Cambiamenti funzionali, sociali e tecnologici hanno svilito gli insediamenti antichi fino al degradoa
In attesa della normativa nazionale, alcune regioni hanno disciplinato la riqualificazione di certi ambiti territoriali
E’ singolare che la definizione di rigenerazione urbana sia menzionata ben quattro volte nel DPR 380/01, il Testo Unico Edilizia, tuttavia ad oggi non è definita in essa e neppure in una normativa quadro nazionale; nel mondo accademico e in altri contesti europei invece è assai nota questa modalità di intervento urbanistico.
Intanto rilevo che il significato di rigenerazione urbana è connotato dalle due distinte parole unite che stringono il cerchio dei possibili interventi rispetto alla tradizionale idea di “riqualificazione”. Per essere più chiari, la rigenerazione urbana rappresenta una particolare forma di riqualificazione e recupero del tessuto urbano esistente.
Per questi motivi vorrei aggiungere un mio modesto contributo a dipanare questa interessante tipologia di trasformazione urbana.
Definizione:
programma di riqualificazione di un ambito urbano, effettuato con un insieme sistematico di interventi urbanistici ed edilizi, da svolgersi nell’interesse collettivo, con finalità di recupero e miglioramento dello stato di degrado, dismessi o in corso di dismissione, nonchè al miglioramento della qualità di vita insediativa.
Questa lettura porta a circoscrivere la sua applicazione alle zone edificate e urbanizzate, in quanto lo scopo principale è fare un intervento in grado di dare beneficio ad un ambito urbano e alle aree circostanti. Ed ecco perchè la loro pianificazione e progettazione deve dimostrare con apposita valutazione le ricadute positive a livello di strumento urbanistico generale (Piano Regolatore Generale comunale, per capirsi).
Non esiste distinzione o esclusione in base alle destinazioni d’uso vigenti: la rigenerazione urbana può coinvolgere ambiti urbani residenziali, produttivi e di qualsiasi funzione attiva o dismessa.
Infatti gli interventi di rigenerazione urbana devono contemplare (e tutelare) molti aspetti relativi all’interesse collettivo, ad esempio:
- la sostenibilità ambientale, energetica e tutela paesaggistica
- contenimento del consumo e impermeabilizzazione dei suoli
- condizioni ed effetti sul tessuto economico e sociale
- riorganizzazione funzionale e planivolumetrica del patrimonio edilizio esistente
- recupero e riqualificazione di aree degradate, dismesse o abbandonate;
- riqualificare o potenziale l’urbanizzazione e dotazioni territoriali, le connessioni e la mobilità del contesto
- utilizzare strumenti di perequazione e compensazione urbanistica
- coinvolgere le parti sociali con forme di partecipazione
- prevedere eventuali forme di premialità o incentivi volumetrici, coinvolgendo anche soggetti pubblici e privati
- modalità di attuazione tramite forme giuridiche di convenzioni e urbanistica negoziata
- eccetera…
A qualcuno potrebbe venire in mente di inquadrarla come una particolare sottocategoria di “ristrutturazione urbanistica“, prevista dall’art. 3 comma 1 lettera f del DPR 380/01, e assoggettata al Permesso di Costruire nel relativo articolo 10 c.1; tuttavia sono evidenti le differenze oggettive e di finalità, che portano a escludere un possibile accostamento.
Diciamo pure che il Testo Unico DPR 380/01 menziona la rigenerazione urbana in quattro distinti articoli, ma l’assenza di una legge quadro nazionale ne rende difficile l’applicazione, rinviandola di fatto alle eventuali norme regionali:
- incrementi di volumetria, previsti nella definizione di “ristrutturazione edilizia” (art. 3 comma 1 lettera d);
- permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici (art. 14 comma 1-bis)
- riduzione o esonero dal contributo di costruzione (art. 17 comma 4-bis)
- usi temporanei (art. 23-quater)
A livello nazionale il TUE e la normativa non hanno ancora disciplinato complessivamente la rigenerazione urbana, tuttavia molte regioni hanno avviato e maturato diverse esperienze in questo ambito.
Per esempio la Regione Toscana ha disciplinato la rigenerazione urbana nella propria legge regionale n. 65/2014 sul governo del territorio con l’art. 122 e seguenti, istituendo procedure e misure premiali per promuovere tali interventi.
La Regione Lazio invece ha disciplinato la materia con apposita legge regionale n. 7/2017, provvedendo a coordinarla con la propria disciplina edilizia e urbanistica.
Posso concludere auspicando un intervento del legislatore nazionale, magari all’interno di un più ampio Codice dell’urbanistica e del governo del territorio, perchè molte parti delle nostre periferie richiedono interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana. E il superbonus non è sufficiente per questi tipi di priorità e scale di intervento.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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