La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
L’aumento del carico urbanistico obbliga la dotazione di parcheggi privati come nelle nuove costruzioni
Nella nozione di nuova costruzione ex articolo 41-sexies L. 1150/42 non rientrano gli interventi di ristrutturazione comportanti aumento di carico urbanistico.
Mi è capitato di riscontrare pratiche edilizie, magari effettuate con DIA/SCIA con cui venivano frazionati appartamenti esistenti per aumentarne il numero, senza opere edilizie e modifiche di sagoma planivolumetrica, tuttavia sprovvisti di parcheggi privati per le nuove unità immobiliari derivate.
La norma di riferimento è l‘art. 41-sexies della L. 1150/42 che impone nelle nuove costruzioni la dotazione minima di spazi per parcheggi privati in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di edificio.
Quest’articolo fu introdotto con la Legge “Ponte” n. 765/1967 e prevedeva una quantità minima ridotta pari a un metro quadrato per ogni venti metri cubi, quantità elevata nella misura attuale dalla successiva Legge Tognoli n. 122/89.
L’intento del legislatore era quello di incrementare gli scarsi standard urbanistici relativi al parcamento, imponendo l’onere di dotare di parcheggi privati in capo a chi realizzava nuove costruzioni.
Il concetto di “nuova costruzione” impostato nel 1967 in via letterale era riferito alla realizzazione di nuovi volumi, quando ancora il settore della pianificazione urbanistica non ragionava in termini più raffinati di “carico urbanistico“.
Se ci pensiamo bene il contesto normativo era inquadrato al 1967, c’era la licenza edilizia come unico titolo edilizio e non onerosa; il nuovo regime concessorio di edificabilità dei suoli si sarebbe materializzato esattamente dieci anni dopo con la Legge “Bucalossi” n. 10/1977, norma che segnò marcatamente l’affermazione del principio di carico urbanistico, che si è evoluto e raffinato col passare del tempo.
Le attività edilizie comportanti aumento di volume, superficie e di unità immobiliari implicano aumento di carico urbanistico legato al proporzionale incremento dell’esigenze d’utilizzo.
Con l’entrata in vigore della L. 10/77 “Bucalossi” e la successiva L. 457/78 per interventi sul patrimonio edilizio esistente, il concetto di aumento di carico urbanistico entra a far parte dell’attività pianificatoria urbanistica e di edilizia privata.
Ciò ha avuto immediate conseguenze anche sul piano della dotazione dei parcheggi privati in caso di ristrutturazione edilizia.
Col passare del tempo infatti anche gli interventi edilizi sul patrimonio edilizio esistente, qualora comportanti aumento di carico urbanistico, sono assoggettati a reperire idonei spazi a parcheggio; questo però solamente a partire da pochi anni, e non dalla prima applicazione della Legge Ponte.
In questo senso la giurisprudenza ha statuito che l’art. 41-sexies trova applicazione anche per le ristrutturazioni ricostruttive comportanti aumento del carico urbanistico.
Ad esempio alcune sentenze utili per la comprensione della materia: Cons. Stato IV n. 4842/2007, Cons. Stato VI n. 1995/2013, Cass. Civ. II. 5741/2008.
L’entità di una ristrutturazione apportante modifiche tali da rendere complessivamente e oggettivamente l’opera realizzata assai diversa da quella originaria, comporta l’applicazione del reperimento dei parcheggi; conseguentemente tale intervento viene equiparato alla nozione di “nuova costruzione” come prevista dall’art. 41-sexies L. 1150/42.
Nello stesso senso anche Cons. Stato n. 5444/2014 che annovera nella nozione di nuova costruzione ex art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 anche gli interventi di ristrutturazione “sostanziale” che, anche in ragione dell’entità delle modifiche apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendono l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente.
Sul versante opposto l’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto prevede che la previsione minima di parcheggi privati non si applica a qualsiasi intervento edilizio, bensì esclusivamente a quelli rientranti nella nozione di “nuova costruzione” nella quale, invece, non possono farsi rientrare gli interventi di ristrutturazione ricadenti in un ambito territoriale disciplinato da un piano di recupero (cfr. Consiglio di Stato n. 5503/2008).
L’intento del legislatore era quello di prevedere che i relativi standard fossero comunque soddisfatti, non solo quando in un centro storico sia prevista la demolizione di un fabbricato con la successiva ricostruzione, ma anche quando trattasi di edificio isolato o comunque circondato dal verde: in questi casi rileva una essenziale regola del diritto urbanistico, per la quale va identificato già nel titolo edilizio lo spazio riservato al parcheggio, per evitare che vi siano alternative e incerte soluzioni empiriche tali da pregiudicarne l’immodificabilità (Cons. Stato VI n. 1995/2013).
Comunque, in questo senso i Comuni possono disciplinare la dotazione minima dei parcheggi aggiungendo requisiti e condizioni nei propri regolamenti edilizi e strumenti urbanistici, superando quindi i livelli minimi imposti da legge nazionale, ed eventualmente quelli regionali.
Nei tessuti e nuclei urbani ad alta densità abitativa emerge l’oggettiva difficoltà di reperire gli spazio da destinare alla funzione dei parcheggi privati, soprattutto all’interno della sagoma planivolumetrica e area pertinenziale dell’edificio dove avviene l’intervento di frazionamento.
In tal senso al Comune è consentito assentire le opere nel loro complesso, qualora vi sia una integrazione progettuale concernente la riserva di spazi da destinare a parcheggi, poiché il richiamato art. 41 sexties dispone “misure quantitative degli spazi aventi tale destinazione, senza statuire alcuna formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire, onde i parcheggi possono essere realizzati sia in luoghi esterni all’edificio sia al suo piano terreno e perfino in aree esterne, anche se non strettamente adiacenti al fabbricato” (Cons. di Stato n. 871/2003).
Ulteriori e maggiori restrizioni possono essere adottate dagli strumenti urbanistici e regolamenti comunali, attraverso i quali possono prescrivere il reperimento anche per casistiche di ristrutturazione edilizia non ricostruttiva, ovvero senza demolizione e ricostruzione.
Ad esempio, nei comuni toscani dove ho operato finora mi è capitato spesso di riscontrare interventi di ristrutturazione edilizia per frazionamento residenziale assentiti decenni fa con concessioni e/o autorizzazioni edilizie, nelle quali il rilascio era condizionato al reperimento dei parcheggi privati per le unità derivate.
Le unità derivate sono quelle nascenti dal frazionamento ad eccezione di una indicata dalla committenza come “unità originaria ridotta”, cioè l’unica individuabile come residuale di quella originaria; può sembrare controintuitivo, nella prassi avviene così.
Col passare gli anni anche gli interventi edilizi di frazionamento, rientranti nella categoria di ristrutturazione edilizia (e dal 2014 perfino in Edilizia libera), sono stati effettuati tramite deposito della DIA/SCIA: quest’ultimi non sono titoli edilizi rilasciati dal Comune ma semplici atti di comunicazione asseverata sotto la diretta responsabilità di un professionista abilitato.
Purtroppo può capitare di svolgere indagini urbanistiche su appartamenti derivati da frazionamento edilizio tramite DIA/SCIA senza rispettare il reperimento dei parcheggi privati come per le nuove costruzioni; in questi casi sanare queste problematiche diviene impossibile, posto che non vi è rispetto della c.d. doppia conformità.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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