Mancato o ritardato pagamento degli oneri concessori non impedisce il rilascio del titolo abilitativo
Norme e giurisprudenza amministrativa sottopongono ogni tipo di modifica permanente del territorio a Permesso di costruire
L’attuale disciplina urbanistica considera ogni trasformazione permanente edilizia del territorio al pari di nuova edificazione
In primo luogo deve ricordarsi che il T.U. n.380/2001 prevede una specifica disciplina per gli interventi comportanti modifiche permanenti al suolo inedificato, in particolare il punto e) dell’art. 3 comma 1 statuisce un principio fondamentale:
tutti gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo nonchè ristrutturazione edilizia, sono da considerarsi “interventi di nuova costruzione” assoggettati a Permesso di Costruire.
Tra le definizioni di intervento previste dall’art. 3 del DPR 380/01, al comma 1 vi sono alcune ipotesi specifiche (punti e.3 ed e.7) concernenti la realizzazione di depositi di merci o di materiali (piazzali non pavimentati), la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportanti trasformazione permanente del suolo inedificato.
La costante giurisprudenza amministrativa, ribadita anche dalla sentenza del Cons. di Stato IV n. 976/2012, statuisce che l’ipotesi di trasformazione permanente del suolo rileva giuridicamente non solo dalla modificazione materiale e della conformazione naturale di esso, ma anche e soprattutto l’utilizzo funzionale permanente dell’area in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia (Cons. Stato. V, 31/01/2001, n. 343; Cons. Stato, sez. V, 20/12/1999, n. 2125; Cons. Stato, sez. V, 01/03/1993, n. 319; Cass. pen., sez. III, 24/10/1997, n. 10709; Cass. pen., Sez. VI, 24/07/1997, n. 8520).
Ogni trasformazione permanente del suolo effettuata con o senza opere, manufatti o volumetrie, comporta aumento del carico urbanistico
La giurisprudenza esattamente richiamata considera una trasformazione permanente del territorio, a prescindere dalla realizzazione di volumetrie di qualunque natura, ogni modifica funzionale e permanente di un area (e non ad uno scopo contingente, temporaneo o occasionale) in quanto contraddice ed impedisce definitivamente la vocazione agricola (o non edificata/edificabile) impressa dallo strumento urbanistico, comportando un notevole incremento del carico urbanistico (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 30 aprile 2009, n. 2768; Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6756; Consiglio Stato, sez. IV, 01 ottobre 2007, n. 5035; Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2005, n. 7343; Consiglio Stato, sez. V, 11 novembre 2004, n. 7324; Consiglio Stato, sez. V, 15 giugno 2000, n. 3320; Cassazione Penale III, 9/6/1982).
In particolare la problematica emerge spesso delle aree qualificate come “Zona agricola”, la parte che negli ultimi decenni ha visto un’inarrestabile compromissione del suolo in moltissime regioni della campagna italiana; per questo la zonizzazione delle aree agricole prevista dagli strumenti urbanistici è specificamente diretta alla sua naturale conservazione e ad evitare ulteriori espansioni degli insediamenti, o più semplicemente della sua snaturazione.
La tutela della zona agricola dall’edificazione è un valore di equilibrio e qualità di vita abitativa
Per tale ragione, sono sempre e comunque esclusi tutti gli interventi diversi da quelli strettamente funzionali all’attività agricola ed alla eventuale esigenza dell’imprenditore agricolo di coltivare il fondo (se ed in quanto comunque non pregiudizievoli per l’assetto territoriale agricolo).
Le restrizioni edificatorie nelle zone agricole hanno dunque lo scopo non solo di valorizzare l’attività agricola vera a propria, ma altresì quella di garantire ai cittadini l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, nonché di assicurare loro quella quota di valori naturalistici necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano (Consiglio Stato , sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7478).
Tale disposizione di principio è stata tra l’altro recepita da molte legislazioni regionali come Veneto n. 11/2004 (Norme per il governo del territorio) e Toscana n. 65/2014 che in zona agricola consentono esclusivamente interventi edilizi connessi all’attività agricola, sulla base di un piano aziendale, ai soli imprenditori agricoli titolari di azienda agricola (vedi anche Consiglio Stato, sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 798).
La prospettiva volta a preservare qualunque tipologia di consumo del suolo si sta affermando nell’ordinamento italiano, seppur a rallentatore; in questa ottica la normativa e la sua applicazione diventerà senz’altro sempre più severa.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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