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Scissa in due questa categoria d’intervento in base alle opere strutturali o meno.

Col D.Lgs. 222/2016 il Restauro e risanamento conservativo ha subito una storica modifica rispetto al suo ingresso con la L. 457/78.

Il Decreto ‘Scia 2’, cioè il D.Lgs. n. 222/2016 ha innovato una serie di regimi amministrativi nell’edilizia, ne parliamo molto nel Corso online che puoi acquistare da qui: Catalogo Video corsi.

In sostanza con le modifiche del cosiddetto Decreto ‘Scia 2’ questa categoria di intervento è stata sdoppiata in due, distinte dallo spartiacque dell’interessamento delle opere strutturali o meno.

A tale deduzione ci si arriva in forma espressa e in forma implicita, proprio come le equazioni matematiche.

Forma implicita, cioè nel Testo Unico post SCIA 2.

Dopo l’entrata in efficacia (non in vigore, ndr) del suddetto D.Lgs. 222/2016 (30 giugno 2017), il Testo Unico per l’edilizia D.P.R. 380/01 dispone all’art. 3 comma 1 lettera C la descrizione della categoria di intervento.

Essa comprende le modifiche apportate pochi giorni prima dalla L. 96/2017, che ha tentato (maldestramente) di rendere più facile il mutamento di destinazione d’uso con essa, forse nell’incauto e inefficace tentativo di tamponare la questione Tornabuoni emersa con la sentenza di Cassazione Penale n. 6873/2017.

c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; 

Infine all’art. 22 comma 1 lettera B, modificato anch’esso dal Decreto ‘Scia 2’, ha subordinato alla Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) il restauro e risanamento conservativo nell’ipotesi che tale intervento coinvolgesse le parti strutturali dell’edificio:

b) gli interventi di restauro e di  risanamento  conservativo  di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le  parti strutturali dell’edificio;

Quindi, applicando il nuovo regime di residualità proprio del D.Lgs. 222/2016, gli interventi di Restauro e Risanamento conservativo non riguardanti le opere strutturali ricadono in CILA.

Forma esplicita, cioè nell’Allegato del Decreto Lgs. 222/2016.

Il legislatore, nella riforma dei regimi amministrativi per le pratiche edilizie ha ritenuto (saggiamente) opportuno produrre una tabella sinottica di chiara leggibilità onde evitare incertezze, terreno fertile di contenziosi.

Alla voce n. 5 e 6 di questo Allegato sono espressamente separate le definizioni di Restauro e risanamento conservativo, nelle quali la differenza delle rispettive versioni è appunto la presenza o meno della frase «qualora riguardino parti strutturali degli edifici».

All’interno della stessa tabella, nelle colonne accanto alle descrizioni, è espressamente riportato anche il regime amministrativo da applicare.
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Restauro e Risanamento Conservativo, pratiche edilizie necessarie.

In questo caso è molto semplice proprio perchè la stessa tabella contenuta nell’Allegato del D.Lgs. 222/2016 dispone che il Restauro e risanamento conservativo sia assoggettato come segue:

In conclusione, con le modifiche apportate da questo decreto la categoria di intervento del Restauro e Risanamento conservativo risulta sdoppiata in due tronconi contraddistinti dall’interessamento delle parti strutturali.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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