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La regolamentazione urbanistica comunale in molte regioni è suddivisa su due livelli

Lo sviluppo sostenibile del territorio ha portato alla previsione urbanistica a breve e a lungo termine

Molte regioni hanno adottato un modello legislativo sulla pianificazione territoriale improntato sullo sviluppo sostenibile. Vi sono tre livelli gerarchici verticali di pianificazione ovvero regionale, provinciale/città metropolitane e comuni.

E soprattutto in questi modelli, i comuni devono dotarsi di due strumenti altrettanto gerarchici fra loro, in maniera orizzontale.

Ad esempio in Toscana i comuni devono dotarsi di un Piano Strutturale e di un Piano Operativo (una volta definito Regolamento Urbanistico), ma quest’ultimo è citato anche come strumento di Governo del territorio.

La programmazione dello sviluppo ordinato del suolo avviene quindi tramite adozione del Piano strutturale e, solo dopo la sua approvazione, del conseguente Piano Operativo.

Facciamo alcune distinzioni di questi due strumenti:

  • Piano strutturale: strumento pianificazione territoriale e di indirizzo programmatico che detta le linee generali e i principi ispiratori della pianificazione urbanistica comunale con una durata tendenzialmente indeterminata;
  • Piano operativo (o di Governo del territorio): atto o strumento di governo del territorio, al pari dei piani attuativi;

Sono atti di pari livello o gerarchizzati?

Il piano di governo del territorio è sottordinato e conseguente allo strumento di pianificazione territoriale; in sostanza si può affermare che lo strumento “piano” di governo del territorio è attuativo delle previsioni programmatiche e di indirizzo dello strumento comunale di pianificazione territoriale.

Da qui emerge subito la distinzione sostanziale: la pianificazione del territorio non ha scadenza, a differenza invece dello strumento di governo del territorio, che altro non è uno strumento esecutivo, operativo di quanto indicato nel primo.

In genere gli strumenti urbanistici comunali “operativi”, come appunto il Piano Operativo in Toscana, hanno durata non superiore a cinque anni; questa scelta coincide col massimo termine legislativo (e giurisprudenziale) dell’apposizione di vincoli preordinati all’espropriazione per pubblica utilità.

Mentre, si ribadisce, gli strumenti di pianificazione territoriale comunali non hanno scadenza.

La pianificazione urbanistica “duale” dei comuni ove esiste tale legislazione regionale comporta il prioritario principio di conformità dello strumento operativo nei confronti di quelli di pianificazione territoriale.

In mancanza di conformità, prevale lo strumento di pianificazione territoriale comunale su quello operativo, in maniera imprescindibile. (Tar Toscana, sez. I, 16 gennaio 2017, n. 38)

Una volta che un Comune constati che le previsioni dello strumento operativo non sono conformi a quelle dettate dal proprio strumento di Pianificazione territoriale, risulta doveroso l’intervento in autotutela volto ad annullare eventuali assensi a piani attuativi redatti nell’erroneo presupposto di conformità.

Il principio di conformità vige sempre tra strumenti gerarchici in senso verticale e orizzontale 

In tale ipotesi il comune deve tempestivamente conformare lo strumento operativo a quello di pianificazione territoriale con nuova adozione, sia per il piano operativo, sia per i piani attuativi di lottizzazione o convenzione (se questi non sono stati approvati e convenzionati).

In presenza di un provvedimento di adozione dello strumento urbanistico attuativo, non sussiste un obbligo per l’amministrazione di disporne l’approvazione, pure nell’ipotesi di conformità agli atti pianificatori generali essendo l’approvazione medesima sempre espressione di potere discrezionale dell’organo deputato a valutare l’opportunità.

Non è ravvisabile un obbligo di specifica motivazione sulle scelte assunte in ordine alle destinazioni delle singole aree.

Nella formazione dello strumento urbanistico e nelle scelte che presiedono all’approvazione di varianti generali del regolamento urbanistico l’amministrazione ha di regola un’ampia potestà discrezionale, non assumendo rilievo a tal fine l’esistenza di un piano di lottizzazione o di altro strumento attuativo, se questo non è stato già approvato.

Pertanto, in assenza di un piano attuativo approvato e convenzionato, nessun affidamento deriva dalla diversa destinazione urbanistica pregressa di un’area, rispetto alla quale l’amministrazione conserva ampia discrezionalità, ben potendo apportare modificazioni peggiorative rispetto agli interessi del proprietario.

In capo al proprietario, quale soggetto interessato, è configurabile nulla più che una generica aspettativa al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree, che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell’immobile. 

In caso di non conformità tra strumenti comunali collaterali (pianificazione e di governo del territorio) sussiste l’obbligo di ripubblicare lo strumento urbanistico a seguito delle modifiche che possono essere introdotte in sede di approvazione solo nel caso di modifiche facoltative (consistenti in innovazioni non sostanziali) concordate, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato.

Diversamente, per le modifiche obbligatorie sovraordinate al livello comunale non sorge tale obbligo, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento provinciale o regionale rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede di adozione ed approvazione del piano regolatore generale.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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