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L’ambito di pertinenzialità è definito dal Testo Unico in base alla volumetria dell’edificio principale

Cerchiamo di capire se la realizzazione di una piscina interrata, cioè quelle destinate a permanere sul territorio, possa qualificare intervento pertinenziale a edifici esistenti, premettendo che esiste anche l’orientamento opposto che le inquadra come nuova costruzione, in quanto trasformazione permanente del territorio.

L’ordinamento prevede a livello nazionale una specifica soglia limite che individua l’ambito di pertinenzialità

Essa è descritta nell’art. 3 del Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01, il quale statuisce tra l’altro il concetto di nuova costruzione e gli interventi ad esso equiparati.

Tale norma considera col punto e.6 tali interventi come nuova edificazione, e quindi automaticamente soggetti al permesso di costruire, gli interventi pertinenziali come segue:

Tale norma considera col punto e.6 tali interventi come nuova edificazione, e quindi automaticamente soggetti al permesso di costruire, gli interventi pertinenziali come segue:

Art. 3 comma e.6) del TUE: gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;

Al di fuori di questi casi, l’intervento di natura pertinenziale esce dal regime del permesso di costruire per rientrare in quello della SCIA (e in passato, DIA), quindi escluso anche dal più severo regime sanzionatorio penale dell’art. 44 DPR 380/01.

Da quanto sopra emerge il punto fondamentale: l’individuazione degli interventi pertinenziali deve avvenire espressamente dalle norme tecniche degli strumenti urbanistici (es. Piano Regolatore comunale). Questa condizione è dirimente su tutto quanto seguirà nei prossimi paragrafi.

Per una migliore comprensione è necessario approfondire la definizione di natura pertinenziale.

Essa deve essere esclusa per le opere prive del requisito dell’individualità fisica e strutturale, costituenti parte integrante dell’edificio sul quale sono realizzate (Cass. Pen. III 52835 /2016, n. 42330/2013, n. 21351/2010, n. 17083/2006, n. 239/2003).

Una piscina posta al servizio esclusivo di una residenza privata legittimamente edificata non è di per sé estranea al concetto di “pertinenza urbanistica”.

Tenuto conto dei principi e norme del precedente paragrafo, la nozione di “pertinenza urbanistica” ha peculiarità proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve essere dotata di propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato.

Deve trattarsi di un’opera preordinata ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, priva di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo (non superiore, in ogni caso, al 20% di quello dell’edificio principale) tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede (Cass. Pen. III 52835 /2016, n. 29261/2015).

Il rapporto con la costruzione principale preesistente deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma “di servizio”, allo scopo di renderne più agevole e funzionale l’uso.

In questo modo non è possibile ricondurre alla nozione di intervento pertinenziale la realizzazione di una piscina privata che, per le sue caratteristiche oggettive, sia suscettibile di utilizzazione (anche economica) autonoma.

Inoltre il manufatto pertinenziale deve:

  • accedere ad un edificio preesistente edificato legittimamente;
  • presentare necessariamente la caratteristica della ridotta dimensione anche in assoluto, a prescindere dal rapporto con l’edificio principale;
  • non essere in contrasto con i limiti disposti negli strumenti urbanistici.

Tali principi trovano applicazione anche nella giurisprudenza amministrativa, specificando che le piscine di modeste dimensioni asservite ad edifici a destinazione residenziale costituiscono pertinenze (Cons. Stato V, 16 aprile 2014, n. 1951; Cons. Stato IV, 8 agosto 2006, n. 4780), anche indipendentemente dal fatto se l’area nella quale insistono sia un’area a destinazione agricola o a destinazione residenziale, purché abbiano limitata rilevanza sul piano urbanistico e non influiscano negativamente sull’assetto territoriale agricolo (Cass. Pen. III 52835/2016).

Quindi, tale principio giurisprudenziale conferma lo stesso tenore di quello impostato nel Testo Unico Edilizia. Se l’opera rientra nell’ambito della pertinenza, viene escluso dall’ambito del permesso di costruire per rientrare in quello più moderato della SCIA.

Attenzione: esiste anche l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo che qualifica qualsiasi piscina interrata come nuova costruzione e pertanto soggetta a permesso di costruire.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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