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La sentenza n. 192/2022 della Consulta ribadisce il criterio di prevalenza della pianificazione paesaggistica sugli strumenti urbanistici

Torniamo sul tema del cosiddetto “Piano Casa”, cioè quella normativa speciale e straordinaria avviata dal D.L. 112/2008 (convertita con modifiche in L. 133/2008) e culminata nella Conferenza Stato-Regioni ed Enti Locali – Intesa del 31 marzo 2009.

Scopo dichiarato della normativa era garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo, mediante incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo rispettando criteri di efficienza energetica e sostenibilità, e altre condizioni/presupposti.

La disciplina del Piano Casa poveva poi attuarsi con norme regionali, è stata impostata principalmente sulla possibilità di derogare gli indici edificatori previsti dagli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali; fin dall’emanazione con l’Intesa del 31 marzo 2009 le due deroghe “base” furono:

  • Ampliamento edifici residenziali esistenti fino al 20%;
  • Demolizione e ricostruzione edifici residenziali esistenti con incremento volumetrico fino al 35%;

Fin da subito si pose il problema applicativo della deroga (o deroghe), anche nei confronti della disciplina paesaggistica (D.Lgs. 42/2004) e dei relativi strumenti di pianificazione paesaggistica.

Vediamo se e in quale misura una norma regionale sul Piano Casa può limitare o derogare la disciplina e pianificazione paesaggistica, argomento già trattato anche in precedenza sul blog. Una risposta la possiamo ricavare dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 192/2022, verso il Piano Casa della regione puglia.

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Le Regioni possono escludere l’ambito del Piano Casa nelle zone vincolate, di pregio ambientale e beni culturali

Dall’Intesa Stato – Regioni del 31 marzo 2009 si può evincere un passaggio fondamentale che definisce il rapporto tra la possibile applicazione del Piano Casa regionale e la disciplina paesaggistica e beni culturali, in particolar modo del D.Lgs. 42/2004:

Le leggi regionali possono individuare gli ambiti nei quali gli interventi di cui alle lettera a) e b) sono esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali e alle aree di pregio ambientale e paesaggistico, nonché gli ambiti nei quali i medesimi interventi sono favoriti con opportune incentivazioni e premialità finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate.

Si intuisce chiaramente che alle regioni sia consentito limitare, escludere e quindi non applicare il Piano Casa in certi ambiti e zone territoriali con valenza ambientale, paesaggistica o di beni culturali.

Ma ciò non significa il contrario: in altre parole alle regioni non risulterebbe consentito di “comprimere” o derogare la disciplina paesaggistica per effettuare gli interventi del Piano Casa.

Piano Casa, non è derogabile l’inapplicabilità delle previsioni e prescrizioni paesaggistiche

Sull’argomento la Corte Costituzionale si è già espressa in precedenti pronunce, ad esempio sentenza n. 261/2021 e n. 86/2019; da esse emerge che il Piano Casa, pur essendo una disciplina straordinaria per agevolare l’attività edilizia, non può eliminare la natura cogente e inderogabile della disciplina prevista dal Codice dei beni culturali e Paesaggio D.Lgs. 42/2004, in quanto rientrante nella legislazione esclusiva statale.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 192/2022 è tornata a pronunciarsi sulla inderogabilità delle previsioni e prescrizioni paesaggistiche, stavolta per la normativa Piano Casa della Puglia:

Secondo il giudice a quo, la disposizione censurata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione all’art. 145, comma 3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), poiché consentirebbe di porre in essere gli interventi straordinari previsti dalla stessa legge reg. Puglia n. 14 del 2009 (d’ora in avanti, anche: Piano casa per la Puglia) in deroga alla disciplina dettata dal Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR) della Puglia, così violando il principio di prevalenza della pianificazione paesaggistica sugli strumenti urbanistici.

In sostanza, viene dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, nel testo in vigore anteriormente all’abrogazione ad opera dell’art. 1 della legge reg. Puglia n. 3 del 2021, nella parte in cui non prevede che gli interventi edilizi disciplinati dalla stessa legge regionale debbano essere realizzati anche nel rispetto delle specifiche prescrizioni del PPTR.

La motivazione è assai articolata, e si basa sul costante criterio di prevalenza della pianificazione e disciplina paesaggistica nei confronti degli strumenti urbanistici, come riportata integralmente di seguito.

Si riporta integralmente la motivazione della Consulta, estratta dal sito cortecostituzionale.it:

4.– Ciò premesso, la questione è fondata nei termini di seguito precisati.

4.1.– Come si è già ricordato, il giudice a quo ritiene l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, costituzionalmente illegittimo, poiché prevedrebbe la derogabilità delle prescrizioni dei piani paesaggistici e, in particolare, di quelle contenute nel PPTR Puglia, risultando così incompatibile con l’art. 145, comma 3, cod. beni culturali, e, quindi, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Il citato art. 145, dedicato al «[c]oordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione», nel precisare, al comma 3, che le disposizioni dei piani paesaggistici sono, comunque sia, prevalenti su quelle contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, esprime il cosiddetto principio di prevalenza delle prime sulle seconde (fra le più recenti, sentenze n. 45 del 2022 e n. 261 e n. 141 del 2021).

4.2.– Come questa Corte ha rilevato in più occasioni, mediante tale principio, il codice dei beni culturali ha inteso garantire l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, valore imprescindibile e pertanto non derogabile dal legislatore regionale, in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme di tutela, conservazione e trasformazione del territorio (fra le tante, sentenze n. 45 del 2022, n. 74 del 2021 e n. 240 del 2020). In forza di tale principio, al legislatore regionale è impedito di adottare, sia normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, cioè con previsioni di tutela in senso stretto (fra le molte, sentenze n. 261, n. 141 e n. 74 del 2021, e n. 86 del 2019), sia normative che, pur non contrastando con (o derogando a) previsioni di tutela in senso stretto, pongano alla disciplina paesaggistica limiti o condizioni (sentenza n. 74 del 2021), che, per mere esigenze urbanistiche, escludano o ostacolino il pieno esplicarsi della tutela paesaggistica.

In altri termini, «i rapporti tra le prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio» sono definiti «secondo un modello di prevalenza delle prime, non alterabile ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 11 del 2016; in senso analogo, sentenze n. 45 e n. 24 del 2022, n. 124 e n. 74 del 2021).

4.3.– La disposizione censurata contrasta con il principio di prevalenza del Piano paesaggistico su tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, violando, così, il parametro interposto evocato dal rimettente.

La legge reg. Puglia n. 14 del 2009 disciplina ipotesi (straordinarie) di demolizione, ricostruzione e ampliamento, ossia interventi che, quando pure non risultino espressamente vietati, sono sottoposti a limiti e condizioni, talvolta stringenti, dal PPTR, e in specie dalle prescrizioni specifiche di quest’ultimo.

In tale contesto, la disposizione censurata, nel prevedere che detti interventi possano interessare ambiti e immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, non fa alcuna menzione del necessario rispetto anche delle richiamate prescrizioni specifiche del PPTR, ossia di quelle prescrizioni che impongono precisi obblighi o divieti inerenti all’utilizzo e – per ciò che qui rileva – alla trasformazione dei beni paesaggistici (norme, queste ultime, mediante le quali si esplica la funzione precettiva del Piano).

Posto il carattere confliggente della normativa censurata con la disciplina paesaggistica, l’omesso richiamo al generale rispetto delle prescrizioni specifiche del PPTR non può essere inteso alla stregua di un mero silenzio della legge, colmabile – come sostenuto dalla parte – in via interpretativa, nel senso che la relativa disciplina sia implicitamente applicabile, bensì come una deroga, o meglio come la facoltà per i Comuni e i privati, rispettivamente, di consentire e porre in essere tali interventi non osservando il contenuto precettivo del PPTR.

4.4.– La conclusione è avvalorata, a contrario, dalla circostanza che la norma censurata si limita a richiedere il rispetto dei soli «indirizzi» e «direttive» del PPTR: previsione che non vale a escludere il rilevato contrasto con il principio di prevalenza del Piano paesaggistico, proprio perché il rinvio è circoscritto alla parte programmatica del Piano, a traverso la quale quest’ultimo non detta specifiche regole sull’utilizzo e sulla trasformazione dei beni paesaggistici, ma pone gli obiettivi di qualità della pianificazione.

4.5.– Parimente inidonea a garantire la prevalenza del Piano paesaggistico sugli strumenti urbanistici è la generica previsione, contenuta sempre nella disposizione censurata, in base alla quale gli interventi in questione debbono essere realizzati «utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi».

Una simile previsione non vale certamente ad assicurare l’osservanza delle prescrizioni del PPTR, e rende anzi evidente il carattere derogatorio della norma in esame rispetto a queste ultime. Il PPTR, laddove ammette interventi sui beni paesaggistici, può contemplare una ben più ampia e dettagliata serie di regole sulla loro trasformazione: basti pensare, a titolo meramente esemplificativo, alle regole sul colore degli edifici, all’obbligo di rimuovere, nell’effettuazione degli interventi, gli elementi artificiali, ovvero, infine, al divieto di compromettere i coni visivi.

4.6.– Come ha già ricordato questa Corte, «la normativa sul Piano casa, pur nella riconosciuta finalità di agevolazione dell’attività edilizia, non può far venir meno la natura cogente e inderogabile delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, adottate dal legislatore statale nell’esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”» (sentenza n. 261 del 2021; in senso analogo, sentenza n. 86 del 2019).

Anche per tale ragione il PPTR deve essere messo al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali, che possono mettere in discussione la complessiva ed unitaria efficacia del Piano paesaggistico (fra le varie, sentenze n. 261 e n. 74 del 2021, e n. 11 del 2016).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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