Le due definizioni normative convivono insieme, ma indipendenti l’una dall’altra, almeno in apparenza
Le tecniche di rappresentazione utilizzate in passato possono creare difficoltà di lettura grafica con l’attuale impianto normativo
Alcuni decenni fa gli elaborati grafici da presentare per le pratiche urbanistiche avevano una rappresentazione semplificata e schematica.
Andando a verificare l’esatta consistenza di un immobile, e soprattutto la sua legittimità, si va a visionare pratiche edilizie di vecchia data. Osservando gli elaborati progettuali, planimetrie e documenti allegati si rimane stupefatti nel constatare di quanto era semplice per l’epoca edificare ogni tipo di costruzione.
Era frequente la prassi di depositare in comune piante e sezione “tipo” per ottenere la licenza ad edificare, che altro non erano piante schematiche valevoli per tutti i piani. Il palazzo spesso veniva ultimato senza depositare quella che oggi è pacificamente definita e normata “variante finale”, ovvero l’ultima rappresentazione grafica contestuale alla fine del cantiere.
Oltre alla prassi della “pianta tipo” c’era un determinato livello standard praticato nella rappresentazione degli elaborati in genere: gli elementi figurativi e geometrici degli immobili erano rappresentati in un certo modo, più semplificato e a volte riduttivo; è anche vero che ci sono delle pratiche edilizie fatte da professionisti preparatissimi che sono veri capolavori, se consideriamo che lavoravano a tecnigrafo ed eliocopia.
Dal nostro punto di vista, ormai assuefatti a render iperealistici, rilievi laser scanner 3D e tante altre tecnologie, quelle rappresentazioni potrebbero apparire veramente minimali.
Quando oggi si procede ad effettuare ricerche e accertamenti, quegli elaborati grafici li dobbiamo nostro malgrado esaminare in base alle norme e modalità vigenti, e la comparazione diventa ardua se non capziosa.
Non è infatti possibile poter raffrontare due metodi di rappresentazione distanti circa cinquant’anni, soprattutto allo scopo di ricercare la legittimazione urbanistica con le attuali norme.
Sono due mondi di rappresentazione completamente differenti.
Tale situazione crea le condizioni in cui determinate piante urbanistiche abbiano una rappresentazione grafica insufficiente per dimostrare la piena conformità di un immobile; questo aspetto emerge spesso nelle pratiche del primo condono edilizio L. 47/85, dove in buona parte lo stato attuale veniva ricalcato con la penna a china sui disegni delle più datate licenze edilizie.
Ed ecco per cui si ha esigenza di sostituire le tavole di rappresentazione grafica contenuti o rilasciate assieme ai Condoni edilizi, tramite la procedura di rettifica degli elaborati per esatta rappresentazione grafica.
Il requisito necessario è che la rappresentazione che andiamo a sostituire sia coerente e aderente all’abuso oggetto di condono e non contrasti con lo stato legittimo dell’immobile desumibile da documentazione fotografica e altri elaborati di corredo, altrimenti sarebbe fin troppo facile alterare la consistenza condonata.
Alcuni grandi città hanno normato e formalizzato la procedura di rettifica dei condoni edilizi, Firenze ad esempio è tra queste.
Per mia esperienza ho constatato che il procedimento di rettifica si svolge in due tempi:
- valutazione congruenza tra tavole sostitutive e Condono già rilasciato;
- in caso di valutazione positiva, avvio e conclusione della rettifica;
Chissà se in futuro ci verrà richiesto di rettificare gli elaborati grafici alla luce di nuove tecnologie.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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