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sottotetto

Ricavo di mansarde abitabili potrebbe variare sagoma della copertura, configurare sopraelevazione e richiedere permesso di costruire

Molte regioni sono dotate di normative urbanistiche per recuperare ad uso abitativo gli spazi sottotetti situati su edifici esistenti, ponendo diverse condizioni e presupposti per accedervi, disponendo ad esempio altezze minime ridotte in deroga a quelle del D.M. 5 luglio 1975.

Normalmente il recupero abitativo dei sottotetti è una trasformazione edilizia che comporta il cambio d’uso del volume esistente situato tra le falde di copertura ad uso civile abitazione, necessariamente con opere di adeguamento/realizzazione di:

  • impianti tecnici e servizi igienici;
  • modifiche su prospetti e forometria per adeguare illuminazione e ricambio d’aria naturali come finestre, lucernari, portefinestre, abbaini, eccetera;
  • consolidamento strutturale, ove necessario, dei solai di calpestio o della copertura;
  • eventuale aumento di unità immobiliare;
  • dotazione minima parcheggi, salvo deroghe;
  • e altro ancora;

Cerchiamo di capire le possibilità modalità di recupero abitativo dei sottotetti, per poter inquadrare le corrette categorie di intervento e relativi titoli abilitativi/edilizi necessari, sottolineando ancora la consultazione incrociata delle norme regionali in materia.

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Distinzione tra sottotetto, mansarda e locale tecnico

Prima di tutto si riportano le definizioni normative estrapolate dal Regolamento Edilizio Tipo nazionale (corso gratuito online), sottolineando che potrebbero esistere ulteriori declinazioni regionali:

  • Sottotetto: nel RET Allegato A è definito alla voce n. 23 quale spazio compreso tra l’intradosso della copertura dell’edificio e l’estradosso del solaio del piano sottostante; in altre parole si intende quel volume compreso tra le falde di copertura dell’edificio (anche per tetti piani) e l’ultimo soppalco calpestabile o meno. I sottotetti si possono distinguere in base alla loro potenziale utilizzazione del solaio sottostante, cioè alla sua praticabilità (strutturale) o abitabilità (funzionale).
    • Mansarda/Attico: spazio realizzato a copertura di un fabbricato con requisiti di abitabilità (altezze minime e medie interne, aeroilluminazione, praticabilità strutturale del solaio di calpestio, impianti, servizi w.c., ecc);
    • Sottotetto proprio o soffitta, quale volume tecnico con sola funzione di camera d’aria, con solaio di calpestio idoneo o meno a sopportare carichi di persone o cose, dotato di caratteristiche oggettive di non abitabilità, trattandosi in questo caso di un minimo spazio tecnico richiesto per la copertura dell’edificio, con eventuali impianti tecnici; Soffitta: vano inabitabile con permanenza umana, praticabile ma utilizzabile soltanto come deposito, stenditoio o similari;
  • Volume tecnico: nel RET Allegato A è definito alla voce n. 31, quali vani e spazi strettamente necessari a contenere ed a consentire l’accesso alle apparecchiature degli impianti tecnici al servizio dell’edificio (idrico, termico, di condizionamento e di climatizzazione, di sollevamento, elettrico, di sicurezza, telefonico, ecc). La giurisprudenza amministrativa ha consolidato diverse precisazioni sulla nozione di volume tecnico, definendolo come un volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo e comunque privo di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché strettamente necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima e non collocabili, per qualsiasi ragione, all’interno dell’edificio (Cons. di Stato n. 8170/2022, n. 4358/2020).

Alla luce delle soprastanti definizioni edilizie è utile rammentare che la pacifica giurisprudenza ha escluso la natura di vano tecnico del sottotetto (Consiglio di Stato n. 5004/2023, n. 1184/2022), in quanto:

“si definisce ‘tecnico’ il volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo e comunque privo di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché strettamente necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima e non collocabili, per qualsiasi ragione, all’interno dell’edificio (Consiglio di Stato, Sez. VI n. 7584 del 2021; Sez. VI, n. 3318 del 2021; Sez. II n. 5940 del 2021). Tali possono essere, in via esemplificativa, quelli connessi alla condotta idrica, termica, all’ascensore e simili (Consiglio di Stato, Sez. II n. 7357 del 2021, Sez. V, n. 3059 del 2016, Sez. VI n. 175 del 2015). Solo alle predette condizioni tali volumi non vanno computati nel calcolo della volumetria massima consentita, in quanto per definizione essi non generano autonomo carico urbanistico (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4358 del 2020)”.

Recupero sottotetto con o senza rialzamento copertura

In riferimento alla sagoma dell’edificio esistente, il recupero dei sottotetti in mansarde abitabili può avvenire:

  1. entro sagoma, cioè lasciando invariata la sagoma/forma della costruzione;
  2. fuori sagoma, cioè ampliando verso l’alto la sagoma;

Non trattiamo in questo post delle casistiche effettuate con demolizione e ricostruzione integrale dell’edificio, alle quali sono consentite (limitate) deroghe giustificate agli adeguamenti obbligatori di legge o nei casi di rigenerazione urbana (vedi articolo 3 c.1 lettera d) DPR 380/01).

La prima tipologia “entro sagoma” non prevede modifiche delle falde di copertura esistenti, (magari è condizionata ad opere di coibentazione termica di esse) e consiste in una trasformazione edilizia di cambio d’uso con opere di uno spazio esistente, che passa da uso accessorio ad uso abitativo; fatto salvo diverse disposizioni regionali, l’intervento va comunque inquadrato come mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante in quanto incide sul carico urbanistico e assoggettato a Permesso di Costruire (Consiglio di Stato n. 8256/2022).

La seconda tipologia “fuori sagoma” si configura come sopraelevazione, ancorché avvenuta con lieve rialzamento di quota, ottenuta col semplice inserimento di cordolo di sommità, variazioni di pendenza delle falde o del colmo. In molti casi è più conveniente lasciare intatti i piani di posa delle gronde, colmi e sommità del sottotetto, e creare/rialzare le relative quote. Oppure il passaggio da coperture a falde inclinate a tipologia piana, magari ricavando terrazze “a tasca”.

Rialzamento sottotetto equivale a sopraelevazione e nuova costruzione

Al di fuori delle tolleranze edilizie previste dal Testo Unico Edilizia art. 34-bis DPR 380/01, il rialzamento del sottotetto esistente fuori sagoma esistente equivale ad una sopraelevazione e pertanto nuova costruzione.

Intanto ciò è previsto dalla definizione contenuta nell’elenco degli interventi di nuova costruzione al punto e.1) articolo 3 comma 1 DPR 380/01, come regola generale:

e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);

Si evince che la realizzazione di parti ulteriori e aggiuntive alla sagoma legittimata preesistente rientri di base come nuova costruzione, e automaticamente assoggettata a Permesso di Costruire (art. 10 c.1 DPR 380/01).

Anche la Cassazione Civile ha più volte ribadito che in materia di distanze legali tra edifici:

la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura; ed all’uopo soggiunge che spetta al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l’opera eseguita abbia le anzidette caratteristiche ovvero se, in ipotesi, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal calcolo delle distanze legali (Cass. Civ. n. 14883/2022, n. 14932/2008, n. 20786/2006).

E quando si parla di porzioni inquadrabili come nuove costruzioni, scattano le problematiche relative a:

  • rispetto distanze legali, tra costruzioni, dai confini, vedute, eccetera;
  • verifica aspetti strutturali, tra intervento locale, miglioramento e adeguamento antisismico;
  • aumento di volume ai fini paesaggistici e beni culturali, nonchè vincolistici di vario livello;
  • ammissibilità intervento nelle zone e costruzioni di particolare pregio previsti da Piani Regolatori e Regolamenti edilizi comunali (es. centri storici);
  • adeguamento ai fini acustici e di risparmio energetico (ex L. 10/91 e D.Lgs. 192/05).
  • e altri ancora;

Anche il Consiglio di Stato conferma che il rialzamento del sottotetto rientri in sopraelevazione fuori sagoma esistente e pertanto in nuova costruzione.

Per esempio con sentenze C.d.S. n. 858/2023 e n. 5756/2023, riguardanti casi di rialzamento del sottotetto e delle coperture esistenti, concluse con la qualifica di interventi di “nuova costruzione“, assoggettata anche al rispetto delle distanze ex DM 1444/68.

Non conoscendo a mena dito tutte le norme regionali in materia urbanistico edilizia, non posso escludere che alcune norme regionali potrebbero aver inserito semplificazioni e “declassato” l’intervento da nuova costruzione a ristrutturazione edilizia, nonostante l’ampliamento verticale.

Certamente, è consigliato ancora una volta raccomandare cautela verso la qualificazione del rialzo dei sottotetti, soprattutto contestuali al mutamento di destinazione d’uso: se questo ha incidenza sui carichi urbanistici (cioè urbanisticamente rilevante), oltre ad essere oneroso, è sufficiente per qualificare nuova costruzione assoggettata a permesso di costruire.

Con l’ultima parola, che lascio alle legislazioni regionali.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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