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Come distinguere le unità immobiliari principali dalle pertinenze per calcolare i massimali nelle detrazioni fiscali

Recentemente sono stati pubblicati interpelli relativi alle unità immobiliari da conteggiare nel Superbonus per edifici unifamiliari, condomini ed edifici da 2 a 4 unità posseduto da medesimo intestatario.

Si rincorrono infatti criteri che in certi casi favoriscono il massimale a favore del cittadino richiedente il superbonus, incrementato grazie alla presenza di unità pertinenziali ancorché distintamente accatastate.

In altri casi arrivano interpelli che ammettono nel calcolo del massimale le unità immobiliari “vere” escludendo quelle accessoria con natura pertinenziale.

Trovo opportuno precisare che, sempre nell’ambito del Superbonus, la pertinenza deve fare parte dello stesso edificio ove è situata l’unità principale a cui afferisce.

E’ assolutamente necessario premettere che il concetto di pertinenza assume diverse sfaccettature e significati in base all’ambito in cui viene applicato:

  • urbanistico
  • catastale
  • fiscale
  • civilistico

Molto spesso vengono erroneamente considerate pertinenze dell’abitazione principale le unità immobiliari censite nelle categorie catastali:

  • C/2, magazzini e locali di deposito, cantine, soffitti, solai;
  • C/6, stalle, scuderie, rimesse, posti auto, autorimesse (senza fine di lucro);
  • C/7, tettoie chiuse o aperte.

Come vedremo, l’accatastamento da solo non è un criterio sufficiente per accertare l’esistenza del rapporto di pertinenzialità degli immobili.

INDICE


Pertinenzialità in ambito urbanistico edilizio (ma non tributario)

In materia di costruzioni il rapporto pertinenziale assume una sfumatura leggermente diversa rispetto a quella fiscale.

Premesso che la definizione di pertinenza urbanistica discende dal rapporto con altro edificio principale, il Consiglio di Stato ha costantemente ritenuto che <<ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incide sul “carico urbanistico” mediante la creazione di un nuovo volume>> (Cons. di Stato VI n. 51280/2017, IV n. 615/2012).

E qui si scivola anche verso le opere pertinenziali, una particolare categoria di interventi che in certi casi possono costituire nuova costruzione o meno. E’ disciplinata dall’art. 3 comma 1 lettera e.6 DPR 380/01, tuttavia viene poi demandata agli strumenti urbanistici comunali (Piano Regolatore) e ai regolamenti edilizi. Infine, ci mettono la “manina” anche le regioni.

In ambito urbanistico molti considerano che la realizzazione dei manufatti e opere pertinenziali siano edilizia “minore” o perfino libera, vedi le tettoie, porticati o pergole bioclimatiche.
Si deve sfatare anche questa credenza perchè in verità la regolamentazione dei manufatti pertinenziali è soggetta al rispetto di condizioni specifiche.

Il rapporto dell’unità pertinenziale in ambito fiscale (e Superbonus)

Ecco perchè ritengo utile riportare a conoscenza dei lettori la definizione di pertinenza ai fini fiscali, valevole anche per il Superbonus o per gli altri bonus fiscali edilizi.

Per prima cosa non si deve confondere le definizioni e criteri che a prima vista possono essere scambiati per analogia, per cui voglio tenere distinti tra loro concetti come:

  • pertinenza: la nozione può variare ai fini fiscali, urbanistici e civilistici;
  • uso accessorio: utilizzo dell’immobile in maniera saltuaria, senza permanenza fissa umana ai fini abitativi;
  • autonomia funzionale: utilizzazione dell’immobile pienamente separata e libera da altri;
  • accatastamento separato: iscrizione al Catasto Fabbricati dell’immobile o sua porzione in apposita planimetria catastale con apposita particella o subalterno;

Questa premessa è necessaria per evitare che l’intreccio di definizioni simili porti involontariamente ad associare automaticamente il rapporto di pertinenzialità.

La definizione di pertinenza immobiliare secondo il Fisco

Non esiste ad oggi una definizione di pertinenza nella normativa tributaria, e pertanto la sua nozione è mutuata da quella prevista dall’articolo 817 del codice civile, in base al quale

Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima.”

La pertinenza si individua col suo rapporto complementare rispetto alla cosa/immobile principale a cui è collegato.

Dovessi dirlo in parole più semplici, la pertinenzialità è una relazione che vincola in maniera unitaria, funzionale e duratura un immobile ad un altro.

Per il Fisco la definizione di pertinenza immobiliare si basa su due requisiti ormai consolidatisi pacificamente da tempo:

soggettivo: la volontà manifestata dal proprietario della cosa principale, o da colui che è titolare di un diritto reale sulla stessa, di creare un vincolo di strumentalità e di complementarietà funzionale tra detto bene ed un’altra cosa;

oggettivo: ossia la destinazione durevole ed attuale di una cosa a servizio o ad ornamento di un’altra ai fini del miglior uso di quest’ultima.

La presenza di questi due requisiti deve avvenire congiuntamente tra loro, affinché si instauri il rapporto o vincolo di pertinenzialità. Per maggiori dettagli consiglio le Circolari AdE n. 1/1994; n. 19/2001; n. 38/2005; n. 12/2007 e Risoluzioni n. 25/2005; n. 32/2006 e n. 149/2008).

Come stabilire la nascita del rapporto pertinenziale

Facendo una rapida analisi di questi requisiti, emerge che l’elemento soggettivo rappresenta la volontà, espressa o tacita, del possessore/titolare di destinare il bene accessorio al servizio o all’ornamento del bene principale.

Invece, l’elemento oggettivo si caratterizza per l’instaurazione di un rapporto di complementarietà economico-giuridica protratto nel tempo, fondato sulla subordinazione funzionale di un bene rispetto alla cosa principale. Se manca il vincolo di accessorietà, ovvero se lo stesso non è durevole, viene a mancare anche il rapporto pertinenziale.

Non essendoci una definizione normativa fiscale di pertinenza o di rapporto pertinenziale, la questione viene portata avanti da anni a suon di Circolari fiscali, risoluzioni e interpelli; a queste si vanno ad aggiungere le sentenze di giurisprudenza tributaria.

Di conseguenza per stabilire se le pertinenze assolvono effettivamente ad una funzione di migliore utilizzazione dell’unità abitativa o di aumentarne il decoro, occorre valutare caso per caso la concreta presenza dei due requisiti.

L’individuazione del criterio di pertinenza è di tipo fattuale, che impone una “indagine” che “comporta un apprezzamento dei dati probatori acquisiti”, per cui “deve essere condotta in sede di merito”. La prova dell’asservimento pertinenziale è a carico del contribuente, deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico“. (Cass. V. 1301/2019).

Un lavoro tutt’altro che facile, visto che non rileva in questo senso la potenzialità possibile o futuribile del rapporto che il proprietario del bene principale potrebbe beneficiare (Interpello 265/2008, Cass. V. 4599/2006).

Pertinenzialità effettiva da dimostrare

La sussistenza del vincolo di pertinenzialità spesso è oggetto di contenziosi in ambito tributario, dove è richiesto al contribuente di dimostrare rigorosamente la presenza dei due presupposti oggettivi e soggettivi.

I presupposti di cui all’art. 817 del Codice Civile devono essere <<desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario al mero fine di godere dell’esenzione creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile stesso”.>> Cass. V. n. 1301/2019, 13742/2019, n. 22128/2010).

Da questo fermo principio emergono una serie di conseguenze e aspetti che il proprietario deve considerare attentamente:

  • Permanenza del rapporto pertinenziale: l’utilizzo della pertinenza non deve essere suscettibile di altre destinazioni o funzioni diverse, cioè non deve cessare il vincolo;
  • Accatastamento irrilevante: dati e risultanze catastali non incidono sul rapporto pertinenziale, perchè il censimento delle pertinenze nelle rispettive unità immobiliari urbane nel Catasto Fabbricati segue criteri indipendenti dal rapporto pertinenziale. Infatti l’accatastamento costituisce un dato esclusivamente formale, e non osta a dimostrare la pertinenzialità ai sensi dell’art. 817 c.c. mediante i requisiti oggettivo e soggettivo (Cass. V. 1301/2019).

Conclusioni

Il consiglio che posso dare per distinguere le unità pertinenziali è iniziare a verificare le oggettive caratteristiche della consistenza immobiliare e il rapporto concreto descritto in precedenza, iniziando a leggere gli atti di provenienza, i titoli abilitativi edilizi e gli attuali rapporti fiscali (IMU e dichiarazione redditi).

Sono il primo passo per iniziare, ripeto, a delimitare il perimetro dei rapporti tra le varie unità immobiliari pertinenziali e principali. E’ un passaggio essenziale, ma non sufficiente per questo tipo di accertamento, per il quale è suggerita anche l’ausilio di professionista esperto di materia tributaria.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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