Regolamento Edilizio Tipo stabilisce che sporti inferiori a 1,50 metri non rientrano in sagoma dell'edificio
Come mantenere le distanze legittimate negli interventi ricostruttivi integrali anche fuori sagoma di partenza
Sono assai ristretti i margini per demolire e ricostruire edifici mantenendo la sagoma preesistente e legittimata, e soprattutto in pochi casi di incremento volumetrico (ammessi soltanto qualora previsti come incentivi premiali), sulla base dell’articolo 2-bis comma 1-ter D.P.R. 380/01 come riformulato dal D.L. 76/2020.
Gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti modifiche di sagoma o delle volumetrie in queste zone possono trovare difficoltà a rispettare le più severe distanze minime sopravvenute: la conformazione dei lotti edificati e delle volumetrie potrebbe non consentire modifiche di sedime e sagoma degli edifici con le distanze vigenti. Questa limitazione potrebbe avvenire non solo in senso planimetrico, ma anche altimetrico, perchè “compressa” dalle rispettive distanze legali minime dagli edifici e confini adiacenti.
Ci tengo a sottolineare che il tema delle distanze legali tra edifici riguarda sempre un doppio profilo civilistico e amministrativo: il primo regola i rapporti tra vicini confinanti, il secondo regola il rapporto pubblicistico tra cittadino e Pubblica Amministrazione. Il più particolare dei problemi è rispettare la ben nota distanza minima di dieci metri tra costruzioni, prevista dal D.M. 1444/68, salvo quelle più restrittive previste da regolamenti edilizi e piani regolatori comunali.
Indice
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Principi generali sulle distanze tra costruzioni
Si rammenta il principio fondamentale valevole per le distanze tra costruzioni: l’art. 9 comma 2 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, essendo stato emanato su delega dell’art. 41 quinquies Legge 1150/42, aggiunto dall’art. 17 n. 765/1965, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica (Cassazione Civile n. 12751/2023, n. 624/2021, n. 14953/2011).
Ai fini civilistici è importante fare una distinzione riguardante la sopravvenienza di normative più favorevoli o diverse in tema di distanze legali:
Secondo la costante interpretazione giurisprudenziale in materia di distanze nelle costruzioni, infatti, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida – salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimità della costruzione – il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive (tra le tante Cass. Civile n. 12751/2023, n. 2640/2021, n. 18119/2013).
In altre parole il sopravvenire della disciplina normativa meno restrittiva comporta che l’edificio in contrasto con la regolamentazione in vigore al momento della sua ultimazione, ma conforme alla nuova, non possa più essere ritenuto illegittimo, cosicché il confinante non può pretendere l’abbattimento o, comunque, la riduzione alle dimensioni previste dalle norme vigenti al momento della sua costruzione.
Distanze legittimamente preesistenti e abusività
Sul punto avevo già scritto un post sulla rilevanza degli abusi edilizi nelle distanze tra costruzioni, e quali criteri applicare ai fini civilistici e amministrativi.
L’articolo 2-bis comma 1-ter D.P.R. 380/01, in via generale prevede che la demolizione e ricostruzione di edifici preesistenti da altri immobili in deroga alle sopravvenute distanze vigenti è consentita purché l’edificio oggetto dell’intervento edilizio fosse stato in origine legittimamente realizzato (situazione che non legittimerebbe l’edificazione ex novo). Sul punto richiamo anche la Circolare Mit 2 Dicembre 2020, utile per una comprensione generale.
La prima condizione da tenere presente, in base al tenore letterale della norma, è essenziale accertare l’effettiva legittimità della costruzione (Stato Legittimo dell’immobile art. 9-bis c.1-bis DPR 380/01); senza regolarità dell’edificio o relative porzioni, sembrerebbe non applicabile la semplificazione offerta dal D.L. 76/2020, e le parti abusive sarebbero escluse dal beneficio:
1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela.
Non posso sottacere che esiste una consolidata giurisprudenza formatasi prima di questa modifica normativa, che impone il calcolo delle distanze legali anche in presenza di manufatti abusivi circostanti e di proprietà altrui:
139. Invero, ragionando a contrario, l’accennata finalità della disciplina sulle distanze verrebbe ad essere sostanzialmente vanificata, posto che il mancato rispetto delle distanze da un fabbricato, nonostante il carattere abusivo dello stesso, porta di fatto a quel disordinato svilupparsi dell’attività edilizia ed al formarsi di intercapedini insalubri che l’ordinamento vuole evitare (cfr. Cons. Stato, Sezione IV, 5 febbraio 2018, n. 702).
140. Ovviamente, l’Amministrazione comunale deve senza indugio emanare i provvedimenti sanzionatori, volti se del caso alla rimozione delle opere che risultino abusive (anche su sollecitazione proprio del vicino): fin quando però i manufatti abusivi continuino ad esistere, di essi si deve tenere conto ai fini della verifica in ordine alle distanze che devono essere osservate tra le costruzioni (cfr. ex multis Cons. Stato, Sezione VI, 7 giugno 2021, n. 4307 e 11 luglio 2018, n. 4229, Sezione V, 6 novembre 1992, n. 1174).
Il comma 1-ter intende affermare una cosa molto chiara:
ciò che è stato costruito con regolari titoli abilitativi in periodi in cui le distanze legali erano diverse da quelle vigenti, ha diritto a essere ricostruito dove era, e come era.
Demolire e ricostruire un edificio esistente mantenendo le distanze attuali adesso è possibile, a certe condizioni.
Ripercorriamo la storia normativa di questa particolare deroga semplificata nelle distanze tra costruzioni
Per arrivare al consolidamento della disciplina vigente, come novellata da ultimo dal D.L. 76/2020, si sono dovuti attendere diverse norme correttive e molta giurisprudenza. A tale scopo riprendo alcuni passaggi spiegati bene dalla sentenza di Cassazione Civile n. 12751/2023.
2.7. Innanzitutto, la nozione di ricostruzione di un edificio, in passato, era individuata in un intervento che fosse contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma e area di sedime dell’edificio. Le eventuali eccedenze invece andavano considerate come nuova costruzione. Da ciò discendeva, in tema di distanze, che le nuove costruzioni dovevano essere soggette alle distanze legali, mentre per le ricostruzioni le distanze erano quelle previste per l’edificio originario (in tal senso Cass. Civ., Sez. II n. 473/2019).
2.8. Tale distinzione si basava su una serie di disposizioni, a partire dall’art. 31, comma 1, lett. d), della legge n. 457/1987 (rectius, 1978), per passare poi all’art. 3, comma 1, lett. d), del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380), il quale, nella sua formulazione originaria, prevedeva che “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”. Basandosi su tale norma, la giurisprudenza ha quindi ripetutamente ribadito che si ha ricostruzione, che segue le sorti dell’edificio preesistente, quando ci si contenga nei limiti di sagoma, volumi, area di sedime di quest’ultimo, si ha nuova costruzione per ciò che eccede (ex multis Cass. Civ, Sez. II, n. 15041/2018).
2.9. Il D.L. 69/2013 ha novellato l’art.3 del T.U dell’edilizia, comprendendo, nell’ambito della ristrutturazione edilizia gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. Nella nuova formulazione, per aversi una ricostruzione bastava dunque rispettare la volumetria originaria, senza necessità di rispettare la sagoma.
2.10. Il D.L. 32/2019, convertito nella L. 55/2019, è intervenuto sul tema delle distanze per le costruzioni al fine di semplificare e velocizzare i procedimenti sottesi alla realizzazione degli interventi edilizi di rigenerazione del tessuto edificatorio nelle aree urbane.
2.11. In questo quadro, la L. 55/2019 ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. 1444/1968, che prevedeva limiti inderogabili “di distanza tra i fabbricati”, tali da vincolare i comuni nell’adozione degli strumenti urbanistici e tali da poter essere invocati, previa disapplicazione dello strumento urbanistico eventualmente difforme, nelle controversie tra privati.
2.12. I cambiamenti al D.M. n. 1444/1968 sono in concreto intervenuti mediante le modifiche apportate dal D.L. n. 32/2019 all’art.2 bis del TU edilizia, con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a Regioni e Province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali.
2.13. Il D.L. n.32/2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis :
“1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.”
1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.”
2.14. Discende da quanto sopra delineato che con le modifiche apportate dall’art.5 del D.L. n. 32/2019, all’art. 2 bis del TU edilizia, la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici.
2.15. Dette previsioni non consentivano quindi l’aumento di volumetria e le leggi regionali in contrasto con la legge statale sono state dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale in tutte le occasioni in cui è stata adita.
2.16. E’ utile ricordare la sentenza della Corte Costituzionale n. 30/2020, che, pronunciandosi sulla legittimità dell’art. 9, comma 8 bis della Legge Regionale Veneto n. 14/2009, la quale consentiva deroghe alle altezze dei fabbricati, ha ribadito l’inderogabilità delle norme sulle distanze previste dall’art.9 D.M.1444/68.
2.17. La Corte Costituzionale è nuovamente intervenuta con la sentenza n. 70/2020 per dichiarare costituzionalmente illegittime le previsioni della Legge Regionale Puglia n. 5/2019 (Piano Casa Puglia) che consentiva, in caso di demolizione e ricostruzione un aumento volumetrico. Con tale decisione, ribadendo il suo consolidato orientamento ( tra le tante Corte Cost n.86/2019; Corte Cost. 125/2017), il giudice delle leggi ha ribadito, sulla base dell’art.2 bis del D.L.32/2019, l’inderogabilità delle norme statali, in quanto necessarie a offrire una protezione unitaria su tutto il territorio nazionale in relazione alle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza.
2.18. Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, nelle prime applicazioni delle modifiche apportate dall’art. 5 del D.L. 32/2019 all’art.2 bis del TU Edilizia, ha affermato che la demolizione e ricostruzione di un fabbricato è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo; in caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai Comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici (Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, n. 6282 in fattispecie antecedente al S.L. N.76/2020, convertito nella L. n.120/2020, che ha ulteriormente modificato l’art.2 bis del TU Edilizia).
2.19. Al fine di allargare l’ambito degli interventi di ristrutturazione e riqualificazione urbana, senza incorrere nel rilievo di incostituzionalità, il legislatore è nuovamente intervenuto sul Testo Unico dell’Edilizia.
2.20. L’art.10 del D. L. 16.7.2020 n. 76 convertito con modificazioni dalla L.11.9.2020 n.120 ha inciso profondamente sulla struttura del DPR 6.6.2001, n.380 attraverso una serie di interventi puntuali, aventi come finalità l’esigenza di “semplificare e accelerare le procedure edilizie, di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo del suolo”.
2.21. Le singole previsioni del decreto sono intervenute su specifici profili della disciplina edilizia, con l’obiettivo pratico di fornire strumenti normativi favorevoli alla rigenerazione dei tessuti urbani.
2.22. Secondo autorevole dottrina, con il decreto semplificazioni, il legislatore statale ha compiuto una “manutenzione straordinaria del Testo Unico dell’Edilizia”, proseguendo nel percorso intrapreso con il “decreto sblocca-cantieri” del 2019, che, pur avendo indicato una serie di obiettivi ritenuti prioritari nella rigenerazione urbana, era intervenuto soprattutto in materia di distanza tra costruzioni con previsioni che non avevano superato il vaglio di costituzionalità.
2.23. Proprio in tema di distanze tra gli edifici, la novità introdotta dalla L. 120/2020 è proprio la rivisitazione del concetto di “ristrutturazione edilizia” ( art.3, comma 1 lett. d del DPR 380/2001) ed il suo conseguente coordinamento con la definizione di “manutenzione straordinaria” ( art.3, comma 1, lett. b) del DPR 380/2001). In tal senso sono orientate le norme in tema di demolizione- ricostruzione, che costituiscono il fulcro della normativa inserita con la L.120/2020.
2.24. Ai sensi dell’art.3, lettera d) costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. La norma prosegue affermando che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. Inoltre, al solo fine di promuovere interventi di rigenerazione urbana, sono ammessi incrementi di volumetria, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali.
2.25. Con le modifiche apportate dall’art.3, lett. d), gli interventi di ristrutturazione possono, quindi, consistere anche in demolizioni e ricostruzioni in cui, rispetto all’edificio originario mutino la sagoma, i prospetti , il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. In tali casi, l’intervento deve mantenersi rispettoso unicamente del volume preesistente, con possibilità di formazione di un manufatto tipologicamente anche radicalmente diverso dal preesistente.
2.26. Quando, invece, “ la legislazione vigente o gli strumenti comunali lo consentano”, sono ammessi incrementi di volumetria “anche per interventi di rigenerazione urbana”.
2.27. Questa flessibilità derogatoria non è ammessa né per gli edifici tutelati, per le zone A (o come diversamente definite dalle leggi regionali) così come nei “centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico”, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici. In tali ipotesi, la ricostruzione ed il ripristino degli edifici crollati o demoliti deve mantenersi fedele all’esistente, ossia deve rispettare non solo il volume ma anche la sagoma, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio demolito, senza possibilità di incrementi volumetrici.
2.28. E’ stato osservato in dottrina che gli interventi di ristrutturazione edilizia sarebbero fortemente penalizzati qualora dovessero rispettarsi anche per i nuovi edifici le distanze tra costruzioni previste dall’art.9 del D.M. 1444/68 nell’ambito di interventi di rigenerazione urbana che abbiano come fine un nuovo modello di città “urbana” e lo sviluppo del territorio.
2.29. Le criticità emerse con il c.d “Decreto del Fare” (D. L. 69/2013) e con il “Decreto Sbloccacantieri” (L.55/2019) sono state, quindi, superate con il nuovo testo dell’art.2 bis, comma 1 ter, che consente di sfruttare gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti.
2.30. Ne è seguita la modifica dell’art.2 bis, comma 1 ter del Testo Unico dell’Edilizia, da parte della L.120/2020, che, nel nuovo testo, così recita: “in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione e’ comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti”
2.31. La norma introduce il principio secondo cui ogni intervento di demolizione-ricostruzione, nel contesto di un intervento unitario, indipendentemente dalla qualificazione come ristrutturazione o nuova costruzione (“in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici”), può essere realizzato sulla linea di confine del fabbricato demolito, anche ove quest’ultimo risulti “legittimamente” posto ad una distanza da fabbricati e da confini inferiore da quelle attualmente previste. La norma prosegue indicando la possibilità che anche eventuali “incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti all’intervento” possano essere collocati sul filo dell’edificio preesistente, anche fuori della sagoma e con superamento dell’altezza del manufatto demolito.
2.32. Così ricostruito il quadro normativo in relazione allo ius superveniens, nel caso di specie, la normativa sopravvenuta non incide sulla fattispecie in esame, in cui il fabbricato ricostruito è diverso dal preesistente manufatto per “forma , altezza e superficie “ (pag.11 della sentenza impugnata) e l’intervento costruttivo non rientra nel regime derogatorio previsto dall’art.3 lettera d), ovvero per promuovere un intervento di rigenerazione urbana.
2.33. Si tratta di costruzione realizzata dal privato in violazione dell’art.9 del D.M.1944/68, in ragione dell’entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, che rendevano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente. L’opera aumentava il volume e modificava la sagoma dell’edificio demolito, senza rispettare le distanze preesistenti, e cioè di quelle conformi alla normativa vigente al momento in cui è stato realizzato l’intervento originario (Cassazione civile sez. II, 24/06/2022, n. 20428; Cass. Civ., Sez. II, 14.4.2022, n. 12196).
2.34. L’intervento costruttivo è avvenuto in assenza di alcun intervento di pianificazione urbanistica, che legittimasse l’aumento di volumetria.
2.35. La normativa introdotta sulle distanze dalla L. 120/2020 è coerente con il perseguimento dell’interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile e dal D.M.1444/68.
2.36. Allo stato attuale della normativa, in ogni caso di demolizione con ricostruzione – e quindi anche in presenza di aumento di volumetria nei casi consentiti dall’art. 3, lett. d) del TUE – la costruzione deve rispettare le distanze preesistenti.
2.37. Come chiarito anche dalla relazione ministeriale al decreto semplificazioni (D.L. n. 76 del 2020), l’art. 2, comma 1-ter, ha rimosso il vincolo del medesimo sedime e della medesima sagoma ma solo per gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione disciplinati da un piano urbanistico che preveda un programma di rigenerazione urbana, nella specie non sussistente.
Questione incentivi volumetrici, quando applicabile la deroga
Un punto fermo adesso lo abbiamo: è possibile ricostruire il manufatto dove era e come era, cioè con medesima sagoma, sedime, altezza e volumetria. Si è detto anche nell’apposito corso online che puoi acquistare sulla Academy Realexpert. Il problema nasce quando sono ammessi a vario titolo incrementi di volumetria che fuori escono dalla sagoma preesistente alla demolizione totale. Ovviamente, il tutto risulta condizionato dal fatto che tali distanze minori rispetto a quelle vigenti siano legittimate, perchè in caso di difformità e abusi si presentano problemi.
Vorrei anche sollevare un altro tipo di errore comune, dovuto dall’errato coordinamento tra il comma 1-ter dell’articolo 2-bis TUE, e il comma 1 lettera d) articolo 3 TUE: nei due commi la demolizione e ricostruzione è trattata rispettivamente in ambito delle distanze (il primo) e di ristrutturazione (il secondo), ma le definizioni divergono per alcune apparenti lievi sfumature, aventi invece notevole incidenza di significato.
Entriamo nella questione incentivi volumetrici, gli unici incrementi volumetrici ammessi alla loro realizzazione “per la prima volta”.
Intanto anche la Circolare MIT 2 dicembre 2020 circoscrive da subito l’ambito degli incrementi volumetrici realizzabili al di fuori della preesistente sagoma legittimata, mantenendo le distanze preesistenti:
Il secondo periodo, poi, aggiunge che in questi casi sono consentiti gli “incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento”, anche fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, purché sia sempre rispettata la distanza preesistente. In considerazione del suo tenore letterale, questa previsione deve intendersi come riferita non a qualsiasi incremento volumetrico, che possa accompagnare l’intervento di demolizione e ricostruzione, ma solo a quelli aventi carattere di “incentivo”, ad esempio perché attribuiti in forza di norme di “piano casa” ovvero aventi natura premiale per interventi di riqualificazione.
Se il legislatore avesse scritto “incremento volumetrico” al posto di incentivo volumetrico, avrebbe riesumato una sorta di diritto acquisito a sopraelevare ed ampliare edifici secondo un regime ormai abrogato e sostituito da altre norme più restrittive. Alla faccia della disparità di trattamento rispetto a chi costruisce una nuova costruzione.
In verità l’incentivo volumetrico ha significato diverso, e consiste in un vero “do ut des” urbanistico:
Lo speciale incremento volumetrico è riconosciuto soltanto in cambio di un risultato misurabile in termini prestazionali, espressamente previsto da apposite disposizioni normative o regolamentari (anche dal Piano Regolatore Comunale, volendo).
Per il suo carattere premiale e derogatorio, la norma sull’incentivo volumetrico fuori sagoma è da intendersi di stretta interpretazione, così da escludere margini per applicazioni analogiche.
Tra questi vi rientrano gli incentivi o bonus volumetrici specificatamente previsti dal Piano Casa (ormai in corso di esaurimento), di Rigenerazione urbana, Protocollo Itaca, o similarmente previste da quelle legislazioni regionali che condizionano incrementi volumetrici “una tantum” come premio per raggiungimento di particolari risultati o livelli prestazionali superiori al requisito minimo previsto dalle norme in vigore. Tra i più ricorrenti vi sono gli obbiettivi di riqualificazione energetica e sismica.
E’ evidente che la disposizione richiamata del comma 1-ter art. 2-bis T.U.E. riguarda specificamente gli interventi di demolizione e ricostruzione, dei quali, con insindacabile opzione legislativa, si è inteso agevolare la realizzazione ai fini della riqualificazione del patrimonio edilizio (Cons. di Stato n. 1056/2022).
Tutto questo per dire che non è stata liberalizzato il DM 1444/68 nelle ricostruzioni degli edifici, bensì è stata concessa una piccola briciola da valutare con adeguata attenzione.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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