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REGIO DECRETO n. 1265/1934

Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie. pubblicato in GU n.186 del 9-8-1934 – Suppl. Ordinario n. 186.

Versione testo originario alla data di promulgazione

REGIO DECRETO 27 luglio 1934, n. 1265

Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE

RE D’ITALIA

Vista la legge 6 luglio 1933, n. 947;

Udito il parere del Consiglio di Stato;

Sentito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Capo del Governo, Primo Ministro  Segretario  di Stato, Ministro Segretario di Stato per l’Interno;

Abbiamo decretato e decretiamo:

E’ approvato l’unito testo unico delle leggi sanitarie composto di 394 articoli e otto tabelle allegate,  visto,  d’ordine  Nostro,  dal Capo del  Governo,  Primo Ministro  Segretario  di  Stato,  Ministro Segretario di Stato per l’Interno.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello  Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e  dei  decreti  del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e  di  farlo osservare.

Dato a Sant’Anna di Valdieri, addi’ 27 luglio 1934 – XII

VITTORIO EMANUELE

Mussolini.

Visto, il Guardasigilli: De Francisci.

Registrato alla Corte dei conti, addi’ 8 agosto 1934 – Anno XII

Atti del Governo, registro 350, foglio 37. – Giagheddu.

TITOLO I ORDINAMENTO E ATTRIBUZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE SANITARIA

CAPO I Organizzazione dei servizi e degli uffici

TESTO UNICO DELLE LEGGI SANITARIE

Art. 1.

La tutela della sanità pubblica spetta al Ministro  per  l’interno e, sotto la sua dipendenza, ai prefetti e ai podestà. I servizi di igiene  scolastica,  ferroviaria,  del  lavoro,  delle colonie e, in genere, i servizi igienici e  sanitari,  qualunque  sia l’amministrazione  pubblica,  civile  o  militare,   che   vi   debba direttamente provvedere,  debbono,  per  quanto  riguarda  la  tutela dell’igiene e della sanità pubblica, essere coordinati e  uniformati alle  disposizioni  delle  leggi  sanitarie  e  alle  istruzioni  del Ministro per l’interno.

Art. 2.

Gli organi centrali dell’amministrazione sanitaria presso il Ministero dell’interno sono: la Direzione generale della Sanità pubblica ed il Consiglio superiore di sanità. Il prefetto è l’autorità sanitaria della provincia. Egli presiede il Consiglio provinciale di sanità e ha alla sua dipendenza il medico provinciale e il veterinario provinciale. Il podestà è l’autorità sanitaria del comune ed ha alla sua dipendenza l’ufficiale sanitario. Il medico provinciale dirige l’ufficio sanitario provinciale e sovraintende agli uffici sanitari marittimi, di frontiera e di aeroporti, dove esistono. L’ufficiale sanitario dirige l’ufficio sanitario comunale.

Art. 3.

I comuni provvedono alla vigilanza igienica e alla profilassi delle malattie trasmissibili con personale e mezzi adeguati ai bisogni locali. I comuni capoluoghi di provincia e quelli, già capoluoghi di circondario, con popolazione superiore ai ventimila abitanti, hanno un adatto ufficio sanitario; gli altri si avvalgono del personale sanitario di cui dispongono e al quale deve essere fatto obbligo espresso, nel regolamento comunale, di prestare l’opera propria per gli scopi anzidetti.

Art. 4.

All’assistenza medico-chirurgica e ostetrica gratuita per i poveri nell’ambito del territorio del comune, alla somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri e alla assistenza veterinaria limitata ai luoghi nei quali ne è riconosciuto il bisogno, quando non siano assicurate altrimenti, provvedono i comuni. È fatto divieto ai comuni di istituire condotte sanitarie per la generalità degli abitanti. I sanitari condotti hanno, tuttavia, l’obbligo di prestare la loro opera anche ai non aventi diritto alla assistenza gratuita, in base alle speciali tariffe che sono all’uopo proposte per ciascuna provincia dalla associazione sindacale giuridicamente riconosciuta, competente per territorio, e approvate dal prefetto.

Art. 5.

Le provincie provvedono ai servizi sanitari loro imposti dalla legge; hanno facoltà, inoltre, d’integrare servizi sanitari che sono a carico dei comuni e possono essere obbligate, nei casi preveduti dagli articoli 92, 93 e 259, a sostituirsi ai comuni medesimi nell’adempimento di tali servizi.

CAPO II Della direzione generale della sanità pubblica

Art. 6.

La Direzione generale della Sanità pubblica è costituita di uffici medici, veterinari, farmaceutici e amministrativi e dell’Istituto di sanità pubblica, come centro di indagini e di accertamenti inerenti ai servizi della sanità pubblica e per la specializzazione del personale addetto ai servizi stessi nel Regno.

Art. 7.

L’Istituto di sanità pubblica comprende i seguenti reparti:

  1. Laboratorio di micrografia e batteriologia applicate all’igiene e alla sanità pubblica; controllo di sieri, vaccini e prodotti affini;
  2. Laboratorio di chimica applicata all’igiene e alla sanità pubblica; controllo della salubrità delle sostanze annientati;
  3. Laboratorio di fisica applicata all’igiene e alla sanità pubblica; ufficio del radio; sezione di meteorologia sanitaria;
  4. Laboratorio per gli accertamenti sulla diffusione e profilassi della malaria;
  5. Laboratorio per gli accertamenti di biologia interessanti la sanità pubblica;
  6. Indagini e pareri di ingegneria sanitaria e igiene del suolo e dell’abitato;
  7. Laboratorio di accertamenti epidemiologici e profilattici riguardo alle malattie diffusibili e alle malattie sociali;
  8. Biblioteca e museo.

Con decreto del Ministro per l’interno, di concerto con quello per le finanze, potrà procedersi alla istituzione di nuovi reparti o di raggruppamenti diversi da quelli sopraindicati. Il direttore generale della sanità pubblica è direttore dell’Istituto; può essere sostituito in tale compito dall’ispettore generale medico capo.

Art. 8.

Nell’Istituto di sanità pubblica hanno luogo ogni anno corsi di perfezionamento per il personale sanitario alla dipendenza dello Stato, delle Provincie, dei Comuni. I corsi predetti sono affidati al personale dell’Amministrazione della sanità pubblica; possono essere anche affidati, mediante incarichi provvisori, a personale tecnico di altre amministrazioni statali o anche a estranei all’Amministrazione dello Stato.

Art. 9.

I programmi dei corsi, indicati nell’articolo precedente, sono stabiliti dal direttore generale della sanità pubblica, sentito il parere di una Commissione consultiva presieduta dal presidente del Consiglio superiore di sanità e della quale fanno parte i capi dei reparti dell’Istituto e due componenti designati dal Consiglio superiore di sanità, che durano in carica tre anni. Il direttore generale della sanità pubblica può intervenire ai lavori di detta Commissione. Un funzionario facente parte del personale della Direzione generale della sanità pubblica, di grado non inferiore al 7°, esercita le funzioni di segretario.

Art. 10.

Per l’ammissione ai corsi di perfezionamento nell’Istituto di sanità pubblica il personale, non appartenente ai ruoli organici delle Amministrazioni dello Stato, è tenuto al pagamento di una tassa d’iscrizione. Alla fine di ciascun corso è rilasciato un diploma, la cui concessione è subordinata al pagamento di una tassa. La misura delle tasse predette è determinata con decreto del Ministro per l’interno di concerto con quello per le finanze. L’importo delle tasse è devoluto all’erario.

Art. 11.

Per le ricerche e per gli studi di carattere scientifico e per gli altri servizi affidati, con l’autorizzazione del Ministro per l’interno, all’Istituto di sanità pubblica da altre Amministrazioni dello Stato, debbono essere accreditati, a favore del Ministero stesso, i fondi occorrenti per le relative spese. Delle somme accreditate è reso conto nelle forme prescritte dalle vigenti norme di contabilità generale dello Stato. L’Istituto di sanità pubblica, previa autorizzazione del Ministro per l’interno, può eseguire ricerche e studi anche a richiesta di Amministrazioni non statali, di enti e di privati. Con decreto, emanato dal Ministro per l’interno, di concerto con quello per le finanze, è determinata la misura delle somme che tali Amministrazioni, enti o privati debbono versare all’Erario a titolo di rimborso di spesa.

CAPO III Del consiglio superiore di sanità

Art. 12.

Il Consiglio superiore di sanità è composto:

di sedici dottori in medicina e chirurgia dei quali sei particolarmente competenti nella igiene pubblica;

di un biologo;

di due ingegneri esperti in ingegneria sanitaria;

di un dottore in chimica;

di due dottori in veterinaria, particolarmente versati in igiene veterinaria;

di un farmacologo;

di un consigliere di stato;

di una persona esperta nelle scienze agrarie;

di una persona esperta nelle materie amministrative;

di un ufficiale sanitario capo di ufficio d’igiene;

di un rappresentante del Partito Nazionale Fascista, uno

dell’Istituto Nazionale fascista per la previdenza sociale, uno della Croce Rossa Italiana e uno dell’Opera Nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia, rispettivamente designati dal Segretario del Partito Nazionale Fascista e da ciascuno degli enti predetti.

Essi sono nominati con decreto Reale, su proposta del Ministro per l’interno; durano in carica tre anni e possono essere rinominati.

Fanno inoltre parte del Consiglio stesso:

il Direttore generale della Sanità pubblica;

il Direttore generale dell’Amministrazione civile;

il Commissario per le migrazioni e la colonizzazione interna;

il Direttore generale dell’Istruzione superiore;

il Direttore generale degli italiani all’estero;

un Direttore generale del Ministero delle colonie, designato dal Ministro per le colonie;

un Direttore generale del Ministero delle corporazioni, designato dal Ministro per le corporazioni;

il Tenente generale medico, capo del Corpo sanitario militare;

il Tenente Generale medico direttore centrale della Sanità militare marittima;

il Capo dell’ufficio centrale di sanità della Regia Aeronautica;

il Presidente del Comitato medico del Consiglio Nazionale delle Ricerche;

il Primo Presidente della Corte d’appello della capitale;

il Direttore generale della Marina mercantile;

il Direttore generale dell’agricoltura;

il Presidente dell’Istituto centrale di statistica;

il Capo dell’ufficio sanitario delle Ferrovie dello Stato;

il Direttore generale delle acque e degli impianti elettrici;

il Direttore generale della bonifica integrale;

il Colonnello veterinario capo del Corpo e del servizio veterinario militare;

un rappresentante dei medici chirurghi, uno dei veterinari, uno dei farmacisti, uno dei chimici ed uno degli ingegneri, designati dalle rispettive associazioni sindacali legalmente riconosciute, secondo le norme, i termini e le coi dizioni stabilite con decreto Reale, su proposta dei Ministri per l’interno e per le corporazioni.

Il Ministro per l’interno nomina per ciascuna sessione di ordinaria del Consiglio superiore di sanità il presidente e vice presidente che rimangono in carica fino all’apertura della sessione ordinaria successiva. Il presidente e il vice presidente esplicano le loro mansioni anche in seno alle sezioni del Consiglio superiore di sanità.

 È in facoltà del Ministro per l’interno di intervenire alle adunanze del Consiglio superiore di sanità riunito in adunanza generale o di sezione, assumendone la presidenza. Il Ministro per l’interno designa a segretario del Consiglio superiore di sanità un funzionario medico in servizi presso la direzione generale della sanità pubblica il qual non ha voto.

Art. 13.

Il Consiglio superiore di Sanità:

1° prende in esame i fatti riguardanti l’igiene e la sanità pubblica del Regno sui quali riferisce il Direttor generale della sanità pubblica;

2° propone quei provvedimenti, quelle inchieste e quelle ricerche scientifiche che giudicherà convenienti ai fini de servizi di sanità pubblica;

3° compila l’elenco delle lavorazioni insalubri.

Art. 14.

Il voto del Consiglio superiore di sanità è obbligatorio:

a) su tutti i regolamenti generali, predisposti da qualunque amministrazione centrale, che comunque interessino l’igiene e la sanità pubblica;

b) sull’elenco dei colori nocivi;

c) sulla determinazione dei sali di chinino che possono essere acquistati e lavorati dal Ministero delle finanze, sulla forma dei relativi preparati e sui modi di distribuzione di essi; sui preparati sussidiari per la cura della malaria, a norma dell’art. 315;

d) sulla determinazione dei lavori pericolosi, troppo faticosi o insalubri, a termine delle disposizioni sul lavoro delle donne e dei fanciulli; sulle norme igieniche del lavoro con particolare riguardo all’igiene dei locali di lavoro di riposo delle donne e dei fanciulli;

e) sui grandi lavori di utilità pubblica per ciò che riguarda l’igiene; sulle opere di pubblica utilità che interessino comunque la sanità pubblica e la esecuzione delle quali debba essere autorizzata con legge, o sulle opere igieniche che interessino più provincie e, in genere, per quanto riguardi tali opere, in tutti i casi nei quali ne è richiesto per legge;

f) sulle domande di attestati di privativa industriale per invenzioni e scoperte concernenti bevande e commestibili di qualsiasi natura;

g) sulle modificazioni da introdursi nell’elenco degli stupefacenti;

h) in tutti i casi nei quali ne è fatto obbligo per disposizione di legge o di regolamento, emanato da una amministrazione centrale.

 È in facoltà del Ministro per l’interno di richiedere il parere del Consiglio superiore di sanità in tutti quei casi nei quali lo ritenga opportuno.

Art. 15.

Il Consiglio superiore di sanità si divide in quattro sezioni. Alla composizione del Consiglio si provvede con decreto reale all’inizio di ciascun triennio. Con lo stesso decreto si determina la competenza, per materia, delle singole sezioni e la distribuzione dei membri nelle medesime.

Art. 16.

Il Consiglio superiore di sanità delibera in adunanza generale sulle materie indicate sotto le lettere a) e d) del precedente art. 14, sui grandi lavori e sulle opere di pubblica utilità preveduti nella lettera e) dello stesso articolo e quando tale adunanza è espressamente richiesta per disposizione di legge o di regolamento; negli altri casi, i pareri o le deliberazioni, richiesti al Consiglio dal presente testo unico o da qualsiasi altra legge o regolamento, sono resi dalla sezione competente. Quando siano in discussione questioni che interessino la competenza di due o più sezioni, il parere è emesso collegialmente dalle sezioni interessate riunite in unica assemblea. Nel caso di pareri o di deliberazioni domandati con urgenza, le sezioni possono deliberare con la presenza della maggioranza dei componenti residenti nella capitale.

CAPO IV Del consiglio provinciale di sanità

Art. 17.

Il Consiglio provinciale di sanità è presieduto dal prefetto ed è composto di:

a) tre dottori in medicina e chirurgia di cui uno particolarmente

competente in pediatria;

b) una persona esperta nelle materie amministrative;

c) una persona esperta nelle scienze agrarie;

d) il segretario federale del Partito nazionale fascista;

e) il medico provinciale;

f) il veterinario provinciale;

g) l’ufficiale medico in attività di servizio di più alto grado residente nel capoluogo della provincia;

h) il Presidente del Tribunale civile e penale del capoluogo;

i) l’ufficiale sanitario del capoluogo;

l) un rappresentante dei medici chirurghi, uno dei veterinari, uno dei farmacisti, uno dei chimici ed uno degli ingegneri esercenti nella provincia, designati dalle rispettive associazioni sindacali legalmente riconosciute, secondo le norme, i termini e le condizioni stabilite con decreto Reale, su proposta dei Ministri per l’interno e per le corporazioni.

I componenti di cui alle lettere a), b) e c) sono nominati con decreto Reale, su proposta del Ministro per l’interno, durano in carica tre anni e possono essere rinominati. Il prefetto designa a segretario del Consiglio un funzionario amministrativo di gruppo A il quale non ha voto.

Art. 18.

Il Consiglio provinciale di Sanità:

1° prende in esame tutti i fatti riguardanti l’igiene e la salute pubblica nei comuni della provincia;

2° propone al prefetto i provvedimenti e le investigazioni che giudica opportuni;

3° designa un componente della commissione provinciale per la licenza ad esercizi pubblici;

4° propone il regolamento dei premi ai proprietari e agli industriali per le opere di difesa dalla malaria nelle abitazioni e nei ricoveri, anche temporanei, degli operai e dei contadini;

5° provvede alla compilazione dell’elenco per la nomina dei sanitari che debbono far parte delle commissioni compartimentali arbitrali per la assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura.

Art. 19.

Il voto del Consiglio provinciale di sanità è obbligatorio, per la parte igienico-sanitaria:

a) sui regolamenti locali di igiene e sanità;

b) sui regolamenti speciali per la macerazione delle piante tessili e in ogni altro regolamento speciale a scopo igienico;

c) sul regolamento provinciale di polizia veterinaria;

d) sul regolamento per gli ufficiali sanitari della provincia;

e) sui regolamenti per i servizi dei laboratori provinciali di igiene e di profilassi;

f) sulla costituzione coattiva di consorzi per la provvista d’acqua potabile e sulla esecuzione d’ufficio di opere di tale natura;

g) sulla variazione al limite del lavoro notturno di donne e di fanciulli e sulle concessioni di ammissione di donne al lavoro notturno di materie suscettibili di alterazione;

h) sulle piante organiche delle farmacie;

i) sulla costituzione e sullo scioglimento di consorzi sanitari e sulla riforma delle convenzioni regolatrici dei consorzi stessi;

i) sulla conferma e la dimissione degli ufficiali sanitari in prova e sui provvedimenti disciplinari contro di essi, eccedenti la sospensione per il termine di un mese;

m) sulle relazioni annuali del medico provinciale e del veterinario provinciale;

n) in tutti i casi nei quali ne è fatto obbligo per disposizione di legge o di regolamento generale.

 È in facoltà del prefetto di richiedere il parere del Consiglio provinciale di sanità in tutti quei casi nei quali lo ritenga opportuno.

Art. 20.

Nel caso di pareri o di deliberazioni, domandati con urgenza, il Consiglio provinciale di sanità può deliberare con la presenza della maggioranza dei componenti residenti nel capoluogo della provincia.

CAPO V Disposizioni comuni al consiglio superiore di sanità e ai consigli provinciali di sanità

Art. 21.

Il Consiglio superiore di sanità, in adunanza generale, ed il Consiglio provinciale di sanità, si riuniscono in sessione ordinaria una volta l’anno, nel mese di aprile; le sezioni del Consiglio superiore di sanità due volte l’anno, nei mesi di giugno e di novembre. Straordinariamente i predetti consessi possono essere riuniti tutte le volte che ritengano necessario di convocarli, rispettivamente il Ministro per l’interno ed il prefetto. Per la validità delle adunanze è necessaria la presenza della metà almeno dei rispettivi componenti, tranne i casi preveduti negli articoli 16 e 20. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza di voti e, in caso di parità, prevale il voto del presidente. I membri non di diritto che non intervengano ad almeno tre adunanze consecutive senza giustificato motivo, decadono dalla carica. La decadenza è pronunziata dal Ministro per l’interno o dal prefetto, sentiti gli interessati, a seconda che si tratti di componenti del Consiglio superiore o del Consiglio provinciale di sanità.

Art. 22.

 È in facoltà del Ministro per l’interno o del prefetto, di fare intervenire nelle adunanze rispettivamente del Consiglio superiore e del Consiglio provinciale di sanità, senza voto deliberativo, per lo studio di speciali questioni, persone di riconosciuta competenza estranee ai predetti consessi.

Art. 23.

Ai componenti del Consiglio superiore di sanità e dai Consigli provinciali di sanità, estranei all’amministrazione dello Stato, può essere assegnata una indennità giornaliera nella misura stabilita con decreto del Ministro per l’interno di concerto con quello per le finanze.

Ai componenti dei predetti Consigli che facciano parte dell’amministrazione dello Stato, quando non siano chiamati nei Consigli medesimi in dipendenza della carica o dell’ufficio che ricoprono, può essere assegnata una diaria che è stabilita con decreto ministeriale, entro i limiti preveduti nell’art. 63 del R. decreto 8 maggio 1924, n. 843. Ai componenti dei Consigli anzidetti che non risiedono nel luogo dove si tengono le adunanze, sono inoltre dovute le indennità di viaggio e di soggiorno che, per i funzionari dello Stato, sono stabilite dalle disposizioni in vigore, e per gli altri componenti sono determinate con decreto del ministro per l’interno di concerto con quello per le finanze.

CAPO VI Dell’ufficio sanitario provinciale

Sezione I Del medico provinciale

Art. 24.

Il medico provinciale esercita le attribuzioni a lui demandate dal presente testo unico e da altre leggi e regolamenti, ed inoltre:

a) informa il prefetto di qualunque fatto possa interessare la sanità pubblica nella provincia e propone i provvedimenti necessari;

b) propone la convocazione del Consiglio provinciale di sanità per gli affari sui quali, per legge, deve essere sentito;

c) propone i provvedimenti di competenza del prefetto relativi al personale sanitario, agli esercenti sottoposti alla vigilanza

dell’autorità sanitaria ed agli esercenti non autorizzati;

d) dà voto sulle deliberazioni dei consorzi per il servizio medico-chirurgico e per quello ostetrico, sulla nomina degli ufficiali sanitari comunali, sulle contestazioni tra medici e amministrazioni comunali, enti morali e privati per ragioni di servizio;

e) dà parere sui progetti di edifici scolastici e su quelli per la costruzione e l’acquisto, l’adattamento e il restauro di campi sportivi, piscine, bagni pubblici e simili;

f) si tiene in corrispondenza con gli ufficiali sanitari, ai sensi dell’art. 40, su tutto ciò che riguarda l’igiene e la sanità pubblica;

g) vigila sui servizi sanitari e sulle condizioni igieni che dei comuni, sugli istituti sanitari della provincia e sulle esecuzione delle leggi e dei regolamenti sanitari;

h) vigila sull’igiene delle scuole e degli istituti di educazione e istruzione, riferendone al prefetto;

i) vigila sugli istituti ed i laboratori ove si compiono esperimenti sopra animali;

l) redige la relazione annuale sull’andamento dei servizi sanitari e sullo stato sanitario della provincia;

m) riceve dagli esercenti la professione di medico chirurgo le informazioni sui fatti e sulle circostanze che possano interessare la sanità pubblica e sugli aborti, fermo restando l’obbligo del referto ai sensi dell’art. 365 del Codice penale e dell’art. 4 del Codice di procedura penale. Quando nell’esercizio delle sue funzioni abbia notizia di un reato, per il quale si debba procedere di ufficio, deve farne denunzia mediante rapporto.

Art. 25.

Nelle provincie, dove manchi temporaneamente il medico provinciale, l’ufficiale sanitario del capoluogo o altro componente medico del Consiglio provinciale di sanità può essere incaricato dal Ministero di esercitarne provvisoriamente le funzioni.

Sezione II Del veterinario provinciale

Art. 26.

Il veterinario provinciale fa parte dell’ufficio sanitario provinciale e sovraintende al servizio veterinario; pertanto:

a) riceve le denunzie delle malattie infettive ai sensi delle disposizioni di polizia veterinaria;

b) raccoglie e coordina i dati statistici relativi alle malattie infettive degli animali;

c) informa il prefetto sull’andamento del servizio e il medico provinciale su tutto quanto riguarda la salute e l’igiene degli animali nella provincia in rapporto alla sanità pubblica;

d) esercita la vigilanza veterinaria nella provincia per la applicazione dei provvedimenti di profilassi e di polizia veterinaria e compie le necessarie ispezioni;

e) dà voto sulle deliberazioni dei consorzi relative al servizio veterinario, sulle contestazioni fra i veterinari e i municipi, i corpi morali e i privati per ragioni di servizio;

f) propone al prefetto i provvedimenti disciplinari a carico dei veterinari comunali;

g) redige la relazione annuale sull’andamento del servizio veterinario della provincia.

Art. 27.

Il prefetto può incaricare uno o più veterinari di coadiuvare il veterinario provinciale in altri comuni della provincia, quando l’estensione della provincia stessa e la quantità del bestiame in essa esistente lo richiedano. Nelle provincie dove manchi il veterinario provinciale, le sue funzioni possono essere provvisoriamente affidate dal Ministero dell’interno al veterinario di una provincia vicina, o ad un componente veterinario del Consiglio provinciale di sanità.

Sezione III Dei servizi sanitari per scali marittimi, per le frontiere di terra e per gli aeroporti

Art. 28.

Nei porti e negli aeroporti del Regno, sono stabiliti uffici di sanità. Nei porti abilitati a tutti i servizi di sanità marittima e nelle stazioni di sanità marittima, il servizio è affidato ad apposito personale tecnico appartenente ai ruoli dell’amministrazione della sanità pubblica. Negli altri porti e scali provvede il prefetto mediante incarichi. Al servizio sanitario di frontiera ed agli aeroporti, nonché alla eventuale istituzione di uffici temporanei per bisogni straordinari, provvede il prefetto secondo le ordinanze e le istruzioni emanate dal Ministero dell’interno.

Art. 29.

Il capitano o padrone di nave, nell’approdare ad un porto o scalo dello Stato, è tenuto a sottostare alle formalità sanitarie prescritte nel regolamento di sanità marittima. Sono estese alle infrazioni delle disposizioni contenute nel predetto regolamento la competenza del capitano del porto di arrivo, stabilita nel Codice per la marina mercantile e la procedura stabilita nel Codice stesso. Le pene pecuniarie, inflitte in base alle disposizioni del presente articolo, debbono essere versate prima della partenza della nave. Qualora questa avvenga prima che il giudizio sia stato definito, il capitano della nave deve versare presso l’ufficio di porto un deposito di garanzia nella somma determinata dall’autorità marittima locale entro il limite massimo indicato nell’art. 358.

Art. 30.

Il capitano o padrone di nave, nell’approdare ad un porto o scalo dello Stato, è tenuto al pagamento di un diritto di pratica sanitaria nella misura stabilita nella tabella n. 1, annessa al presente testo unico. Il diritto di pratica sanitaria e applicato con le stesse norme e modalità della tassa e sopratasse di ancoraggio, di cui al capo IV della legge 23 luglio 1896, n. 318, e successive modificazioni.

Art. 31.

Il comandante di aeromobile che approda in un aeroporto dello Stato è tenuto a sottostare alle misure sanitarie stabilite nell’apposito regolamento, che è emanato dal Ministro per l’interno di concerto con quello per l’aeronautica.

Art. 32.

Alla visita sanitaria degli animali, delle carni e dei prodotti ed avanzi animali che si importano nel Regno e degli animali che si esportano, si provvede mediante veterinari di confine e di porto. Detti veterinari debbono proibire l’ingresso nello Stato degli animali affetti da malattie infettive e diffusive o sospetti di esserlo, nonché delle carni e dei prodotti od avanzi animali riconosciuti non sani. Debbono proibire del pari l’uscita dal Regno degli animali riconosciuti affetti da malattie infettive e diffusive o sospetti di esserlo.

La visita alla frontiera è soggetta alla percezione di un diritto fisso a carico degli esportatori e degli importatori, nella misura stabilita nella tabella n. 2 annessa al presente testo unico.  È fatta eccezione per i soli animali importati per l’alpeggio e per la svernatura, per i quali la visita è gratuita. Gli animali vivi, anche se in transito, sono soggetti alla visita all’entrata nel Regno ed al pagamento del relativo diritto. I prodotti ed avanzi animali in transito con diretta destinazione ad altri paesi sono esenti dalla visita e dal pagamento del diritto fisso.

CAPO VII Dell’ufficio sanitario comunale e dei servizi di vigilanza igienica e di assistenza sanitaria nei comuni

Sezione I Dell’ufficiale sanitario comunale e delle sue attribuzioni

Art. 33.

I comuni provvedono isolatamente o uniti in consorzio al servizio di vigilanza igienica e di profilassi. Il prefetto può promuovere di ufficio la costituzione di tali consorzi. Ai consorzi, preveduti in questo articolo, si applicano le disposizioni stabilite, in materia di consorzi, dal testo unico della legge comunale e provinciale, in quanto non sia provveduto nella Sezione IV del presente capo. Quando, per lo scarso numero della popolazione, per le condizioni economiche del comune e per le difficoltà di comuni razioni con i comuni contermini, non sia possibile provvedere al servizio di vigilanza igienica e di profilassi nei sensi indicati nel primo comma, il prefetto può affidare temporaneamente le funzioni di ufficiale sanitario al medico condotto. Uno speciale regolamento, emanato dal prefetto ed approvato dal Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, determina le norme generali per il servizio di vigilanza igienica nella provincia e per gli ufficiali sanitari.

Art. 34.

L’ufficiale sanitario, sia comunale che consorziale, è nominato dal prefetto in seguito a pubblico concorso. Il prefetto indice ogni anno il concorso per il numero complessivo dei posti vacanti nella provincia. Il concorso può essere indetto per singoli comuni quando si tratta di comuni capoluoghi di provincia o sedi di importanti industrie o anche di comuni dichiarati stazioni di cura soggiorno e turismo. Possono partecipare al concorso pubblico per il posto di ufficiale sanitario coloro che sono muniti della laurea in medicina e chirurgia e abilitati all’esercizio della professione, purché non abbiano oltrepassato trentadue anni di età, e indipendentemente dal limite predetto:

a) i medici provinciali ed i medici provinciali aggiunti che prestino da almeno tre anni servizio effettivo nell’amministrazione della sanità pubblica;

b) i sanitari, nominati in seguito a concorso, che alla data del bando prestino servizio sia come ufficiale sanitario, sia come medici presso uffici sanitari comunali o presso reparti medico-micrografici di laboratori provinciali di igiene e profilassi.

Art. 35.

Il prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità previa autorizzazione del Ministro per l’interno, può far precedere al concorso pubblico, per le sedi indicate nel terzo comma dell’articolo precedente, un concorso per titoli fra ufficiali sanitari in servizio con nomina definitiva conseguita a seguito di concorso. Sono anche ammessi al concorso i medici provinciali e i medici provinciali aggiunti che prestino, da almeno sei anni, servizio effettivo nell’Amministrazione della Sanità pubblica.

Art. 36.

Il Ministero dell’interno nomina le Commissioni giudicatrici dei concorsi e ha facoltà di affidare il giudizio di più concorsi ad una stessa Commissione. La Commissione giudicatrice forma la graduatoria dei candidati risultati idonei, secondo l’ordine della votazione conseguita e osservate le preferenze stabilite per legge. E in facoltà della Commissione predetta di dichiarare inefficace l’esito del concorso stesso per uno o più posti messi a concorso. Il prefetto approva la graduatoria e provvede alla nomina dei vincitori, secondo l’ordine della graduatoria stessa e in rapporto ai comuni per i quali i candidati hanno precedentemente dichiarato di concorrere. In caso di mancata accettazione da parte del prescelto o di cessazione dal servizio, per qualsiasi causa, entro i primi sei mesi dalla pubblicazione della graduatoria, sono nominati successivamente, secondo l’ordine della graduatoria stessa, gli altri concorrenti dichiarati idonei. Le spese del concorso sono a carico dei comuni interessati. Il riparto delle spese è fatto con decreto del prefetto; se il giudizio della Commissione riflette concorsi di più provincie, il riparto per provincia è fatto con provvedimento del Ministro per l’interno.

Art. 37.

La nomina al posto di ufficiale sanitario in seguito a concorso è fatta, in via di esperimento, per un biennio, trascorso il quale, il prefetto, sentito il podestà od il presidente del consorzio interessato ed il Consiglio provinciale di sanità, provvede, entro il termine massimo di sei mesi, alla nomina definitiva o alla dimissione. Il decreto del prefetto col quale si provvede alla dimissione deve essere motivato genericamente. Il periodo di prova è ridotto ad un anno per coloro che, alla data del bando di concorso, prestino servizio in un comune o consorzio di comuni in qualità di ufficiali sanitari con nomina definitiva.  I provvedimenti del prefetto, adottati ai sensi del presente articolo, dei precedenti art. 34 e 35 e del quarto e quinto comma dell’art. 36, sono definitivi.

Art. 38. L’ufficiale sanitario, assunto in servizio in via di esperimento, presta dinanzi al prefetto, sotto pena di decadenza, la solenne promessa di diligenza, di segretezza e di fedeltà ai propri doveri. La formula della promessa è la seguente: «Prometto che sarò fedele al Re ed ai suoi Reali successori; che osserverò lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato; che adempirò a tutti gli obblighi del mio ufficio con diligenza e con zelo, per il pubblico bene e nell’interesse dell’amministrazione, serbando scrupolosamente il segreto di ufficio e conformando la mia condotta, anche privata, alla dignità dell’impiego. «Dichiaro che non appartengo e prometto che non apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concili coi doveri del mio ufficio. «Prometto che adempirò a tutti i miei doveri, al solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria». Dopo ottenuta la nomina definitiva presta, sotto pena di decadenza, il seguente giuramento: «Giuro che sarò fedele al Re ed ai suoi Reali successori che osserverò lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato che adempirò a tutti gli obblighi del mio ufficio con deligenza e con zelo, per il pubblico bene e nell’interesse dell’amministrazione, serbando scrupolosamente il segreto di ufficio e conformando la mia condotta, anche privata, alla dignità dell’impiego. «Giuro che non appartengo n è apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concilii coi doveri del mio ufficio. «Giuro che adempirò a tutti i miei doveri al solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria».

Art. 39. Gli ufficiali sanitari dipendono dal podestà o dal presidente del Consorzio e, come ufficiali governativi, dipendono direttamente dall’autorità sanitaria provinciale, della quale eseguiscono gli ordini.

Art. 40. L’ufficiale sanitario:

a) vigila sulle condizioni igieniche e sanitarie del comune o dei comuni consorziati e ne tiene informato il medico provinciale;

b) vigila sull’igiene delle scuole e degli istituti di educazione e istruzione, degli opifici e in genere di tutti gli stabilimenti ove si compie lavoro in comune, riferendone al podestà e al medico provinciale;

c) denunzia al podestà e al medico provinciale ogni trasgressione alle leggi e ai regolamenti sanitari, fermo restando, in ogni caso, l’obbligo del referto ai sensi dell’art. 365 del codice penale e dell’art. 4 del Codice di procedura penale;

d) riferisce sollecitamente al podestà e al medico provinciale tutto ciò che, nell’interesse della sanità pubblica, possa reclamare speciali e straordinari provvedimenti;

e) assiste il podestà nell’esecuzione di tutti i provvedimenti sanitari ordinati sia dall’autorità comunale, sia dalle autorità superiori;

f) raccoglie tutti gli elementi per la relazione annuale sullo stato sanitario del comune, uniformandosi alle istruzioni del medico provinciale.

Art. 41. Gli stipendi minimi degli ufficiali sanitari, nominati in seguito a concorso, sono determinati, tenuto conto dell’importanza del servizio, dalla Giunta provinciale amministrativa, sentito il Consiglio provinciale di sanità. Tali stipendi minimi non possono comunque essere superiori a quelli, già attribuiti per i posti di ufficiale sanitario, risultanti dopo l’applicazione delle riduzioni sancite nel R. decreto-legge 20 novembre 1930, n. 1491, e 14 aprile 1934, n. 561. Contro il provvedimento della Giunta provinciale amministrativa è ammesso ricorso al Ministro per l’interno.

Art. 42. Per il rilascio dei certificati, concernenti gli accertamenti che le vigenti disposizioni demandano all’ufficiale sanitario, è dovuto al comune un compenso a carico dei richiedenti, quando tali certificati sono domandati nell’esclusivo interesse privato. La misura del compenso e i casi per i quali esso è dovuto sono stabiliti con decreto del Ministro per l’interno. La riscossione è fatta a mezzo di marche segnatasse.

Art. 43. Le somme riscosse dal comune, per i compensi indicati nell’articolo precedente, sono destinate al miglioramento dei servizi igienici comunali, detratto il cinquanta per cento che è devoluto all’ufficiale sanitario ed il venticinque per cento al personale tecnico che lo ha coadiuvato negli accertamenti. Se questo manchi, tale ultima somma è devoluta all’ufficiale sanitario. La quota spettante all’ufficiale sanitario ed al personale tecnico predetto non può eccedere per ciascuno di essi, durante l’anno, la metà dell’ammontare annuo dei rispettivi stipendi, esclusa dal computo degli stessi qualsiasi indennità accessoria.

Art. 44. Le sanzioni disciplinari che possono essere inflitte agli ufficiali sanitari sono:

a) la censura;

b) la riduzione dello stipendio nella misura non superiore ad un quinto e per la durata massima di mesi sei;

c) la sospensione dal grado con privazione dello stipendio per la durata da uno a sei mesi;

d) la revoca; e) la destituzione. Le sanzioni disciplinari sono applicate dal prefetto; la censura può essere anche applicata dal podestà o dal presidente del consorzio.

Art. 45. Le sanzioni disciplinari sono inflitte con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti all’interessato, e concessione di un termine di almeno dieci giorni per le discolpe. Quando il prefetto ritiene di applicare una sanzione disciplinare, superiore alla sospensione dal grado con privazione dello stipendio per un mese, deve essere sentito il Consiglio provinciale di sanità, dinanzi al quale l’ufficiale sanitario incolpato può esporre verbalmente le proprie discolpe.

Art. 46. In caso di urgenza o quando la gravità dei fatti lo esiga, l’ufficiale sanitario può essere sospeso dall’ufficio; deve essere immediatamente sospeso dalla data del mandato di cattura, quando sia sottoposto a giudizio per qualsiasi delitto. La sospensione applicata dal prefetto. Essa ha carattere cautelativo ed importa la temporanea sospensione dal grado la privazione dei relativi emolumenti. Alla moglie od ai figli minorenni del sospeso può essere però concesso un assegno alimentare, in misura non superiore ad un terzo dello stipendio. Se il procedimento penale ha termine con ordinanza o sentenza definitiva, che escluda l’esistenza del fatto imputato i, pur ammettendolo, escluda che l’incolpato vi abbia preso parte, la sospensione è revocata ed egli riacquista il diritto agli emolumenti non percepiti, dedotto quanto sia stato corrisposto a titolo di assegno alimentare. Nel caso di procedimento disciplinare, se gli sia inflitta una sanzione minore ovvero il periodo della sospensione dal grado con privazione dello stipendio sia inferiore alla sospensione sofferta, debbono essere restituiti in tutto o in parte, secondo i casi, gli stipendi non percepiti, dedotto quanto sia stato corrisposto a titolo di assegno alimentare. La revoca della sospensione fa riacquistare l’anzianità perduta. All’infuori dei casi elencati nel terzo comma, l’ordinanza o la sentenza non osta all’eventuale procedimento disciplinare e, qualora questo porti alla sospensione dal grado con privazione dello stipendio, deve essere scomputato il periodo di sospensione sofferto. L’ufficiale sanitario condannato con sentenza passata in giudicato a pena restrittiva della libertà personale, quando non sia il caso di applicare nei suoi riguardi la revoca o la destituzione, è sospeso dal grado con privazione dello stipendio durante il periodo di espiazione della pena.

Art. 47. L’ufficiale sanitario è collocato a riposo, con decreto del prefetto, quando ha compiuto i sessantacinque anni di età. Può, inoltre, essere dispensato o collocato a riposo, con decreto motivato del prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità, per inabilità fisica, incapacità professionale, soppressione di posto o quando ciò sia necessario nell’interesse del servizio. In tali casi all’ufficiale sanitario, proposto per la dispensa o il collocamento a riposo, è assegnato un termine per presentare le sue eventuali deduzioni. Sui ricorsi contro i provvedimenti adottati ai sensi del comma precedente il Ministro per l’interno decide sentito il Consiglio superiore di sanità.

Art. 48. L’ufficiale sanitario è dichiarato di ufficio dimissionario: a) quando perda la cittadinanza italiana; b) quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero si assenti arbitrariamente dall’ufficio per un periodo superiore a dieci giorni.  È, inoltre, dichiarato dimissionario, senza pregiudizio dell’azione penale, quando volontariamente abbandoni l’ufficio o presti l’opera propria in modo da interrompere o turbare la continuità e la regolarità del servizio, ovvero si faccia istigatore di tali atti presso altri impiegati del comune. Tuttavia il prefetto, considerate le condizioni individuai e le personali responsabilità, nel caso preveduto nel precedente comma, può applicare invece la sospensione dal grado con privazione dello stipendio o la revoca dall’impiego. In ogni caso, indipendentemente da quanto è disposto nel comma precedenti, l’ufficiale sanitario, che si trovi nelle condizioni predette, è sospeso dallo stipendio per la durata delle infrazioni ai suoi doveri di ufficio, previo accertamento della infrazione stessa da parte del podestà o del medico provinciale.

Art. 49. Le dimissioni volontarie dell’ufficiale sanitario devono essere presentate per iscritto al podestà o al presidente del consorzio, che le rimette subito, col proprio parere motivato, al prefetto. Le dimissioni non hanno effetto se non sono accettate dal prefetto. L’ufficiale sanitario dimissionario non può abbandonare l’ufficio e non è svincolato dai doveri ad esso inerenti finch è non gli sia partecipata l’accettazione delle dimissioni. L’accettazione può essere rifiutata o ritardata per gravi motivi di servizio o quando l’ufficiale sanitario si trovi sottoposto a procedimento disciplinare.

Art. 50. L’ufficiale sanitario che, per manifestazioni compiute in ufficio o fuori di ufficio non dia piena garanzia di fedele adempimento dei propri doveri o si ponga in condizioni di incompatibilità con le generali direttive politiche del Governo, può essere dispensato dall’impiego. All’interessato deve essere assegnato un termine per la presentazione delle sue discolpe. La dispensa è pronunziata dal prefetto con provvedimento definitivo.

Art. 51. Il posto dell’ufficiale sanitario, dimesso per fine del periodo di esperimento, licenziato, dispensato dal servizio o dichiarato dimissionario d’ufficio, non può essere coperto, fuorch è in via provvisoria, fino a quando non sia intervenuta una decisione definitiva sui ricorsi proposti contro il provvedimento adottato, ovvero non siano decorsi i termini per la produzione dei detti ricorsi.

Art. 52. Contro i provvedimenti, relativi al rapporto di impiego degli ufficiali sanitari, è ammesso ricorso per legittimità al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale o in via straordinaria al Re.

Art. 53. Si applicano agli ufficiali sanitari le disposizioni stabilite per i sanitari condotti negli articoli 79, 80 e 81, relativamente al pagamento degli stipendi ed alla iscrizione alla Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari.

Art. 54. Al personale medico addetto agli uffici sanitari comunali, preveduti nel secondo comma dell’art. 3 del presente testo unico, si applicano le disposizioni stabilite nella presente sezione per gli ufficiali sanitari. Il potere di nominare, dimettere per fine del periodo di esperimento, disporre la cessazione dal servizio e infliggere le punizioni disciplinari compete al podestà, salva l’applicazione dell’art. 50 che spetta al prefetto. Per tale personale funziona la Commissione di disciplina stabilita, per i sanitari condotti, nell’art. 74 e, nei suoi confronti, non è applicabile la dispensa o il collocamento a riposo nell’interesse del servizio preveduti nel secondo comma dell’art. 47. Nei riguardi del predetto personale resta ferma la competenza della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale.

Sezione II Dell’assistenza medico-chirurgica e ostetrica

Art. 55. L’assistenza medico chirurgica nel territorio del comune, dove non risiedono medici e levatrici liberi esercenti, è fatta da almeno un medico chirurgo condotto e da una levatrice condotta, residenti nel comune e da esso stipendiati, con l’obbligo della cura gratuita dei poveri. Dove risiedono più medici e più levatrici, il comune stipendia uno o più medici chirurghi, una o più levatrici, secondo l’importanza della popolazione, per la assistenza dei poveri. I comuni hanno l’obbligo di procedere alla compilazione di uno speciale elenco degli aventi diritto alla assistenza medico chirurgica ed ostetrica gratuita. Agli iscritti nell’elenco predetto i Comuni sono tenuti a somministrare gratuitamente anche i medicinali loro occorrenti. Dove esistono opere pie od altre fondazioni che provvedono in tutto o in parte all’assistenza gratuita dei poveri ed alla somministrazione gratuita dei medicinali, i comuni sono soltanto obbligati a completarla.

Art. 56. I medici condotti hanno l’obbligo di cooperare alla esecuzione dei provvedimenti di igiene e di profilassi che siano ordinati dalla autorità sanitaria comunale e dalle autorità superiori; nell’ambito della rispettiva condotta debbono disimpegnare il servizio antimalarico e quello di vaccinazione, anche se i regolamenti comunali non ne facciano espresso obbligo.

Art. 57. Il prefetto ha facoltà di provvedere al servizio di assistenza medico-chirurgica nei comuni, nei quali non possa essere altrimenti assicurato, incaricandone, per il tempo strettamente necessario, uno o più medici-chirurghi condotti o liberi esercenti inscritti nell’albo dei sanitari della provincia. Il decreto del prefetto contiene l’indicazione del compenso che il comune interessato deve corrispondere al medico-chirurgo prescelto; se questi fissa la residenza nel comune, il compenso non può essere inferiore allo stipendio assegnato al medico condotto che egli sostituisce. Il provvedimento del prefetto è definitivo. L’assunzione dell’incarico è obbligatoria. Il contravventore è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila. Ai detti sanitari e alle loro famiglie si applicano, inoltre, nei casi indicati nell’art. 256, le disposizioni prevedute nell’ultimo comma dell’articolo stesso.

Art. 58. Nei comuni nei quali il servizio di condotta medico-chirurgica per i poveri è disimpegnato a spese di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza con personale nominato e stipendiato da queste, i medici, che sono addetti al servizio stesso, hanno diritto alla stabilità dell’ufficio e dello stipendio, nei termini preveduti negli articoli 67 e 70. Essi sono nominati nei modi e con le norme prescritte negli articoli 68 e seguenti per i medici condotti comunali; per quanto riguarda la conferma in servizio o la dimissione per fine del periodo di prova si applicano le disposizioni dell’art. 71 e, nel caso di punizione disciplinare, hanno diritto di ricorrere alla Giunta provinciale amministrativa. Il diritto alla stabilità dell’ufficio e dello stipendio è mantenuto anche nel caso che il servizio disimpegnato dall’istituzione di pubblica beneficenza sia avocato al comune. Al personale, di cui al presente articolo, possono essere applicate dal prefetto sanzioni disciplinari nei casi e col procedimento stabilito nell’art. 74.

Sezione III Dell’assistenza e vigilanza veterinaria

Art. 59. I comuni, nei quali esistono notevoli quantità di bestiame e dove l’industria zootecnica ha speciale importanza, e quelli dove si tengono frequenti mercati e fiere di bestiame, possono essere obbligati con decreto del prefetto ad istituire una condotta veterinaria. I comuni hanno l’obbligo di procedere secondo le norme fissate dal regolamento, alla compilazione di uno speciale elenco dei possessori di bestiame che hanno diritto alle prestazioni gratuite da parte dei veterinari condotti.

Art. 60. Il prefetto ha facoltà di provvedere al servizio di assistenza e vigilanza veterinaria nei comuni, nei quali non possa essere altrimenti assicurato, con le norme di cui all’articolo 57 incaricandone, per il tempo strettamente necessario, uno o più veterinari, liberi esercenti, inscritti nell’albo dei sanitari della provincia.

Art. 61. Per il rilascio dei certificati, concernenti gli accertamenti che le vigenti disposizioni demandano al veterinario condotto e dovuto al comune un compenso a carico dei richiedenti, quando tali certificati sono domandati nell’esclusivo interesse privato. La misura del compenso e i casi per i quali esso è dovuto sono stabiliti con decreto del Ministro per l’interno. Era riscossione è fatta a mezzo di marche segnatasse.

Art. 62. Le somme riscosse dal comune, per i compensi indicati nell’articolo precedente, sono destinate al miglioramento dei servizi igienici comunali, detratto il cinquanta per cento che è devoluto al veterinario condotto ed il venticinque per cento al personale tecnico che lo ha coadiuvato negli accertamenti. Se questo manchi, tale ultima somma è devoluta al veterinario condotto. La quota spettante al veterinario condotto ed al personale tecnico predetto non può eccedere, durante l’anno, per ciascuno di essi, la meta dell’ammontare annuo dei rispettivi stipendi, esclusa dal computo qualsiasi indennità accessoria.

Sezione IV Dei consorzi sanitari

Art. 63. I comuni, che per le loro condizioni economiche e per il numero esiguo di abitanti non sono in grado di provvedersi di un proprio medico chirurgo o di una levatrice, quando concorrano anche speciali condizioni topografiche favorevoli, possono essere autorizzati dal prefetto, in deroga a quanto è prescritto nell’art. 55, ad unirsi in consorzio con altri comuni contermini per assicurare in tal modo il servizio di assistenza medico chirurgica ed ostetrica. Per quanto riguarda il servizio veterinario, i comuni, che si trovano nelle condizioni prevedute nell’art. 59 e non sono in grado di provvedere isolatamente, sono obbligati ad unirsi in consorzio per assicurare il servizio stesso.

Art. 64. Nel caso di modificazione nella costituzione di una condotta consorziale, il titolare che abbia acquistato la stabilità ha diritto a conservare il posto; nel caso di scioglimento, ha diritto a scegliere una delle condotte che verranno costituite per i comuni già consorziati. Quando si verifichi l’unione in consorzio di più condotte, il posto di sanitario è attribuito mediante concorso per titoli fra i sanitari delle condotte medesime che avevano già conseguito la stabilità. Resta salvo, per i sanitari che non siano riusciti vincitori, il diritto alla nomina nel caso di cessazione dal servizio da parte del prescelto entro il termine di un anno dalla pubblicazione della graduatoria del concorso; ovvero, se non abbiano, entro lo stesso termine, ottenuta la nomina presso altra condotta, il diritto alla liquidazione di una indennità una volta tanto, pari a tante mensilità di stipendio quanti sono gli anni del servizio prestato nella condotta, della quale furono titolari, con un minimo di sei mensilità. I sanitari che, per effetto delle disposizioni del comma precedente, vengono a rimanere privati del posto, hanno diritto, durante il periodo di cinque anni dalla data di cessazione dal servizio, di adire ai concorsi per condotte sanitarie con dispensa dai limiti di età. Nei casi preveduti nei primi due comma del presente articolo il sanitario conserva, a tutti gli effetti, la sua anzianità di servizio. Le disposizioni contenute nei precedenti comma si applicano anche ai consorzi per posti di ufficiale sanitario.

Art. 65. La costituzione, l’organizzazione e la cessazione dei consorzi sanitari, volontari od obbligatori, il funzionamento di essi, la tutela e la vigilanza governativa sono regolati dalle norme, sancite nella legge comunale e provinciale, per i consorzi pubblici in genere.

Sezione V Disposizioni comuni ai sanitari condotti

Art. 66. Uno speciale regolamento per ciascun comune o consorzio approvato dalla Giunta provinciale amministrativa, previa parere del Consiglio provinciale di sanità, stabilisce il numero delle condotte mediche, veterinarie e ostetriche e provvede allo stato giuridico e al trattamento economico del personale sanitario in analogia con quanto è disposto per i dipendenti del comune nella legge comunale e provinciale, sempre che non sia provveduto diversamente dal presente testo unico e dai regolamenti per la sua esecuzione. Il provvedimento della Giunta provinciale amministrativa è definitivo.

Art. 67. La Giunta provinciale amministrativa, sentito il parere del Consiglio provinciale di sanità, fissa gli stipendi minimi dei sanitari condotti, distribuendo i comuni in speciali categorie, in relazione all’importanza del servizio sanitario, al numero degli aventi diritto all’assistenza sanitaria gratuita, alle condizioni topografiche delle condotte e alle presumibili fonti di reddito professionale di esse. Tali stipendi minimi non possono comunque essere superiori a quelli, già attribuiti per i posti di sanitario condotto risultanti dopo l’applicazione del R. decreto-legge 20 novembre 1930, n. 1491 e 14 aprile 1934, n. 561. Contro il provvedimento della Giunta provinciale amministrativa è ammesso ricorso al Ministro per l’interno.

Art. 68. La nomina dei sanitari condotti, stipendiati dal comune o da un consorzio di comuni, è fatta dal podestà o dalla rappresentanza consorziale in seguito a pubblico concorso. Sono ammessi al concorso coloro che sono muniti del titolo di studio prescritto e sono abilitati all’esercizio della relativa professione, purché non abbiano oltrepassato i trentadue anni di età. Indipendentemente dai limiti predetti sono ammessi al concorso i sanitari condotti che alla data del bando prestano servizio con nomina divenuta definitiva. Il prefetto indice ogni anno il concorso per il numero complessivo dei posti vacanti nella provincia.

Art. 69. Il Ministero dell’interno nomina le commissioni giudicatrici dei concorsi ed ha facoltà di affidare il giudizio di più concorsi ad una stessa Commissione. La Commissione giudicatrice forma la graduatoria dei candidati risultati idonei, secondo l’ordine della votazione conseguita ed osservate le preferenze stabilite per legge. La graduatoria dei concorrenti dichiarati idonei è approvata e pubblicata dal prefetto, il quale, in relazione all’ordine della graduatoria stessa ed alle sedi per le quali i candidati hanno precedentemente dichiarato di concorrere, comunica i nomi dei vincitori al podestà od alla rappresentanza consorziale, per la nomina. Ai concorsi preveduti nel presente articolo si applicano le disposizioni del terzo, quinto e sesto comma dell’art. 36 del presente testo unico. I provvedimenti del prefetto adottati ai sensi del presente e del precedente articolo sono definitivi, salvo per quanto riguarda il reparto delle spese del concorso.

Art. 70. Il sanitario condotto, all’atto della assunzione in servizio, presta la promessa solenne di fedeltà e, dopo conseguita la stabilità, il giuramento, preveduti nell’art. 38. Egli acquista diritto alla stabilità dell’ufficio e dello stipendio dopo due anni di prova in un medesimo comune o consorzio di comuni. Il servizio interinale, seguito, senza interruzione, dalla nomina regolare in base a concorso, è computato agli effetti del biennio di prova. Il periodo di prova è ridotto a un anno per coloro che alla data del bando di concorso prestino servizio in un comune o consorzio di comuni in qualità di sanitari condotti con nomina definitiva.

Art. 71. La dimissione del sanitario condotto per fine del periodo di esperimento deve essere disposta con deliberazione, adottata dal podestà o dal presidente del consorzio, non più di sei mesi e non meno di tre mesi prima della scadenza del periodo suddetto. La deliberazione deve essere motivata genericamente. Contro la deliberazione è ammesso ricorso per legittimità al Consiglio di Stato, o ricorso straordinario al Re.

Art. 72. Il sanitario condotto, dimesso durante il periodo di esperimento e poi riassunto in servizio nello stesso comune o consorzio di comuni, con o senza interruzione, congiunge al nuovo il precedente servizio agli effetti del compimento del periodo di prova.

Art. 73. Nel caso di unificazione di due u più condotte dello stesso comune, il posto di sanitario nella nuova condotta è attribuito, mediante concorso per titoli, fra i sanitari delle con dotte medesime che abbiano conseguito la stabilita. Quando una condotta venga suddivisa, il sanitario che abbia acquistato la stabilità ha diritto di scegliere una delle nuove condotte. Nei casi preveduti nei precedenti comma si applicano, inoltre, le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell’art. 64.

Art. 74. Ai sanitari condotti possono essere inflitte le sanzioni disciplinari stabilite nell’art. 44. Esse sono inflitte dal podestà o dal presidente del consorzio con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti all’interessato e concessione di un termine di almeno dieci giorni per le discolpe. Quando si ritenga di applicare una sanzione disciplinare superiore alla sospensione dal grado con privazione dello stipendio per un mese, deve essere sentita la Commissione di disciplina per i sanitari condotti, composta del vice prefetto, presidente, del medico provinciale o del veterinario provinciale nel caso che l’incolpato sia un veterinario, di un componente del Consiglio provinciale di sanità designato dal prefetto, di un rappresentante nominato dal podestà o dalla rappresentanza consorziale e di un rappresentante designato dalla rispettiva associazione sindacale, giuridicamente riconosciuta, competente per territorio. Le disposizioni, prevedute nella legge comunale e provinciale, relative alla sospensione cautelare degli impiegati dei comuni, si applicano anche ai sanitari condotti.

Art. 75. Qualora gli organi competenti dell’amministrazione comunale, provinciale o consorziale non applichino le sanzioni disciplinari a carico dei sanitari condotti, il prefetto invita gli organi stessi a provvedere entro un congruo termine, decorso il quale, provvede d’ufficio con le modalità prescritte per i procedimenti disciplinari. Ove il prefetto ritenga di dover applicare una sanzione più grave di quella della riduzione dello stipendio, promuove il parere della Commissione di disciplina. Quando ricorrano gravi motivi, il prefetto ha sempre facoltà di sospendere immediatamente dal grado con privazione dello stipendio il sanitario condotto, salvo l’ulteriore corso della procedura disciplinare. Contro il provvedimento di sospensione superiore a tre mesi o di revoca o di destituzione è ammesso ricorso, anche per il merito, al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e contro ogni altro provvedimento del prefetto è ammesso ricorso, soltanto per legittimità, al Consiglio stesso.

Art. 76. Il sanitario condotto è collocato a riposo quando ha compiuto sessantacinque anni di età. Può inoltre essere dispensato o collocato a riposo per inabilità fisica, incapacità professionale o soppressione di posto. In tali casi al sanitario condotto, proposto per la dispensa o il collocamento a riposo, è assegnato un termine per presentare le sue eventuali deduzioni. Il provvedimento adottato ai sensi del precedente comma deve essere motivato e preceduto dal parere del Consiglio provinciale di sanità. Le disposizioni contenute negli articoli 48, 49, 50 e 51 si applicano anche a sanitari condotti ed i provvedimenti relativi, salvo quello preveduto nell’art. 50, sono di competenza del podestà o della rappresentanza consorziale.

Art. 77. Il Consiglio di Stato, nelle controversie riguardanti i sanitari condotti, può, quando lo ritenga necessario, chiedere che sia sentito prima della decisione il parere del Consiglio superiore di sanità.

Art. 78. L’ufficio di sanitario condotto è incompatibile con la professione di commerciante, nonché con ogni altra occupazione che, a giudizio dell’amministrazione comunale o consorziale, non sia ritenuta conciliabile con l’osservanza dei doveri dell’ufficio o col decoro di esso.

Art. 79. Gli stipendi dei sanitari condotti sono pagati a rate mensili posticipate. Quando il pagamento non segua alla scadenza, gli interessati possono rivolgersi al prefetto il quale promuove, quando ne sia il caso, i provvedimenti d’ufficio della Giunta provinciale amministrativa. Verificandosi nel corso dell’anno un secondo ritardo, la Giunta provinciale amministrativa, udito il comune, può deliberare che anche le ulteriori rate da scadere nell’anno siano soddisfatte direttamente dall’esattore.

Art. 80. L’esattore delle imposte dirette, sia o non sia anche tesoriere comunale, ha obbligo di soddisfare, non ostante la mancanza di fondi di cassa, gli ordini di pagamento emessi dai comuni e dai prefetti in favore dei sanitari condotti, col diritto di percepire a carico del comune l’interesse legale dalla data del pagamento e di rivalersi di siffatta anticipazione e dei relativi interessi sulle prime riscossioni di sovrimposte, di tasse e di entrate comunali, successive al pagamento delle somme anticipate. L’obbligo predetto è subordinato alla condizione che le anticipazioni fatte e quelle che si chiedono non superino complessivamente l’importo totale dei proventi comunali riscossi e da riscuotere entro lo stesso anno solare in base ai ruoli e alle liste di carico già consegnati all’esattore. Nel caso in cui l’esattore non rivesta la carica di tesoriere comunale, l’obbligo dell’anticipazione degli stipendi deve ritenersi subordinato alla presentazione da parte degli interessati di apposita dichiarazione, firmata dal podestà e dal tesoriere, comprovante la mancanza di denaro nelle casse di quest’ultimo e contenente l’invito all’esattore di eseguire l’anticipazione. L’esattore, che ritardi l’esecuzione dell’ordine di pagamento emesso a favore dei sanitari condotti, è soggetto alle sanzioni prevedute nelle leggi, regolamenti e capitoli normali sulla riscossione delle imposte dirette. L’ammontare delle indennità di mora è però devoluto a beneficio della Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari.

Art. 81. Si applicano ai medici e ai veterinari condotti le disposizioni relative alla iscrizione alla Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari. Alle levatrici condotte si applicano le disposizioni stabilite per la Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali.

CAPO VIII Dei servizi di assistenza e profilassi demandati alla provincia

Art. 82. L’amministrazione provinciale provvede all’impianto e all’esercizio del laboratorio di igiene e di profilassi nel capoluogo della provincia. Il laboratorio può avere una o più sezioni distaccate nei comuni della provincia, quando il prefetto, sentiti il Consiglio provinciale di sanità e la Giunta provinciale amministrativa, ne riconosca la necessità, tenuto conto delle particolari caratteristiche della popolazione, dell’importanza industriale e commerciale dei comuni stessi e delle esigenze del servizio di vigilanza igienica. Le spese di impianto e di esercizio del laboratorio provinciale e delle eventuali sezioni distaccate sono, per un terzo, a carico della provincia e, per due terzi, ripartite fra i comuni in ragione della popolazione.

Art. 83. Il laboratorio provinciale è costituito di due reparti: l’uno medico micrografico con annesso servizio di accertamento diagnostico per le malattie infettive e sociali; l’altro chimico. Al laboratorio sono addetti vigili sanitari per le disinfezioni e per la vigilanza igienica in rapporto ai bisogni dei comuni della provincia. Al laboratorio sovraintende il medico provinciale, il quale ne vigila e controlla il regolare funzionamento, determina l’impiego del personale e le particolari indagini che debbono eseguirsi, coordina e indirizza le attività dei due reparti. Gli ufficiali sanitari si avvalgono del laboratorio provinciale per l’esercizio della vigilanza igienica e della profilassi, secondo le istruzioni che sono impartite dal medico provinciale.

Art. 84. Il rettorato provinciale delibera il regolamento e la pianta organica del personale addetto ai reparti che costituiscono il laboratorio provinciale. Ciascun reparto deve avere un direttore, uno o più coadiutori, uno o più assistenti. Gli assistenti sono nominati dal preside in seguito a pubblico concorso. Il direttore ed i coadiutori sono nominati dal rettorato provinciale per promozione in seguito a concorso interno: il primo, fra i coadiutori, gli altri fra gli assistenti del reparto. Se non può farsi luogo alla promozione o per mancanza di personale aspirante o per giudizio sfavorevole della Commissione giudicatrice del concorso interno, anche le nomine per detti posti hanno luogo per pubblico concorso.

Art. 85. Ai concorsi pubblici per il personale dei laboratori provinciali si applicano le norme stabilite nell’art. 36. Possono partecipare ad essi, secondo le rispettive specialità, coloro che sono muniti della laurea in medicina e chirurgia o della laurea in chimica o in chimica e farmacia e sono abilitati all’esercizio della professione, purché non abbiano oltrepassato i trentadue anni di età. Indipendentemente dai limiti predetti, possono essere ammessi ai concorsi: 1° gli aiuti e gli assistenti delle facoltà di medicina e chirurgia, ovvero di chimica o di chimica e farmacia presso le università e gli istituti di istruzione superiore; 2° coloro che alla data del bando di concorso prestino servizio presso laboratori di igiene e profilassi, dipendenti dallo Stato o da altri enti pubblici, a seguito di regolare nomina conseguita per effetto di pubblico concorso.

Art. 86. Il personale tecnico dei laboratori presta, all’atto dell’assunzione in servizio, la promessa solenne di fedeltà e, dopo aver conseguito la stabilità, il giuramento, preveduti dall’art. 38. Detto personale acquista diritto alla stabilità dell’ufficio e dello stipendio dopo due anni di prova. Il periodo di prova è ridotto ad un anno per coloro che alla data del bando di concorso prestino servizio con mansioni pari a quelle del nuovo impiego e grado e con nomina definitiva presso altro laboratorio comunale, provinciale o di Stato.

Art. 87. Le funzioni di direttore, di coadiutore e di assistente dei laboratori sono incompatibili con quelle di ufficiale sanitario e di sanitario condotto. Al detto personale è, inoltre, vietato: a) di applicarsi, direttamente od indirettamente, per proprio od altrui conto, a qualsiasi commercio o industria soggetti a vigilanza igienica; b) di attendere, direttamente o indirettamente, per proprio od altrui conto, al funzionamento ed alla gestione di laboratori di analisi chimiche e batteriologiche e di eseguire, nel laboratorio al quale è addetto, per proprio conto, analisi e ricerche di interesse privato; c) di comunicare i risultati o le conclusioni delle analisi e perizie a persone estranee.

Art. 88. Per le indagini di interesse privato, eseguite nel laboratorio provinciale, è dovuto alla provincia un compenso a carico dei richiedenti. La misura del compenso e i casi per i quali è dovuto sono stabiliti con decreto del Ministro per l’interno. La riscossione è fatta a mezzo di marche segnatasse.

Art. 89. Le somme riscosse dalla provincia, per i compensi indicati nell’articolo precedente, sono destinate a vantaggio della gestione del laboratorio. detratto il cinquanta per cento che è devoluto a favore del personale addetto al laboratorio. La quota spettante a ciascun funzionario del laboratorio non può eccedere, durante l’anno, la metà dell’ammontare annuo dello stipendio, esclusa dal computo dello stipendio qualsiasi indennità accessoria.

Art. 90. Si applicano al personale tecnico dei laboratori provinciali le disposizioni degli articoli 74, 75 e 76. Salvo il provvedimento del prefetto, ai termini dell’articolo 50 del presente testo unico, tutti gli altri provvedimenti spettano ai competenti organi dell’Amministrazione provinciale. La Commissione di disciplina per detto personale è composta del vice prefetto, presidente, di due membri del Consiglio provinciale di sanità designati dal prefetto, di un altro membro nominato dal preside della provincia e di un rappresentante designato dalla associazione sindacale giuridicamente riconosciuta, competente per territorio. Si applicano pure al personale dei laboratori provinciali le disposizioni prevedute, per i sanitari condotti, negli articoli 79 e 81, relativamente al pagamento degli stipendi e alla iscrizione alla Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari, per il personale addetto al reparto medico micro-grafico, e alla Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali, per il personale addetto al reparto di chimica.

Art. 91. I vigili sanitari provinciali sono assunti in seguito a pubblico concorso, indetto dal preside della provincia. La nomina è fatta dal preside stesso ed è approvata con decreto del prefetto. Essi: a) vigilano sulle condizioni igieniche del suolo, degli aggregati urbani e rurali e delle abitazioni, sulla salubrità delle bevande e delle sostanze alimentari, sui mercati e sui pubblici esercizi; b) compiono, alla dipendenza dell’ufficiale sanitario, le ispezioni che vengono disposte dal medico provinciale o dal direttore di reparto del laboratorio provinciale e riferiscono agli stessi sui risultati degli accertamenti, sulle contestazioni fatte e sui provvedimenti attuati; c) vigilano sull’esecuzione delle misure disposte per la profilassi delle malattie infettive; d) esercitano tutte le altre attribuzioni di vigilanza igienica sanitaria che sono prescritte dalle leggi. Per l’esercizio di tali funzioni di vigilanza sono attribuiti ai vigili sanitari le facoltà spettanti per legge ai vigili comunali. Essi non possono entrare in funzione se non dopo aver prestato giuramento dinanzi al pretore.

Art. 92. Le provincie hanno facoltà di integrare i servizi sanitari comunali d’igiene e profilassi, istituendo o sussidiando condotte sanitarie, dispensari specializzati e altre forme di provvidenze per la prevenzione e la cura delle malattie sociali. Se particolari condizioni sanitarie della provincia lo esigano, in caso di malattie infettive e diffusive endemiche, il prefetto, sentiti il Consiglio provinciale di sanità e la Giunta provinciale amministrativa, può, con suo decreto, stabilire l’obbligo della provincia di provvedere ai servizi integrativi indicati nel comma precedente, se e in quanto i comuni o altre istituzioni pubbliche non provvedano. Nei casi preveduti nel precedente comma, le spese occorrenti, quando non venga diversamente disposto con leggi speciali, vanno per un terzo a carico della provincia e per due terzi a carico dei comuni interessati in ragione della popolazione di ciascuno di essi. Tuttavia il prefetto può esonerare dal contributo i comuni che, per le loro condizioni finanziarie, non sono in grado di sostenere le relative spese. La quota di contributo dovuta dai comuni esonerati è posta a carico della provincia. Il decreto indica la qualità, dei servizi sanitari integrativi, i comuni a vantaggio dei quali debbono essere adottati e i comuni eventualmente esonerati dal contributo. Sui ricorsi prodotti contro il provvedimento del prefetto il Ministro per l’interno decide sentiti il Consiglio superiore di sanità e il Consiglio di Stato.

Art. 93. Le provincie hanno facoltà di provvedere all’impianto e all’esercizio di istituti per isolamento e per disinfezione. Se i comuni, sia per le loro condizioni finanziarie, sia per altre circostanze, non possano, da soli o uniti in consorzio, provvedere adeguatamente agli istituti predetti secondo le disposizioni dell’art. 259, il prefetto, intesi il Consiglio provinciale di sanità e la Giunta provinciale amministrativa, può, con suo decreto, stabilire l’obbligo della provincia di integrare o sostituire l’opera dei comuni stessi determinandone l’estensione, sia in rapporto al numero di essi, sia in rapporto alla qualità dei servizi e degli istituti di assistenza e profilassi. Sui ricorsi prodotti contro il provvedimento del prefetto il Ministro per l’interno decide sentiti il Consiglio superiore di sanità ed il Consiglio di Stato. Quando non sia diversamente provveduto con leggi speciali, le spese occorrenti nei casi preveduti nel secondo comma del presente articolo sono, per un terzo, a carico della provincia; gli altri due terzi vanno ripartiti, in ragione della popolazione, fra i comuni interessati.

Art. 94. L’Amministrazione provinciale concorre, nei limiti delle somme che essa può stanziare nel proprio bilancio, alle spese di spedalità sostenute dal consorzio provinciale antitubercolare per il ricovero degli ammalati di tubercolosi che si trovino in condizioni di povertà, salvo che si tratti di ricovero di urgenza o di ricovero di assicurati contro la tubercolosi, a termini dell’articolo 281 del presente testo unico. Provvede inoltre al trattamento gratuito negli istituti e negli ambulatori autirabici, per le persone ammesse alla assistenza gratuita, a norma dell’art. 55.

Art. 95. Ai servizi indicati negli articoli 92, 93 e 94, le provincie possono provvedere in consorzio con altre contermini, osservate le norme stabilite nel testo unico della legge comunale e provinciale.

Art. 96. Al personale sanitario addetto ai servizi di assistenza, di vigilanza igienica e di profilassi, istituiti stabilmente dalla provincia a termini delle disposizioni contenute negli articoli 92 e 93, si applicano le norme stabilite nell’art. 54 relativamente al personale medico degli uffici sanitari comunali.

Art. 97. Salva la competenza amministrativa del preside o del presidente del consorzio, all’organizzazione e al funzionamento dei servizi igienico-sanitari della provincia, indicati nel presente capo, sovraintende il medico provinciale.

Art. 98. Il medico provinciale, in relazione alle disposizioni contenute negli articoli precedenti, propone al preside il programma di azione per l’organizzazione e lo sviluppo dei servizi sanitari integrativi della provincia. Il programma è deliberato dal preside della provincia ed è approvato dal prefetto, sentito, nei riguardi tecnici, il Consiglio provinciale di sanità.

TITOLO II ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI E DELLE ARTI SANITARIE E DI ATTIVITÀ SOGGETTE A VIGILANZA SANITARIA

CAPO I Dell’esercizio delle professioni sanitarie

Art. 99. È soggetto a vigilanza l’esercizio della medicina e chirurgia, della veterinaria, della farmacia e delle professioni sanitarie ausiliarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata.  È anche soggetto a vigilanza l’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie. S’intendono designate con tale espressione le arti dell’odontotecnico, dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in questa ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori. Con Regio decreto, su proposta del Ministro per l’interno, sentiti il Ministro dell’educazione nazionale ed il Consiglio di Stato, possono essere sottoposte a vigilanza sanitaria altre arti, che comunque abbiano rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie, secondo le norme che sono determinate nel decreto medesimo. La vigilanza si estende: a) all’accertamento del titolo di abilitazione; b) all’esercizio delle professioni sanitarie e delle arti ausiliarie anzidette.

Art. 100. Nessuno può esercitare la professione di medico-chirurgo, veterinario, farmacista, levatrice, assistente sanitaria visitatrice, o infermiera professionale, se non sia maggiore di età ed abbia conseguito il titolo di abilitazione all’esercizio professionale, a norma delle vigenti disposizioni. Chiunque intende esercitare in un comune una di tali professioni, alla quale è abilitato a norma di legge, deve far registrare il diploma nell’ufficio comunale. Non sono soggetti a tale obbligo i medici e i chirurghi stranieri, espressamente chiamati per casi particolari. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila.

Art. 101. Il prefetto, contemporaneamente alla denuncia all’autorità giudiziaria per l’esercizio abusivo di una professione sanitaria, può disporre la chiusura del locale in cui la professione sanitaria sia stata abusivamente esercitata e il sequestro del materiale destinato all’esercizio di essa.

Art. 102. Il conseguimento di più lauree o diplomi dà diritto all’esercizio cumulativo delle corrispondenti professioni o arti sanitarie, eccettuato l’esercizio della farmacia che non può essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie. I sanitari che facciano qualsiasi convenzione con farmacisti sulla partecipazione agli utili della farmacia, quando non ricorra l’applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 170 e 172, sono puniti con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila.

Art. 103. Gli esercenti la professione di medico-chirurgo, oltre a quanto è prescritto da altre disposizioni di legge, sono obbligati:

a) a denunziare al podestà le cause di morte entro ventiquattro ore dall’accertamento del decesso;

b) a denunziare in modo circostanziato al medico provinciale, entro due giorni dall’accertamento, ogni caso di aborto, per il quale essi abbiano prestato la loro opera, o del quale siano venuti comunque a conoscenza nell’esercizio della loro professione. La denunzia, il cui contenuto deve rimanere segreto, e fatta secondo le norme indicate dal regolamento e non esime il sanitario dall’obbligo del referto ai sensi dell’art. 365 del Codice penale e dell’art. 4 del Codice di procedura penale:

c) a denunciare al podestà e all’ufficiale sanitario, entro due giorni dal parto al quale abbiano prestato assistenza, la nascita di ogni infante deforme;

d) a denunciare alle autorità predette, entro due giorni dall’accertamento, i casi di lesione da essi osservati, da cui sia derivata o possa derivare una inabilità al lavoro, anche parziale, di carattere permanente;

e) ad informare il medico provinciale e l’ufficiale sanitario dei fatti che possono interessare la sanità pubblica. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cento a mille. L’autorità giudiziaria comunica al prefetto, per estratto, la sentenza passata in giudicato.

CAPO II Del servizio farmaceutico

Sezione I Dell’autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia

Art. 104. L’autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia è data, con decreto, dal prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità e con l’osservanza delle norme contenute negli articoli seguenti. Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che non vi sia più di una farmacia per ogni cinquemila abitanti. Quando particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale, anche in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità, lo richiedano, può stabilirsi, in aggiunta o in sostituzione del criterio della popolazione, un limite di distanza, per il quale ogni nuova farmacia sia lontana almeno cinquecento metri da quelle esistenti. Il numero delle autorizzazioni per le farmacie rurali è determinato in base ai criteri indicati nel precedente comma, escluso quello della popolazione. Sono farmacie rurali quelle istituite in comuni o centri abitati con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti. Chiunque apra od eserciti una farmacia senza la autorizzazione anzidetta, è punito con l’arresto fino ad un mese e con l’ammenda da lire cinquecento a duemilacinquecento. Il prefetto, contemporaneamente alla denunzia all’autorità giudiziaria per il procedimento penale, dispone la chiusura dell’esercizio.

Art. 105. L’autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia, fatta eccezione per quelle indicate nell’art. 114, non può essere concessa che al vincitore di pubblico concorso per titoli, bandito dal prefetto e giudicato da apposita Commissione, presieduta dal vice prefetto e composta del medico provinciale, di un esperto in materia giuridica, di un farmacista e di un chimico-farmacista nominati dal prefetto al principio di ogni anno, su terne proposte dalle rispettive associazioni sindacali giuridicamente riconosciute, competenti per territorio. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 106. L’ammissione al concorso, indicato nel precedente articolo, non può essere consentita se non a chi: sia cittadino italiano, maggiore di età e nel possesso dei diritti civili; sia inscritto nell’albo professionale dei farmacisti; dimostri di possedere mezzi sufficienti per il regolare e completo esercizio della farmacia; e ciò anche mediante fideiussione o versamento di corrispondenti somme da parte di terzi.

Art. 107. Nella graduatoria del concorso hanno titolo di preferenze assoluta il figlio o, in difetto di figli, il coniuge del farmacista, la cui farmacia sia stata messa a concorso, purché siano abilitati all’esercizio della professione.

Art. 108. L’apertura e l’esercizio di una farmacia sono vincolati al pagamento della tassa speciale di concessione indicata nella tabella 3 annessa al presente testo unico. Il pagamento avviene in tre rate annuali, la prima delle quali deve essere corrisposta prima dell’apertura della farmacia. Il mancato pagamento delle altre rate importa la decadenza dall’autorizzazione. Sono esenti dal pagamento della tassa le farmacie esercitate da istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. In caso di morte del farmacista le rate non scadute non sono più dovute. La tassa predetta è ridotta alla misura di un quarto di quella dovuta dal titolare della farmacia principale, quando si tratti di farmacia succursale, istituita ai sensi dell’arti colo 116.

Art. 109. Nel decreto di autorizzazione, indicato nell’art. 104, è stabilita la località nella quale la farmacia deve avere la sua sede, tenendosi conto delle necessità dell’assistenza farmaceutica locale e delle altre disposizioni contenute nell’articolo stesso. L’autorizzazione è valevole solo per la detta sede. Ogni trasferimento della farmacia, entro i limiti della sede stessa, è subordinato all’approvazione del prefetto.  È tuttavia data facoltà al prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità, di autorizzare il trasferimento, nello stesso comune, di una farmacia da una sede a un’altra, quando in quest’ultima sede le farmacie esistenti siano inferiori di numero a quelle assegnate nella pianta organica e non possa farsi luogo all’autorizzazione per l’apertura di nuove farmacie nel comune, in dipendenza di quanto è disposto negli articoli 104 e 375. In mancanza di domanda e nella ipotesi preveduta nel precedente comma, il prefetto, sentiti il podestà del comune, il Consiglio provinciale di sanità e la Giunta provinciale amministrativa, può autorizzare l’impianto e l’esercizio di una farmacia in soprannumero alla pianta organica, anche in deroga alle disposizioni contenute nei su richiamati articoli del presente testo unico. I provvedimenti del prefetto, adottati a sensi degli ultimi due comma del presente articolo, sono definitivi.

Art. 110. L’autorizzazione all’esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa l’obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un’indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell’applicazione dell’imposta di ricchezza mobile nell’ultimo quinquennio. La commissione indicata nell’art. 105 accerta la somma che deve essere corrisposta a titolo di indennità di avviamento e, in mancanza di accordo tra le parti interessate, determina, in base a perizia, con decisione inappellabile, l’importo del rilievo degli arredi, provviste e dotazioni.

Art. 111. L’apertura e l’esercizio di una farmacia non possono aver luogo se non dopo che sia stata eseguita una ispezione, disposta dal prefetto, al fine di accertare che i locali, gli arredi, le provviste, la qualità e quantità dei medicinali sono regolari e tali da offrire piena garanzia di buon esercizio.

Art. 112. L’autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia è strettamente personale e non può essere ceduta o trasferita ad altri.  È vietato il cumulo di due o più autorizzazioni in una sola persona. Chi sia già autorizzato all’esercizio di una farmacia può concorrere all’esercizio di un’altra; ma decade di diritto dalla prima autorizzazione, quando, ottenuta la seconda, non vi rinunzi con dichiarazione notificata al prefetto entro dieci giorni dalla partecipazione del risultato del concorso. Nel caso di rinuncia l’autorizzazione è data ai concorrenti successivi in ordine di graduatoria e in mancanza, è bandito un nuovo concorso.

Art. 113. La decadenza dall’autorizzazione all’esercizio di una farmacia si verifica, oltre che nei casi preveduti negli articoli 108 e 111:

a) per la dichiarazione di fallimento dell’autorizzato, non seguita, entro quindici mesi, da sentenza di omologazione di concordato, divenuta esecutiva secondo l’art. 841 del Codice di commercio;

b) per mancato adempimento, da parte dell’autorizzato, all’obbligo di cui nell’art. 110;

c) per volontaria rinunzia dell’autorizzato;

d) per chiusura dell’esercizio durata oltre quindici giorni, che non sia stata previamente notificata al prefetto, o alla quale il prefetto non abbia consentito in seguito alla notificazione;

e) per constatata, reiterata o abituale negligenza e irregolarità nell’esercizio della farmacia o per altri fatti imputabili al titolare autorizzato, dai quali sia derivato grave danno alla incolumità individuale o alla salute pubblica;

f) per cancellazione definitiva dall’albo dei farmacisti;

g) per perdita della cittadinanza italiana;

h) per morte dell’autorizzato. La decadenza stessa, escluso il caso indicato nella lettera h), è pronunziata, con decreto, dal prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità.

Art. 114. Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nel caso in cui ne sia consentito l’esercizio dai fini dell’istituzione, possono essere autorizzate dal prefetto, sentiti il Consiglio provinciale di sanità e la Giunta provinciale amministrativa, a gestire farmacie interne, esclusa qualsiasi facoltà di vendita di medicinali al pubblico. La decadenza dalla relativa autorizzazione è pronunciata nel modo e nelle forme stabilite nell’articolo precedente:

a) per la fine dell’ente o della istituzione;

b) per volontaria rinunzia;

c) per abituale negligenza e irregolarità nell’esercizio della farmacia o per reiterata violazione del divieto di vendita al pubblico, avvenuta dopo formale diffida fatta dal prefetto alla legale rappresentanza dell’ente.

Art. 115. Per i comuni o centri abitati con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti, nei quali non esista farmacia e sia andato deserto il concorso aperto per la istituzione e l’esercizio della medesima, è stabilita una speciale indennità di residenza a favore del farmacista nominato in seguito a con corso. L’indennità di residenza, in misura non superiore alle lire quattromila annue, è determinata dalla Commissione indicata nell’art. 105, sentito il podestà del comune interessato, al quale fa carico l’onere relativo, salvo rimborso di una quota, sino al massimo di due terzi, da parte del Ministero dell’interno. L’importo complessivo dei rimborsi non può eccedere, in ciascun anno, l’introito derivante da uno speciale contributo che sarà corrisposto da tutte le farmacie, escluse quelle rurali indicate nel quinto comma dell’art. 104. Le disposizioni relative alla misura e alle modalità di applicazione e riscossione del contributo ed ai rimborsi di quote delle indennità ai comuni, anche con pagamenti in conto, sono emanate con Regio decreto su proposta del Ministro per l’interno di concerto con quello per le finanze.

Art. 116. Per provvedere ai bisogni dell’assistenza farmaceutica nelle stazioni di cura, il prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità, può autorizzare l’apertura, nelle stazioni stesse, di farmacie succursali, limitatamente a un periodo dell’anno che viene determinato nel decreto di autorizzazione, sentita l’azienda per l’amministrazione delle stazioni, ovvero l’amministrazione municipale, quando il comune, luogo di cura, sia stato dispensato dal costituire l’azienda separata. Alle farmacie predette si applicano, in quanto possibile o non sia diversamente stabilito, le disposizioni del presente capo.

Art. 117. L’autorizzazione preveduta nel precedente articolo, e conferita in seguito a concorso espletato con le norme stabilite negli articoli 105 e seguenti del presente testo unico. Al concorso possono partecipare soltanto i titolari delle farmacie regolarmente in esercizio nel comune, sede della stazione o luogo di cura. Qualora, però, nel comune esista un’unica farmacia, è in facoltà del prefetto di concedere l’autorizzazione, senza concorso, al titolare di detta farmacia, oppure di bandire un concorso tra i titolari delle farmacie della provincia. Nei concorsi preveduti nel presente articolo, a parità di ogni altra condizione, costituisce titolo di preferenza la maggiore vicinanza della farmacia, della quale il concorrente è titolare, alla stazione o luogo di cura.

Art. 118. Il titolare autorizzato all’esercizio della succursale può essere dichiarato decaduto dall’autorizzazione per la constatata inadempienza agli obblighi stabiliti nell’art. 120. La decadenza pronunciata in confronto dell’esercizio principale produce, di pieno diritto, la decadenza dall’esercizio della succursale.

Sezione II Dell’esercizio della farmacia

Art. 119. Il titolare autorizzato di ciascuna farmacia è personalmente responsabile del regolare esercizio della farmacia stessa, e ha l’obbligo di mantenerlo ininterrottamente, secondo le norme e gli orari che, per ciascuna provincia, sono stabiliti dal prefetto con provvedimento definitivo, avuto riguardo alle esigenze dell’assistenza farmaceutica, nelle varie località e tenuto conto del riposo settimanale. Egli può farsi sostituire temporaneamente nell’esercizio da un farmacista laureato o diplomato, dandone avviso al prefetto. Il titolare di una farmacia, che intenda sospenderne o farne cessare l’esercizio, è tenuto a darne notificazione al prefetto almeno un mese prima. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cinquecento a duemila.

Art. 120. Il farmacista, autorizzato all’esercizio della succursale ai termini dell’art. 116, deve preporre alla effettiva sua direzione un farmacista diplomato o laureato, il quale è tenuto alla presenza ininterrotta nella succursale per tutto il periodo in cui questa è aperta, a norma del decreto di autorizzazione. La designazione del farmacista direttore deve essere notificata al prefetto dal titolare autorizzato, almeno otto giorni prima dell’apertura della succursale. L’obbligo della notifica sussiste ugualmente per ogni successiva sostituzione del farmacista direttore.

Art. 121. Le farmacie delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, prevedute nell’art. 114, debbono avere per direttore responsabile un farmacista inscritto nell’albo professionale. Il direttore ha l’obbligo di risiedere in permanenza nella farmacia. Le deliberazioni e gli atti di nomina e di sostituzione dei farmacisti direttori sono soggetti all’approvazione del prefetto. Il provvedimento del prefetto è definitivo. Anche alle farmacie, adibite ad esclusivo servizio interno degli istituti militari, deve essere preposto, come direttore responsabile, un farmacista diplomato.

Art. 122. La vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non è permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilità del titolare della medesima. Sono considerati medicinali a dose o forma di medicamento, per gli effetti della vendita al pubblico, anche i medicamenti composti e le specialità medicinali, messi in commercio già preparati e condizionati secondo la formula stabilita dal produttore. Tali medicamenti composti e specialità medicinali debbono portare sull’etichetta applicata a ciascun recipiente la denominazione esatta dei componenti con la indicazione delle dosi; la denominazione deve essere quella usuale della pratica medica, escluse le formule chimiche. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila.

Art. 123. Il titolare della farmacia deve curare: a) che la farmacia sia provvista delle sostanze medicinali prescritte come obbligatorie nella farmacopea ufficiale: b) che in essa si conservino e siano ostensibili al pubblico un esemplare di detta farmacopea e uno della tariffa ufficiale dei medicinali; c) che sia conservata copia di tutte le ricette e, qualora si tratti di veleni somministrati dietro ordinazione di medico chirurgo o veterinario, siano conservate le ricette originali, prendendo nota del nome delle persone alle quali furono consegnate e dandone copia all’acquirente che la domandi. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cento a duemila. Il titolare deve inoltre curare che i medicinali, dei quali la farmacia è provvista, non siano n è guasti n è imperfetti. In caso di trasgressione a tale obbligo si applicano le pene stabilite dall’art. 443 del Codice penale. Nei casi preveduti nel presente articolo, il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, può ordinare la sospensione dall’esercizio della farmacia da cinque giorni ad un mese e, in caso di recidiva, può pronunciare la decadenza dell’autorizzazione ai termini dell’art. 113, lettera e).

Art. 124. Il Ministero dell’interno ogni cinque anni rivede e pubblica la farmacopea ufficiale. A questa sono allegati: a) l’elenco dei prodotti che il farmacista non può vendere se non in seguito a presentazione di ricetta medica, anche quando detti prodotti fanno parte di medicamenti composti o di specialità medicinali; b) l’elenco dei prodotti la vendita dei quali è libera tutti senza restrizione; c) l’elenco dei prodotti che i non farmacisti sono autorizzati a vendere al pubblico, sotto l’osservanza delle speciali condizioni e restrizioni che sono determinate nel regolamento, con l’indicazione delle quantità minime di vendita.

Art. 125. Ogni due anni, a cura del Ministero dell’interno, è pubblicata la tariffa dei medicinali per la vendita al pubblico. I prezzi indicati nella tariffa non possono essere superati. Su tali prezzi è stabilito lo sconto minimo che i farmacisti debbono, in ogni caso, concedere alle Amministrazioni pubbliche e private tenute per legge, regolamenti, statuti o tavole di fondazione alla somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri, e che abbiano, comunque, carattere di opere di assistenza e beneficenza. Il prezzo, cui possono essere venduti al pubblico le specialità medicinali, i prodotti opoterapici e biologici, i fermenti solubili e organizzati e, in genere, tutti i prodotti affini, nonché i sieri, vaccini, virus, tossine, arseno-benzoli semplici e derivati deve essere segnato sull’etichetta. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cinquecento a duemila e, in caso di recidiva, anche con l’arresto fino a un mese. Indipendentemente dall’azione penale, il prefetto può ordinare la chiusura fino a un mese della farmacia; in caso di recidiva può dichiarare la decadenza dall’autorizzazione all’esercizio ai termini dell’art. 113.

Art. 126. Il prefetto, quando la somministrazione di medicinali può riuscire pericolosa per la salute pubblica, indipendentemente dal procedimento penale, ha facoltà di vietare la vendita al pubblico del prodotto e ordinarne il sequestro.

Art. 127. Nel corso di ciascun biennio tutte le farmacie debbono essere ispezionate dal medico provinciale che può anche compiere ispezioni straordinarie. Nelle dette ispezioni il medico provinciale è assistito di regola da un farmacologo o da un dottore in chimica e farmacia o da un dottore in farmacia designato dal prefetto. Se il risultato dell’ispezione non sia stato soddisfacente, il titolare autorizzato è diffidato a mettersi in regola entro un termine perentorio, decorso il quale infruttuosamente, il prefetto pronunzia la decadenza dall’autorizzazione.

Art. 128. I titolari delle farmacie sono tenuti al pagamento di una tassa annuale di ispezione nella misura risultante nella tabella n. 3 annessa al presente testo unico. La tassa predetta è ridotta alla misura di un quarto di quella dovuta dal titolare della farmacia principale, quando si tratta di farmacia succursale, istituita ai sensi dell’articolo 116. La riscossione della tassa ha luogo con le forme e i mezzi stabiliti nelle vigenti norme per la riscossione delle imposte dirette, in base agli elenchi compilati annualmente entro il mese di novembre, dagli uffici distrettuali delle imposte dirette e resi esecutori dal prefetto.

Art. 129. In caso di sospensione o di interruzione di un esercizio farmaceutico, dipendenti da qualsiasi causa, e dalle quali sia derivato o possa derivare nocumento all’assistenza farmaceutica locale, il prefetto adotta i provvedimenti di urgenza per assicurare tale assistenza. Se il titolare sia stato dichiarato fallito e il curatore, durante i quindici mesi preveduti nell’art. 113, lettera a), per la eventuale decadenza, sia stato autorizzato all’esercizio provvisorio, ed all’esercizio medesimo non sia preposto lo stesso fallito, la nomina di un sostituto, che ha la responsabilità del servizio, è soggetta all’approvazione del prefetto. I provvedimenti del prefetto sono definitivi.

CAPO III Delle professioni sanitarie ausiliarie

Sezione I Delle infermiere diplomate

Art. 130. Le Università con facoltà di medicina e chirurgia, i comuni, le istituzioni pubbliche di beneficenza e altri enti morali, possono essere autorizzati con decreto del Ministro per l’interno, di concerto col Ministro per l’educazione nazionale e sentito il Consiglio superiore di sanità, a istituire scuole convitto professionali per infermiere. Gli enti indicati nel comma precedente, quando dispongano di servizi adeguati alle necessità del tirocinio tecnico, possono essere autorizzati, nelle forme predette, a istituire scuole per assistenti sanitarie visitatrici. Tali scuole sono sottoposte alla vigilanza dei Ministeri dell’interno e dell’educazione nazionale.

Art. 131. Speciali comitati costituiti allo scopo possono essere autorizzati, con le modalità indicate nell’articolo precedente, ad istituire scuole convitto professionali per infermiere. Dette scuole possono essere erette in ente morale, con decreto del Ministro per l’interno, sentiti il Consiglio superiore di sanità ed il Consiglio di Stato.

Art. 132. Il Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, di concerto con quello per l’educazione nazionale, approva i progetti tecnico-sanitari per l’impianto ed il funzionamento delle scuole e determina i programmi di insegnamento e di esame da adottarsi nelle medesime.

Art. 133. Le scuole convitto professionali per infermiere debbono funzionare presso un pubblico ospedale dotato di reparti di medicina e chirurgia che abbiano sufficiente disponibilità di servizi in proporzione al numero delle allieve e provvedere con le proprie infermiere (capo sala, infermiere diplomate, allieve) alla assistenza immediata di una parte, almeno, delle corsie dell’ospedale. Qualora, in una determinata località, non sia possibile istituire scuole convitto professionali per infermiere presso ospedali pubblici, il Ministero dell’interno, di concerto con quello dell’educazione nazionale, può autorizzare la istituzione di dette scuole anche presso istituti privati, purché rispondano ai requisiti indicati nel comma precedente.

Art. 134. Nelle scuole convitto professionali per infermiere l’insegnamento teorico pratico deve essere impartito da medici competenti, dalla direttrice e dalle capo sala. La direzione delle scuole-convitto deve essere andata ad una infermiera che abbia conseguito in una scuola-convitto italiana il diploma e il certificato di abilitazione a funzioni direttive, preveduti negli articoli seguenti, e che abbia tenuto con lode, per almeno un biennio, funzioni direttive dell’assistenza infermiera in un reparto ospitaliero del Regno.

Art. 135. Nelle scuole convitto le allieve compiono un corso biennale teorico pratico, con relativo tirocinio. Quelle che alla fine del biennio abbiano superato apposito esame conseguono un diploma di stato per l’esercizio della professione di infermiera. Presso le scuole convitto può essere istituito un terzo anno di insegnamento per l’abilitazione a funzioni direttive. Le allieve, che, dopo aver conseguito il diploma di stato per l’esercizio della professione di infermiera, abbiano superato con esito favorevole anche gli esami del terzo corso, conseguono uno speciale certificato di abilitazione.

Art. 136. Nelle scuole specializzate per assistenti sanitarie visitatrici sono ammesse soltanto le infermiere che siano provviste del diploma per l’esercizio della professione di infermiera. Esse compiono un corso annuale che comprende: a) nozioni teorico-pratiche impartite da insegnanti competenti; b) un tirocinio pratico, sotto la direzione di un’assistente sanitaria o di persona di riconosciuta competenza e comprovata pratica. Le allieve, che alla fine del corso abbiano superato apposito esame, conseguono un diploma di stato per l’esercizio della professione di assistente sanitaria visitatrice.

Art. 137. Il diploma per l’esercizio della professione di infermiera, conseguito ai sensi dell’articolo 135, è necessario per ottenere la nomina a capo sala; costituisce inoltre titolo di preferenza per l’assegnazione a posti di servizio di assistenza infermiera negli ospedali dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza e di altri enti morali. Il certificato di abilitazione a funzioni direttive, indicato nell’articolo suddetto, costituisce titolo di preferenza per la direzione di scuole convitto per infermiere e per la direzione dell’assistenza infermiera negli ospedali indicati nel comma precedente. Il possesso del diploma di assistente sanitaria visitatrice costituisce titolo di preferenza per l’assunzione a posti di servizio nelle istituzioni di assistenza sanitaria sociale e nelle opere di igiene e profilassi urbana e rurale, sotto la direzione e responsabilità del personale medico.

Art. 138. Per la costruzione delle scuole prevedute negli articoli 130 e 131 possono essere concesse le agevolazioni stabilite nelle vigenti disposizioni per la costruzione di opere igieniche. Il Ministero dell’interno può concedere contributi per il funzionamento di dette scuole.

Sezione II Delle levatrici

Art. 139. La levatrice deve richiedere l’intervento del medico chirurgo non appena nell’andamento della gestazione o del parto o del puerperio di persona alla quale, presti la sua assistenza riscontri qualsiasi fatto irregolare. A tale scopo deve rilevare con diligenza tutti i fenomeni che si svolgono nella gestante o partoriente o puerpera. In caso di inosservanza di tale obbligo è punita con l’ammenda fino a lire cinquecento e nei casi anche con l’arresto fino a tre mesi, salva l’applicazione delle disposizioni del Codice penale quando il fatto costituisca reato. La levatrice ha inoltre l’obbligo di denunziare al podestà e all’ufficiale sanitario, entro due giorni dal parto al quale abbia prestato assistenza, la nascita d’ogni infante de forme. La trasgressione a tale obbligo è punita con l’ammenda da lire cento a mille.

CAPO IV Delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie

Art. 140. Chiunque intenda esercitare un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie deve aver raggiunto la maggiore età ed essere munito di licenza, rilasciata, dalle scuole appositamente istituite per impartire l’insegnamento delle arti medesime. I limiti e le modalità di esercizio delle singole arti sono determinati nel regolamento, emanato su proposta del Ministro per l’interno, di concerto con quello per l’educazione nazionale. La istituzione delle scuole indicate nel primo comma è autorizzata con decreto Reale promosso dal Ministro per l’interno, di concerto con quello per l’educazione nazionale.

Art. 141. Chiunque, non trovandosi in possesso della licenza prescritta nell’articolo precedente o dell’attestato di abilitazione rilasciato a norma delle disposizioni transitorie del presente testo unico, esercita un’arte ausiliaria è punito con la multa da lire cinquecento a mille. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento giudiziario per l’esercizio abusivo di un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie, può ordinare la chiusura temporanea del locale, nel quale l’arte sia stata abusivamente esercitata e il sequestro del materiale destinato all’esercizio di essa. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 142. Le licenze di abilitazione rilasciate ai sensi dell’art. 140 sono soggette alla tassa di concessione governativa nella misura stabilita nella tabella n. 4, annessa al presente testo unico.

CAPO V Dell’esercizio di attività soggette a vigilanza sanitaria

Sezione I Disposizioni generali

Art. 143. Sono soggetti a vigilanza, agli effetti della sanità pubblica, i fabbricanti e commercianti di prodotti chimici e preparati farmaceutici, di colori, di droghe, di profumi e di acque e fanghi minerali. Sono soggetti altresi’ a vigilanza, ai fini della tutela della sanità pubblica, la preparazione, il deposito e l’impiego di gas tossici. Le autorità sanitarie possono, nell’interesse della sanità pubblica, fare eseguire visite nei locali di produzione e smercio delle sostanze indicate nei comma precedenti.

Sezione II Delle officine agi prodotti chimici e di preparati galenici

Art. 144. L’apertura di nuove officine di prodotti chimici usati in medicina e di preparati galenici è sottoposta ad autorizzazione del Ministro per l’interno, il quale la concede sentito il Consiglio superiore di sanità, tenuta presente la opportunità dell’apertura in rapporto alle esigenze del servizio e previo accertamento che l’officina, per attrezzatura tecnica e per idoneità dei locali, dà affidamento per l’ottima qualità delle produzioni e delle preparazioni. L’autorizzazione è in ogni caso negata o revocata quando risulti che l’officina non è diretta in modo continuativo da persona munita, di laurea in chimica o in chimica e farmacia o in farmacia o di diploma in farmacia e iscritta nell’albo professionale. È vietato il cumulo nella stessa persona della direzione tecnica di più officine. E pure vietato il cumulo della direzione di una farmacia con la direzione di una officina, tranne che questa sia di proprietà del farmacista e in diretta comunicazione con la farmacia. Chiunque eserciti un’officina senza autorizzazione, ovvero senza che alla stessa sia preposta persona munita dei prescritti requisiti è punito con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, ordina la chiusura dell’officina quando questa sia stata aperta senza autorizzazione o sia diretta da persona non munita del titolo prescritto. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 145. Nel corso di ciascun biennio le officine indicate nel precedente articolo debbono essere ispezionate dal medico provinciale, che può anche compiere ispezioni straordinarie. Nelle dette ispezioni il medico provinciale è assistito, di regola, da un farmacologo o da un dottore in chimica o da un dottore in chimica e farmacia, designato dal prefetto. Se il risultato dell’ispezione non è soddisfacente, il proprietario o conduttore dell’officina è diffidato dal prefetto a mettersi in regola entro un termine perentorio, decorso il quale infruttuosamente, il prefetto ordina la chiusura. I proprietari o conduttori delle officine predette sono tenuti al pagamento di una tassa annua di ispezione nella stessa misura stabilita nell’art. 128 del presente testo unico per i proprietari autorizzati di farmacie.

Sezione III Del commercio di sostanze velenose

Art. 146. Chiunque, non essendo farmacista o commerciante di prodotti chimici, di droghe e di colori, fabbrica, detiene per vendere, vende o in qualsiasi modo distribuisce sostanze velenose, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire cinquecento a cinquemila. I farmacisti, i droghieri, i fabbricanti di prodotti chimici autorizzati a tenere sostanze velenose e coloro che per l’esercizio della loro arte o professione ne fanno uso, se non tengono tali sostanze custodite in armadi chiusi a chiave e in recipienti con l’indicazione del contenuto e con il contrassegno delle sostanze velenose, sono puniti con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda non inferiore a lire duemila.

Art. 147. I farmacisti, i droghieri, i fabbricanti di prodotti chimici e chiunque in qualsiasi modo faccia commercio di colori o di prodotti chimici per uso industriale e agricolo non possono vendere sostanze velenose che a persone conosciute o che, non essendo da loro conosciute, siano munite di un attestato dell’autorità, di pubblica sicurezza indicante il nome e cognome, l’arte o la professione del richiedente, e dimostrino di aver bisogno delle sostanze stesse per l’esercizio dell’arte o della professione. In ogni caso debbono notare in un registro speciale da presentarsi all’autorità sanitaria a ogni richiesta, la quantità e la quanta delle sostanze velenose vendute, il giorno della vendita col nome e cognome e domicilio, arte o professione dell’acquirente. Il contravventore e punito con l’ammenda da lire duecento a duemila. A detta pena può essere aggiunta la sospensione dall’esercizio della professione o dell’arte fino a tre mesi.

Sezione IV Del commercio di sostanze stupefacenti e dei provvedimenti per reprimerne gli abusi

Art. 148. L’elenco delle sostanze tossiche aventi azione stupefacente e approvato con decreto del Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, tenuto conto di quanto sia stabilito nelle convenzioni internazionali.

Art. 149. La coltivazione del papavero (papaver somniferum L.) e la raccolta delle capsule di papavero possono aver luogo soltanto in seguito a speciale autorizzazione del Ministro per l’interno, che, nel concederla, determina, caso per caso, sentito quello per l’agricoltura e per le foreste, le condizioni e le garanzie alle quali essa è subordinata. Chiunque, senza l’autorizzazione predetta, coltivi il papavero o raccolga capsule di papavero o non osservi le condizioni e garanzie, alle quali l’autorizzazione è subordinata, è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila. In caso di recidiva la pena è sempre dell’arresto.

Art. 150. La produzione dell’oppio grezzo e di altre sostanze o preparati ad azione stupefacente non può aver luogo senza autorizzazione del Ministro per l’interno. Chiunque produce l’oppio grezzo o altre sostanze o preparati stupefacenti senza l’autorizzazione predetta è punito con l’arresto da sei mesi a due anni o con l’ammenda da lire duemila a diecimila. In caso di recidiva la pena è sempre dell’arresto.

Art. 151. Chiunque intende importare, esportare, ricevere per il transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere oppio grezzo o altre sostanze o preparati ad azione stupefacente, deve munirsi dell’autorizzazione del prefetto della provincia nella quale risiede. In caso di violazione si applicano le pene stabilite nell’art. 446, comma primo, del Codice penale. Sono escluse dall’obbligo dell’autorizzazione le farmacie per quanto riguarda la vendita o la somministrazione delle sostanze anzidette a dose o forma di medicamento.

Art. 152. Chiunque, essendo autorizzato a vendere sostanze o preparati ad azione stupefacente, a dose o forma di medicamento, le vende e somministra senza prescrizione, o in quantità superiore a quella prescritta o a persona che non sia munita di carta di identità o altro documento equivalente, ovvero vende o somministra morfina, diacetilmorlina, cocaina e loro sali, altrimenti che in pomata o in soluzione o comunque in modo diverso dalle speciali preparazioni, determinate con decreto del Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, è punito con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda, da lire mille a diecimila, sempre che il fatto non costituisca reato più grave.

Art. 153. Le pene stabilite nell’art. 446 del Codice penale si applicano anche a carico del medico o del veterinario che, allo scopo di favorire l’abuso delle sostanze stupefacenti, rilascia prescrizioni contenenti sostanze o preparati ad azione stupefacente senza che vi sia una necessità curativa o in proporzioni superiori ai bisogni della cura.

Art. 154. I medici chirurghi ed i veterinari, che prescrivono comunque sostanze o preparati ad azione stupefacente, debbono indicare chiaramente nelle ricette, che dovranno essere scritte con mezzo indelebile, il cognome, il nome e il domicilio dell’ammalato al quale le rilasciano ovvero del proprietario dell’animale ammalato; segnarvi in tutte lettere la dose della sostanza prescritta e l’indicazione del modo di somministrazione o di applicazione nei riguardi del mezzo e del tempo; apporre sulla prescrizione stessa la data e la firma. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila. I direttori di ospedali, ambulatori, istituti di cura in genere e case per gestanti ed i titolari dei gabinetti privati per l’esercizio delle professioni sanitarie possono rilasciare prescrizioni per acquistare sostanze o preparati ad azione stupefacente nella quantità occorrente per i normali bisogni degli ospedali, ambulatori, istituti, case e gabinetti predetti, senza le indicazioni prescritte nel primo comma. Essi debbono tenere un registro di carico e scarico delle sostanze e preparati acquistati, nel quale deve essere giustificato l’impiego delle sostanze medesime.

Art. 155. Chiunque, essendo autorizzato a vendere sostanze stupefacenti a dose o forma di medicamento, le vende su presentazione di ricetta che non sia redatta secondo le norme dell’articolo precedente o a persona che non sia munita di carta di identità o di documento equivalente, ovvero omette di annotare sulla ricetta la data di spedizione, di registrare la prescrizione nel registro copia ricette e di conservarla in originale è punito con l’arresto fino ad un anno o con la ammenda da lire duemila a lire cinquemila. In caso di recidiva la pena è sempre dell’arresto oltre alla sospensione dall’esercizio della professione per una durata pari a quella della pena inflitta.

Art. 156. Il sanitario che assiste o visita persona affetta da intossicazione cronica, prodotta da sostanze o preparati ad azioni stupefacente, deve farne denunzia, entro due giorni, all’autorità di pubblica sicurezza. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire due cento a duemila. Nel caso di recidiva alla pena dell’ammenda e sostituite l’arresto fino a un anno oltre alla sospensione dall’esercizio della professione per una durata pari a quella della pena inflitta.

Art. 157. Chi, a causa di grave alterazione psichica per abituale abuso di sostanze o preparazioni stupefacenti, si rende comunque pericoloso a s è e agli altri o riesce di pubblico scandalo, può essere coattivamente ricoverato in una casa di salute per essere sottoposto alla cura disintossicante. L’ammissione nella casa di salute deve essere chiesta dai parenti, tutori o protutori dell’infermo o dall’autorità di pubblica sicurezza ed è autorizzata dal pretore, previo accertamento medico. In caso di urgenza il ricovero è disposto provvisoriamente dall’autorità di pubblica sicurezza, salvo i provvedimenti definitivi dell’autorità giudiziaria. A tali ricoveri si applicano, in quanto possibile, le disposizioni contenute nella legge sui manicomi e sugli alienati.

Art. 158. Il prefetto, indipendentemente dalla denunzia all’autorità giudiziaria per il procedimento penale, nel caso di trasgressione alle disposizioni contenute nella presente sezione od a quelle sancite dagli articoli 445, 446, 447, 729 e 730 de, Codice penale, può ordinare la chiusura temporanea o permanente del locale, ove sono state consumate le trasgressioni stesse, e la sospensione o la revoca della autorizzazione concessa. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 159. Con decreto del Ministro per l’interno possono essere aggregate al Consiglio superiore di sanità, per la trattazione degli affari indicati nella presente sezione, persone particolarmente competenti nella materia.

Art. 160. Ferma l’iniziativa del pubblico ministero per i fatti che costituiscono reato, la vigilanza e il controllo sull’osservanza delle norme contenute nella presente sezione e di quelle emanate col regolamento, spettano al Ministro per l’interno, che li esercita a mezzo dei prefetti, coadiuvati dagli organi dipendenti, dagli ufficiali e agenti della forza pubblica e, per quanto riguarda la vigilanza e il controllo sulle navi e sulle aeronavi, dalle Capitanerie di porto e dai Comandi di aeroporto.

Sezione V Della produzione e del commercio di specialità medicinali

Art. 161. Nessuna officina di prodotti chimici usati in medicina o di preparati galenici può produrre, a scopo di vendita, una specialità medicinale, senza l’autorizzazione del Ministro per l’interno. Il proprietario o conduttore delle officine predette che contravvenga alle disposizioni del precedente comma è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, può, in caso di recidiva, ordinare la chiusura dell’officina. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 162. Nessuna specialità medicinale può essere messa in commercio senza registrazione da parte del Ministero dell’interno. La registrazione può essere concessa anche per determinate serie e categorie di specialità. Prima di concedere la registrazione, il Ministero ha facoltà di sottoporre la specialità a un esame diretto ad accertare: a) se abbia una composizione qualitativa e quantitativa corrispondente a quella denunziata; b) se i prodotti che la compongono abbiano i necessari requisiti di purezza; c) se le eventuali indicazioni terapeutiche corrispondano alla reale composizione del prodotto. Lo Stato non assume, per il fatto della registrazione, alcuna responsabilità.

Art. 163. Non possono in nessun caso essere registrate specialità che vantino: a) proprietà ed effetti contrari, in qualsiasi modo, alla morale e al buon costume; b) virtù terapeutiche speciali per quelle infermità che sono determinate dal regolamento. Art. 164. L’autorizzazione a produrre specialità medicinali e la concessione della registrazione, secondo i precedenti articoli, sono soggette a revoca.

Art. 165. Le specialità medicinali registrate, che venissero successivamente variate nella loro composizione, debbono ottenere una nuova registrazione da parte del Ministero dell’interno. Art. 166. Le specialità medicinali provenienti dall’estero, pronte e confezionate per l’uso, non possono essere poste in commercio senza la preventiva registrazione del Ministero dell’interno, a meno che non sia diversamente stabilito nelle convenzioni internazionali. A tali specialità sono estese, per quanto applicabili, le disposizioni della presente sezione.

Art. 167.  È data facoltà al Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, di stabilire a quali delle specialità medicinali debba essere applicata, per quanto concerne la vendita al pubblico, la disposizione contenuta nella lettera c) dell’art. 123, relativa all’obbligo da parte del farmacista della conservazione della ricetta originale nel caso di somministrazione di veleni.

Art. 168. I produttori e commercianti di specialità medicinali che mettono in commercio specialità non registrate o specialità, delle quali sia stata revocata la registrazione o della quale sia stata modificata la composizione, sono puniti con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da lire mille a cinquemila. A tali pene è aggiunta la chiusura fino a tre mesi, o fino a un anno in caso di recidiva, dell’officina in cui sia stata pro dotta la specialità. Il Ministro per l’interno, indipendentemente dal procedimento penale, provvede al sequestro della specialità ovunque si trovi e può ordinare l’immediata chiusura dell’officina nella quale sia stata prodotta la specialità non registrata o della quale sia stata revocata la registrazione.

Art. 169. Il farmacista che abbia messo in vendita o che detenga per vendere specialità medicinali non registrate o specialità, delle quali sia stata revocata la registrazione o della quale sia stata modificata la composizione, è punito con l’ammenda da lire mille a tremila, e con la sospensione dall’esercizio professionale fino a un mese. In caso di recidiva, la pena è dell’arresto da uno a tre mesi, della ammenda da lire duemila a seimila e della sospensione dall’esercizio professionale per un periodo da uno a tre mesi. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, può ordinare la chiusura della farmacia per un periodo di tempo dai quindici ai trenta giorni. In caso di recidiva, può pronunziare la decadenza dall’esercizio della farmacia a termini dell’art. 113.

Art. 170. Il medico o il veterinario che ricevano, per s è o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accettino la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico, sono puniti con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda da lire duemila a cinquemila. La pena è sempre dell’arresto nel caso di recidiva. Se il fatto violi pure altre disposizioni di legge, si applicano le relative sanzioni secondo le norme sul concorso dei reati. La condanna all’arresto importa la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo di tempo pari alla durata della pena inflitta.

Art. 171. Il farmacista che riceva per s è o per altri denaro o altra utilità ovvero ne accetti la promessa, allo scopo di agevolare in qualsiasi modo la diffusione di specialità medicinali o dei prodotti indicati nell’articolo precedente, a danno di altri prodotti o specialità dei quali abbia pure accettata la vendita, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda da lire duemila a cinquemila. La pena è sempre dell’arresto nel caso di recidiva. Se il fatto violi altre disposizioni di legge, si applicano anche le relative sanzioni secondo le norme sul concorso dei reati. La condanna all’arresto importa la sospensione dall’esercizio della professione per un tempo pari alla durata della pena inflitta. Indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale il prefetto può, con decreto, ordinare la chiusura della farmacia per un periodo da uno a tre mesi, e in caso di recidiva pronunciare la decadenza dall’esercizio della farmacia.

Art. 172. Le pene stabilite negli articoli 170 e 171, primo e secondo comma, si applicano anche a carico di chiunque dà o promette al sanitario o al farmacista denaro o altra utilità. Se il fatto sia commesso dai produttori o dai commercianti delle specialità e dei prodotti indicati nei detti articoli, il Ministro per l’interno, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale, può ordinare, con decreto, la chiusura dell’officina di produzione e del locale ove viene esercitato il commercio per un periodo da uno a tre mesi e, in caso di recidiva, ne può disporre la chiusura definitiva. Il Ministro può, inoltre revocare la registrazione delle specialità medicinali o l’autorizzazione a preparare o importare per la vendita ogni altro prodotto ad uso farmaceutico.

Art. 173.  È vietato il commercio, sotto qualsiasi forma, dei campioni medicinali. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cinque cento a duemila.

Art. 174. Le condizioni necessarie per ottenere l’autorizzazione a produrre specialità medicinali e le modalità con le quali possono essere registrate e messe in commercio, anche per quanto si riferisce al prezzo di vendita, le specialità medicinali nazionali ed estere, sono determinate nel regolamento. Nel regolamento sono determinati anche i prodotti che, a termini dell’art. 122, debbono essere considerati come specialità medicinali e le limitazioni che possono essere imposte alla pubblicità, sotto qualsiasi forma, relativa al commercio di esse.

Art. 175. Il parere del Consiglio superiore di sanità deve essere sentito tutte le volte che si intende negare o revocare la registrazione di una specialità medicinale.

Art. 176. A cura dei Ministero dell’interno è pubblicato, ogni semestre, con le modalità indicate nel regolamento, un elenco ufficiale delle specialità medicinali nazionali ed estere registrate, di quelle per le quali è stata autorizzata la variazione e di quelle per le quali è intervenuta la revoca della registrazione.

Art. 177.  È fatto obbligo ai farmacisti di tenere in farmacia in modo ostensibile al pubblico l’elenco ufficiale delle specialità medicinali registrate dal Ministero, indicato nell’articolo precedente. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cinquanta a duecento.

Art. 178. I produttori di specialità medicinali sono tenuti al pagamento delle tasse di concessione, indicate nella tabella n. 5 annessa al presente testo unico. Le forme e i mezzi per la riscossione di tali tasse sono stabiliti nel regolamento.

Art. 179. Con decreto del Ministro per l’interno possono essere aggregate al Consiglio superiore di sanità, per la trattazione degli affari indicati nella presente sezione, persone particolarmente competenti nella materia.

Sezione VI Della fabbricazione e vendita e dell’impiego dei sieri, vaccini e prodotti assimilati e della preparazione degli autovaccini

Art. 180. Nessuno può fabbricare senza l’autorizzazione del Ministro per l’interno, a scopo di vendita, vaccini, virus sieri, tossine ogni altro prodotto simile determinato con decreto del Ministro stesso. La fabbricazione e la vendita dei suddetti prodotti sono inoltre soggette a vigilanza da parte dello Stato, al fine di assicurarne la purezza, senza pregiudizio della vigilanza spettante alla autorità sanitaria, comunale. Il Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, determina con proprio decreto quali fra i prodotti suddetti, prima di essere messi in commercio, debbono essere sottoposti a controllo nell’istituto di sanità pubblica, per verificarne l’innocuità, la purezza ed eventualmente l’efficacia. La spesa del controllo è a carico del produttore.

Art. 181. Lo smercio nel Regno dei prodotti indicati nell’articolo precedente, preparati all’estero, può essere autorizzato dal Ministro per l’interno, su parere favorevole del Consiglio superiore di sanità, quando i prodotti esteri siano stati fabbricati nei rispettivi Stati con garanzie equivalenti a quelle stabilite per i prodotti nazionali.  È salvo in ogni caso il diritto di sottoporre a controllo i prodotti esteri, ogni qualvolta sia ritenuto necessario, anche se il controllo medesimo sia fatto all’estero.

Art. 182. I prodotti opoterapici, quelli chiamati chemioterapici, con azione specifica, contro determinate infezioni, i fermenti solubili od organizzati ed in genere tutti i prodotti biologici adoperati per uso terapeutico sono soggetti alle norme della presente sezione. Il parere del Consiglio superiore di sanità deve essere sentito tutte le volte che si intende negare o revocare permessi di fabbricazione e vendita dei prodotti indicati nel comma precedente e nel comma primo dell’art. 180.

Art. 183. Quando l’uso di sieri, vaccini, virus, tossine e prodotti assimilati sia reso obbligatorio, per intervento profilattico e curativo anche a scopo veterinario, la somministrazione degli stessi può essere fatta direttamente dagli istituti produttori, gli uffici sanitari provinciali, i quali ne curano l’impiego sotto la loro vigilanza.

Art. 184. L’impiego a scopo profilattico o terapeutico di sieri, vaccini, virus, tossine e prodotti assimilati, nonché di prodotti opoterapici, fermenti solubili od organizzati, prodotti biologici ed altri che possono essere determinati con decreto del Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore di sanità, anche se non preparati a scopo di vendita, e non soggetti ad autorizzazione a norma delle disposizioni contenute nella presente sezione, è consentito solo in istituti pubblici di carattere ospedaliero, siano o non universitari, e in pubblici ambulatori, autorizzati dal prefetto, sotto la responsabilità del dirigente l’istituto, il reparto o l’ambulatorio nel quale avviene l’impiego stesso. Dell’applicazione il dirigente deve conservare esatta registrazione e dare notizia scritta al capo dell’amministrazione o dell’ente, dal quale l’istituto, il reparto o l’ambulatorio dipendono. Nel caso di applicazione dei prodotti sopraindicati nei pubblici ambulatori autorizzati, deve esserne data notizia scritta, con la indicazione delle persone trattate, anche all’ufficiale sanitario comunale e da questo al medico provinciale.

Art. 185. Il prefetto, sentito il medico provinciale, può, in qualunque momento, vietare l’impiego dei prodotti indicati nell’articolo precedente. Il prefetto dà comunicazione del divieto al Ministero dell’interno e, a mezzo del podestà, al capo dell’amministrazione interessata.

Art. 186. La preparazione degli autovaccini deve essere effettuata esclusivamente presso istituti, ospedali, laboratori di vigilanza igienica, che abbiano ottenuta l’autorizzazione del Ministero dell’interno a seguito di domanda del dirigente l’istituto, l’ospedale o il laboratorio e previa ispezione tecnica a spese dell’interessato.

Art. 187. Il Ministero dell’Interno pubblica annualmente l’elenco dei prodotti dei quali è autorizzata la vendita a norma degli articoli 180, 181 e 182. Di ogni nuova autorizzazione è dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

Art. 188. Il contravventore alle disposizioni della presente sezione è punito con l’ammenda da lire mille a tremila e, in caso di recidiva, con l’arresto da uno a tre mesi e con l’ammenda da lire duemila a seimila. Se la trasgressione è commessa da persona autorizzata a vendere al pubblico prodotti medicinali, alle suddette pene è aggiunta la sospensione dall’esercizio della professione da tre mesi ad un anno. Il prefetto, indipendentemente dall’azione penale, può ordinare il sequestro dei prodotti non autorizzati o dei quali sia stata revocata l’autorizzazione, ovunque essi si trovino, e la chiusura dell’officina o del locale nei quali tali prodotti siano stati fabbricati o smerciati. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Sezione VII Del commercio di presidi medici e chirurgici

Art. 189. I presidi medici e chirurgici non possono essere posti in commercio senza autorizzazione del Ministro per l’interno. Il regolamento determina i presidi ai quali debba essere applicata tale disposizione e le modalità che debbono essere osservate nel commercio di essi. Il contravventore è punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da lire mille a cinquemila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, può ordinare la chiusura fino a tre mesi e, in caso di recidiva, da tre mesi a un anno delle fabbriche, depositi o rivendite: può inoltre procedere al sequestro dei presidi medici e chirurgici abusivamente fabbricati o messi in commercio ovunque si trovino. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Sezione VIII Della fabbricazione e vendita di oggetti di gomma destinati ai lattanti: poppatoi, capezzoli artificiali e simili

Art. 190.  È vietato importare, fabbricare, vendere o ritenere per vendere: a) poppatoi a tubo, nonché parti staccate di essi destinate a comporli; b) succhiatoi o succini per bambini non formati di gomma elastica piena. Il contravventore a tale divieto è punito con l’ammenda da lire cento a mille.

Art. 191. La gomma elastica vulcanizzata, con la quale sono formati i capezzoli per bottiglie-poppatoio senza tubo, le tetterelle, gli anelli di dentizione, i copri-capezzoli, i tiralatte, i succhiatoi e simili, fabbricati nel Regno o importati, non deve contenere piombo, zinco, antimonio, arsenico o altra sostanza nociva. Gli oggetti di gomma predetti debbono portare la indicazione indelebile della rispettiva fabbrica. Il contravventore a tali prescrizioni è punito con l’ammenda da lire cento a mille.

SEZIONE IX Dell’assistenza sanitaria negli ospedali, negli ambulatori negli istituti di cura in genere e nelle case per gestanti

Art. 192. Spetta all’autorità sanitaria centrale e all’autorità sanitaria provinciale di vigilare sull’organizzazione e sul funzionamento sanitario degli ospedali dipendenti da provincie, comuni e altri enti. L’ordinamento dei servizi sanitari e quello del personale sanitario negli ospedali predetti sono disciplinati dalle rispettive amministrazioni, secondo le norme generali emanate con decreto Reale, su proposta dei Ministro per l’interno, sentiti il Consiglio superiore di sanità e il Consiglio di Stato.

Art. 193. Nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti, senza speciale autorizzazione del prefetto, il quale la concede dopo aver sentito il parere dei Consiglio provinciale di sanità. L’autorizzazione predetta è concessa dopo che sia stata assicurata l’osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di pubblica sicurezza per l’apertura dei locali ove si dà alloggio per mercede. Il contravventore alla presente disposizione ed alle prescrizioni, che il prefetto ritenga di imporre nell’atto di autorizzazione, è punito con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquemila a diecimila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, ordina la chiusura degli ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica ovvero delle case o pensioni per gestanti aperte o esercitate senza l’autorizzazione indicata nel presente articolo. Il prefetto può, altresì, ordinare la chiusura di quelli fra i detti istituti nei quali fossero constatate violazioni delle prescrizioni contenute nell’atto di autorizzazione od altre irregolarità. In tale caso la durata della chiusura non può essere superiore a tre mesi il provvedimento del prefetto è definitivo.

 Sezione X Degli stabilimenti balneari, termali, idroterapici, di cure fisiche ed affini. Delle acque minerali naturali e artificiali

Art. 194. Non possono essere aperti o posti in esercizio stabilimenti balneari, termali, di cure idropiniche, idroterapiche, fisiche di ogni specie, gabinetti medici e ambulatori in genere dove si applicano, anche saltuariamente, la radioterapia e la radiumterapia senza autorizzazione del prefetto, il quale la concede dopo aver sentito il parere del Consiglio provinciale di sanità. Chiunque pone in esercizio stabilimenti o gabinetti o ambulatori indicati nel primo comma senza l’autorizzazione de] prefetto o contravviene alle prescrizioni imposte dal prefetto nell’atto di autorizzazione, è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, ordina la chiusura degli stabilimenti, gabinetti o ambulatori suddetti, aperti o esercitati senza autorizzazione. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 195. Chiunque possiede apparecchi radiologici, usati anche a scopo diverso da quello terapeutico, deve farne denunzia al prefetto. Chiunque detiene sostanze radioattive comunque confezionate per cederle, a qualsiasi titolo, anche in temporaneo uso, a enti o privati, deve ottenere la preventiva autorizzazione del prefetto. Tale autorizzazione non è concessa se non sia stato ottemperato all’obbligo della taratura delle sostanze suddette, stabilito nella legge sulla ricerca e utilizzazione delle sostanze radioattive. Il contravventore alle disposizioni predette è punito con l’ammenda da lire duecento a mille.

Art. 196. L’autorizzazione prefettizia preveduta nell’art. 194 e quella preveduta nel secondo comma dell’articolo precedente sono subordinate al pagamento della tassa di concessione indicata nella tabella n. 6, annessa al presente testo unico. I titolari autorizzati all’esercizio dei gabinetti medici preveduti nell’art. 194 sono altresì tenuti al pagamento della tassa annua di ispezione stabilita nella tabella stessa. La tassa annua di ispezione è anche dovuta dai possessori di apparecchi radiologici indicati nel primo comma dell’articolo precedente. Sono esonerati dal pagamento delle tasse predette, per gli apparecchi da loro utilizzati, gli enti che abbiano scopi di beneficenza, di assistenza sociale, e gli istituti scientifici.

Art. 197.  È vietato l’impiego dei raggi Röntgen e del radio a scopo terapeutico ai sanitari, che non siano provvisti di diploma di specializzazione in materia o dell’autorizzazione ministeriale preveduta nelle disposizioni transitorie del presente testo unico ovvero non abbiano ottenuto il riconoscimento della qualifica di specialista. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cinque cento a cinquemila. La disposizione del primo comma non si applica per l’impiego dei raggi Röntgen e del radio a scopo terapeutico nelle Cliniche universitarie e negli Istituti per la cura del cancro dipendenti dallo Stato o che siano stati giuridicamente riconosciuti.

Art. 198. I fabbricanti e i rivenditori di apparecchi radiologici debbono tener nota degli apparecchi venduti e notificare il nome e il domicilio dell’acquirente al prefetto della provincia dove l’acquirente risiede. Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire trecento.

Art. 199. Non possono essere aperti o posti in esercizio stabilimenti di produzione o di smercio di acque minerali, naturali o artificiali, senza autorizzazione del Ministro per l’interno. L’autorizzazione è pure richiesta per l’importazione nel Regno di acque minerali estere, naturali o artificiali. Il contravventore alle disposizioni dei precedenti comma è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquemila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, ordina la chiusura degli stabilimenti suddetti, aperti o esercitati senza autorizzazione. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 200. La concessione per la ricerca e l’utilizzazione di sorgenti di acque minerali e la dichiarazione di pubblica utilità non esimono dall’obbligo delle autorizzazioni prevedute nei precedenti articoli.

Sezione XI Della pubblicità in materia sanitaria

Art. 201.  È necessaria la licenza del prefetto per la pubblicità, a mezzo della stampa o in qualsiasi altro modo, concernente mezzi per la prevenzione e la cura delle malattie, specialità medicinali, presidi medici e chirurgici, ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, case o pensioni per gestanti, stabilimenti termali, idropinici, idroterapici, di cure fisiche e affini, acque minerali, naturali o artificiali. Prima di concedere la licenza suddetta, il prefetto può sentire l’associazione sindacale dei medici giuridicamente riconosciuta, competente per territorio. Il contravventore alle disposizioni contenute nel primo comma è punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da lire mille a cinquemila.

TITOLO III DELL’IGIENE DEL SUOLO E DELL’ABITATO

CAPO I Delle condizioni igieniche concernenti il deflusso delle acque

Art. 202. Ferme le disposizioni riguardanti le acque pubbliche e il loro deflusso, contenute nel presente testo unico e in altre leggi, sono anche proibite quelle opere le quali modifichino il livello delle acque sotterranee, o il naturale deflusso di quelle superficiali, in quei luoghi nei quali tali modificazioni siano riconosciute nocive dalle disposizioni contenute nei regolamenti locali d’igiene. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila e sono a suo carico le spese per la demolizione delle opere.

CAPO II Delle condizioni igieniche per la coltivazione delle piante tessili e del riso

Art. 203. La macerazione del lino, della canapa e in genere delle piante tessili non può, nell’interesse della salute pubblica, essere eseguita che nei luoghi, nei tempi, alle distanze dall’abitato e con le cautele determinate nei regolamenti locali di igiene e sanità o in speciali regolamenti approvati dal prefetto, sentito il Consiglio provinciale dell’economia corporativa e il Consiglio provinciale di sanità. Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire duecento.

Art. 204. La coltivazione del riso è soggetta per ciascuna provincia a un regolamento speciale, deliberato dal rettorato provinciale, intesi i podestà dei comuni ove si pratica o viene ammessa tale coltivazione, il Consiglio provinciale di sanità ed il Consiglio provinciale dell’economia corporativa, ed approvato con decreto Reale su proposta del Ministro per l’interno, sentito quello per le corporazioni.

Art. 205. Il regolamento deve determinare:

a) le distanze minime di ciascuna risaia dagli aggregati di abitazioni e dalle case sparse;

b) le norme relative al deflusso e scarico delle acque nelle risaie;

c) le tolleranze, quanto alla distanza, per i terreni di natura e posizione paludosi, nei quali non sia possibile altra coltivazione che quella a riso;

d) le condizioni alle quali deve essere subordinato il permesso di attivare risaie in terreni non ancora sottoposti a tale coltivazione, oltre quelle contenute nel presente testo unico;

e) la durata e la distribuzione dei periodi di riposo nel lavoro di mondatura e nel lavoro di raccolta e trebbiatura del riso, tenendo conto delle condizioni e degli usi locali;

f) le norme per l’assistenza medica e farmaceutica preveduta nell’art. 212 e le condizioni igieniche relative alle abitazioni dei lavoratori fissi e avventizi addetti alla risaia;

g) le altre norme occorrenti a garantire la salute dei lavoratori e quella degli abitanti nelle zone contermini.

Art. 206. Chiunque intenda attivare nuove risaie deve entro il mese di novembre presentare al podestà apposita dichiarazione nella quale siano indicati i terreni destinati alla coltivazione del riso. La dichiarazione pubblicata nell’albo pretorio deve, entro dieci giorni dalla sua presentazione, essere esaminata dai podestà e, con le relative osservazioni, trasmessa al prefetto. Agli effetti di questa disposizione la risaia è considerata di nuova attivazione nella parte che estende la coltivazione del riso oltre i limiti entro i quali essa era anteriormente praticata, tenuto conto della rotazione agraria.

Art. 207. Ogni controversia relativa all’attivazione di nuove risaie o alla estensione preveduta nel precedente articolo è di competenza del prefetto, al quale debbono essere indirizzate le opposizioni entro il termine di giorni quindici dalla prescritta pubblicazione nell’albo pretorio. Decorso detto termine il prefetto provvede, entro un mese, con decreto motivato inteso il Consiglio provinciale dell’economia corporativa.

Art. 208. Il prefetto, intesi i podestà dei comuni interessati e il Consiglio provinciale dell’economia corporativa, può vietare la coltivazione di risaie quando queste risultino nocive alla salute pubblica.

Art. 209. Quando le risaie siano attivate od estese in luoghi non consentiti o contro il divieto dell’autorità, il prefetto ingiunge al contravventore di distruggerle entro un termine prefisso, trascorso il quale ordina con suo decreto la distruzione delle risaie a spese del contravventore stesso. Le spese per la distruzione sono ricuperate coi privilegi fiscali nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquemila.

Art. 210. Il divieto della coltivazione a riso e la distruzione delle risaie ai sensi degli articoli precedenti non danno diritto ad indennizzo.  È invece ammessa la revisione dell’estimo catastale, agli effetti della imposta fondiaria, quando il divieto della coltivazione o la distruzione si riferiscano a risaie attivate in conformità delle leggi e regolamenti e consti che il reddito imponibile venne determinato in base alla coltura a riso.

Art. 211. La somministrazione gratuita del chinino a scopo profilattico e curativo della malaria a tutti gli addetti stabilmente o temporaneamente alla coltivazione della risaia, è obbligatoria a carico del proprietario della medesima, anche se questa non sia compresa nel perimetro di zone dichiarate malariche. La relativa spesa è ripetuta dalla provincia nei modi e con le forme stabilite nell’art. 316. Il contravventore all’obbligo predetto è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquemila.

Art. 212. I comuni, nei quali si verifica la temporanea immigrazione di lavoratori avventizi per la mondatura o la raccolta del riso, sono obbligati a provvedere a un conveniente servizio di assistenza medica e farmaceutica gratuita per i lavoratori stessi. La spesa relativa è anticipata dal comune ed è ripartita fra i proprietari delle terre coltivate a riso mediante contributo applicato in base all’aliquota risultante dal rapporto fra la spesa stessa e il reddito totale imponibile delle terre predette. Il contributo è inscritto nei ruoli fondiari in aggiunta della sovrimposta comunale sui terreni e sui fabbricati ed riscosso con la procedura privilegiata stabilita per la riscossione delle imposte dirette, a mezzo degli esattori comunali. Lo sgravio dell’imposta non dà luogo al rimborso del contributo. Quando il servizio anzidetto manchi o sia insufficiente, il prefetto provvede di ufficio e la relativa spesa è a carico del comune, salvo rivalsa ai sensi dei precedenti comma.

Art. 213. Le abitazioni dei lavoratori, impiegati nella coltivazione a riso e aventi residenza fissa nelle località destinate alla coltivazione stessa, e i dormitori o le abitazioni dei lavoratori avventizi temporaneamente immigrati per la mondatura o la raccolta del riso, debbono possedere le condizioni di cubatura, ventilazione, abitabilità e arredamento, prescritte nel regolamento indicato nell’art. 205, ed essere muniti alle aperture di reticelle atte ad impedire la penetrazione delle zanzare. I dormitorii dei lavoratori avventizi debbono inoltre essere costruiti in modo da rendere possibile la separazione degli uomini dalle donne. In tutte le aziende, nelle quali sono impiegate squadre o compagnie di lavoratori avventizi temporaneamente immigrati per la mondatura o la raccolta del riso, deve essere destinato un apposito locale protetto da reticelle e munito delle necessarie suppellettili, per il provvisorio isolamento e ricovero dei lavoratori colpiti da infezione malarica o da altra malattia infettiva e diffusiva. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquemila.

Art. 214. Il datore di lavoro, o se esso non vi adempia, il proprietario dei fondi coltivati a risaia ha l’obbligo di fornire acqua potabile di buona qualità e in quantità sufficiente, tanto ai lavoratori stabilmente impiegati per la coltivazione, quanto ai lavoratori avventizi temporaneamente immigrati. Se la somministrazione degli alimenti fa parte del compenso del lavoro, il datore di lavoro è obbligato a fornire sostanze alimentari di buona qualità. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquemila.

Art. 215. Ferma la competenza generica degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, gli ufficiali sanitari e gli incaricati dell’assistenza sanitaria esercitano, nei limiti delle rispettive competenze, la vigilanza necessaria ad assicurare l’applicazione delle disposizioni contenute nel presente capo. A tale scopo hanno libero accesso nelle risaie, nelle abitazioni e dormitorii, nei luoghi di isolamento e nei ricoveri dei lavoratori.

CAPO III Delle lavorazioni insalubri

Art. 216. Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi. La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato. Questo elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, approvato dal Ministro per l’interno, sentito il Ministro per le corporazioni, e serve di norma per l’esecuzione delle presenti disposizioni. Le stesse norme stabilite per la formazione dell’elenco sono seguite per iscrivervi ogni altra fabbrica o manifattura che posteriormente sia riconosciuta insalubre. Una industria o manifattura la quale sia inscritta nella prima classe, può essere permessa nell’abitato, quante volte l’industriale che l’esercita provi che, per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato. Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura, compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può vietarne l’attivazione o subordinarla a determinate cautele. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila.

Art. 217. Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbri che, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.

CAPO IV Dell’igiene degli abitati urbani e rurali e delle abitazioni

Art. 218. I regolamenti locali di igiene e sanità stabiliscono le norme per la salubrità dell’aggregato urbano e rurale e delle abitazioni, secondo le istruzioni di massima emanate dal Ministro per l’interno. I detti regolamenti debbono contenere le norme dirette ad assicurare che nelle abitazioni:

a) non vi sia difetto di aria e di luce;

b) lo smaltimento delle acque immonde, delle materie escrementizie e di altri rifiuti avvenga in modo da non inquinare il sottosuolo:

c) le latrine, gli acquai e gli scaricatoi siano costruiti e collocati in modo da evitare esalazioni dannose o infiltrazioni;

d) l’acqua potabile nei pozzi, in altri serbatoi e nelle condutture sia garantita da inquinamento.

I regolamenti predetti debbono, inoltre, contenere le norme per la razionale raccolta delle immondizie stradali e domestiche e per il loro smaltimento.

Art. 219. Il prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità e quello dell’economia corporativa, determina le modalità secondo le quali debbono essere applicate le istruzioni indicate nel precedente articolo nei riguardi della salubrità de gli abitati rurali, avute presenti le speciali condizioni topografiche, climatiche e agricole dei singoli comuni della provincia. In ogni caso, debbono essere determinate le condizioni minime di abitabilità delle case rurali e dei dormitori per i lavoratori avventizi, quelle per l’approvigionamento idrico, per le latrine e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali di rifiuto.

Art. 220. I progetti per le costruzioni di nuove case, urbane o rurali, quelli per la ricostruzione o la sopraelevazione o per modificazioni, che comunque possono influire sulle condizioni di salubrità delle case esistenti, debbono essere sottoposti al visto del podestà, che provvede previo parere dell’ufficiale sanitario e sentita la Commissione edilizia.

Art. 221. Gli edifici o parti di essi indicati nell’articolo precedente non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità. Il proprietario, che contravvenga alle disposizioni del presente articolo, è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila.

Art. 222. Il podestà, sentito l’ufficiale sanitario o su richiesta del medico provinciale, può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero.

Art. 223. Il proprietario di casa rurale, adibita per abitazione di coloro che sono addetti alla coltivazione di fondi di sua proprietà, è obbligato a mantenere lo stabile nelle condizioni di abitabilità, sancite nei regolamenti locali di igiene e sanità o, quando tali condizioni manchino, ad apportarvi le opportune riparazioni o completamenti. In caso che il proprietario non provveda, il podestà, fatti eseguire dall’ufficiale sanitario gli accertamenti, ne riferisce al prefetto, il quale richiede all’ufficio del Genio civile la perizia dei lavori occorrenti e la trasmette al podestà. Questi comunica la perizia al proprietario, fissandogli un termine per l’esecuzione dei lavori ritenuti strettamente necessari. Se il proprietario omette o ritarda l’esecuzione dei lavori predetti, il podestà provvede di ufficio alle riparazioni e completamenti nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.

Art. 224. I proprietari di fondi coltivati mediante l’opera temporanea di operai avventizi, non aventi abitazione stabile nel comune o nei comuni dove i fondi sono posti, hanno l’obbligo di provvedere gli operai di ricoveri rispondenti alle necessità igieniche e sanitarie, tenuto conto delle condizioni e della natura della località. Nel caso di inadempimento si provvede di ufficio con le modalità stabilite nell’articolo precedente.

Art. 225. Quando i contratti per l’esecuzione di lavori a carico dello Stato, delle provincie, dei comuni o di altri enti pubblici includono l’obbligo di assicurare l’abitazione al personale impiegato nei lavori stessi, l’assuntore del lavoro è tenuto a provvedere che nell’abitazione medesima, sia essa in locali provvisori o permanenti, vengano osservate le norme di igiene, dettate dalla autorità sanitaria, per quanto riguarda cubatura, ventilazione, illuminazione, fornitura di acqua potabile, smaltimento dei rifiuti e ogni altra sistemazione necessaria a tutelare la salute delle persone alloggiate. Il prefetto, quando lo ritenga necessario per il numero del personale impiegato nei lavori o per la durata degli stessi o perchè vi è pericolo di malattie diffusive, determina, con apposito disciplinare, sentiti il Consiglio provinciale di sanità ed il Consiglio provinciale dell’economia corporativa, le norme necessarie per l’igiene e per la tutela della salute degli operai. L’assuntore è tenuto all’osservanza delle norme contenute nel disciplinare e deve eseguire, entro il termine stabilito nel provvedimento del prefetto, i lavori necessari per l’attuazione delle norme stesse. Quando l’assuntore, nei casi preveduti nei precedenti comma, omette o ritarda l’attuazione delle provvidenze prescritte, il prefetto ne ordina l’esecuzione di ufficio con le norme stabilite nel testo unico della legge comunale e provinciale. Le spese per l’esecuzione dei lavori sono a carico dell’assuntore e vengono anticipate dalla amministrazione appaltante, che se ne avvale sui crediti dell’assuntore o, in mancanza, sulla cauzione dal medesimo prestata. Contro i provvedimenti del prefetto è ammesso il ricorso al ministro per l’interno.

Art. 226. Non può essere in alcun caso permessa l’apertura di edifici destinati ad abitazione o di opifici industriali o di ospedali, sanatori, case di cura e simili aventi fogne per le acque immonde o comunque insalubri, o canali di scarico di acque industriali inquinate, che immettono in laghi, corsi o canali di acqua i quali debbono in qualsiasi modo servire all’uso alimentare o domestico, se non dopo aver accertato che le dette acque siano prima sottoposte a una completa ed efficace depurazione e che siano state inoltre applicate le speciali cautele prescritte nel regolamento locale di igiene e sanità. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire mille a duemila.

Art. 227.  È vietato immettere nei corsi di acqua, che attraversano l’abitato, fogne o canali che raccolgono i liquidi di rifiuto indicati nell’articolo precedente, senza che tali liquidi siano stati previamente sottoposti a processi depurativi riconosciuti idonei dall’autorità sanitaria. Il prefetto, sentito il Consiglio provinciale di sanità, stabilisce, volta per volta, tenuto conto della portata e della velocità del corso d’acqua, del suo potere di autodepurazione e del grado di impurità delle acque convogliate, nonché degli interessi della pesca e della piscicultura, la distanza a valle della città o dell’aggregato, alla quale le dette fogne o canali luridi potranno essere immessi nel corso d’acqua senza danno per la salute pubblica, e le eventuali opere di depurazione necessarie prima della immissione. Nel caso di inadempimento, il prefetto può disporre l’esecuzione d’ufficio dei lavori necessari, nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.

Art. 228. I progetti per la costruzione di acquedotti, fognature, ospedali, sanatori, cimiteri, mattatoi e opere igieniche di ogni genere, preparati da comuni, provincie e istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, anche se tali opere debbano essere costruite a spese o col concorso dello Stato, sono sottoposti al parere del Consiglio provinciale di sanità e del Consiglio superiore di sanità quando importano una spesa superiore alle lire cinquecentomila. L’approvazione dei progetti medesimi e l’approvazione dei mutui relativi hanno luogo, in ogni caso, secondo le disposizioni della legge comunale e provinciale e della legge sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Sono ugualmente sottoposti a preventivo esame del Consiglio superiore di sanità i progetti per la costruzione delle opere sopraindicate da parte di altri enti pubblici, anche se queste debbano essere costruite a spese o col concorso dello Stato.

Art. 229. I progetti di opere per la provvista di acqua potabile alle popolazioni rurali e quelli per la costruzione di case e borgate rurali, considerati nelle disposizioni sulla bonifica integrale, sono sottoposti al parere del Consiglio provinciale di sanità; e del Consiglio superiore di sanità se si tratta di acquedotti rurali o di altre opere che interessano più provincie.

Art. 230. Sono sottoposti al parere del Consiglio superiore di sanità i piani regolatori generali dei comuni, i piani regolatori particolareggiati dei comuni tenuti per legge alla compilazione del piano regolatore generale ed i regolamenti edilizi dei comuni predetti. Sono sottoposti al parere del Consiglio provinciale di sanità i piani regolatori particolareggiati ed i regolamenti edilizi degli altri comuni.

CAPO V Degli alberghi

Art. 231. Per l’apertura degli alberghi, oltre l’autorizzazione prescritta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, occorre, ai fini igienico-sanitari, anche l’autorizzazione del podestà, che la concede su parere favorevole dell’ufficiale sanitario. Contro il provvedimento del podestà, è ammesso ricorso al prefetto che decide sentito il medico provinciale. La decisione del prefetto è definitiva. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a mille.

Art. 232. La vigilanza sulle prescrizioni igieniche sugli alberghi, oltre che al podestà, spetta anche all’Ente nazionale per le industrie turistiche. Il podestà, anche su proposta dell’Ente nazionale delle industrie turistiche, sentito l’ufficiale sanitario, quando un albergo è giudicato insalubre per la sua ubicazione, oppure per le condizioni dei locali o delle dipendenze e relativi impianti ed arredamenti, può prescrivere all’esercente i lavori necessari per rimuovere le cause di insalubrità. Se l’esercente non voglia o non possa eseguire tali lavori, può ordinare la chiusura dell’albergo. Contro l’ordinanza, che prescrive la chiusura oppure i lavori di risanamento ritenuti indispensabili, è ammesso ricorso al prefetto che decide sentito il medico provinciale. Il provvedimento del prefetto è definitivo. Quando un albergo si trovi posto in zona malarica e non sia opportuno, per ragioni di pubblico interesse, ordinarne la chiusura debbono essere adottate, secondo le prescrizioni dell’ufficiale sanitario, misure efficaci di difesa antianofelica.

CAPO VI Delle stalle e concimaie

Art. 233. Le stalle rurali per bovini ed equini, adibite a più di due capi adulti, debbono essere dotate di una concimaia, atta ad evitare disperdimento di liquidi, avente platea impermeabile. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cento a mille. Art. 234. Le dimensioni minime, in rapporto al numero medio annuo dei capi ricoverati nella stalla e tutte le altre caratteristiche delle concimaie, sono prescritte, tenendo conto della natura dei terreni, della durata di dimora del bestiame nella stalla e di ogni altra contingenza locale, con decreto del prefetto, sentito il Consiglio provinciale dell’economia corporativa.

Art. 235. Sono esonerati dall’obbligo della concimaia i ricoveri per bestiame brado o semibrado.

Art. 236. Chiunque tiene in esercizio una stalla è tenuto a servirsi della concimaia esistente presso la stalla per il deposito di letame e a conservare la concimaia stessa in perfetto stato di funzionamento. Nel caso di esonero, preveduto nell’articolo precedente, è vietato tenere il concime a cumuli nei cortili e nelle adiacenze immediate delle abitazioni. Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire cinquanta per ogni capo adulto di bestiame esistente nella stalla.

Art. 237. I comuni hanno l’obbligo di curare la costruzione e la manutenzione di adatti depositi per una razionale collocazione e conservazione del letame, prodotto entro i limiti degli agglomerati urbani. Le dimensioni e le altre caratteristiche di tali depositi, nonché le norme per l’uso dei medesimi e per la utilizzazione del concime conservato, sono stabilite nell’apposito regolamento adottato dal comune in conformità delle norme date dal Consiglio provinciale dell’economia corporativa.

Art. 238. Quando gli animali siano ricoverati in agglomerati urbani è fatto obbligo al proprietario di bestiame, che non disponga di concimaia propria, costruita a norma dell’art. 233, di depositare i concimi, prodotti entro i limiti degli agglomerati stessi, nei depositi comunali costituiti ai sensi dell’articolo precedente. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cento a mille.

Art. 239. Le stalle delle quali sono forniti gli alberghi debbono rispondere ai requisiti stabiliti nell’apposito regolamento.

Art. 240. La violazione delle norme indicate negli articoli 233, 235 e 238, salva la competenza degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, può essere accertata dal personale tecnico delle cattedre ambulanti di agricoltura, dal veterinario provinciale o comunale, dai vigili sanitari e dagli agenti comunali.

Art. 241. Gli istituti che esercitano il credito a favore dell’agricoltura sono autorizzati a concedere prestiti con l’ammortamento rateale in dieci anni, per l’attuazione delle norme stabilite nel presente capo.

TITOLO IV DELLA TUTELA IGIENICA DELL’ALIMENTAZIONE, DELL’ACQUA POTABILE E DEGLI OGGETTI DI USO PERSONALE

Sezione I Della vigilanza igienica sulla genuinità e salubrità degli alimenti e delle bevande

Art. 242. Sono soggetti a vigilanza; per la tutela della sanità pubblica, i fabbricanti e i commercianti di sostanze alimentari e di bevande di ogni specie. A tale scopo le autorità sanitarie possono fare eseguire ispezioni e visite ai locali di produzione e di smercio delle sostanze e bevande anzidette.

Art. 243. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, può disporre la chiusura dell’esercizio da un mese a un anno contro chiunque detiene per il commercio, pone in commercio; ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate per l’alimentazione, che siano riconosciute non genuine o corrotte o adulterate o comunque pericolose per la salute pubblica. Nei casi di recidiva o di particolare gravità, il prefetto può ordinare la chiusura definitiva dell’esercizio. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Sezione II Del consumo del granturco per l’alimentazione dell’uomo

Art. 244. Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo, sotto qualsiasi forma, granturco immaturo non bene essiccato, ammuffito o in qualsiasi altro modo guasto, sia in grani che in farina, ovvero prodotti ottenuti dalla farina suddetta o che, sebbene preparati con farina normale sana, siano in seguito ammuffiti o comunque deteriorati è punito con la multa da lire trecento a duemila.

Art. 245.  È vietata l’introduzione nel Regno, per uso alimentare, del granturco e dei suoi derivati, guasti od imperfetti, anche se l’avaria siasi verificata durante il viaggio di trasporto o nei magazzini di deposito. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire trecento a duemila.

Art. 246. Sono soggette ad autorizzazione del prefetto o del podestà, secondo la rispettiva competenza, la circolazione, la macinazione e l’utilizzazione, per altro uso che non sia l’alimento dell’uomo, del granturco e dei suoi derivati, guasti o imperfetti. La mancanza della predetta autorizzazione dà luogo al sequestro immediato del genere, senza pregiudizio delle sanzioni penali. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire trecento a duemila.

Sezione III Dell’igiene dei recipienti destinati, alla preparazione o alla conservazione di alimenti o bevande

Art. 247. Chiunque con la cattiva stagnatura, o in altro modo, rende nocivi alla salute utensili o recipienti destinati alla preparazione o alla conservazione di alimenti o bevande, ovvero detiene per il commercio o pone in commercio tali oggetti è punito con l’ammenda da lire trecento a duemila. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, può ordinare la chiusura dell’esercizio da un mese ad un anno. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Sezione IV Dell’acqua potabile

Art. 248. Ogni comune deve essere fornito, per uso potabile, di acqua pura e di buona qualità. Quando l’acqua potabile manchi, sia insufficiente ai bisogni della popolazione o sia insalubre, il comune può essere, con decreto del prefetto, obbligato a provvedersene.

Art. 249. Chiunque contamini l’acqua delle fonti, dei pozzi, delle cisterne, dei canali, degli acquedotti, dei serbatoi di acqua potabile è punito con l’ammenda da lire trecento a cinquemila. Salvo l’applicazione delle pene stabilite nel codice penale, quando il fatto renda l’acqua pericolosa per la salute pubblica.

Sezione V Dei colori nocivi alla salute

Art. 250. Il Ministro per l’interno, sentito il parere del Consiglio superiore di sanità, approva l’elenco dei colori nocivi, che non possono essere impiegati nella preparazione delle sostanze alimentari e delle bevande e di quelli che non possono essere usati per la colorazione delle stoffe, tappezzerie, giocattoli, carte destinate a involgere sostanze alimentari o altri oggetti di uso personale o domestico. Chiunque impiega in qualsiasi modo i colori compresi nel suddetto elenco per la colorazione delle sostanze od oggetti sopra specificati, ovvero vende tali sostanze od oggetti è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila. In caso di recidiva il prefetto può ordinare la chiusura dell’opificio o del negozio per un periodo non superiore a tre mesi. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Sezione VI Dell’uso di alcool diversi dall’etilico

Art. 251.  È vietato importare, fabbricare, detenere per vendere o comunque mettere in commercio sostanze alimentari, liquori o altre bevande alcooliche, prodotti farmaceutici, specialità medicinali, disinfettanti, profumi, cosmetici, essenze a qualunque uso destinate, prodotti per la cura o per la colorazione della pelle, dei capelli, delle unghie, dei denti e in generale destinati a uso personale, che contengono etere amilico, alcool metilico o altri alcool diversi dall’etilico. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire mille a tremila.

Art. 252. Sono escluse dal divieto di cui nell’articolo precedente: a) le piccolissime quantità di alcool metilico e di altri alcool diversi dall’etilico, naturalmente contenute in alcune bevande alcooliche e dovute ai processi di fabbricazione delle bevande stesse come le acquaviti e prodotti similari. La quantità di alcool metilico o di altri alcool diversi dall’etilico che può essere tollerata in questi prodotti, è stabilita dal Ministro per l’interno, di concerto con quello per le finanze; b) le soluzioni di formaldeide e le preparazioni che contengono formaldeide, limitatamente alla quantità di alcool metilico proveniente dalla soluzione di formaldeide impiegata.

TITOLO V PROVVEDIMENTI CONTRO LE MALATTIE INFETTIVE E SOCIALI

CAPO I Delle misure contro la diffusione delle malattie infettive dell’uomo

Art. 253. Il Ministro per l’interno determina con suo provvedimento, sentito il Consiglio superiore di sanità, quali siano le malattie infettive e diffusive che danno luogo alla adozione delle misure sanitarie comprese nel presente titolo e quali le misure applicabili a ciascuna di esse.

Art. 254. Il sanitario che nell’esercizio della sua professione sia venuto a conoscenza di un caso di malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, pericolosa per la salute pubblica, deve immediatamente farne denunzia al podestà, e all’ufficiale sanitario comunale e coadiuvarli, se occorra, nella esecuzione delle disposizioni emanate per impedire la diffusione delle malattie stesse e nelle cautele igieniche necessarie. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire trecento a cinquemila, alla quale si aggiunge, nei casi gravi, la pena dell’arresto fino a sei mesi. Il prefetto adotta o promuove dagli organi competenti i provvedimenti disciplinari del caso.

Art. 255. Le denunzie di malattie infettive e diffusive o sospette di esserlo, pericolose per la salute pubblica, debbono essere immediatamente comunicate dal podestà al prefetto, dall’ufficiale sanitario al medico provinciale, dal prefetto al Ministero dell’interno. Quando la gravità del caso lo esiga, il prefetto, sentito il medico provinciale, può costituire commissioni locali, delegare persone tecniche per esaminare i caratteri della malattia, inviare medici, spedire medicinali e disporre gli altri provvedimenti necessari per assicurare la cura dei malati ed evitare la diffusione della malattia, informandone sollecitamente il Ministro per l’interno.

Art. 256. I medici condotti e gli altri medici esercenti nei comuni, nei quali si sia manifestata una malattia infettiva di carattere epidemico, hanno l’obbligo di mettersi a disposizione dell’autorità sanitaria per i servizi di assistenza e di profilassi. Lo stesso obbligo hanno i medici appositamente chiamati in un comune per il servizio durante una epidemia. Il contravventore all’obbligo anzidetto è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila. Ai detti sanitari e alle loro famiglie, che siano iscritti alla Cassa di previdenza, compete il trattamento preveduto nel testo unico 1° maggio 1930, n. 680; a quelli non iscritti si applicano le disposizioni contenute negli articoli 112 e 113 del testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari 21 febbraio 1895, n. 70, e successive modificazioni.

Art. 257. Qualsiasi medico chirurgo legalmente abilitato all’esercizio della professione è tenuto a prestare l’opera sua per prevenire o combattere la diffusione di malattie infettive nel comune, al quale sia stato destinato rispettivamente dal prefetto o dal Ministro per l’interno, a seconda che il comune appartenga o non alla provincia nella quale il sanitario risiede. Sono applicabili ai medici preveduti nel presente articolo e alle loro famiglie le disposizioni sulle pensioni citate nell’ultimo comma dell’articolo precedente. Il contravventore alle disposizioni date dal prefetto o dal Ministro per l’interno è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire cinquecento a cinquemila.

 Art. 258. Qualsiasi cittadino, dimorante in un comune in cui si sia manifestata una malattia infettiva di carattere epidemico, è tenuto, nell’interesse dei servizi di difesa contro la malattia stessa, alle prestazioni conformi alla sua condizione, arte o professione, delle quali venga richiesto dal podestà. Il provvedimento del podestà è preso su parere dell’ufficiale sanitario e contiene le condizioni di assunzione. Il contravventore è punito coll’arresto fino a tre mesi e coll’ammenda da lire duecento a duemila.

Art. 259. I comuni provvedono ai servizi di profilassi, assistenza e disinfezione per le malattie contagiose. Tali servizi possono essere assicurati mediante consorzi fra comuni secondo le norme contenute nel testo unico della legge comunale e provinciale. Il prefetto può dichiarare obbligatori tali consorzi o stabilire l’obbligo della provincia con le norme indicate nel secondo comma dell’art. 93.

Art. 260. Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire duecento a quattromila. Se il fatto e commesso da persona che esercita una professione o un’arte sanitaria la pena è aumentata.

Art. 261. Il Ministro per l’interno, quando si sviluppi nel Regno una malattia infettiva a carattere epidemico, può emettere ordinanze speciali per la visita e disinfezione delle case, per l’organizzazione di servizi e soccorsi medici e per le misure cautelari da adottare contro la diffusione della malattia stessa. Le ordinanze sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del Regno e possono aver vigore il giorno stesso della pubblicazione.

Art. 262. Non possono essere addette alla preparazione, manipolazione e vendita di alimenti e bevande, persone che non abbiano precedentemente subito la visita dell’ufficiale sanitario, il quale accerta che le persone medesime non siano affette da malattia infettiva diffusiva o da postumi di essa che le mettano in condizione di contagiare altri. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila. Chiunque assume o trattiene in servizio, per la preparazione, manipolazione e vendita di alimenti e bevande, persona, anche se appartenente alla propria famiglia, che dalla visita sanitaria sia risultata nelle condizioni indicate nel primo comma, è punito con la reclusione da un mese ad un anno. La stessa pena si applica a carico di chi, malgrado a visita sanitaria abbia constatato sulla sua persona la sussistenza delle condizioni predette, continui ad attendere direttamente alla preparazione, manipolazione e vendita di alimenti e bevande. Il podestà, quando ritenga che possano sussistere i pericoli di contagio indicati nel primo comma, ha facoltà di disporre gli opportuni accertamenti sanitari e adottare i provvedimenti necessari alla tutela della salute pubblica.

CAPO II Delle misure d’igiene contro le mosche

Art. 263. Il Ministro per l’interno è autorizzato a emanare, con proprie ordinanze, norme obbligatorie per impedire la moltiplicazione e la disseminazione delle mosche. Speciali misure dovranno essere ordinate:

a) negli istituti di ricovero e cura, pubblici e privati, e in altre collettività;

b) negli stabilimenti di produzione di sostanze alimentari, nelle fiere e mercati, negli esercizi pubblici, negli spacci di generi alimentari, nelle stalle di qualsiasi specie.

Le ordinanze sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del Regno e possono avere vigore il giorno stesso della loro pubblicazione.

CAPO III Delle misure contro la diffusione delle malattie infettive degli animali

Art. 264. I veterinari, i proprietari o detentori, a qualunque titolo, di animali domestici, nonché gli albergatori e conduttori di stalle di sosta, debbono denunziare immediatamente al podestà del luogo, dove si verifichi, qualunque caso di malattia infettiva diffusiva del bestiame, accertata o sospetta, e qualunque caso di morte improvvisa di animale non riferibile a malattia comune già accertata. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cento a mille. L’autorità sanitaria, mediante apposite ordinanze, può rendere obbligatorie, nei casi di malattie infettive del bestiame, le disposizioni contenute nel presente titolo dirette a impedire e limitare la diffusione delle malattie infettive diffusive dell’uomo. Il contravventore a tali disposizioni è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila.

Art. 265. Nei casi di peste bovina, di pleuro-pneumonite contagiosa e di morva, il prefetto, previa visita e parere del veterinario provinciale, può, con suo decreto, ordinare l’abbattimento e la distruzione degli animali riconosciuti infetti, quando ciò sia necessario a impedire la diffusione della malattia. In tali casi ai proprietari è concessa un’indennità fino alla metà del valore dell’animale e in ogni caso non superiore a lire seicento per ogni capo di bestiame. L’importo della indennità è a carico dello Stato e della provincia in parti uguali. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

CAPO IV Delle misure speciali di profilassi e assistenza per alcune malattie dell’uomo

Sezione I Della vaccinazione antivaiuolosa e della conservazione del vaccino

Art. 266. La vaccinazione antivaiuolosa è obbligatoria entro il primo semestre dalla nascita e deve essere ripetuta nel semestre successivo, quando abbia avuto esito negativo. Sono esclusi da tale obbligo i bambini che da certificato medico risultino in condizioni di salute da non poter subire la vaccinazione, la quale dovrà, però, essere eseguita nel semestre successivi, od appena cessino le ragioni della contro indicazione.  È inoltre obbligatoria la rivaccinazione all’ottavo anno di età e ogni qualvolta sia ritenuto necessario dall’autorità sanitaria per pericolo di diffusione del vaiuolo.

Art. 267. Il vaccino antivaiuoloso e conservato in luogo idoneo a cura e sotto la responsabilità del medico provinciale ed è inviato gratuitamente ai podestà e ai medici liberi esercenti, quando ne facciano richiesta alla prefettura. Sono a carico della provincia le spese occorrenti per la provvista del vaccino nella misura stabilita dal medico provinciale e quelle per la conservazione e per la spedizione del vaccino. Sono a carico dei comuni le spese per il servizio di vaccinazione e per la regolare tenuta dei relativi registri.  È in facoltà della provincia di integrare il servizio di vaccinazione e rivaccinazione. Tale integrazione può essere dichiarata obbligatoria con decreto del prefetto nei casi e nei modi indicati nel 2° comma dell’art. 92.

Sezione II Disposizioni per combattere la tubercolosi

Art. 268. Spetta al Ministero dell’interno la direttiva tecnica e il coordinamento di tutti i servizi di profilassi e assistenza contro la tubercolosi.  È sottoposto a vigilanza del Ministero dell’interno e del prefetto, anche al fine di impedire abusi della pubblica fiducia, qualsiasi ente pubblico o privato che raccolga denaro dal pubblico per la profilassi e l’assistenza contro la tubercolosi o svolga opera di propaganda a riguardo della medesima malattia. Il Ministero dell’interno vigila sull’esecuzione delle direttive date e sullo svolgimento di tutti i servizi contro la tubercolosi a mezzo dei suoi organi centrali e periferici.

Art. 269. Ad assicurare i servizi di profilassi e di assistenza contro la tubercolosi concorrono, secondo la rispettiva competenza: 1° i consorzi provinciali antitubercolari, le provincie, i comuni e le istituzioni che hanno per fine la prevenzione e la cura della tubercolosi; 2° l’Istituto Nazionale Fascista della previdenza sociale e gli altri enti di assicurazioni sociali, nei limiti e con le modalità stabilite dalle leggi speciali o dai rispettivi statuti.

Art. 270. Il consorzio provinciale antitubercolare, istituito in ogni capoluogo di provincia, ha lo scopo:

a) di promuovere e agevolare la istituzione delle opere necessarie per la difesa contro la tubercolosi, anche in unione con altri consorzi provinciali antitubercolari;

b) di coordinare e disciplinare il funzionamento di tutte le opere esistenti nella provincia per combattere la tubercolosi, segnalandone al prefetto le eventuali irregolarità o manchevolezze per i provvedimenti di competenza;

c) di vegliare alla protezione e alla assistenza sanitaria e sociale dei tubercolotici, proponendo al prefetto i provvedimenti necessari affinché siano rivolte a loro favore le risorse delle istituzioni locali che hanno per fine la prevenzione e la cura della tubercolosi;

d) di integrare con i propri mezzi l’azione delle istituzioni antitubercolari e, se del caso, di sostituirsi alle medesime nell’esecuzione dei provvedimenti urgenti;

e) di promuovere e disciplinare, nell’ambito provinciale, in conformità delle direttive del Ministero dell’interno, la propaganda per la profilassi e l’assistenza dei tubercolotici.

Art. 271. Il consorzio provinciale antitubercolare è ente morale ed è retto da apposito statuto, approvato dal prefetto. Quando l’istituzione di opere antitubercolari è promossa, ai sensi della lettera a) dell’articolo precedente, da due o più consorzi, la convenzione, che regola l’impianto ed il funzionamento di dette opere e gli oneri dei singoli consorzi, è approvata con decreto del Ministro per l’interno, sentiti i Consigli provinciali di sanità e le Giunte provinciali amministrative delle provincie interessate.

Art. 272. La provincia e i comuni che la compongono, nonché gli enti pubblici che, in tutto o in parte, svolgono nella provincia azione antitubercolare, fanno parte obbligatoriamente del consorzio provinciale antitubercolare. Possono farne parte, su loro domanda, anche le congregazioni di carità, le istituzioni pubbliche e le associazioni sindacali legalmente riconosciute, nonché le associazioni private, gli istituti di previdenza e di assicurazione e le organizzazioni finanziarie e commerciali che svolgono la loro attività nella provincia. Lo statuto del consorzio determina la misura del contributo consorziale. Al consorzio provinciale sono applicabili le disposizioni relative ai consorzi, contenute nel testo unico della legge comunale e provinciale, in quanto non sia preveduto nel presente testo unico.

Art. 273. Il consorzio provinciale antitubercolare è amministrato da un Comitato composto del preside della provincia, che lo presiede, del medico provinciale e di cinque altri membri, nominati dal prefetto, dei quali uno scelto fra i componenti del Consiglio provinciale di sanità, uno in rappresentanza dell’organizzazione sindacale dei medici giuridicamente riconosciuta, competente per territorio e tre in rappresentanza degli enti consorziati. I componenti elettivi durano in carica tre anni e possono essere rinominati. Il direttore del Consorzio interviene alle sedute del comitato con voto consultivo.

Art. 274. Il Ministro per l’interno, per gravi ragioni di carattere tecnico o amministrativo o di ordine pubblico, può sciogliere il Comitato, affidando la provvisoria amministrazione dell’ente a un commissario, il quale esercita tutte le attribuzioni del Comitato stesso.

Art. 275. Il consorzio provinciale antitubercolare sottopone, non più tardi del 15 ottobre di ogni anno, il proprio bilancio al prefetto per l’approvazione. Copia del bilancio, appena approvato, viene dalla prefettura comunicato al Ministero dell’interno.

Art. 276. L’amministrazione provinciale ha l’obbligo di fornire gratuitamente i locali per la sede e per gli uffici del consorzio provinciale antitubercolare e il personale necessario pel funzionamento degli uffici stessi. Il servizio di cassa e di tesoreria del consorzio è disimpegnato, normalmente, dal cassiere e dal tesoriere dell’amministrazione provinciale alle stesse condizioni stabilite per detta amministrazione. Qualora l’importanza dei servizi lo richiedano, il consorzio può, con deliberazione approvata dalla Giunta provinciale amministrativa, sentito il rettorato provinciale, provvedere in tutto o in parte con personale proprio al funzionamento dell’ufficio e al servizio di cassa e di tesoreria, fermi restando, per quanto riguarda la spesa, gli obblighi indicati nel primo e secondo comma del presente articolo. In tal caso uno speciale regolamento, deliberato dall’amministrazione del consorzio e approvato dalla Giunta provinciale amministrativa, provvede allo stato giuridico e al trattamento economico del personale.

Art. 277. Il personale addetto ai servizi tecnici del consorzio provinciale antitubercolare è costituito:

a) del direttore del consorzio, cui può essere affidata anche la direzione del dispensario provinciale;

b) del personale medico del dispensario provinciale e delle sezioni dispensariali;

c) delle assistenti sanitarie visitatrici.

Al direttore del consorzio ed a quello del dispensario provinciale, ove esiste, è inibito l’esercizio della professione di medico chirurgo.

Art. 278. Il personale addetto ai servizi tecnici del consorzio è nominato in seguito a pubblico concorso, indetto dall’amministrazione del consorzio. Sono ammessi al concorso coloro che sono muniti del titolo di studio prescritto e sono abilitati all’esercizio della professione, purché non abbiano oltrepassato i quaranta anni di età. La nomina è fatta nella persona del vincitore del concorso per la durata di un quinquennio e può essere confermata per successivi quinquenni. Si applicano a detto personale le disposizioni stabilite nel testo unico della legge comunale e provinciale per gli impiegati della provincia, anche per quanto riguarda la loro iscrizione agli istituti di previdenza amministrati dalla direzione generale della cassa depositi e prestiti e degli istituti di previdenza.

Art. 279. La prefettura prima di procedere all’esame dei bilanci delle istituzioni assistenziali, soggette alla sua vigilanza e tutela a termini di legge e che fanno parte obbligatoriamente del consorzio provinciale antitubercolare, li comunica al consorzio stesso, per le sue eventuali osservazioni.

 Art. 280. Il ricovero d’urgenza degli ammalati di tubercolosi è disposto dal podestà o dal prefetto secondo le norme della legge sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Ogni altro ricovero è ordinato dal presidente del consorzio provinciale antitubercolare o dall’Istituto Nazionale Fascista per la previdenza sociale, secondo la rispettiva competenza. Le istituzioni ospitaliere legalmente riconosciute, le quali abbiano speciali e separati locali atti ad assicurare ai tubercolotici un isolamento ritenuto conveniente dall’autorità sanitaria, hanno l’obbligo di ricevere detti infermi, anche se questi non abbiano domicilio di soccorso nel territorio al quale, per effetto delle rispettive norme statutarie, estendono la loro azione.

Art. 281. La competenza passiva delle spese di spedalità per il ricovero di ammalati di tubercolosi è regolata:

a) per i ricoveri di urgenza, dalle disposizioni sulle situazioni pubbliche di assistenza e di beneficenza;

b) per il ricovero degli assicurati contro la tubercolosi; dalla legge per l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi.

In tutti gli altri casi le spese di spedalità sono sostenute dal consorzio che abbia ordinato il ricovero, salvo concorsa da parte della provincia, nei limiti dei fondi che essa può stanziare a tale scopo nel bilancio. Sono estese ai consorzi provinciali antitubercolari le disposizioni della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, agli effetti della rivalsa nei riguardi dei ricoverati che non si trovino in condizioni di povertà.  È, però, in facoltà dei consorzi di affidare tale compito all’Amministrazione della provincia, la quale è tenuta ad assolverlo senza onere di spesa a carico degli stessi.

Art. 282. In appositi capitoli del bilancio del Ministero dell’interno, per ciascun esercizio finanziario, sono stanziate somme da erogare in:

a) contributi per il funzionamento dei dispensari antitubercolari istituiti dai consorzi;

b) contributi ai comuni, alle provincie, alle istituzioni pubbliche di beneficenza, ai consorzi ed altri enti per favorire il ricovero in speciali luoghi di cura di infermi tubercolotici, per evitare la diffusione della malattia e per sottrarre i bambini al contagio;

c) sussidi diretti a favorire qualsiasi azione preventiva contro la tubercolosi o di assistenza agli infermi non considerati nelle lettere precedenti;

d) sussidi per corsi di preparazione scientifica e di tirocinio pratico per il personale tecnico specializzato, medico e ausiliario.

Le somme, disponibili alla fine dell’esercizio finanziario, sugli stanziamenti preveduti nel presente articolo, sono portate in aumento della disponibilità degli esercizi successivi.

Art. 283. I contratti, aventi per oggetto la donazione, l’acquisto, la costruzione, l’adattamento e l’arredamento di pubblici istituti di cura per tubercolotici, sono esenti dalle tasse di bollo e di registro. Sono pure esenti dalle stesse tasse e da quelle ipotecarie gli atti dei consorzi provinciali antitubercolari.

Sezione III Disposizioni per combattere il tracoma

Art. 284. I medici sono tenuti a denunciare qualunque caso di tracoma da loro riscontrato nelle scuole, negli istituti di educazione e di cura, civili e militari, negli opifici industriali e in ogni altra collettività. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire trecento a cinquemila.

Art. 285. Per ciascun esercizio finanziario sono stanziate in appositi capitoli del bilancio del Ministero dell’interno:

a) le somme da erogare in sussidi per costruzione, sistemazione e arredamento di ambulatori antitracomatosi e di speciali luoghi di cura destinati al ricovero degli infermi di tracoma;

b) le somme da erogare in sussidi per il funzionamento di istituti per la cura ambulatoria ed ospedaliera del tracoma, per la propaganda e per i corsi teorico-pratici presso le cliniche oculistiche intorno alla diagnosi, cura e profilassi della malattia.

Le somme, disponibili alla fine dell’esercizio finanziario, sono portate in aumento delle disponibilità degli esercizi successivi. Sugli stanziamenti e sulle disponibilità a fine di esercizio sono inoltre concessi sussidi ai comuni che abbiano istituito o istituiscano scuole per fanciulli tracomatosi.

Sezione IV Disposizioni per combattere la lebbra

Art. 286. Le persone affette da manifestazioni contagiose di lebbra sono accolte e curate negli appositi reparti delle cliniche dermosifilopatiche o degli ospedali comuni. Le spese di spedalità per gli ammalati poveri, limitatamente al periodo in cui la malattia è contagiosa, sono a carico dello Stato e gravano sul bilancio del Ministero dell’interno.  È fatta eccezione per gli istituti ospedalieri, aventi tra i loro fini la cura della lebbra, riguardo ai quali si osservano, per quanto concerne la competenza passiva delle spese, le norme speciali dei rispettivi statuti e regolamenti.

Art. 287. Il Ministro per l’interno, per l’istituzione, nelle cliniche e negli ospedali, dei reparti indicati nell’articolo precedente, stipula con gli enti interessati apposite convenzioni, nelle quali sono stabiliti i requisiti di essi, le modalità per il loro funzionamento, le condizioni per l’ammissione alla cura e la retta di spedalità. Questa non può superare la media fra la retta di medicina e quella di chirurgia del rispettivo ospedale. Dove esiste clinica dermosifilopatica universitaria, si deve, in quanto è possibile, assicurare nelle convenzioni che la direzione dei reparti per la cura della lebbra sia affidata al direttore della clinica.

Art. 288. I medici condotti e gli altri medici esercenti non possono rifiutarsi di rilasciare gratuitamente certificati di spedalizzazione ai poveri che siano affetti da lebbra. La vidimazione è fatta senza spese.

Art. 289. Il Ministro per l’interno ha facoltà di concedere sussidi per l’esecuzione dei provvedimenti relativi alla profilassi e cura della lebbra e per la costruzione, sistemazione, arredamento dei reparti indicati nell’art. 286, nonché degli speciali luoghi di cura destinati al ricovero degli infermi di lebbra. Possono pure essere concessi sussidi ai comuni per indennizzarli delle spese di isolamento e di cura a domicilio degli infermi, dei quali non sia possibile il ricovero negli istituti di cura.

Art. 290. Per ciascun esercizio finanziario è stanziato in speciali capitolo del bilancio del Ministero dell’interno il fondo necessario per i provvedimenti di profilassi contro la lebbra.

Sezione V Disposizioni per la profilassi delle malattie veneree.

Art. 291. Agli effetti del presente testo unico si intendono per malattie veneree: la blenorragia, l’ulcera venerea e l’infezione sifilitica, considerate nel periodo di loro contagiosità.

Art. 292. I medici sono tenuti a denunziare qualsiasi caso di malattia venerea accertato: negli istituti di ricovero e di cura, negli opifici industriali e in tutte le collettività civili e militari; nei locali di meretricio e in persona delle meretrici soggette a vigilanza. Debbono inoltre denunziare qualsiasi caso di sifilide trasmessa per baliatico e di oftalmoblenorrea. Chi trascuri di eseguire le denunzie è punito con l’ammenda da lire trecento a cinquemila.

Art. 293. Il medico, che visiti o abbia in cura un malato affetto da malattia venerea, è tenuto a renderlo edotto della natura e della contagiosità della malattia, come pure della necessità che si sottoponga a cura radicale e delle responsabilità alle quali va incontro nel caso che trasmetta il contagio.

Art. 294. L’autorità sanitaria, quando abbia fondato motivo di ritenere affetta da malattia venerea con manifestazioni contagiose, una persona, la quale può diffonderla ad altri per mezzo della professione o del mestiere che esercita, ha fa colta di ordinare che la persona medesima, nel termine di tre giorni, si sottoponga a visita gratuita presso un istituto o un medico designato dall’Ufficio sanitario provinciale. L’ufficio sanitario predetto potrà, per altro, attenersi alle risultanze di un certificato rilasciato da medico di fiducia. Se entro il termine sopraindicato la persona non si presenti alla visita o non produca il certificato o se il risultato della visita accerti o il certificato del medico di fiducia non escluda la presenza di malattia venerea con manifestazioni contagiose, l’autorità sanitaria dispone l’allontanamento della persona dall’opificio o dall’esercizio pubblico nei quali lavora e adotta le precauzioni necessarie a evitare la diffusione della malattia. Tali misure cessano di avere effetto appena una visita medica o un certificato medico, come sopra, escludano la presenza di malattia venerea con manifestazioni contagiose.

Art. 295. Alla profilassi delle malattie veneree si provvede:

a) con dispensari pubblici gratuiti; b) con la cura gratuita delle persone affette da manifestazioni contagiose in atto in appositi reparti di cura, nelle cliniche dermosifilopatiche e negli ospedali comuni;

c) con l’assistenza medico-chirurgica gratuita a domicilio e con la distribuzione gratuita di medicinali per gli iscritti nell’elenco dei poveri.

Art. 296. Gli ospedali, quando hanno servizio di consultazioni esterne, non possono escludere da esse gli infermi affetti da malattie veneree, anche se il loro statuto non ne consenta il ricovero.

Art. 297. I comuni capoluoghi di provincia e quelli aventi popolazione superiore ai trentamila abitanti debbono avere appositi dispensari per la profilassi e per la cura gratuita delle malattie veneree. Quando le condizioni locali lo consentano possono due o più comuni riunirsi in consorzio per l’esercizio di un unico dispensario. I dispensari debbono essere preferibilmente costituiti come sezioni speciali di poliambulatori o di altri istituti sanitari. Il Ministero dell’interno contribuisce alla spesa occorrente per ciascun dispensario con un sussidio annuo, che è prelevato dall’apposito fondo, stanziato nel proprio bilancio e che non può superare la metà della spesa. La misura del sussidio, le modalità del funzionamento dei dispensari e il numero di essi sono stabiliti per convenzione fra il comune e il Ministero dell’interno. Se manca il consenso del comune sulla misura del sussidio, questo viene determinato di ufficio con decreto del Ministro per l’interno.

Art. 298. I comuni, aventi popolazione inferiore ai trentamila abitanti, possono istituire dispensari per la cura gratuita delle malattie veneree col concorso governativo. La misura del concorso viene stabilita con speciali accordi fra il Ministero dell’interno e il comune. Nei detti comuni la istituzione dei dispensari è resa obbligatoria quando, per speciali circostanze locali o per notevole diffusione delle malattie suddette, se ne ravvisi la necessità. La dichiarazione dell’obbligatorietà è fatta per delega del Ministero dell’interno con decreto del prefetto, sentito il medico provinciale. La misura del concorso governativo viene stabilita nei modi e nelle forme indicate nell’articolo precedente.

Art. 299. Oltre ai dipensari indicati nei precedenti articoli, nelle città dove esistono cliniche dermosifilopatiche universitarie può essere affidato a tali istituti, sia dai comuni sia dal Ministero dell’interno direttamente, l’esercizio di dispensari col corrispettivo di un concorso annuo, determinato in apposita convenzione.

Art. 300. Nei principali porti del Regno il Ministero dell’interno provvede all’istituzione e al funzionamento di dispensari governativi per la cura gratuita e la profilassi delle malattie veneree del personale della marina mercantile, appartenente a qualsiasi nazionalità.

Art. 301. Nei comuni, nei quali mancano dispensari pubblici per la profilassi e la cura delle malattie veneree, il prefetto può ordinare la istituzione presso stabilimenti industriali che impiegano, come media annuale, più di duemila operai, ovvero nelle località ove esistono diversi stabilimenti che in complesso impiegano, pure come media annuale, più di duemila operai. In via temporanea, l’istituzione di tali dispensari può essere disposta dal prefetto anche nelle località ove esistono uno o più stabilimenti, nei quali siano impiegati operai in minor numero, quando, per la frequenza di malattie veneree, se ne riconosca la necessità. Le spese di impianto e funzionamento per questi dispensari sono sostenute dai proprietari degli stabilimenti.

Art. 302. I medici dei dispensari comunali per malattie veneree sono nominati in seguito a pubblico concorso. La nomina e fatta per un quinquennio e può essere confermata per successivi periodi quinquennali, previo parere del medico provinciale. Le norme per il concorso e per il capitolato di servizio vengono determinate dal ministro per l’interno.

Art. 303. La cura ospedaliera per le manifestazioni contagiose di malattie veneree è di regola limitata alle donne; per gli uomini si provvede preferibilmente con la cura ambulatoria e sole, eccezionalmente con quella ospedaliera. Le spese di cura, limitatamente al periodo in cui la malattia è contagiosa, sono a carico dello Stato e le rette di specialità gravano sul bilancio del Ministero dell’interno, tranne che il ricovero avvenga in istituti ospedalieri che abbiano tra i propri fini la cura gratuita di dette malattie o l’obbligo di erogare tutte o parte delle loro rendite per la curo gratuita di determinate categorie di persone, senza esclusione degli infermi delle malattie veneree, nei quali casi si osservano le norme dei rispettivi statuti e regolamenti. In mancanza di cliniche o reparti ospedalieri specializzati il ricovero avviene nelle infermerie comuni. Gli istituti ospedalieri non possono sottrarsi all’obbligo di ricoverare e curare detti infermi anche quando non abbiano sezioni o reparti speciali, tranne che si tratti di istituti fondati al fine di curare solamente determinate malattie.

Art. 304. Il Ministero dell’interno, per la istituzione dei reparti ospedalieri indicati nell’articolo precedente, stipula apposite convenzioni, nelle quali sono stabiliti i requisiti dei reparti stessi, le modalità per il loro funzionamento, la direzioni tecnica, le condizioni di ammissione alla cura e la retta di spedalità. Questa non può superare la media fra la retta di medicina e quella di chirurgia del rispettivo ospedale. Dove esiste clinica dermosifilopatica universitaria si deve, in quanto è possibile, assicurare nelle convenzioni che il direttore della clinica abbia la direzione dei reparti di cura per le malattie veneree. La direzione dei reparti può essere affidata temporanea niente al direttore del locale dispensario per le malattie veneree quando l’ospedale non posa provvedervi con altro medico specializzato.

Art. 305. I medici condotti e gli altri medici esercenti sono obbligati a rilasciare gratuitamente certificati di spedalizzazione ai poveri affetti da malattie veneree. La vidimazione è fatta senza spese.

Art. 306. Per la vigilanza sui dispensari e sui reparti di cura delle malattie veneree come sulle misure d’ordine sanitario riguardanti la profilassi di dette malattie, il Ministro per l’interno ha facoltà di nominare ispettori dermosifilografi per una o più provincie alla dipendenza dell’autorità sanitaria provinciale. La nomina viene fatta a seguito di concorso pubblico bandito dal Ministro per l’interno e con le norme stabilite dallo stesso. La nomina è conferita per un quinquennio, può essere revocata in ogni tempo per ragioni di servizio e può essere rinnovata per quinquenni successivi, escluso, a tutti gli effetti, ogni rapporto di impiego a qualunque titolo.

Art. 307. Il Ministero dell’interno stabilisce con regolamento le norme speciali per la disciplina sanitaria del meretricio e delle case di meretricio. La vigilanza viene esercitata dall’autorità sanitaria a mezzo di medici visitatori sotto il controllo del medico provinciale e dell’ispettore dermosifilografo. La nomina del medico visitatore viene fatta dal prefetto secondo le istruzioni date dal Ministero dell’interno; essa ha la durata di un biennio, può essere rinnovata per bienni successivi, revocata per motivi di servizio ed è escluso a tutti gli effetti ogni rapporto di impiego a qualsiasi titolo. Il compenso per il servizio prestato dal medico visitatore è a carico di un fondo speciale costituito presso la prefettura.

Art. 308. Il fondo speciale, indicato nell’articolo precedente, è formato mediante contributi versati dagli esercenti i locali di meretricio e da sussidii o versamenti eventuali da parte di enti o privati. Le eccedenze di esso, dopo detratti i compensi per i medici visitatori, possono essere destinate dal prefetto, sentito il medico provinciale, a servizi di profilassi e assistenza per le malattie veneree. Le modalità per la costituzione di detto fondo e per la sua erogazione sono stabilite dal Ministero dell’interno.

Sezione VI Disposizioni per la tutela igienica del baliatico

Art. 309. L’esercizio del baliatico è subordinato ad autorizzazione del podestà, che viene rilasciata dopo visita medica, la quale abbia accertato che la balia non è affetta da sifilide, blenorragia, tubercolosi o altra malattia infettiva o diffusiva. L’autorità sanitaria locale esercita, inoltre, la vigilanza sulle balie autorizzate ai fini della profilassi delle malattie indicate nel primo comma. Il podestà revoca l’autorizzazione concessa, quando è accertato che la balia autorizzata è affetta da una delle malattie suddette. Il contravventore alle disposizioni del primo comma è punito con l’ammenda da lire duecento a duemila.

Art. 310. Quando sia denunciato un caso di sifilide trasmesso per baliatico, l’autorità sanitaria provvede alla cura ospedaliera gratuita della nutrice infetta. La cura può anche, con l’assenso dell’autorità anzidetta essere eseguita a domicilio, quando la nutrice ne abbia i mezzi e il medico ne assuma, con dichiarazione scritta, la responsabilità. Debbono inoltre essere adottate tutte le altre misure occorrenti per l’allattamento del bambino e per impedire la diffusione della malattia. Quando non si possa, senza pericolo, provvedere altrimenti, l’autorità sanitaria può ordinare il ricovero di urgenza della nutrice o del bambino anche in un ospedale il cui statuto non consente il ricovero stesso.

Art. 311. Nei limiti della disponibilità del fondo stanziato nel bilancio del Ministero dell’interno per la profilassi delle malattie infettive, possono essere concessi, a titolo di incoraggiamento, speciali sussidi o premi agli istituti di puericoltura ai dispensari per lattanti e alle istituzioni aventi scopi analoghi, quando ne risultino meritevoli per favorevoli risultati conseguiti nelle condizioni sanitarie dei bambini a essi affidati, segnatamente nei riguardi della profilassi della sifilide.

Art. 312. Nel regolamento che stabilisce le norme di attuazione delle disposizioni contenute nella presente sezione sono anche determinate le modalità e le cautele alle quali deve essere subordinata l’autorizzazione alle balie sifilitiche di esercitare il baliatico esclusivamente per bambini riconosciuti affetti da sifilide.

Sezione VII Disposizioni per diminuire le cause della malaria

Art. 313. Le zone di malaria endemica per ciascuna provincia e le eventuali loro variazioni sono determinate con Regio decreto, su proposta del Ministro per l’interno. Una zona di territorio è dichiarata malarica, quando si accerti la manifestazione simultanea o a brevi intervalli di casi di febbre malarica contratta nel luogo.

Art. 314. In ogni provincia, che abbia territori dichiarati zona malarica, è istituito, con decreto del prefetto, un Comitato provinciale per la lotta antimalaria. Il Comitato ha per fine di combattere l’infezione malarica sia coordinando e favorendo le iniziative locali, sia collaborando con gli organi dello Stato e degli enti locali, secondo le direttive del Ministero dell’interno. Il Comitato è presieduto dal preside della provincia o da un rettore da lui delegato. Ne fanno parte di diritto: il medico provinciale, l’ingegnere capo del Genio civile, il di rettore della Cattedra ambulante di agricoltura e il segretorio federale del Partito Nazionale Fascista. Il prefetto può chiamarvi, in qualità di esperti, i rappresentanti delle associazioni e degli enti più direttamente interessati alla lotta antimalarica. Il Comitato ha sede in locali forniti gratuitamente dalla provincia e si avvale per la sua funzione tecnico-amministrativa del personale dell’amministrazione provinciale.

Art. 315. Nelle provincie, che hanno territori dichiarati zone malariche, l’amministrazione provinciale fornisce gratuitamente agli operai e ai coloni, addetti, in modo permanente o avventizio, a qualsiasi lavoro, se e in quanto non siano tenute a provvedere istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, il chinino dello Stato ed i medicinali sussidiari, designati dal Consiglio superiore di sanità, per tutta la durata del trattamento preventivo e curativo della infezione malarica, secondo le proposte del medico provinciale. L’obbligo della somministrazione gratuita del chinino e dei medicinali sussidiari si estende a tutti i componenti la famiglia degli operai e dei coloni, aventi diritto all’assistenza antimalarica. Alla distribuzione del chinino, fornito dalla provincia, provvedono, nell’ambito del rispettivo territorio, i comuni per mezzo degli ambulatori e dei sanitari, nonché del personale ausiliario alla loro dipendenza, sotto la direzione degli ufficiali sanitari. Le disposizioni, contenute nei precedenti comma, si applicano a favore degli impiegati e delle loro famiglie nei limiti di stipendio preveduti dalla legge sull’assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia.

Art. 316. Entro il mese di febbraio di ciascun anno la provincia deve dar prova al prefetto di aver provveduto all’acquisto del chinino e dei medicinali sussidiari, dichiarati necessari. In caso di inadempienza, il prefetto provvede all’ordinazione per conto e a carico della provincia medesima. La spesa, anticipata da ciascuna provincia e accertata dal prefetto nei modi prescritti nel regolamento, detratta la parte indicata nell’ultimo comma del presente articolo, viene ripartita, alla fine di ogni anno, tra i proprietari di terreni e di fabbricati della provincia mediante l’applicazione di un contributo, determinata in base all’aliquota risultante dal rapporto tra la spesa stessa e il reddito totale imponibile sui terreni e sui fabbricati. Il contributo è inscritto nei ruoli fondiari in aggiunta della sovrimposta provinciale sui terreni e sui fabbricati ed è riscosso con la procedura privilegiata stabilita per la riscossione delle imposte dirette, a mezzo degli esattori e dei ricevitori provinciali. Lo sgravio dell’imposta non dà luogo al rimborso del contributo. Nelle zone malariche, ove esistano cave miniere, opifici, o altre imprese industriali, che occupino operai non esclusivamente addetti a lavori agricoli, limitatamente al periodo di effettiva occupazione, la somma anticipata dalla provincia per il chinino e i medicinali sussidiari somministrati agli operai e alle rispettive famiglie non e compresa nella somma da ripartirsi, indicata nel comma secondo del presente articolo, ma deve essere rimborsata integralmente dal titolare di ciascuna impresa.

Art. 317. Agli operai e ai coloni, addetti, in modo permanente o avventizio, a lavori in comprensori di bonifica integrale e di miglioramento fondiario o a pubblici lavori nelle zone dichiarate malariche, e alle rispettive famiglie, oltre alla gratuita somministrazione del chinino dello Stato, di cui nell’art. 315, è gratuitamente prestata, a spese dell’appaltatore o del concessionario dei lavori, l’assistenza medica a domicilio o in ambulatorio o, se necessario, mediante ricovero in ospedale o in appositi istituti di cura, nonché la gratuita somministrazione dei medicinali sussidiari occorrenti per la cura della malaria, secondo le prescrizioni del medico incaricato del servizio sanitario e in conformità delle norme impartite dal Ministero dell’interno. Le disposizioni, contenute nel precedente comma, si applicano anche a favore degli impiegati e delle loro famiglie nei limiti preveduti dalla legge sull’assicurazione invalidità e vecchiaia. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire mille a diecimila. Quando la bonifica sia dichiarata ultimata, ai sensi delle disposizioni di legge sulla bonifica integrale e vi persistano le condizioni di malaricità locale, la provincia ha facoltà di integrare i servizi locali di assistenza e di profilassi sanitaria o può esservi obbligata con decreto del prefetto ai termini dell’art. 92. Per l’esecuzione di questi servizi il Ministero dell’interno può concedere sussidi nei limiti dello speciale stanziamento nel suo bilancio.

Art. 318. In tutti i progetti di opere pubbliche dello Stato o degli enti locali, che debbono essere eseguite in zone dichiarate malariche, deve essere inclusa la previsione della spesa necessaria per le prestazioni stabilite nell’articolo precedente. L’autorità che approva il progetto è tenuta a sentire l’autorità sanitaria competente sulla sufficienza della detta previsione.

Art. 319. Il Ministero dell’interno, di intesa con quello dell’agricoltura e delle foreste e con quello delle finanze, può disporre, quando ne riconosca la necessità, che nelle zone di territorio nelle quali si eseguono lavori di bonifica integrale e di miglioramento fondiario, indicati nel precedente articolo, i servizi per la distribuzione del chinino, per la somministrazione dei medicinali sussidiari, per l’assistenza medica e quelli di profilassi, siano disimpegnati dalla provincia o da altri enti specialmente attrezzati allo scopo. In tal caso, i concessionari e gli appaltatori non sono più tenuti a provvedere ai servizi anzidetti, restando però obbligati a corrispondere alla provincia, ovvero all’ente come sopra incaricato, i contributi per i servizi stessi, stabiliti nell’art. 322.

Art. 320. Gli assuntori di opere, indicati nell’art. 317, debbono tenere al corrente l’elenco del personale dipendente con l’indicazione del comune di provenienza, del giorno di assunzione al lavoro e di quello di allontanamento. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire cento a mille.

Art. 321. Gli operai e i coloni, indicati nell’art. 317, che lascino i luoghi di lavoro e vadano a prendere dimora in altri comuni, debbono essere forniti, a cura dei sanitari incaricati del servizio, di apposito documento comprovante il loro stato di salute. Qualora abbiano contratta infezione malarica, deve essere loro prestata gratuitamente l’assistenza medica e continuata la somministrazione del chinino di Stato e dei medicinali sussidiari per la durata di almeno sei mesi dal giorno in cui hanno abbandonato i luoghi di lavoro, a cura del comune di residenza, anche se questo non sia compreso fra i territori dichiarati malarici. In caso di riconosciuta necessità, il Ministero dell’interno può concedere un sussidio al comune per i suddetti servizi, nei limiti dello speciale stanziamento di bilancio.

Art. 322. Nel caso preveduto nell’art. 319, alla provincia o all’ente designato per il disimpegno dei servizi di profilassi e di assistenza sanitaria possono essere, in relazione alla entità dei servizi stessi, assegnati contributi: 1° da parte del Ministero dell’interno, da prelevarsi dallo speciale stanziamento di bilancio; 2° da parte del Commissariato per le migrazioni e per la colonizzazione interna, ai sensi dell’art. 9 della legge 9 aprile 1931, n. 358; 3° da parte degli assuntori delle opere di bonifica, sulla base dell’importo, che risulterà dai progetti approvati dal Sottosegretariato per la bonifica integrale; 4° da parte degli assuntori delle altre opere pubbliche, sulla base dell’importo che risulterà dai progetti approvati dalle autorità competenti; 5° da parte della provincia, a norma dell’art. 92; 6° da parte di altri enti e di privati.

Art. 323. La provincia e gli altri enti, designati a norma dell’articolo 319 per il disimpegno dei servizi di assistenza sanitaria, debbono anche attendere all’esecuzione delle speciali disposizioni, che sono impartite dal Ministero dell’interno per la lotta contro la malaria, nei limiti della disponibilità dei fondi costituiti con i contributi indicati nel precedente articolo. Nei casi di urgenza e su richiesta del Ministero dell’interno, gli enti anzidetti provvedono all’anticipazione delle somme necessarie, salvo a rivalersene con le prime successive disponibilità. Il Ministero dell’agricoltura e delle foreste e quello dei lavori pubblici hanno facoltà di concedere anticipazioni sulle somme prevedute per i servizi antimalarici nei progetti di bonifica integrale e di lavori pubblici di rispettiva competenza. Il Ministro per l’interno approva preventivamente l’organizzazione che gli enti stessi debbono dare nelle singole località ai servizi antimalarici e ne controlla la regolare applicazione. I Ministri per l’interno e per le finanze hanno pure la facoltà di disporre ispezioni presso gli enti anzidetti, per accertare la regolare destinazione dei contributi agli scopi preveduti nella presente legge.

Art. 324. Nelle zone malariche, i locali situati in aperta campagna e destinati ad abitazione o ricovero delle guardie di finanza, del personale addetto alle strade nazionali, provinciali e comunali, alle ferrovie, ai lavori di bonifica e ai pubblici lavori in genere, debbono essere difesi, a cura delle rispettive amministrazioni o dei concessionari o appaltatori di lavori, contro la penetrazione degli insetti aerei, in conformità delle istruzioni del Ministro per l’interno. Il riconoscimento delle circostanze, che determinano l’obbligo di impiantare mezzi di difesa contro la penetrazione degli insetti aerei, è fatto con provvedimento del prefetto, sentito il medico provinciale e il Comitato provinciale per la lotta antimalarica. Il provvedimento del prefetto è definitivo.  È in facoltà del prefetto, sentito il Comitato predetto, di estendere l’obbligo della protezione ai privati, per le abitazioni e per i locali di ricovero temporaneo degli operai e contadini. Il concessionario o appaltatore di lavori, che contravviene alle disposizioni contenute nel presente articolo, è punito con l’ammenda da lire mille a diecimila.

Art. 325. I regolamenti locali d’igiene e sanità dei comuni aventi zone malariche debbono contenere le norme per la piccola bonifica e per la profilassi antianofelica, con particolare riguardo ai focolai urbani e a quelli intorno ai centri abitati. Il podestà, quando accerti l’esecuzione di lavori e opere che procurino ostacoli al naturale scolo delle acque, può farli sospendere e ordinare il ripristino dello stato dei luoghi o comunque disporre i lavori necessari per assicurare in modo permanente il deflusso delle acque. In caso di ritardo o di inadempimento il podestà provvede di ufficio, a spese dell’inadempiente. Quando trattasi di esecuzione di opere pubbliche statali il podestà ne informa il prefetto il quale promuove i provvedimenti dell’amministrazione competente.

Art. 326. Il podestà, quando lo ritenga necessario per la difesa del centro abitato o di importanti aggregati di abitazione nelle campagne, può rendere obbligatoria, sulla proposta dell’ufficiale sanitario, l’esecuzione di lavori per eliminare e impedire la formazione di piccole raccolte di acque e la sistematica applicazione di interventi antianofelici, sempre quando trattasi di terreni non ricadenti in comprensori di bonifica o per i quali provvede il Ministero dell’agricoltura e delle foreste, secondo le disposizioni sulla bonifica integrale. L’applicazione di tali interventi è a carico dei proprietari dei terreni e viene fatta sotto la diretta vigilanza e in conformità delle disposizioni dell’ufficiale sanitario. Nel caso di irregolare esecuzione, ovvero di inadempienza da parte dei proprietari, il podestà dispone l’applicazione d’ufficio di detti interventi.

Art. 327. Ferme restando le disposizioni delle leggi sulla bonifica integrale, è richiesta la licenza del prefetto per l’apertura di cave di prestito necessarie alla costruzione di strade, di casali e d’altre opere e per il prelevamento di materiali di qualunque uso. Nella licenza sono indicate le norme, alle quali gli imprenditori debbono ottemperare, per evitare ristagni d’acqua o avvallamenti di terreno non dotati di facile scolo. Gli imprenditori, che contravvengono al suddetto obbligo od alle prescrizioni contenute nella licenza rilasciata dal prefetto, sono puniti con l’ammenda da lire cento a duemila, salvo al podestà di provvedere di ufficio nei modi indicati nell’art. 325.

Art. 328. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno è stanziato annualmente un fondo per diminuire le cause della malaria, commisurato al settanta per cento degli avanzi di gestione dell’Azienda del chinino, accertati nel l’ultimo rendiconto dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Le somme non impiegate alla fine dell’esercizio finanziario sono conservate ai residui e possono essere erogate negli esercizi finanziari successivi.

Art. 329. L’infezione malarica non è compresa fra i casi di infortunio per causa violenta in occasione di lavoro, che sono preveduti dalle vigenti disposizioni sugli infortuni degli operai sul lavoro e sulla assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura. Nei casi di morte per febbre perniciosa, constatati nei modi che verranno stabiliti nel regolamento, l’istituto assicuratore presso cui gli operai deceduti erano assicurati a norma delle vigenti leggi per gli infortuni sul lavoro nell’industria e nell’agricoltura, è tenuto al pagamento di una sovvenzione, nella misura preveduta nella tabella n. 7 annessa al presente testo unico. La sovvenzione è assegnata ai discendenti, ascendenti, coniuge, fratelli o sorelle dell’operaio deceduto che si trovino nelle condizioni stabilite dalla legge sugli infortuni degli operai, approvata con R. decreto 31 gennaio 1904, n. 51, ed è ripartita fra gli aventi diritto in conformità, delle disposizioni contenute nel decreto medesimo. Qualora si verifichi la morte, per febbre perniciosa, di operai o di impiegati, che si trovino nelle condizioni stabilite nell’art. 317, e sia mancata, sul posto, per colpa dell’appaltatore o del concessionario dei lavori, l’assistenza sanitaria, preveduta nello stesso articolo, questi sarà tenuto a corrispondere agli aventi diritto, indicati nel comma precedente, un indennizzo pari a cinque annualità del salario preveduto nei contratti collettivi di lavoro, dedotto, per gli operai assicurati, l’ammontare della somma pagata dall’istituto assicuratore ai sensi dei precedenti comma, quando la somma stessa sia inferiore alle cinque annualità predette.

Sezione VIII Disposizioni per la prevenzione e la cura della pellagra

Art. 330. Ogni caso di pellagra, anche sospetto, deve essere denunziato nei modi stabiliti negli articoli 254 e 255. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire trecento a cinquemila.

Art. 331. I comuni, nei quali sia accertata endemia pellagrosa, sono assoggettati, con ordinanza motivata del prefetto, alle norme stabilite negli articoli 332, 333 e 334. Il provvedimento del prefetto è definitivo.

Art. 332. Nei comuni, dichiarati colpiti dalla pellagra, sono assoggettate alla vigilanza e alle prescrizioni delle autorità governative e locali la essiccazione, la conservazione e la consumazione alimentare del granturco e suoi derivati. I regolamenti speciali per l’esecuzione del presente articolo e dei seguenti sono approvati dalla Giunta provinciale amministrativa, inteso il Consiglio provinciale dell’economia corporativa e il Consiglio provinciale di sanità.

Art. 333. Nei comuni, dichiarati colpiti da pellagra, il prefetto ha facoltà di ordinare al comune la costruzione o l’acquisto di uno o più essiccatoi per granturco, di capacità corrispondente ai bisogni locali. L’esercizio viene regolato dalle norme prescritte nel regolamento. Il prefetto ha parimenti facoltà di invitare il comune a destinare un locale, riconosciuto dall’ufficiale sanitario igienicamente adatto, al deposito e alla buona conservazione del granturco o della farina di proprietà privata degli abitanti, che manchino di locali sani e per la quantità corrispondente al bisogno dell’alimentazione familiare. All’impianto dell’essiccatoio e alla costruzione o adattamento dei locali di deposito sono applicabili le norme e i benefizi, stabiliti per i prestiti di favore per opere pubbliche di igiene.

Art. 334. Quando siano affette da pellagra persone iscritte nell’elenco dei poveri il medico condotto, tenuto conto della razioni alimentare abituale dell’ammalato, prescrive gli alimenti integrativi di tale razione, che debbono essere somministrati gratuitamente dal comune a scopo di cura. Il podestà forma e tiene al corrente l’elenco dei pellagrosi poveri, ai quali le famiglie non sono in grado di provvedere l’alimentazione curativa. I malati poveri, rispetto ai quali sia accertata la insufficienza o l’inefficienza dell’alimentazione stessa, debbono essere ricoverati in ospedali o in altri luoghi opportunamente ordinati. La spesa per l’alimentazione curativa e l’eventuale ricovero degli ammalati poveri è anticipata dal comune e suddivisa in parti uguali a carico del comune e della provincia.

Art. 335.  È stanziata annualmente, in apposito capitolo del bilancio del Ministero dell’interno, una somma per sussidi ai comuni per l’impianto e il funzionamento degli istituti curativi contro la pellagra.

Sezione IX Disposizioni per combattere il cancro e i tumori maligni

Art. 336. Per ciascun esercizio finanziario, in speciali capitoli del bilancio del Ministero dell’interno, è stanziata:

a) una somma da erogare in sussidi ai comuni, alle provincie, alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, ai consorzi o altri enti per favorire l’impianto e il funzionamento di centri di accertamento diagnostico e di terapia per il cancro e i tumori maligni in genere, nonché per l’acquisto di radio da destinare in dotazione al laboratorio di fisica – ufficio del radio, presso l’Istituto di sanità pubblica;

b) una somma da erogare per la attuazione di corsi di preparazione scientifica e di tirocinii pratici per l’addestramento di personale medico specializzato.

TITOLO VI DELIA POLIZIA MORTUARIA

Art. 337. Ogni comune deve avere almeno un cimitero a sistema di inumazione, secondo le norme stabilite nel regolamento di polizia mortuaria. Il cimitero è posto sotto la sorveglianza dell’autorità sanitaria, che la esercita a mezzo dell’ufficiale sanitario. I piccoli comuni possono costruire cimiteri consorziali.

Art. 338. I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. È vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri. Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire mille e deve inoltre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza. Il prefetto, quando abbia accertato che a causa di speciali condizioni locali non è possibile provvedere altrimenti, può permettere la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri a distanza minore di duecento metri dai centri abitati. Il prefetto inoltre, sentito il medico provinciale e il podestà, per gravi e giustificati motivi e quando per le condizioni locali non si oppongano ragioni igieniche, può autorizzare, di volta in volta, l’ampliamento degli edifici preesistenti nella zona di rispetto dei cimiteri. I provvedimenti del prefetto sono pubblicati nell’albo pretorio per otto giorni consecutivi e possono essere impugnati dagli interessati nel termine di trenta giorni. Il Ministro per l’interno decide sui ricorsi, sentito il Consiglio di Stato.

Art. 339. Il trasporto di cadaveri da comune a comune del Regno autorizzato dal Prefetto. L’introduzione di cadaveri dall’estero è autorizzata dal Ministro per l’interno, oppure, per delegazione di esso, dal prefetto, sotto la osservanza delle norme stabilite nel regolamento di polizia mortuaria. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquecento. Il prefetto, che autorizza il trasporto di un cadavere in un comune appartenente ad un’altra provincia del Regno, deve dare avviso dell’autorizzazione concessa al prefetto della provincia cui appartiene il comune nel quale il cadavere deve essere trasportato.

Art. 340.  È vietato di seppellire un cadavere in luogo diverso dal cimitero.  È fatta eccezione per la tumulazione di cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri. Il contravventore è punito con l’ammenda da lire duecento a cinquecento e sono a suo carico le spese per il trasporto del cadavere al cimitero.

Art. 341. Il Ministro per l’interno ha facoltà di autorizzare, di volta in volta, con apposito decreto, la tumulazione dei cadaveri in località differenti dal cimitero, quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze e la tumulazione avvenga con le garanzie stabilite nel regolamento di polizia mortuaria.

Art. 342. L’autorizzazione relativa al trasporto, alla tumulazione e all’esumazione di cadaveri, concessa a richiesta di privati, è vincolata al pagamento della tassa stabilita nella tabella n. 8 annessa al presente testo unico. L’autorizzazione ministeriale per la tumulazione di cadaveri in località differenti dal cimitero è pure vincolata al pagamento di una tassa nella misura stabilita nella tabella predetta. Il pagamento di una di dette tasse non esime dal pagamento dell’altra. L’autorizzazione ministeriale, indicata nel secondo comma del presente articolo, è esente da tassa quando si tratti di salma di personaggio al quale siano state decretate onoranze nazionali.

Art. 343. La cremazione dei cadaveri è fatta in crematoi autorizzati dal prefetto, sentito il medico provinciale. I comuni debbono concedere gratuitamente l’area necessaria nei cimiteri per la costruzione dei crematoi. Le urne cinerarie contenenti i residui della completa cremazione possono essere collocate nei cimiteri o in cappelle o templi appartenenti a enti morali o in colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione.

TITOLO VII DEI REGOLAMENTI LOCALI DI IGIENE E SANITÀ E DI POLIZIA VETERINARIA

Art. 344. I regolamenti locali di igiene e sanità contengono le disposizioni, richieste dalla topografia del comune e dalle altre condizioni locali, per l’assistenza medica, la vigilanza sanitaria, l’igiene del suolo e degli abitati, la purezza del l’acqua potabile, la salubrità e la genuinità degli alimenti e delle bevande, le misure contro la diffusione delle malattie infettive, la polizia mortuaria e in generale l’esecuzione del le disposizioni contenute nel presente testo unico, dirette a evitare e rimuovere ogni causa di insalubrità. I contravventori alle prescrizioni dei regolamenti locali d’igiene, quando non si applichino pene stabilite nel presente testo unico o in altre leggi, sono puniti con l’ammenda fino a lire mille. Per le contravvenzioni si applicano le disposizioni con tenute nel testo unico della legge comunale e provinciale concernenti la conciliazione amministrativa.

Art. 345. I regolamenti locali di igiene e sanità e gli altri regolamenti su materie sanitarie domandati ai comuni sono deliberati dal podestà, approvati dalla Giunta provinciale amministrativa, previo parere del Consiglio provinciale di sanità. Il prefetto può assegnare al comune un termine per la compilazione del proprio regolamento locale di igiene e sanità o degli altri regolamenti preveduti nel primo comma, quando siano obbligatori. Trascorso inutilmente questo termine, il regolamento viene compilato di ufficio. Il prefetto trasmette copia dei regolamenti al Ministro per l’interno, che può annullarli in tutto o in parte, quando siano contrari alle leggi o ai regolamenti generali, udito il parere del Consiglio superiore di sanità e del Consiglio di Stato. Dopo intervenuta la prescritta approvazione, i regolamenti comunali predetti debbono essere pubblicati all’albo pretorio per quindici giorni consecutivi.

Art. 346. Ogni provincia deve avere il regolamento di polizia sanitaria veterinaria. Ad esso è allegato il decreto del Ministro per l’interno, indicato nell’art. 61, concernente i compensi dovuti ai comuni per le visite e gli accertamenti eseguiti nell’interesse privato. Il regolamento è approvato dal prefetto, sulla proposta del rettorato provinciale, inteso il Consiglio provinciale di sanità e la Giunta provinciale amministrativa. Il provvedimento del prefetto è definitivo. Si applicano a tale regolamento le disposizioni contenute nel quarto comma dell’articolo precedente e nell’ultimo comma dell’art. 344. I contravventori alle prescrizioni del regolamento locale di polizia sanitaria veterinaria, quando non si applichino pene stabilite nel presente testo unico o in altre leggi, sono puniti con l’ammenda fino a lire cinquecento.

TITOLO VIII DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL GOVERNATORATO DI ROMA

Art. 347. Nel territorio del governatorato di Roma sono devolute al governatore le attribuzioni in materia sanitaria attribuite al prefetto e al podestà, ai termini del presente testo unico e di ogni altra legge e regolamento, fatta eccezione per quelle concernenti i servizi di sanità marittima e quelle sugli arrivi per le vie dell’aria, i trasporti di salme da comune a comune, la vigilanza sul meretricio, il commercio degli stupefacenti, i rapporti con gli organi sindacali competenti degli esercenti le professioni e le arti sanitarie e i provvedimenti relativi alla transumanza del bestiame.

Art. 348. Le funzioni del Consiglio provinciale di sanità sono esercitate, per quanto riguarda il territorio del governatorato di Roma, da una commissione composta degli stessi membri del Consiglio provinciale di sanità. Il governatore fa parte della commissione, in sostituzione del prefetto e la presiede.

Art. 349. Le attribuzioni dell’ufficio sanitario provinciale, nel territorio del governatorato di Roma, sono devolute all’ufficio d’igiene e sanità del governatorato. Con decreto del Ministro per l’interno, sentito il governatore, sono stabilite le norme del concorso per la nomina a medico direttore dell’ufficio d’igiene e sanità del governatorato.

Art. 350. Lo statuto del Consorzio provinciale antitubercolare per la provincia di Roma è approvato dal prefetto, di concerto col governatore.

Art. 351. Le attribuzioni conferite al prefetto dalle disposizioni del presente testo unico per l’apertura ed esercizio delle farmacie, nel territorio del governatorato di Roma, sono devolute al governatore. Per il governatorato la commissione indicata nell’art. 105 è nominata dal governatore ed è presieduta dal vice governatore. Di essa fa parte il medico direttore dell’ufficio d’igiene del governatorato. I provvedimenti del governatore, adottati ai sensi dei precedenti comma, sono definitivi.

Art. 352. Il governatore di Roma provvede alla fornitura del chinino nelle zone malariche comprese nel territorio del governatorato, ripartisce le spese anticipate per la fornitura stessa e cura i necessari accertamenti e rimborsi a termini delle disposizioni del presente testo unico.

TITOLO IX DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 353. Quando, a causa di malattie epidemiche o per la sistemazione di importanti servizi sanitari, ricorre la necessita assoluta e urgente di occupare proprietà particolari per creare ospedali, cimiteri o provvedere ad altri servizi sanitari, compresa la protezione per le opere di presa e di conduttura delle acque potabili, si procede ai termini delle disposizioni contenute nel Capo II del Titolo II della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità e dell’art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E.

Art. 354. Sono a carico dello Stato le indennità per ispezioni sanitarie disposte dall’autorità governativa nell’interesse pubblico e tutte le altre spese che l’autorità governativa crederà di ordinare a tutela della sanità pubblica o per soccorrere provincie e comuni colpiti da epidemie o da epizoozie.

Art. 355. Sono obbligatorie per i comuni e per le provincie le spese poste a loro carico dalle disposizioni contenute nel presente testo unico, nel testo unico della legge comunale e provinciale e in qualsiasi altra disposizione legislativa.

Art. 356. In caso di contestazione sulla competenza passiva delle spese, ritenute rispettivamente obbligatorie per la provincia o per il comune, il prefetto decide definitivamente, sentito il parere della Giunta, provinciale amministrativa.

Art. 357. Salvo che la legge non disponga altrimenti contro i provvedimenti emanati in materia sanitaria dal Podestà è ammesso ricorso in via gerarchica al Prefetto, che decide definitivamente, udito il parere del medico provinciale, e contro i provvedimenti delle autorità governative inferiori è ammesso ricorso alle autorità superiori. Per quanto concerne i ricorsi gerarchici e gli annullamenti di ufficio in materia sanitaria si osservano le norme generali stabilite nel testo unico della legge comunale e provinciale.

Art. 358. Un regolamento, approvato con decreto Reale, sentito il Consiglio di Stato, determinerà le norme generali per la applicazione del presente testo unico. I contravventori alle disposizioni del regolamento generale e a quelle dei regolamenti speciali, da approvarsi con decreto Reale sentito il Consiglio di Stato ed eventualmente occorrenti per l’esecuzione delle varie parti delle precedenti disposizioni, sono puniti, quando non siano applicabili pene prevedute nelle disposizioni medesime, con l’ammenda fino a lire duemila.

Art. 359.  È abrogata ogni disposizione contraria al presente testo unico o con esso incompatibile.

TITOLO X DISPOSIZIONI TRANSITORIE

CAPO I Disposizioni relative ai servizi di vigilanza igienica e di assistenza sanitaria dei comuni e delle provincie

Art. 360. Ai concorsi per posti di ufficiale sanitario, preveduti nell’art. 34, indetti entro il 31 dicembre 1937, possono essere ammessi, indipendentemente dai limiti di età, coloro che alla data del bando di concorso abbiano prestato tre anni di ininterrotto servizio in uno stesso comune o consorzio, nella qualità di ufficiale sanitario, a seguito di nomina prefettizia anche provvisoria, purché siano stati assunti precedentemente alla data di entrata in vigore del presente testo unico.

Art. 361. Ai concorsi per posti di sanitario condotto, preveduti nell’art. 68, indetti entro il 31 dicembre 1937, possono essere ammessi, indipendentemente dai limiti di età, i sanitari che dimostrino di avere già prestato servizio di condotta, con nomina divenuta definitiva, precedentemente alla data di entrata in vigore del presente testo unico.

Art. 362. I laboratori, che alla data di entrata in vigore del presente testo unico sono gestiti dai comuni, passeranno alle amministrazioni provinciali, con il loro impianto ed il personale addetto, entro il termine di due anni dalla data predetta, secondo le modalità stabilite nel R. decreto 16 gennaio 1927, n. 155. Al personale dei detti laboratori si applicano le norme sancite nel presente testo unico per il personale dei laboratori provinciali.

Art. 363. Ai concorsi, preveduti nell’art. 85, indetti entro il 31 dicembre 1937, per posti presso i laboratori provinciali, possono essere ammessi, indipendentemente dai limiti di età, coloro che alla data del bando di concorso prestino ininterotto servizio, anche per effetto di incarico provvisorio, da almeno tre anni, presso laboratori di igiene e profilassi dipendenti dallo Stato o da altri enti pubblici, purché assunti precedentemente alla data di entrata in vigore del presente testo unico.

Art. 364. L’applicazione delle disposizioni relative al collocamento a riposo, al compimento dei sessantacinque anni di età, del personale sanitario preveduto negli articoli 47, 54, 76, 90, 96 e 362 del presente testo unico, avrà inizio col 1° luglio 1936, salvo il disposto del comma seguente. A partire dalla data di entrata in vigore del presente testo unico i prefetti e le amministrazioni interessate, secondo la rispettiva competenza, provvederanno al collocamento a riposo dei sanitari che oltre ai sessantacinque anni di età abbiano anche compiuto quaranta anni di servizio e di quelli che abbiano compiuto settanta anni di età e trentacinque di servizio.

CAPO II Disposizioni relative all’esercizio delle professioni ed arti sanitarie e di attività soggette a vigilanza sanitaria

Sezione I Disposizioni relative all’esercizio delle professioni sanitarie

Art. 365. Sono autorizzati all’esercizio delle professioni di medico chirurgo, veterinario, farmacista e levatrice, quantunque sforniti del titolo di abilitazione prescritto a norma degli ordinamenti in vigore:

a) i cittadini italiani delle nuove Provincie del Regno che abbiano conseguito i diplomi per l’esercizio delle professioni suddette in istituti autorizzati del cessato Impero austro-ungarico, o che siano in possesso di diplomi di altri Stati, confermati (nostrificati) con provvedimento della competente autorità del detto cessato Impero, nei limiti stabiliti dal R. decreto-legge 25 settembre 1921, n. 1396, che determina i casi di equipollenza dei diplomi per l’esercizio delle professioni sanitarie conseguiti presso istituti della cessata monarchia austro-ungarica, e dal R. decreto-legge 16 agosto 1926, n. 1914, che estende alla provincia del Carnaro la legislazione sanitaria vigente nel Regno; b) coloro che, muniti di diplomi esteri per l’esercizio di professioni sanitarie, abbiano ottenuto con decreto del Ministro per l’interno l’autorizzazione ad esercitare nel Regno la loro professione ai sensi del R. decreto-legge 22 marzo 1923, n. 795, che disciplina l’esercizio nel Regno delle professioni sanitarie da parte di laureati o diplomati all’estero rimpatriati per la guerra. Art. 366. Sono autorizzati all’esercizio della professione nel Regno, ma soltanto presso gli stranieri, i medici-chirurghi diplomati all’estero, che al tempo della promulgazione della legge 10 luglio 1910, n. 455, relativa all’istituzione degli Ordini dei sanitari, si trovavano da oltre tre anni, iscritti nei ruoli dei contribuenti, per redditi di ricchezza mobile, derivanti dall’esercizio professionale. Art. 367. Sono autorizzati all’esercizio della odontoiatria e della protesi dentaria, quantunque non abilitati all’esercizio della professione di medico chirurgo:

a) coloro che siano stati legalmente abilitati a tale esercizio in virtù di disposizioni anteriori al decreto-legge 16 ottobre 1924, n. 1755, concernente l’esercizio dell’odontoiatria e protesi dentaria;

b) i cittadini italiani delle nuove provincie del Regno che siano in possesso di concessioni per l’esercizio della odontotecnica rilasciate dalla competente autorità del cessato Impero austro ungarico, nei limiti stabiliti dalla legge 23 giugno 1927, n. 1187, concernente provvedimenti a favore degli odontotecnici concessionati delle nuove provincie del Regno e dal R. decreto 14 giugno 1928, n. 1630, che estende alla provincia del Carnaro la legislazione sanitaria vigente nel Regno.

Alle persone che si trovano nelle condizioni sopra indicate si applicano le disposizioni del presente testo unico, relative all’esercizio delle professioni sanitarie.

Sezione II Disposizioni relative al servizio farmaceutico

Art. 368. Ai titolari di farmacie legittime, ai sensi dell’art. 25 della legge 22 maggio 1913, n. 468, esistenti alla data di pubblicazione del R. decreto-legge 15 marzo 1934, n. 463, e riconosciuto il diritto di continuare, vita durante, l’esercizio di una farmacia. Il titolare di due o più farmacie deve, entro il termine del 30 settembre 1934, notificare al prefetto della provincia, se tutte le farmacie hanno sede nella stessa provincia, o, altrimenti, al Ministero dell’interno, per quale di esse intenda optare. Trascorso inutilmente detto termine, il prefetto od il Ministro per l’interno, secondo la rispettiva competenza, determinano, anche in relazione alle esigenze dell’assistenza farmaceutica, per quale delle farmacie medesime è riconosciuto il diritto di continuare, vita durante, l’esercizio. Le farmacie per le quali, ai sensi delle disposizioni contenute nel precedente comma, non è riconosciuto il diritto alla continuazione del relativo esercizio, possono essere vendute a condizione:

a) che la vendita abbia luogo non oltre il 31 dicembre 1936;

b) che la vendita sia fatta a farmacista iscritto nell’albo professionale.

Le farmacie che, allo scadere del termine indicato nella lettera a) non siano state vendute, sono messe a concorso ai sensi dell’art. 105. L’autorizzazione data dal prefetto ai nuovi titolari delle farmacie è strettamente personale e non può essere ceduta o trasferita ad altri.

Art. 369. Le farmacie, per le quali sia stato riconosciuto il diritto di continuare l’esercizio a norma del primo comma del precedente articolo, possono essere trasferite, per una volta tanto, per atto tra vivi o per successione, a condizione che il trapasso della farmacia sia fatto a favore di farmacista iscritto nell’albo professionale. Nel caso di successione, il trapasso della farmacia può avvenire anche a favore del figlio o di uno dei figli del titolare premorto, sebbene non farmacista, purché sia avviato agli studi farmaceutici o almeno inscritto all’ultimo anno di scuola media di secondo grado. Il trapasso della farmacia, a qualunque titolo avvenga, deve essere comunicato al prefetto, il quale, accertata l’osservanza delle prescrizioni sopradette, riconosce l’avvenuto trasferimento dell’esercizio della farmacia al nome del nuovo titolare. L’autorizzazione, data dal prefetto al nuovo titolare della farmacia, è strettamente personale e non può essere ceduta o trasferita ad altri. Quando si tratti di successione a favore di figli, che si trovino nelle condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, il prefetto concede la gestione provvisoria della farmacia fino al completamento degli studi farmaceutici. Durante la gestione provvisoria della farmacia si applicano alla medesima le disposizioni di cui all’articolo 379.

Art. 370. Alle farmacie legittime, ai sensi dell’art. 26 della legge 22 maggio 1913, n. 468, si applicano le disposizioni contenute del secondo comma dell’art. 368. Le farmacie stesse possono essere trasferite, esclusiva mente per successione e secondo le disposizioni prevedute nell’articolo precedente, a favore del figlio o di uno dei figli, anche se non farmacista e, in mancanza di figli, a favore del coniuge che sia farmacista.

Art. 371. Ai comuni, alle istituzioni di assistenza e beneficenza ed agli altri enti pubblici, nonché alle società cooperative di previdenza e di consumo che, alla data del 31 marzo 1934 siano titolari di farmacie, è riconosciuto il diritto di continuarne l’esercizio.

Art. 372. Ai farmacisti addetti alle farmacie comunali indicate nell’articolo precedente si applicano le norme stabilite nel presente testo unico per i sanitari condotti e, per quanto riguarda il trattamento di quiescenza, le norme stabilite per la cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati e salariati degli enti locali. I concorsi per la nomina dei farmacisti addetti alle farmacie comunali sono indetti dal prefetto e giudicati dalla Commissione indicata nell’art. 105 del presente testo unico.

Art. 373. Alle società ed agli enti non preveduti nell’art. 371, i quali siano titolari di farmacie legittime ai sensi dell’art. 25 della legge 22 maggio 1913, n. 468, si applicano le disposizioni dell’art. 368, salvo per quanto riflette il diritto di continuare l’esercizio della farmacia, che resta limitato a un trentennio a decorrere dal 31 marzo 1934.

Art. 374. Ai proprietari delle farmacie di antico diritto, considerate come privilegiate giusta le disposizioni dell’art. 28 della legge 22 maggio 1913, n. 468, è riconosciuto, in deroga alle disposizioni contenute negli articoli 112 e 113 del presente testo unico, per s è e i loro eredi e aventi causa, il diritto all’esercizio delle farmacie rispettive per la durata di anni trenta dalla pubblicazione della predetta legge; scorso il quale termine, il privilegio dei detti proprietari s’intende definitivamente estinto. Rimane salvo ai proprietari, che siano farmacisti, il diritto di continuare nell’esercizio della farmacia fino al termine della loro vita. Frattanto, durante il detto termine, la eventuale apertura di nuove farmacie, nei comuni nei quali si trovano quelle privilegiate come sopra, è sempre disposta, anche quando si tratti di farmacie rurali, entro i limiti di popolazione indicati nell’art. 104, salvo il caso preveduto nell’art. 109.

Art. 375. Nei territori annessi in base agli articoli 3 della legge 26 settembre 1920, n. 1322, e 2 della legge 19 dicembre 1920, n. 1778, si applicano, in sostituzione dei precedenti articoli 368, 369, 370 e 374, le seguenti disposizioni: 1° Ai proprietari delle farmacie di diritto reale ora esistenti ed in esercizio nei territori annessi, secondo la legge austriaca 18 dicembre 1906, n. 5 B. L. I., è riconosciuto per s è e i loro eredi e aventi causa, il diritto all’esercizio delle farmacie rispettive nella sede attuale, per la durata di anni trenta dalla pubblicazione del Regio decreto 13 maggio 1923, n. 1238; scorso il quale termine, il privilegio dei detti proprietari si intende definitivamente estinto. Rimane salvo ai proprietari, che siano farmacisti, il diritto di continuare nell’esercizio della farmacia fino al termina della loro vita. Frattanto, durante il detto termine, la eventuale aperture di nuove farmacie nei comuni, nei quali si trovano le farmacie in parola, è disposta anche quando si tratti di farmacie rurali, entro i limiti di popolazione indicati nell’art. 104 del presente testo unico, salvo il caso preveduto nell’art. 109. 2° Ai proprietari delle farmacie di diritto personale ora esistenti e in esercizio nei territori annessi, secondo la legge austriaca del 18 dicembre 1906, n. 5 B. L. I., è riconosciuto, per s è e per i loro eredi e aventi causa e per la durata di venti anni dalla pubblicazione del Regio decreto 13 maggio 1923, n. 1238, il diritto all’esercizio della farmacia rispettiva, nella sede attuale. Rimane però fermo nei detti proprietari, che siano farmacisti, il diritto di esercitare la farmacia fino al termine della loro vita. 3° A misura che le farmacie indicate nei due precedenti numeri vengano a chiudersi, anche per alcuna delle cause prevedute negli articoli 113 e 114 del presente testo unico, le farmacie stesse non possono essere riaperte che entro i limiti della pianta organica stabilita dal prefetto e sotto la osservanza di tutte le altre condizioni e norme contenute nel presente testo unico.

Art. 376. Nella città di Fiume e nel relativo territorio, annesso al Regno in virtù del R. decreto-legge 22 febbraio 1924, n. 211, si applicano, in sostituzione dei precedenti articoli 368, 369, 370 e 374 le seguenti disposizioni: 1° Ai proprietari delle farmacie di diritto reale ora esistenti ed in esercizio nel circondario di Fiume, secondo il paragrafo 131 della legge ungherese XIV dell’anno 1879, è riconosciuto, per sè e i loro eredi e aventi causa, il diritto all’esercizio delle farmacie rispettive nella sede attuale, per la durata di anni trenta dalla data di pubblicazione del Regio decreto 16 agosto 1926, n. 1914; scorso il quale termine, il privilegio dei detti proprietari si intende definitivamente estinto. Rimane salvo ai proprietari, che siano farmacisti, il diritto di continuare nell’esercizio delle farmacie fino al termine della loro vita. Frattanto, durante il detto termine, la eventuale apertura di nuove farmacie nel territorio nel quale si trovano le farmacie in parola, è disposta, anche quando si tratti di farmacie rurali, entro i limiti di popolazione indicati nell’articolo 104 del presente testo unico, salvo il caso preveduto nell’art. 109. 2° Ai proprietari delle farmacie di diritto personale ora esistenti e in esercizio nel circondario di Fiume, secondo 1 paragrafo 131 della legge ungherese XIV dell’anno 1879, è riconosciuto, per sé e per i loro eredi e aventi causa, per la durata di venti anni dalla data di pubblicazione del citato decreto, il diritto all’esercizio della farmacia rispettiva, nella sede attuale. Rimane però fermo nei detti proprietari, che siano farmacisti, il diritto di esercitare la farmacia fino al termine della loro vita. 3° A misura che le farmacie, indicate nei due precedenti numeri, vengano a chiudersi, anche per alcuna delle cause prevedute negli articoli 113 e 114 del presente testo unico, le farmacie stesse non possono essere riaperte che entro i limiti della pianta organica stabilita dal prefetto e sotto la osservanza di tutte le altre condizioni e norme contenute rei presente testo unico.

Art. 377. Alle farmacie indicate negli articoli 375 e 376, nn. 1 e 2, si applicano le disposizioni degli articoli 57, 58 e 60 del regolamento 13 luglio 1914, n. 829. Art. 378. Le farmacie il cui titolare non sia farmacista debbono avere, per direttore responsabile, in conformità al disposto dell’art. 121, un farmacista iscritto nell’albo professionale. Art. 379. Alle farmacie privilegiate prevedute nell’art. 374, che siano in esercizio alla scadenza del trentennio stabilito dall’articolo stesso, e alle farmacie di diritto transitorio della Venezia Giulia e Tridentina e del territorio di Fiume, che siano in esercizio alla scadenza dei termini stabiliti negli articoli 375 e 376, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 368, 369, 371 e 373.

Art. 380. Entro il 31 marzo 1935 il prefetto, sentiti i podestà dei comuni interessati, la Giunta provinciale amministrativa e il Consiglio provinciale di sanità, stabilirà, con suo decreto, la pianta organica delle farmacie della provincia, agli effetti dell’art. 104. Il provvedimento del prefetto è definitivo. Le farmacie risultanti in soprannumero alla pianta organica saranno gradatamente assorbite nella pianta stessa con l’accrescimento della popolazione o per effetto di chiusura di farmacie che vengano dichiarate decadute.

Art. 381. Il Ministro delle finanze è autorizzato a introdurre nello stato di previsione dell’entrata e in quello della spesa del Ministero dell’interno le variazioni occorrenti per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 115.

Sezione III Disposizioni relative all’esercizio delle professioni sanitarie ausiliarie

Art. 382. In via transitoria e fino al 5 novembre 1935, la direzione delle scuole convitto professionali per infermiere può essere affidata anche ad infermiere che abbiano seguito i corsi delle scuole convitto professionali per infermiere, esistenti al 5 novembre 1925, che abbiano tenuto con lode, per almeno un biennio, funzioni direttive dell’assistenza infermiera in un reparto ospedaliero del Regno, nonché ad infermiere diplomate in scuole convitto straniere.

Sezione IV Disposizioni relative all’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie

Art. 383. Sono autorizzati all’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie coloro che hanno conseguito l’attestato di abilitazione a termini dell’art. 6 della legge 23 giugno 1927, n. 1264, concernente la disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie.

Art. 384. Gl’infermieri che alla pubblicazione della legge 23 giugno 1927, n. 1264, citata nell’articolo precedente, erano in servizio presso amministrazioni ospitaliere e che a norma dell’art. 7 della legge medesima furono mantenuti provvisoriamente in tale servizio, sebbene sprovvisti della speciale licenza o dell’attestato di abilitazione prescritto per l’esercizio della relativa attività, debbono, entro il 31 luglio 1936, munirsi dell’uno o dell’altro dei titoli anzidetti.

Art. 385. Fino a quando non siano state istituite le scuole autorizzate a rilasciare le licenze di abilitazione all’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie, è in facoltà del Ministro per l’interno, sentito quello per l’Educazione nazionale, di indire nuove sessioni di esami di idoneità per gli infermieri indicati nel precedente articolo e per coloro i quali, al momento in cui gli esami vengono indetti, abbiano un tirocinio di almeno quattro anni nell’arte che intendono di esercitare.

Sezione V Disposizioni relative all’esercizio di attività soggette a vigilanza sanitaria

Art. 386. Possono essere autorizzati all’impiego dei raggi Röntgen e del radio a scopo terapeutico i sanitari che, alla data preveduta nell’articolo consecutivo, abbiano esercitato ininterrottamente, per un periodo non inferiore ad anni cinque, la radioterapia e la radiumterapia. L’autorizzazione è concessa con decreto del Ministro per l’interno.

Art. 387. Le disposizioni contenute negli articoli 195, 196, 197, 198 e 386 del presente testo unico, relative alla disciplina degli impianti di radiologia e di radiumterapia ed all’uso delle sostanze radioattive, entreranno in vigore entro il termine che sarà stabilito nel regolamento.

CAPO III Disposizioni relative all’igiene del suolo e dell’abitato

Art. 388. Le stalle rurali esistenti alla data di pubblicazione del decreto prefettizio indicato dall’art. 234, dovranno, entro il termine di cinque anni dalla pubblicazione stessa, essere dotate, qualora non lo siano, della concimaia prescritta. Il proprietario che non abbia ottemperato alle dette prescrizioni è punito con l’ammenda da lire trecento a cinquecento. Egli, inoltre, decade da ogni agevolazione di credito, o fiscale, eventualmente ottenuta dallo Stato per le stalle o per il bestiame in relazione all’unità colturale in cui la stalla si trovi e non potrà di nuovo ottenere le agevolazioni anzidette o altre, fin quando non si sia messo in regola con le disposizioni dell’articolo citato.

Art. 389. È fatta, salva l’applicazione della disposizione contenuta nell’art. 2 del R. decreto-legge 29 novembre 1925, n. 2385, relativa alla competenza dei comitati tecnici amministrativi funzionanti presso i provveditorati alle opere pubbliche per il Mezzogiorno e le Isole e presso l’Alto commissariato di Napoli.

CAPO IV Disposizioni relative ai provvedimenti contro le malattie infettive e sociali

Sezione I Disposizioni per combattere la tubercolosi

Art. 390. Al fine di provvedere alle opere per la costruzione e lo adattamento di speciali luoghi di cura a tipo sanatoriale od ospedaliero sanatoriale per gli ammalati di tubercolosi, con particolare riguardo a coloro per i quali la malattia fu contratta o, aggravata in servizio militare di guerra, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere, fino al 30 giugno 1937, ai comuni e alle provincie, anche riuniti in consorzio, mutui estinguibili in un periodo di tempo non eccedente i trentacinque anni e, in caso di assoluta necessità giustificata dalle condizioni economiche dell’ente mutuatario, in cinquanta anni, con le garanzie stabilite negli articoli 75 e seguenti del testo unico di leggi approvato con R. decreto 2 gennaio 1913, n. 453 (libro II, parte I). I mutui, che la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere ai sensi del presente articolo, sono collocati sui fondi degli istituti di previdenza. I mutui possono anche essere concessi a istituti di assistenza e beneficenza o ad altri enti morali; in tal caso, quando la concessione del mutuo non sia garantita dall’amministrazione comunale o provinciale, sarà accettata in garanzia rendita su titoli dello Stato vincolati per tutta la durata del mutuo, non superiore a un trentennio.

Art. 391. La somma complessiva per i mutui concessi o da concedere, ai sensi dell’articolo precedente, non può superare i 45 milioni. Ogni singolo mutuo non può eccedere la somma di 800.000 lire. Lo Stato assume a suo carico gli interessi, che corrisponde alla Cassa depositi e prestiti in tante quote uguali quanti sono gli anni di ammortamento. Tale contributo non può superare in alcun caso quello che lo Stato avrebbe assunto se i mutui fossero stati concessi al saggio di interesse vigente quando le disposizioni relative al contributo entrarono in vigore i fondi occorrenti sono stanziati nel bilancio del Ministero dei lavori pubblici. Le somme disponibili alla fine dell’esercizio, sono portate in aumento della disponibilità degli esercizi successivi. Il concorso dello Stato può essere concesso anche quando i mutui siano contratti con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, ma la concessione non può importare al bilancio dello Stato un onere superiore a quello che deriverebbe se il prestito fosse contratto con la Cassa depositi e prestiti. Ai mutui e ai lavori preveduti dall’articolo precedente sono estese, in quanto siano applicabili, le disposizioni legislative vigenti per le opere igieniche che debbano essere eseguite con mutui di favore e col concorso dello Stato.

Art. 392. I benefici, indicati negli articoli 390 e 391, sono estensibili anche alle opere di costruzione e di adattamento di locali per colonie permanenti di bambini disposti alla tubercolosi. La spesa per il concorso dello Stato ai relativi mutui di favore grava sullo stesso fondo stanziato per l’esecuzione di detti articoli.

Sezione II Disposizioni per diminuire le cause della malaria

Art. 393. Con Regio decreto, su proposta del Ministro per l’interno, di concerto coi Ministri per le finanze, per i lavori pubblici e per l’agricoltura e foreste, potrà procedersi alla soppressione o alla eventuale trasformazione dell’Istituto autonomo per la lotta antimalarica nelle Venezie. Lo stesso Regio decreto determinerà la destinazione del patrimonio dell’Ente nel caso di soppressione.

CAPO V Disposizioni relative alla polizia mortuaria

Art. 394. I comuni che, alla data di entrata in vigore del presente testo unico, non sono provvisti del cimitero a sistema di inumazione secondo, l’art. 337, sono tenuti a provvedersene entro il termine di tre anni dalla data predetta. A tale scopo il prefetto assegna un termine entro il quale il comune deve presentare, per l’approvazione, il progetto relativo. In caso di inadempimento, il prefetto provvede di ufficio, salvi i provvedimenti della Giunta provinciale amministrativa, ai termini delle disposizioni contenute nel testo unico della legge comunale e provinciale.

Visto, d’ordine di Sua Maestà il Re:

Il Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato Ministro per l’Interno: MUSSOLINI. 

TABELLA N. 1.

Dei diritti di pratica sanitaria, preveduti dall’art. 30.

Parte di provvedimento in formato grafico

TABELLA N. 2.

Tabella dei diritti per la visita del bestiame e dei  prodotti ed avanzi animali ai confini dello Stato, ai termini dell’art. 32.

Parte di provvedimento in formato grafico

TABELLA N. 3.

Tassa di concessione per l’autorizzazione all’apertura ed esercizio di una farmacia e tassa d’ispezione delle farmacie (art. 108,  128  e 145)

=================================================================

|    F A R M A C I E    | Tassa di concessione  |Tassa di ispezione |

=======================+=======================================

|I. – Nei comuni con    |                       |                   |

|popolazione non        |                       |                   |

|superiore a 5000       |                       |                   |

|abitanti               |         144 –         |       25 –        |

+———————–+———————–+——————-+

|II. – Nei comuni con   |                       |                   |

|popolazione superiore a|                       |                   |

|5000 e non a 10.000    |                       |                   |

|abitanti               |         720 –         |       25 –        |

+———————–+———————–+——————-+

|III. – Nei comuni con  |                       |                   |

|popolazione superiore a|                       |                   |

|10.000 e non a 15.000  |                       |                   |

|abitanti               |        1.440 –        |       40 –        |

+———————–+———————–+——————-+

|IV. – Nei comuni con   |                       |                   |

|popolazione superiore a|                       |                   |

|15.000 e non a 40.000  |                       |                   |

|abitanti               |        2.160 –        |       40 –        |

+———————–+———————–+——————-+

|V. – Nei comuni con    |                       |                   |

|popolazione superiore a|                       |                   |

|40.000 e non a 100.000 |                       |                   |

|abitanti               |        6.000 –        |       80 –        |

+———————–+———————–+——————-+

|VI. – Nei comuni con   |                       |                   |

|popolazione superiore a|                       |                   |

|100.000 abitanti       |       12.000 –        |       200 –       |

+———————–+———————–+——————-+

N.B. – La popolazione va calcolata in base ai risultati dell’ultimo censimento.

TABELLA N. 4.

Tassa di concessione per le licenze di  abilitazione  all’esercizio di un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie (art. 142).

a) per le arti dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista, L. 50;

b) per  gli odontotecnici e per  gli infermieri,  compresi i massaggiatori e i capi bagnini degli  stabilimenti  idroterapici,  L.30.

    TABELLA N. 5.

    Tassa di concessione per l’autorizzazione a produrre e a mettere in commercio specialità medicinali (art. 178).

    1° Tassa annua per ogni officina di specialità medicinali:

    a) per officine che non impieghino complessivamente più di cinque persone (escluso il personale di amministrazione), L. 200;

    b) per officine che non impieghino  complessivamente  più  di  10 persone (escluso il personale di amministrazione), L. 500;

    c) per officine che non impieghino  complessivamente  più di  20 persone (escluso il personale di amministrazione), L. 2000;

    d) per officine che impieghino complessivamente più di 20 persone (escluso il personale di amministrazione), L. 5000.

      2°  Tassa di autorizzazione alla produzione di specialità medicinali:

      a) per officine che non  impieghino complessivamente più di persone (escluso il personale di amministrazione), L. 200;

      b) per officine che non impieghino complessivamente più di 10 persone (escluso il personale di amministrazione), L. 500;

        c) per officine che non impieghino complessivamente più di 20 persone (escluso il personale di amministrazione), L. 2000;

        d) per officine che impieghino complessivamente più di 20 persone (escluso il personale di amministrazione), L. 5000.

          3° Tassa per registrazione sanitaria di specialità medicinali estere e nazionali,  per  ogni  specialità,  serie  o  categoria  di specialità L. 1000.

          4° Tassa di nuova registrazione sanitaria per specialità estere  o nazionali, variate nella loro  composizione,  per  ogni  specialità, serie o categoria di specialità, L. 100.

          5° Tassa annua per ogni specialità estera  o  nazionale,  serie  o categoria di specialità registrate, L. 250.

          6° Tassa  per  registrazione  sanitaria  di  specialità  estere o nazionali, già esistenti e denunciate fino al 31 dicembre 1929, per ogni specialità, serie o categoria di specialità, L. 500.

          TABELLA N. 6.

          Tassa di concessione governativa per l’autorizzazione prefettizia di cui all’art. 196 (1° comma). L. 200

          Tassa annua di ispezione (art. 196).

          a) per apparecchi di tensione uguale o superiore a 100 mila volta, 200;

          b) per apparecchi di tensione inferiore a 100 mila volta, L. 100.

            I possessori di due o piu’ apparecchi di ciascuna  delle  categorie

            a) e b) sono tenuti al pagamento dell’intera tassa annua di ispezione per il primo e della metà della tassa per ciascuno degli altri.

              TABELLA N. 7.

              Sovvenzione  spettante  ai  discendenti,  ascendenti,  fratelli   o sorelle, coniuge superstite di operai deceduti per febbre  perniciosa

              (art. 329).

              =====================================================

              |                         |           Sesso         |

              |    Eta’ dell’operato    |————————-|

              |        deceduto         |   uomini    |   donne   |

              +=========================+=============+===========+

              |dai 12 ai 15 anni        |             |           |

              |compiuti                 |        3.000|      2.250|

              +————————-+————-+———–+

              |dai 15 ai 23 anni        |             |           |

              |compiuti                 |        6.000|      3.000|

              +————————-+————-+———–+

              |dai 23 ai 55 anni        |             |           |

              |compiuti                 |        7.500|      3.750|

              +————————-+————-+———–+

              |dai 55 ai 65 anni        |             |           |

              |compiuti                 |        4.500|      2.250|

              +————————-+————-+———–+

              TABELLA N. 8.

              Tassa di autorizzazione per il trasporto, tumulazione ed esumazione

              di cadaveri, concessa a richiesta di privati (art. 342):

              1. a) se rilasciata dal Ministro per l’interno  o  dal  prefetto  per

              delegazione del Ministro, L. 540;

              1. b) se rilasciata dal prefetto nella propria competenza, L. 180.

              Tassa di autorizzazione per la tumulazione di cadaveri in localita’

              differenti dal cimitero (art. 342) L. 360

              Visto, d’ordine di Sua Maesta’ il Re:

              Il Capo del Governo

              Primo Ministro Segretario di Stato

              Ministro per l’Interno:

              MUSSOLINI.

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              CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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