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Per individuare la categoria di intervento e relativo titolo abilitativo, occorre considerare l’opera unitaria

Molto spesso mi è stato chiesto il criterio per scegliere la giusta pratica edilizia, e in prima battuta devo rispondere rinviando alle specifiche norme e disciplina urbanistico edilizia, in particolare il DPR 380/01 (oltre alle norme regionali).

Quello che invece ho riscontrato comunemente è la difficoltà di valutazione unitaria dell’intervento edilizio, applicando il principio di “assorbenza nella categoria di intervento superiore”.

Ciò si rende necessario verificare se l’intervento edilizio possa rientrare o meno in una di queste procedure/ambiti:

  • Edilizia libera
  • CILA – Comunicazione Inizio Lavori Asseverata
  • SCIA – Segnalazione Certificata Inizio Attività
  • PdC – Permesso di Costruire

Questo concetto non lo troviamo scritto in nessuna norma ma si desume da esse, e dalla giurisprudenza; infine, è un criterio che si impara dopo anni di professione.

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Valutazione unitaria dell’intervento edilizio: la giurisprudenza

Detto questo, è opportuno anticipare un principio consolidato in Cass. Penale estrapolando dalla sentenza n. 37853/2021:

La valutazione dell’opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell’attività edificatoria nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti e se per il complessivo intervento è stato richiesto e rilasciato il permesso di costruire – quantomeno in forza dell’aumento volumetrico (cfr. art. 10, comma 1, lett. c, d.P.R. 380/2001) – laddove lo stesso sia stato ritenuto macroscopicamente illegittimo la disposizione urbanistica è violata sub specie di costruzione sine titulo e non già con (mero) riguardo alla difformità dal medesimo.

Allo stesso modo, la giurisprudenza amministrativa si è espressa così, esempio il Consiglio di Stato n. 7593/2021 (e anche n. 3036/2021, n. 4142/2021, n. 5887/2018):

la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l’effettiva portata dell’operazione

il presupposto perché una pluralità di interventi edilizi possano essere considerati in maniera unitaria e complessiva al fine di apprezzarne la legittimità, è che oggettivamente esista tra loro un intrinseco collegamento funzionale che ne imponga la valutazione unitaria”.

Come valutare l’entità e categoria di intervento: scorporo parti e unitarietà

Nel valutare la categoria e l’entità dell’intervento edilizio composto da una pluralità di opere, il carattere delle stesse va effettuato con una valutazione globale.
Questa impostazione vale sia per le opere da legittimare con l’opportuno titolo abilitativo edilizio/ procedura ordinaria, ma anche per quelle in sanatoria e regolarizzazione edilizia (vedi Consiglio di Stato n. 7593/2021).

Finora è la regola generale; possono presentarsi casi in cui sia possibile valutare in maniera scorporata o articolata i singoli interventi edilizi.

Ipotizziamo una serie di abusi edilizi, realizzati come pluralità di interventi realizzativi di distinti manufatti e costruzioni autonome, ad esempio: un forno, un pergolato e trasformazione di un altro pergolato in tettoia.

La valutazione unitaria e complessiva di tutta l’operazione, assorbita al livello superiore, porterebbe a penalizzare tutti i manufatti: infatti anche i distinti manufatti di modesta entità e di minore rilevanza, verrebbero eccessivamente assorbiti nella categoria di intervento superiore (illecita o meno). Posso confermare che trovo corretto questo principio, e anche diffusamente applicato dai Comuni nella valutazione degli illeciti e nelle ordinanze edilizie.

Se guardiamo bene, è una interpretazione applicativa proporzionata e di buon senso.

Consigli utili

Faccio presente che sia nel caso di opere e manufatti da realizzare, sia per quelle già realizzate irregolarmente, le rispettive procedure ordinarie o di regolarizzazione dovrebbero tenere conto anche del rapporto delle opere al lotto edificatorio di pertinenza.

In altre parole trovo proporzionato ammettere in certi casi una valutazione disgiunta dei manufatti, ma devo far notare che è sopravvenuta definizione di “Stato legittimo dell’immobile” ex art. 9-bis DPR 380/01 (introdotta con D.L. 76/2020).

In sostanza, quel termine “immobile” potremmo considerarlo anche nella sua più ampia accezione, cioè prendendo in esame l’intera area o lotto fondiario ove insistono tutti i manufatti e opere.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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