Anche gli interventi CILA-S sono soggetti al rispetto dello Stato Legittimo, pertanto niente immobili abusivi
La pronuncia di incostituzionalità trova il limite solamente verso i rapporti amministrativi esauriti (CILA, SCIA e PdC)
Sto notando un incremento di dichiarazioni di incostituzionalità nei confronti di norme aventi incidenza urbanistico edilizia, in particolare quelle regionali, e le conseguenti norme che hanno portato all’abrogazione o modifiche di quelle parti dichiarate incostituzionali (vedi i diversi articoli commentati sul blog).
E’ anche vero che nel periodo intercorrente tra l’emanazione della norma edilizia (nazionale o regionale) e la pronuncia di incostituzionalità delle relative parti, vengono presentate molte pratiche edilizie quali CILA, SCIA o Permesso di Costruire.
Quelle pratiche edilizie, presentate in vigenza di una norma poi dichiarata incostituzionale, mantengono efficacia o vengono travolte anch’esse in maniera retroattiva dalla pronuncia della Corte Costituzionale?
Occorre rispondere facendo una distinzione e alcune premesse necessarie, per capire quali pratiche edilizie restano “salve” o meno.
INDICE
- La dichiarazione di incostituzionalità assume valore retroattivo dell’annullamento della norma contestata
- Pratiche edilizie ancora da presentare
- Pratiche edilizie già presentate e consolidate
- Pratiche edilizie già presentate ma ancora pendenti
- Restano i possibili poteri di annullamento in autotutela, dichiarazioni di inefficacia o gli annullamenti giudiziari.
- CILA, SCIA e Permessi di Costruire perfezionate
- CILA, SCIA e Permessi di Costruire ancora pendenti
La dichiarazione di incostituzionalità assume valore retroattivo dell’annullamento della norma contestata
Ai sensi del combinato disposto dell’art. 136 della Costituzione e dell’art. 30 della legge n. 87/1953 la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia nei confronti di tutti ed impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza, che essa possa essere applicata ai rapporti per i quali la norma dichiarata incostituzionale risulti ancora rilevante.
Quindi la pronuncia di incostituzionalità comporta inapplicazione:
- della norma di diritto cosiddetto sostanziale, e cessa dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Consulta in Gazzetta Ufficiale (ai sensi dell’art. 30 legge 87/1953);
- retroattiva per rapporti non ancora conclusi o perfezionati, ad esempio una domanda di permesso di costruire non ancora rilasciata;
Stante l’effetto retroattivo dell’annullamento, la pronuncia di incostituzionalità trova il limite dei soli rapporti esauriti (Consiglio di Stato n. 2441/2022, n. 3664/2019), in relazione ai quali sia divenuta irretrattabile la regula iuris del caso concreto, perché dettata da un giudicato formatosi nell’applicazione della disciplina precedente alla pronuncia di incostituzionalità ovvero perché cristallizzata per effetto dell’intervenuta decadenza processuale o sostanziale o dell’intervenuta prescrizione della situazione giuridica soggettiva concretamente rilevante (in termini, tra le tante, Consiglio di Stato n. 2441/2022, n. 3474/2016).
Adesso occorre individuare quali siano i predetti rapporti esauriti in campo urbanistico edilizio, in particolare sulle istanze, segnalazioni e comunicazioni edilizie presentate a suo tempo.
Partiamo da un punto semplice, cioè di opere edilizie illecite esistenti e ritenute legittimate da norme poi dichiarate incostituzionali: la realizzazione di opere edilizie, di per sé, non è idonea a configurare un rapporto esaurito, in quanto, da un lato, la legittimità delle relative opere non è ancora accertata con sentenza passata in giudicata, dall’altro, non si ravvisa alcuna ipotesi di decadenza dell’Amministrazione dal potere di vigilanza in materia urbanistica ed edilizia, non soggetto a limiti temporali per il suo esercizio (Cons. di Stato n. 2441/2022).
Pratiche e procedure edilizie concluse, pendenti o da presentare
PRATICHE EDILIZIE ANCORA DA PRESENTARE
Occorre ripetere che la norma di diritto c.d. sostanziale (ma anche la norma processuale) dichiarata incostituzionale cessa, pertanto, di operare dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 30 legge 87/1953.
Ciò significa che dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta della dichiarazione di incostituzionalità in poi non si possono presentare CILA, SCIA o Permesso di costruire, e relative versioni in sanatoria, o qualsiasi altra pratica edilizia in funzione della normativa (o parte di essa) dichiarata incostituzionale.
Per dirla in altri termini, la pubblicazione in Gazzetta della pronuncia di incostituzionalità ha effetto abrogativo sulla relativa parte normativa.
PRATICHE EDILIZIE GIA’ PRESENTATE E CONSOLIDATE
Per quanto riguarda l’esito di Permesso di Costruire, SCIA, CILA e DIA presentate con norme dichiarate poi incostituzionali rinvio alle conclusioni finali.
Piuttosto partiamo dal presupposto che l’illegittimità costituzionale comporta l’invalidità originaria della legge, sia essa di natura sostanziale, procedimentale o processuale, per contrasto con un precetto costituzionale.
Le pronunce dichiarative di illegittimità costituzionale di regola eliminano la norma con effetto retroattivo fin dalla sua iniziale emanazione (ex tunc), con la conseguenza che essa non trova più applicazione, indipendentemente dalla circostanza che la fattispecie sia sorta in epoca anteriore alla pubblicazione della decisione.
Tuttavia il principio che gli effetti dell’incostituzionalità (retroattiva) non si estendono a diritti, quesiti e ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità.
Quanto poi alle ricadute che la pronuncia di incostituzionalità di una norma di legge comporta sugli atti amministrativi che ne costituiscono applicazione, inclusi quelli aventi contenuto regolamentare, va richiamata la giurisprudenza (Consiglio di Stato n. 1948/2022, n. 4624/2014), la quale ha evidenziato che, sul piano sostanziale, l’atto amministrativo adottato sulla base di una legge dichiarata incostituzionale continua ad essere efficace, pur se l’Amministrazione può annullarlo. Questa riserva di possibile annullamento da parte della P.A. è tutt’altro che trascurabile, mentre non trova applicazione un criterio di nullità automatica o implicita.
L’atto divenuto nel frattempo inoppugnabile/perfezionato mantiene i suoi effetti e va escluso che si possa rilevarne la nullità.
PRATICHE EDILIZIE GIA’ PRESENTATE MA ANCORA PENDENTI
L’efficacia retroattiva della sentenza che dichiara incostituzionale una norma comporta l’annullamento “fin da allora” (ex tunc) della norma censurata oggetto della declaratoria di incostituzionalità). Tale retroattività non si estende ai rapporti esauriti, ossia a quei rapporti che, sorti precedentemente alla pronuncia della Corte costituzionale, abbiano dato luogo a situazioni giuridiche ormai consolidate e intangibili in virtù del passaggio in giudicato di decisioni giudiziali, della definitività di provvedimenti amministrativi non più impugnabili, del completo esaurimento degli effetti di atti negoziali, del decorso dei termini di prescrizione o decadenza, ovvero del compimento di altri atti o fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale (Cons. di Stato affare n. 1209/2021, Cass. Civile, sez. III, 11-04-1975, n. 1384).
Prendiamo ad esempio una domanda di permesso di costruire presentata in vigenza della norma rivelatasi incostituzionale: se l’istruttoria e relativo rilascio non si concludono entro la pubblicazione in G.U. della pronuncia di incostituzionalità, l’Amministrazione competente potrà rivedere l’istruttoria con la normativa “depurata” dagli effetti della pronuncia. Se ci pensiamo bene, un procedimento di permesso di costruire si può considerare esaurito quando rilasciato (ancorchè non ritirato dal richiedente).
Per la Corte Costituzionale, “a differenza dello ius superveniens, che attiene alla «vigenza normativa», la dichiarazione di illegittimità costituzionale rimuove la norma censurata dall’ordinamento in quanto affetta da una invalidità «genetica», legata al sistema di gerarchia delle fonti: invalidità che impone di considerarla “tamquam non fuisset”, con il solo limite – non del giudicato – ma di quegli effetti «già compiuti e del tutto consumati», per loro natura insuscettibili di neutralizzazione”(Corte cost.. 16 aprile 2021, n. 68).
Più nello specifico, con sentenza 8 ottobre 2021, n. 191, la Corte Costituzionale ricorda che “per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, la cosiddetta efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale incontra il limite dei rapporti esauriti, tra i quali rientrano quelli che non possano più dare materia a un giudizio in ragione della disciplina dei termini di inoppugnabilità degli atti amministrativi (sentenza n. 10 del 2015, ordinanza n. 135 del 2010)”.
Restano i possibili poteri di annullamento in autotutela, dichiarazioni di inefficacia o gli annullamenti giudiziari.
Restano tuttavia salve le possibilità di annullamento in autotutela della Pubblica Amministrazione, o per via giudiziaria, qualora ne ricorrono ovviamente i presupposti; idem per la dichiarazione di inefficacia di SCIA, e volendo di CILA.
L’esercizio del potere di autotutela, che trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità, buon andamento cui deve essere improntata l’attività della P.A., è facoltà ampiamente discrezionale (soprattutto nell’an) dell’Amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla; detto potere si esercita discrezionalmente d’ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione e non su istanza di parte. Ne consegue che, fatte salve ipotesi eccezionali, essa non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l’esercizio e che alla richiesta del privato di autotutela deve essere riconosciuta una funzione meramente sollecitatoria, in quanto, in caso contrario, si verificherebbe l’elusione del termine decadenziale di impugnazione il cui rispetto è funzionale all’esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico (Cons. di Stato affare n. 1209/2021).
Occorre ricordare che l’esercizio del potere di autotutela è legato altresì al rispetto dell’art. 21 nonies l. 241/1990. Ma questo è un discorso diverso e troppo ampio da affrontare.
Conclusioni e consigli
Quindi occorre domandarsi se le CILA, SCIA e Permessi di Costruire presentate in vigenza della norma incostituzionale siano automaticamente invalidati, nulli o invaildabili.
Se le istanze, segnalazioni e comunicazioni edilizie risultano presentate inizialmente in vigenza della norma dichiarata poi incostituzionale, ma ancora pendenti a seguito della pronuncia, queste dovranno esaminarsi con la normativa corretta dalla declatoria di incostituzionalità. Non potranno fare affidamento ad una sorta di “diritto acquisito” alla norma dichiarata incostituzionale e a concludere un procedimento edilizio.
Se invece le pratiche edilizie sono state presentate in quella vigenza normativa, e regolarmente perfezionate/formatesi a norma di legge, la dichiarazione postuma di incostituzionalità non ha portata retroattiva verso esse, senza poterle rendere nulle.
In ambito edilizio per “atti perfezionati” dobbiamo intendere quelli:
- rilasciati (permessi di costruire, sanatorie, condoni edilizi)
- depositati/comunicati (CILA, DIA, SCIA)
La prima categoria è teoricamente meno vulnerabile perchè viene rilasciata dietro un’istruttoria comunale, che dovrebbe aver esaminato tutti gli aspetti di completezza formale e sostanziale, presenza di elaborati, condizioni e presupposti di conformità alla disciplina vigente.
La seconda categoria invece è vulnerabile anche a fronte di dichiarazioni postume di incostituzionalità della norma che le ha giustificate: infatti le CILA, SCIA e DIA porteranno sempre dietro il rischio di una loro possibile dichiarazione di inefficacia per diversi motivi (carenza documentale e incompletezza, falsa attestazione, non veridicità, contrasto a normative, contrasto agli strumenti urbanistici o regolamenti edilizi, eccetera).
Di conseguenza CILA, SCIA e DIA presentate sotto l’ombrellone di una norma dichiarata poi incostituzionale, rimangono suscettibili di inefficacia e conseguenti sanzioni amministrative e repressive, a causa di loro carenze formali e/o sostanziali, anche a distanza di tempo dalla presentazione, beninteso. Vedasi la fattispecie analizzata in sentenza Consiglio di Stato n. 434/2022.
E aggiungo: un altro possibile versante di loro vulnerabilità potrebbe venire dal loro collegamento con le successive varianti in corso d’opera o finali, proprio in ossequio al principio di continuità dello Stato Legittimo degli immobili.
Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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