da una pesante sopravvenienza di norme e casi concreti, la disposizione normativa invece serve prevenire pregiudizi verso la qualità insediativa nelle zone già urbanizzate e quasi sature, e di impedire o contenere l’ulteriore compromissione e congestione della zona insediativa, a discapito della qualità di vita. In tal senso è stato emanato apposta il D.M. 1444/68, stabilendo comunque delle soglie minime fondamentali da rispettare in sede di formazione e revisione di ogni strumentazione urbanistica generale o di dettaglio. La Circolare n. 1501/1969 non coglie a supporto delle tesi “Pro Salva-Milano”, in quanto essa si riferisce invece ad aree caratterizzate da una «pressoché completa edificazione della zona», prevedendo comunque la necessità di mantenere o raggiungere un equilibrato assetto insediativo, mediante riordino e ridefinizione dell’assetto urbanistico di completamento della zona. A livello concettuale l’esclusione dall’obbligo di pianificazione attuativa dal lotto urbanisticamente intercluso risulta teoricamente applicabile in una precisa e residuale casistica, basata sulla puntuale dimostrazione di adeguata dotazione delle urbanizzazioni, pertanto non è possibile affermare in via generale l’esclusione della pianificazione attuativa in aree parzialmente urbanizzate. L’esigenza di un piano di attuativo, quale presupposto per il rilascio del titolo edilizio, s’impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (Cons. di Stato n. 3474/2024, 09/12/2020, n.7843; 27/03/2018, n.1906 e 21/08/2013, n.4200).

Per maggiori approfondimenti si segnala la giurisprudenza amministrativa consolidata in materia di esclusione o meno di piano attuativo (Consiglio di Stato n. 3474/2024, n. 2390/2020, n. 1398/2020, n. 2397/2018, n. 825/2018, n. 3256/2017, n. 1434/2016, n. 4200/2013, n. 3880/2013, n. 1177/2012).

DISEGNO DI LEGGE (approvato solo alla Camera)

Articolo 1.

1. Il primo comma dell’articolo 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si interpreta nel senso che l’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria nei casi di edificazione di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati, di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati e di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati, che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dall’articolo 41-quinquies, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, ferma restando l’osservanza della normativa tecnica per le costruzioni. Il numero 2) dell’articolo 8 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, si interpreta nel senso che l’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria nei casi di edificazione di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati, di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati e di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati, che determinino la creazione di altezze eccedenti l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti, ove ciò non contrasti con un interesse pubblico concreto e attuale al rispetto dei predetti limiti di altezza, accertato dall’amministrazione competente con provvedimento motivato, o comunque ove ciò sia previsto dagli strumenti urbanistici, e fermi restando l’osservanza della normativa tecnica per le costruzioni nonché il rispetto dei limiti di densità fondiaria di cui all’articolo 7 del medesimo decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.

2. Nei casi di cui al comma 1, restano fermi il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici, sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali, nonché il rispetto, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, della distanza minima tra fabbricati, derogabile tra fabbricati inseriti all’interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario.

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, la lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, fermo restando quanto disposto dal sesto periodo della medesima lettera d), si interpreta nel senso che rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi di totale o parziale demolizione e ricostruzione che portino alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le procedure abilitative e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.

4. Nei casi di cui al comma 3, resta fermo il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali.

5. Sono fatti salvi gli effetti dei provvedimenti attinenti ai procedimenti di cui ai commi 1 e 3 non più impugnabili ovvero confermati in via definitiva in sede giurisdizionale alla data di entrata in vigore della presente legge. Si applica, in ogni caso, la disposizione del comma 8.

6. L’applicazione delle disposizioni del presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

7. Resta ferma la disciplina del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

8. Al fine di escludere l’insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le disposizioni dell’articolo 2, comma 2, lettera c), secondo periodo, del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, in relazione alle costruzioni rientranti nella disciplina dell’articolo 41-quinquies, primo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si applicano esclusivamente alle spese sostenute per interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione di edifici per i quali risultino approvati, entro il 17 febbraio 2023, nelle forme previste dalla disciplina urbanistica applicabile, anche di livello regionale, i relativi piani attuativi, anche mediante piani di lottizzazione convenzionata, e risulti comprovata l’avvenuta presentazione, entro la data del 29 dicembre 2023, della richiesta del titolo abilitativo legittimante all’esecuzione dei lavori. Nei casi di cui al presente comma non si applica l’articolo 2-bis del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38.

9. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

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