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Il confine tra queste due categorie passa dalla differenza rinnovatrice e conservativa tra essi

In passato la principale differenza tra restauro e ristrutturazione era l’onerosità concessoria.

Ancora oggi è possibile incontrare difficoltà nella qualificazione dell’intervento edilizio sul patrimonio esistente, sopratutto quando la scelta comporta ulteriori adempimenti e aggravi in termini di #Burokrazia.

Con la riforma del Decreto ‘Scia 2’ le cose si sono complicate ulteriormente, in quanto è aumentata la differenziazione delle categorie di intervento.

Anzi, permettetemi di correggere: si è decisamente “raffinato” il grado di selezione e scelta di esse, per il quale il Legislatore ha decisamente svolto un ruolo di scrematura tale da ridurre al minimo i margini di incertezza nel qualificare l’intervento progettuale edilizio.

Ad esempio se prima del D.Lgs. 222/2016 (video bonus omaggio) avevamo solo una categoria di Restauro e risanamento conservativo, dopo tale riforma abbiamo il “Restauro pesante” e “Restauro leggero”, intendendo per pesante quello compiuto anche con opere strutturali e viceversa.

Per la Ristrutturazione edilizia invece è rimasto pressoché invariato il regime, restando ferme le due distinte ipotesi di ristrutturazione “pesante” ex art. 10 DPR 380/01 soggetta a Permesso di Costruire e, in via residuale, quella soggetta a SCIA (propongo un approfondimento nel video bonus).

Oggi come ieri, la differenza tra Ristrutturazione e restauro dove sta?

Al netto degli aspetti procedurali e regimi amministrativi connessi, cioè quelli di natura formale o burokratica, la differenza passa dalla sostanza.

Le definizioni delle categorie di intervento di restauro e risanamento conservativo, e di ristrutturazione edilizia, sono rispettivamente individuate dalle lettere C e D del comma 1 art. 3 del Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01, a cui si rinvia per specifica lettura. Certamente entrambe fanno riferimento all’organismo edilizio

In termini da bar, il restauro e risanamento conservativo è finalizzato a non snaturare/innovare le caratteristiche fisiche complessive dell’organismo edilizio.

La ristrutturazione edilizia, invece è propriamente volta a trasformare in tutto o in parte l’organismo edilizio.

In entrambe le definizioni, l’entità del cambiamento è incentrato non sulle singole opere, ma sull’organismo edilizio nel suo insieme.

Tuttavia, una valutazione complessiva deve comunque fare riferimento alla somma e sovrapposizione di singole opere.

Esiste il concreto rischio che la definizione di restauro e risanamento conservativo sia erroneamente stiracchiata come un elastico per potervi includere impropriamente opere e trasformazioni più attinenti alla ristrutturazione edilizia.

La qualificazione di restauro e risanamento conservativo è fondato sul rispetto e mantenimento degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio senza modifiche dell’identità, della struttura e della fisionomia dell’organismo edilizio, né ampliamento dei volumi e delle superfici, essendo esso diretto alla mera conservazione, mediante consolidamento , ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, dell’organismo edilizio esistente, ed alla restituzione della sua funzionalità. L’aumento di superficie o di volumetria comporta, al contrario, una trasformazione dell’edificio che necessita di permesso di costruire (Cons. Stato V n. 4851/2013, Cons. Stato V n. 431/2010, Cons. di Stato IV n. 3295/2004).

Prima di proseguire, video bonus gratuito

L’aumento di superficie e di volume è escluso dal restauro, e rientra nella ristrutturazione edilizia.

Questo concetto, confermato dal Consiglio di Stato, evidenzia a chiare lettere il confine passante tra restauro e ristrutturazione.

Da una parte è prefissato il mantenimento e conservazione dell’organismo, dall’altro il suo cambiamento verso una configurazione diversa.

Le dimensioni o i parametri basilari a cui riferirsi per individuare la configurazione edilizia di riferimento sono quelli di natura:

  • urbanistica (sagoma, volume, superfici);
  • strutturale e antisismica;
  • edilizia (caratteristiche tipologiche, formali, architettoniche e materiche);
  • funzionali (destinazione d’uso);

Sull’aspetto funzionale, proprio nella trascorsa estate 2017 il legislatore nazionale ha deciso, dopo i “rumors di Firenze“, di estendere la possibilità del mutamento di destinazione d’uso anche alla categoria del restauro e risanamento conservativo, con alcune condizioni.

Alla luce di quanto sopra. se mi è concesso usare un termine improprio, potremmo dire che il restauro e risanamento conservativo sono una sorta di ristrutturazione edilizia “ultraleggera”, ultima in classifica rispetto a quella cosiddetta “pesante” e “leggera”.

Il consiglio che si intende diffondere oggi è di fare attenzione a non far passare una ristrutturazione edilizia sotto le mentite spoglie di un restauro e risanamento conservativo.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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