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Trasformare l’originaria superficie accessoria in abitabile configura intervento rilevante, anche se relativa ad una parte dell’appartamento

Stavolta scrivo l’articolo premettendo le “buone notizie”: ti faccio presente che il mutamento d’uso è una materia che molte regioni hanno disciplinato e semplificato con normative, vedi la Toscana.

Tale possibilità è espressamente prevista sia per i cambi d’uso urbanisticamente rilevanti (art. 23-ter DPR 380/01) sia per ogni tipologia (art. 10 c.2 DPR 380/01).

Pertanto d’ora in avanti vorrei esaminare la disciplina statale, cioè la regola generale sui cambi di destinazione d’uso che incidono sui carichi urbanistici; diciamo pure che le norme regionali probabilmente hanno previsto le eccezioni alle regole, semplificando le procedure e i calcoli dei carichi urbanistici.

Facciamo ancora riferimento al quadro normativo del DPR 380/01 aggiornato fino alla L. 34/2022.

INDICE:

Trasformare una superficie accessoria ad abitabile

Per essere più precisi, si parla di cambiare l’utilizzo di uno spazio, una porzione di immobile legittimata per usi accessori, sempre nell’ambito della destizione residenziale. Si tratta di una utilizzazione che non prevede permanenza umana, ma soltanto in modalità saltuaria: non stiamo parlando dei tipici locali accessori dell’appartamento quali disimpegno, bagno e ripostigli, in quanto complementari e uniti nella stessa unità immobiliare urbanistica (e non catastale).

Pensiamo piuttosto a spazi legittimamente esistenti, dotati di autonomia e destinati a sgombero, lavanderia, garage, sottotetti o simili, dotati di suscettibile utilizzazione separata dall’appartemento.

La volumetria e superficie di questi spazi molto probabilmente è stata legittimata calcolandone la natura accessoria, ma non va escluso che nei titoli edilizi siano stati comunque conteggiati come volumetria lorda e superficie pavimentata ordinaria, quando ancora le definizioni urbanistiche non erano state uniformate dal Regolamento Edilizio Tipo nazionale, dalle norme regionali e infine dalla regolamentazione comunale.

E qui si potrebbe anche insinuare la possibilità che su tali volumetrie si siano già pagati gli oneri di urbanizzazione come nuovo edificio, in quanto contenuti nella volumetria lorda. Ma questo argomento richiederebbe molto tempo e non si affronterà.

Mutamento d’uso da locale accessorio ad abitabile: Permesso di costruire e carichi urbanistici aggravati

Premesso ancora che le norme regionali potrebbero aver semplificato la disciplina sui cambi d’uso, bisogna premettere la regola generale ricavabile nel Testo Unico Edilizia DPR 380/01:

Le opere aventi incidenza sui carichi urbanistici equivalgono a trasformazione urbanistico edilizia del territorio, e pertanto configurano nuova costruzione soggetta a Permesso di Costruire.
Importante: non si parla solo di aggravio dei carichi urbanistici, bensì di incidenza cioè variazione anche a parità astratta dei carichi.

Questo perchè la variazione d’uso può incidere e variare l’esigenze di infrastrutture, parcheggi, urbanizzazioni e dotazioni territoriali circostanti, anche in area adeguatamente urbanizzata. Infatti per incidenza si deve intendere non soltanto l’aggravio, ma anche l’influenza “negativa” sul territorio e relative urbanizzazioni.

E’ per questo motivo che il legislatore ha coniato la definizione di mutamento d’uso urbanisticamente rilevante nell’art. 23-ter del TUE: non riguarda un cambio d’uso “ininfluente”, bensì di un cambio funzionale capace di provocare variazioni o aggravamento d’utilizzo degli standard e dotazioni urbanistiche circostanti.

Ma non solo: il criterio analogo si trova inquadrato anche nelle Variazioni essenziali come mutamento di destinazione d’uso che implichi variazione degli standards urbanistici del DM 1444/68, cioè all’art. 32 comma 1 lettera a) del TUE.

Questo principio viene comunque confermato dalla giurisprudenza penale e amministrativa che qualificano gli interventi come nuove costruzioni assoggettandole al Permesso di Costruire, facciamo alcuni esempi:

  • da cantina a mini appartamento (Cass. Pen. n. 13703/2022, n. 42453/2015)
  • locale autonomo destinato a sgombero e trasformato in abitativo (Cass. Pen. n. 13703/2022)
  • mutamento da sottotetto in abitazione con predisposizione impianti tecnologici (Cass. Pen. n. 13703/2022, n. 43885/2012)
  • da vani tecnici a residenziali (Cass. Pen. n. 22631/2022).

Cambi d’uso in centro storico e Zone Omogenee A: una regola a parte

Si tratta di una particolare eccezione alla regola e a quanto analizzato finora, perchè espressamente disciplinato dall’articolo 10 comma 1 lettera c) del DPR 380/01. Per maggiori dettagli rinvio a specifico approfondimento sul blog.

Intanto è necessario premettere che la possibilità di modificare la categoria funzionale e di utilizzo dell’immobile deve essere espressamente prevista dalle norme regionali, dallo strumento urbanistico comunale (PRG), il Regolamento edilizio comunale, nonché dalle varie normative di settore e speciali. Per esempio un particolare vincolo di interesse storico o monumentale potrebbe limitare queste modifiche, ancorché ammissibili sul profilo urbanistico edilizio.

Ammesso quindi che sia ammissibile da quanto sopra, occorre specificare che qualsiasi forma di cambio di destinazione d’uso in centro storico costituisce ristrutturazione edilizia “pesante” ex art. 10 c.1 lett. C) del TUE, e in particolare:

  • È assoggettata obbligatoriamente al Permesso di Costruire; è possibile tuttavia procedere con la particolare procedura di Segnalazione Certificata Inizio Attività alternativa al PdC (Super-SCIA), prevista dall’art. 23 TUE.
  • Non si tratta di una SCIA normale, è necessario ribadirlo. Non rientra nella ristrutturazione edilizia “normale” prevista dall’art. 3 comma 1 lettera d) TUE, cioè la categoria di intervento indicata come “limite massimo superiore” per accedere ai vari bonus edilizi e superbonus.
  • Riguarda ogni tipologia di esecuzione, con o senza opere: l’eventuale esecuzione o meno di opere contestuali al cambio d’uso non modifica l’inquadramento della categoria o della procedura;
  • Comprende anche i cambi d’uso all’interno della categoria funzionale, quindi anche il semplice passaggio tra sotto categorie non urbanisticamente rilevanti;
  • Le regioni non possono modificare questa disposizione limitante i cambi d’uso in centri o nuclei storici.
  • E’ soggetto anche alle sanzioni penali in caso di esecuzione senza permesso di costruire;

La disciplina dei cambi d’uso in centro storico e Zone Omogenee A è rimasta comunque invariata anche rispetto alle modifiche introdotte dal DL 76/2020.

Conclusioni e consigli

Si ribadisce ancora che la disciplina dei cambi di destinazione d’uso è materia espressamente disciplinabile dalle Regioni, quindi per valutare l’incidenza dei mutamenti d’uso bisogna controllare le relative norme.

Certamente il livello “generale” che fornisce la normativa nazionale appare molto rigido, perchè porta a collegare automaticamente i cambi d’uso tra categorie urbanisticamente rilevanti agli interventi di nuova costruzione e al relativo permesso di costruire.

La motivazione è il rapporto di incidenza sui carichi insediativi e standard urbanistici. Se posso aggiungere, direi che anche a livello di riforma del Testo Unico fosse rivisto questo criterio.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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